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domenica 7 ottobre 2012

Fuori tempo massimo il monito di Napolitano da Assisi

Anche da Assisi sono risuonate le parole di Giorgio Napolitano, in occasione dell'incontro con il cardinale Gianfranco Ravasi nel Cortile dei Gentili, sul tema 'Dio questo sconosciuto'.
Quale miglior pulpito, la città del Poverello, per lanciare il suo rituale monito, questa volta contro la corruzione e il clima di rassegnazione che si respira nel Paese; fino a sottolineare l'importanza di un «acuto bisogno di slancio ideale e senso morale», stigmatizzando l'«inadeguato quadro politico».
Per poi sollecitare «sforzi da volgere soprattutto a rianimare senso dell'etica e del dovere, a diffondere una nuova consapevolezza dei valori spirituali, dei doni della cultura, dei benefici della solidarietà, che soli possono elevare la condizione umana», come ai tempi della Costituente.
Tante belle parole, non c'è che dire, in uno stile che si conserva graniticamente ampolloso e che puzza di formalina, più della comune naftalina, tanto da rendere il messaggio di Napolitano buono per tutte le stagioni, addirittura imbalsamato.
E talmente alto che, per farlo atterrare in sicurezza su noi comuni mortali, avrà bisogno pure dell'interpretazione autentica del suo stesso autore: e giù il prevedibile arzigogolato profluvio di parole auliche già pronte per il monito prossimo venturo.
Di pistolotto in pistolotto, con seguito di immancabile plauso unanime della Casta, che vi legge simultaneamente quello che più le conviene secondo le contingenze e gli ordini di scuderia, ovvero tutto e il contrario di tutto, Giorgio Napolitano è per i media un'autentica star, a cui dedicare, un giorno sì e l'altro pure, il titolo di apertura come se il suo intervento fosse sempre un formidabile atout, calato puntualmente a diradare le nebbie impenetrabili della politica nostrana.
Non sono pochi i giornalisti che cadono letteralmente in deliquio alle parole del Colle, pur trattandosi spesso non di pubblicisti alle prime armi ma di attempati padri di famiglia, gente di esperienza, che ne deve aver viste di cotte e di crude in una intera vita di redazione.
Eppure appena il Quirinale alza l'indice  della retorica e taglia il nastro della fiera delle banalità un autentico brivido scorre lungo le loro schiene e ne suggerisce a caratteri cubitali l'immediata titolazione: Re Giorgio tuona e il bel tempo rimena.

Questa volta l'occasione era così ghiotta, sommo il tema trattato,  un confronto teologico, che i quirinalisti ci sono andati a nozze, così ispirati da evocare per Napolitano lo spirito di Assisi.
Ma dimenticando, come sempre,  alcuni piccoli particolari:
1. che la questione morale in Italia è targata 1981 e venne sollevata addirittura da Enrico Berlinguer,  in rotta di collisione con il rampantismo socialista di stampo craxiano, nella famosa intervista a Repubblica,  che gli attirò la critica durissima, guarda un po', proprio di Giorgio Napolitano, allora leader dell'ala migliorista del PCI, che lo accusò di trascinare il partito su posizioni settarie;
2. che Giorgio Napolitano è in Parlamento da quasi sessant'anni (dal 1953) e che di tempo ne ha avuto a disposizione per fare la sua parte ed opporsi efficacemente alla corruzione e al degrado morale della politica, fenomeno che si suppone non si sia manifestato improvvisamente, visto che quest'anno già ricorrono i vent'anni di Tangentopoli;
3. che la reggia del Quirinale non è propriamente il Sacro Tugurio del poverello di Assisi e che i tagli ai costi della politica avrebbero potuto inaugurarsi da tempo magari proprio battezzati da un bel monito solenne, con la contemporanea iniziativa di una robusta cura dimagrante del suo bilancio, di gran lunga superiore a quello di Buckingham Palace, e del proprio appannaggio presidenziale;
4. che il conflitto di attribuzione sollevato contro la Procura di Palermo, che indaga sulla trattativa stato-mafia, per ottenere l'immediata distruzione delle registrazioni delle sue imbarazzanti conversazioni telefoniche con Nicola Mancino, invocando prerogative da sovrano assoluto, non è il migliore viatico per poter imporre alla Casta un bagno di umiltà e, soprattutto, il ridimensionamento draconiano del suo tenore di vita.

