venerdì 18 aprile 2008

Le gioie del giovane Walter

E’ molto istruttiva l’intervista che il segretario del PD Walter Veltroni ha rilasciato a Massimo Giannini su la Repubblica di oggi.
A dispetto delle cento e più province attraversate in lungo e largo per l’Italia durante la campagna elettorale, Veltroni sembra un generale che, rinchiuso nel proprio bunker, non sa più interpretare la realtà per quello che è, addossando la responsabilità della sconfitta agli altri.
Anzi, a veder bene tra le righe dell’intervista, egli non ha ancora realizzato di aver subito una cocente sconfitta.
Siamo al punto che i suoi colonnelli non si sentono in animo di rivelargli l’amara verità.
Basta l’esordio per far comprendere al lettore in quale cortocircuito sia caduta la sua strategia: “Io non ho alcuna difficoltà a parlare di sconfitta. Ma attenzione. La sconfitta c'è stata nella sfida per il governo: ero il primo a sapere che questa era una missione difficilissima, che non era certo facile vincere in soli quattro mesi invertendo una tendenza negativa consolidata in due anni. Ma se guardiamo alla costruzione di una grande forza riformista, allora non si può proprio parlare di sconfitta: è stato un miracolo, perché oggi quella forza ha recuperato più di 10 punti, esiste ed è finalmente una realtà del Paese".
Se la Sinistra è da rifondare, a questo punto è da azzerare anche il gruppo dirigente del PD che non riesce minimamente a comprendere la gravità della situazione: anche il politologo Giovanni Sartori, ieri sera intervenuto a Anno Zero, ha sparato a zero sulla condotta della campagna elettorale da parte dell'ex sindaco di Roma.
Il quale è così miope da non scorgere il baratro che ha scavato con il proprio elettorato proponendo delle candidature veramente inconciliabili con la linea politica del partito: vedi quella dell'ex presidente di Federmeccanica Massimo Calearo. Sul punto, alle rimostranze di Giannini così risponde: “No, sulle candidature non abbiamo proprio nulla da rimproverarci. Finalmente competenze ed esperienze sociali, e abbiamo raddoppiato il numero delle donne e dei giovani".
E’ veramente disarmante!
Per lui la colpa di tutto è stata di Romano Prodi e del suo governo: non è un caso che alla vigilia delle elezioni questi gli abbia consegnato una lettera di dimissioni dalla presidenza del Partito Democratico.
Ma come, il Professore, dopo aver vagheggiato per anni la nascita della sua creatura politica, la abbandona all’improvviso nel momento più difficile?
Sembra Cesare colpito a tradimento che si rivolge incredulo al suo delfino dicendogli: anche tu Walter, figlio mio!
Possibile che Veltroni, per due anni il principale alleato del governo Prodi nell’opera di risanamento dei conti pubblici, abbia il coraggio ancora di affermare: "Io su Prodi continuo a distinguere. C'è un Prodi uomo di Stato, uno dei più grandi che la storia repubblicana abbia conosciuto. E c'è la vecchia maggioranza, che in questi due anni ha scontato, suo malgrado, una caduta oggettiva di consensi, dall'indulto alla prima Legge Finanziaria. Prodi, e noi con lui, abbiamo pagato una conflittualità permanente dentro una coalizione paralizzata dalla cultura dei no. Ecco perché i partiti della ex Unione hanno ottenuto risultati pessimi. Ma guarda caso, tutti tranne uno: il Pd. È questo, oggi, che mi fa dire che la nostra scelta di discontinuità è stata giusta, e che il nostro coraggio è stato premiato. Se domenica scorsa ci fossimo ripresentati agli elettori con l'assetto del 2006, oggi saremmo stati travolti da uno tsunami dal quale il centrosinistra non si sarebbe mai più ripreso" ?
Con questo livello di analisi politica non si va lontano: eppure era chiaro da tempo che Romano Prodi avesse sbattuto la porta del loft democratico abbandonando la campagna elettorale in aperta polemica con Veltroni.
Con questa sua ultima intervista, gli ultimi dubbi sono fugati: come dice Beppe Grillo, Walter Veltroni si è conquistato sul campo i titoli di possibile vicepresidente del Consiglio del governo Berlusconi!

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