giovedì 27 dicembre 2007

Caso Contrada: grazia o sospensione della pena?

Alla vigilia di Natale, si è appresa la notizia dell’avvio da parte del presidente Napolitano della procedura di concessione della grazia a favore di Bruno Contrada, l’ex numero due del SISDE, condannato per concorso esterno in associazione mafiosa con sentenza confermata dalla Corte di Cassazione nel maggio 2007, dopo un lunghissimo iter giudiziario.
Più precisamente, Napolitano ha trasmesso al ministro Clemente Mastella la lettera ricevuta dall’avvocato di Contrada in cui si dà conto delle cattive condizioni di salute del proprio assistito.
Contemporaneamente il Presidente della Repubblica ha chiesto informazioni a Mastella per conoscere lo stato del procedimento per il differimento della esecuzione della pena giacente presso il Tribunale di Sorveglianza di Napoli (Contrada è infatti detenuto nel carcere militare di Santa Maria Capua Vetere).
Si tratta, quindi, di due iniziative distinte: l’una, di concessione della grazia appena avviata; l’altra già in corso, per la sospensione della pena per gravi motivi di salute.
E’ chiaro, quindi, che per togliere dal carcere il detenuto Bruno Contrada non c’è la necessità di concedergli la grazia o, addirittura di accelerarne l’iter, come il ministro Mastella si è impegnato a fare: "In questo caso l'urgenza deriva dalle condizioni di salute. Normalmente per l'attivazione di questi strumenti si impiegano sei mesi. Io mi auguro che si faccia molto, molto prima". "Io valuto l'aspetto umano, come anche il presidente della Repubblica ha valutato questo".
Una solerzia inusuale quella del ministro della giustizia non fosse altro perché è proprio nella competenza del Tribunale di Sorveglianza decidere, qualora ne ricorrano gli estremi, di sospendere la pena per motivi umanitari.
La concessione della grazia ha, evidentemente, tutto un altro rilievo e va valutata con ben altra ponderazione.
In particolare, come non tenere nella debita considerazione le forti riserve espresse dalle associazioni delle vittime della mafia, da Rita Borsellino, dalla figlia del magistrato Scopelliti?
Purtroppo la politica si è già impadronita della questione trovando subito il modo di far sentire a sproposito la propria voce.
Se la sinistra si mostra come al solito incerta, il centro destra si è buttato a pesce sulla faccenda. In particolare, inquietanti sono sembrate le parole del giornalista e senatore di Forza Italia, Lino Jannuzzi, ai microfoni del GR1: “E’ stato un bel gesto, peraltro doveroso. Significa che il Capo dello Stato ha capito perfettamente la gravità della situazione che non è solo quella dello stato di salute di Contrada ma è l’approdo di una vicenda vergognosa: 15 anni di persecuzioni basate soltanto sulle invenzioni dei pentiti”.
La questione è così delicata che avrebbe meritato una maggiore cautela da parte di tutti per evitare facili e pericolose strumentalizzazioni.
Diciamo che accanto all’imprevista sollecitudine del ministro di giustizia c’è stato forse anche un difetto di comunicazione del Colle, come lascia capire l’affrettata e stizzita nota successiva: "il Presidente della Repubblica ha ben presente tutte le ragioni da prendere in considerazione e le procedure da rispettare".
In un periodo così burrascoso per i rapporti tra la politica e la giustizia, scivolare sul caso Contrada significa voler mandare di traverso agli Italiani persino il panettone.
Una figuraccia che la nostra classe politica almeno a Natale poteva risparmiarsi.

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