D'altronde, basta leggere i commenti di sdegno e di indignazione con cui i tradizionalmente benpensanti lettori del Corriere della Sera si esprimono univocamente sull'ennesima esternazione presidenziale, nonostante lo scenario suggestivo del piazzale antistante la Basilica inferiore di San Francesco d'Assisi, per rendersi conto di quale abissale solco si sia ormai scavato tra il Paese e le sue Istituzioni, anche quella più incensata dai media.

domenica 23 agosto 2009

Prima ammissione di Veltroni: «Non tutto il male è colpa di Berlusconi»

Un Walter Veltroni in grande spolvero è quello che si affaccia di nuovo alla ribalta della politica italiana.
Pensavamo che fosse caduto in letargo, invece no: era più sveglio che mai, pronto finalmente a dirgliene quattro al capo dello schieramento a lui avverso.
Un Se po’ ffà rinfrancato che, nel giro di poche ore, presenta la sua ultima fatica letteraria, il romanzo Noi; lancia l’ultimatum al governo per lo scioglimento della giunta comunale di Fondi, in provincia di Latina, ergendosi a paladino contro la criminalità.
Dulcis in fundo, dichiara: "La colpa più grave di Berlusconi è quella di non avere migliorato in nulla il paese pur dominandone la politica da 15 anni, ma non credo che con lui scompariranno anche l'egoismo e l'individualismo".
Ormai, tiratosi fuori dall’agone politico, si atteggia a saggio, o meglio a grande vecchio della politica italiana.
Con il piccolo particolare che, a parte il fatto che non ne ha l'età, non mostra nè statura morale né strumenti culturali per cimentarsi nel ruolo di maître à penser, per il quale ci aspetterebbe da lui qualche titolo di merito in più.
In una cosa però ha ragione: è vero, non è tutta colpa di Berlusconi.
Infatti, senza la sua preziosissima opera di fiancheggiamento, l’uomo di Arcore non sarebbe diventato per la terza volta Presidente del Consiglio e non potrebbe governare il nostro paese per almeno altri quattro anni a dispetto di una pessima compagine governativa dove gareggiano solo gli istinti peggiori e una cultura politica da uomini delle caverne.
Illuminanti sono le parole dell'impareggiabile Walter riprese dal Corriere della Sera.it : "Siamo un paese che tende a prendere forti sbandate ideologiche. Si sono trasformati in ideologie persino il berlusconismo e l'antiberlusconismo , e il mio grande dolore - dice - è stato non essere riuscito ad avviare una stagione di collaborazione nell'interesse dell' Italia dopo le elezioni".
Incapace di fare i conti con il proprio fallimento storico, tende ancora la mano a Berlusconi, questa volta implorandogli aiuto …
Nel frattempo si ripropone come romanziere.
Una cosa è certa: Noi, ne resteremo alla larga.

lunedì 17 agosto 2009

E la chiamano "ortoressia"

