martedì 5 luglio 2011

A favore della TAV, una classe politica da mandare a casa

Gli incidenti della TAV hanno messo in luce ancora una volta che PD e PDL sono le facce di una stessa medaglia.

Di fronte alla legittima protesta delle popolazioni della Val di Susa che, da sempre, sono contrarie allo sventramento delle Alpi per un’ennesima linea ferroviaria ad alta velocità, in un territorio già martoriato da infrastrutture gigantesche di ogni tipo, la sola risposta che sanno formulare i due principali partiti politici è quella di criminalizzare la protesta per poter surrettiziamente ridurre un problema di allocazione di risorse pubbliche a questione di ordine pubblico.

Per raggiungere questo obiettivo stanno facendo a gara tutti: mass media, salvo poche voci fuori dal coro, e i politici del polo unico PD+PDL.

Purtroppo da gente come Maroni, Cota, Matteoli, non ci si poteva attendere di meglio; ma assieme a loro, gareggiano al massimo ribasso i Bersani, i Fassino e i tanti dirigenti della sinistra che fu (ed adesso si capisce perché!).

Se l’opposizione glissa sulla questione economica, finanziaria, ambientale, sociale, che sta dietro a questa infrastruttura monstre e non tenta di abbozzare una qualche spiegazione agli Italiani di un atteggiamento, peggio che pilatesco, di dichiarato sostegno dell’opera, addirittura soffiando sul fuoco delle tensioni per invocare la prova di forza della polizia, è segno proprio che questa classe politica deve andarsene a casa.
Non solo non ha imparato nulla dalle consultazioni elettorali di primavera; ma è del tutto impreparata sul piano tecnico-professionale.


Guardando alla cronaca degli ultimi giorni, è chiaro che nessuno può difendere i presunti black bloc e le loro violenze; ma, a maggior ragione, non è accettabile che le forze dell’ordine sparino lacrimogeni ad altezza d’uomo come ha testimoniato il corrispondente di Al Jazeera.

Né è tollerabile, in una democrazia normale, che non ci sia politico del monolito  PD+PDL disposto ad aprire una discussione franca davanti al Paese per dimostrare nel merito la validità di quest’opera.

Per capire il degrado della nostra classe politica, protesa a difendere solo se stessa, è illuminante l’intervista su Repubblica di domenica scorsa del piddino Piero Fassino, ora sindaco di Torino, che sulla manifestazione dei No Tav ad un certo punto si lascia sfuggire: "A sfilare ci saranno gruppi che dicono no ad altre opere, dal Dal Molin al ponte sullo stretto di Messina. La marcia sta assumendo i connotati in una manifestazione contro qualsiasi infrastruttura moderna, si rischia una regressione culturale".

A questo pasionario della TAV, qualcuno dovrebbe spiegare che l’economia moderna è cambiata e che oggi lo sviluppo economico passa principalmente per l’innovazione tecnologica; molto meno per la costruzione di grandi infrastrutture ferroviarie o autostradali (a meno che non si dimostri, dati alla mano, la loro specifica utilità).

Come volano dello sviluppo funziona molto meglio l’investimento nelle nuove reti telematiche, nelle energie rinnovabili, nell’innovazione tecnologica, nella ricerca, nell’istruzione, nella sanità, nei beni culturali e ambientali.

Ignorare ciò, questo sì, è vera regressione culturale; a cui si abbinano quantità industriali di arroganza.

Tronfio della propria ignoranza, su una cosa l’impareggiabile Piero ha ragione: soffia sul Paese un vento di protesta; ma non contro le opere pubbliche (magari se ne avviassero di veramente necessarie!) ma contro una classe politica incompetente, che vive molto al di sopra dei propri meriti e che, a secco di argomenti, lancia la polizia contro i cittadini.

Così, a certificare il fallimento politico della casta, non basta più il ruolo di supplenza della magistratura, ci vuole pure quello delle forze dell’ordine!

Privi ormai di qualsiasi credibilità (men che meno di autorevolezza!), i nostri parlamentari, figli della legge porcata, ormai rappresentano solo se stessi e i propri privilegi a cui restano attaccati con le unghie e con i denti: per non rinunciare neppure ad un euro dei loro lucrosi emolumenti, si appellano persino ai diritti acquisiti, mentre non muovono un dito contro la macelleria sociale avviata da anni dal ministro del Tesoro Giulio Tremonti.

Ecco perché oggi ci sentiamo tutti cittadini della Val di Susa.

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