Iniziamo il dopo Ferragosto in modo leggero.
Questa volta non parliamo di politica in senso stretto ma vogliamo dimostrare come i media facciano politica in forme spesso più pervasive e subdole dei vari Berlusconi, Franceschini e compagnia perdente...
Leggiamo dal Corriere della Sera.it, un articolo sulla salute che, ad un primo approccio, sembrerebbe politicamente innocuo.
Viene lanciato un grido d’allarme su una nuova patologia che si starebbe diffondendo a macchia d’olio soprattutto tra la popolazione adulta e di buon livello culturale: l’ortoressia.
Un neologismo, minacciosamente coniato in prossimità di quello di anoressia, per definire il presunto disordine alimentare di chi rifiuta cibi contaminati da pesticidi per acquistare solo quelli naturali, come ad esempio i prodotti biologici.
A questo punto, qualcuno rileggerà le ultime parole per accertarsi se ha capito male o se, magari, un qualche refuso abbia accidentalmente invertito il senso della frase appena letta.
Ma si tranquillizzi, ha letto e capito benissimo.
Questa tremenda malattia, recente invenzione dei media, consisterebbe proprio nel rifiutare il cibo poco genuino per prediligere quello più naturale, condannandosi in questo modo, dato l’inquinamento ambientale ormai dilagante, a mangiare di meno (fra l'altro, il cibo naturale costa di più) e, udite udite, in solitudine, poiché la maggioranza delle persone è costretta a mangiare quello che passa il convento, cioè cibo non di rado sofisticato e adulterato.
Gravissima patologia, con effetti potenzialmente mortali, assicurano gli esperti citati dal quotidiano.
Ma torniamo indietro.
Già il titolo è tutto un programma: "Di cibo sano si può morire".
Vi citiamo alcune perle dell’articolo, in primis il ritratto dell’ortoressico, cioè di colui che sarebbe affetto da tale patologia:
"È difficile fare un censimento della popolazione ortoressica, anche perché contrariamente agli anoressici o ai bulimici le persone che soffrono di questo disturbo possono essere assolutamente normali fisicamente."
Il giornale non vuole dirlo, ma sotto sotto fa capire che questi gravi malati sono apparentemente in buona salute.
Ma il massimo della comicità arriva quando la curatrice del pezzo, Emanuela Di Pasqua, cerca di mettere a fuoco i sintomi della malattia:
"Si inizia con l'escludere dalla propria alimentazione i cibi trattati con pesticidi o con qualsiasi additivo artificiale e, piano piano, i criteri di ammissibilità di un alimento diventano sempre più restrittivi. Alla fine l'ortoressico consuma il proprio pasto in solitudine (caratteristica comune anche all'anoressia e alla bulimia), si isola socialmente e arriva ad avere una dieta talmente povera da poter riportare gravi danni sul piano nutrizionale. Qualcuno è già morto di questa ossessione, tanto più pericolosa quanto più è difficile da identificare e diagnosticare."
Voi capirete, su quale terreno accidentato ci si è spinti, a parte il fatto che prima di lanciare un segnale così inquietante sulla stampa, i media dovrebbero dimostrare che i pesticidi fanno bene alla salute (non soltanto a quella dell’industria farmaceutica) o che, almeno, facciano meno vittime di quante ne provocherebbe questa nuova pericolosissima malattia.
Ma il messaggio subliminale è chiarissimo: se voi, sudditi, vi opponete ai prodotti dell’agroindustria trattati con pesticidi, fitofarmaci e, perché no, basati sugli OGM, non solo non state conducendo una legittima battaglia di idee ma non difendete neppure la vostra salute.
Anzi, il vostro aperto dissenso dimostra che molto probabilmente già siete stati colpiti da questa sindrome letale e che, quindi, dovete essere curati al più presto.

Senza saperlo siamo diventati all’improvviso tutti gravemente malati e socialmente pericolosi...
Caro Beppe Grillo, ci dispiace disturbarti, ma c'è altro lavoro per te.

lunedì 6 aprile 2009

Fare presto!

Il terremoto di questa notte che ha colpito L'Aquila e la sua provincia in modo così devastante, come emerge dai primi resoconti frammentari, lascia sgomenti per il suo carico di distruzione e morte.
Il pensiero corre immediato alle vittime di questo cataclisma, sorprese nel sonno, a cui deve essere data da subito la massima assistenza ed a cui non deve essere fatta mancare la presenza delle autorità al più alto livello istituzionale per garantire il massimo coordinamento e la piena efficacia dei soccorsi.
Si apre in queste ore una gara di solidarietà a cui ognuno è chiamato a partecipare e che, ne siamo certi, sarà generosa come è costume della gente italica.
Speriamo che tutto ciò serva a lenire sia pure in parte le sofferenze delle popolazioni colpite.
Nonostante la priorità assoluta da dare in queste ore alla macchina degli aiuti, non possiamo non pensare ad un articolo della settimana scorsa pubblicato dal Corriere della Sera.it che riferiva di una previsione di un evento disastroso azzardata da un ricercatore dei Laboratori nazionali del Gran Sasso che si sarebbe dovuto verificare tra domenica e lunedì della settimana scorsa.
La sua previsione gli é costata parecchi insulti ed una denuncia per procurato allarme.
Chissà se l'averla presa in più seria considerazione sarebbe forse servito a qualcosa.
Ma adesso è il momento di agire.
L'imperativo è fare presto!
Aggiornamento delle 10.10: il ricercatore, Giampaolo Giuliani, conferma la sua analisi e lancia accuse precise alla scienza ufficiale.