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venerdì 22 agosto 2014

Dalla crociata del PD contro Di Battista al ripensamento di Vauro: quando la sinistra è in affanno

Sul Fatto Quotidiano del 19 agosto, Vauro Senesi prende le difese di Alessandro Di Battista, il deputato pentastellato che, in un articolato e lungo intervento sul blog di Beppe Grillo, esamina la complessa e pericolosa situazione mediorientale: un'analisi approfondita e pacata che mette in evidenza le gravi responsabilità dell'Occidente, con particolare riferimento all'Iraq dove oggi imperversa la guerriglia dell'ISIS, l'autoproclamato Stato Islamico, dopo la criminale guerra scatenata nel 2003 dagli USA contro Saddam Hussein, sulla base del finto pretesto di cercare le armi di distruzione di massa. 
Quelle stesse armi, fornitegli in abbondanza a suo tempo proprio dagli Stati Uniti, che il dittatore iracheno non possedeva più avendole utilizzate quindici anni prima principalmente nel conflitto contro l'Iran e, per la parte residua, contro le popolazioni curde. 
Ma, va sottolineato, in quelle due occasioni, nessuno in Occidente si era stracciato le vesti per l'utilizzo di armi chimiche. 
La vicenda aveva fatto clamore solo dopo che gli Stati Uniti, vista l'ingratitudine di Saddam dimostrata con l'invasione del Kuwait, avevano deciso che colui che era stato fino ad allora una loro creatura, era divenuto all'improvviso troppo ingombrante e pericoloso: insomma, il loro nuovo nemico!
E, per la politica estera a stelle e strisce, si è continuato per decenni ad andare avanti così: i fidi alleati che diventano all'improvviso nemici per poi tornare ad essere amici, in un frenetico e azzardato rimescolamento di carte.
Una condotta schizofrenica che non poco ha contribuito a generare il caos odierno: nemmeno un anno fa Barack Obama voleva attaccare la Siria, sempre con la scusa delle armi chimiche, dando manforte proprio ai ribelli di Al Quaeda (un altro nemico  a seconda delle stagioni) e ai jihadisti che, adesso, sono diventati di colpo il nuovo nemico da eliminare.
La mancanza di visione strategica e di totale fallimento della politica estera americana (anche al di là della gravissime responsabilità americane sulla ennesima crisi di Gaza, con oltre duemila morti uccisi dai bombardamenti israeliani) è sotto gli occhi di tutti.
Il ragionamento di Di Battista sottolinea proprio la necessità di evitare facili etichettature delle forze in campo, visto che vengono contraddette in primis proprio dagli etichettatori, gli USA, a cui l'Italia di Renzi oggi si accoda senza un minimo di autonomia e, quel che è peggio, di discernimento: per non parlare di interesse nazionale!
Quindi c'è la necessità, proprio per provare ad impedire l'estensione del conflitto a macchia d'olio, di iniziare a rinnovare le stesse categorie semantiche della politica estera. A partire dal significato da attribuire al termine terrorista
Due gli argomenti chiave proposti da Alessandro Di Battista:
[...]"A questo punto mi domando quanto un miliziano dell'ISIS capace di decapitare con una violenza inaudita un prigioniero sia così diverso dal Segretario di Stato Colin Powell colui che, mentendo e sapendo di mentire, mostrò una provetta di antrace fornitagli da chissà chi per giustificare l'imminente attacco all'Iraq. Una guerra che ha fatto un numero di morti tra i civili migliaia di volte superiore a quelli provocati dallo Stato Islamico in queste settimane. La sconfitta del sunnita Saddam Hussein scatenò la popolazione sciita che covava da anni desideri di vendetta. Attentati alle reciproche moschee uccisero migliaia di persone. Da quel giorno in Iraq c'è l'inferno ma i responsabili fanno shopping sulla Fifth Avenue e vacanze alle Cayman."
[...]"Dovremmo smetterla di considerare il terrorista un soggetto disumano con il quale nemmeno intavolare una discussione. Questo è un punto complesso ma decisivo. Nell'era dei droni e del totale squilibrio degli armamenti il terrorismo, purtroppo, è la sola arma violenta rimasta a chi si ribella. E' triste ma è una realtà. Se a bombardare il mio villaggio è un aereo telecomandato a distanza io ho una sola strada per difendermi a parte le tecniche nonviolente che sono le migliori: caricarmi di esplosivo e farmi saltare in aria in una metropolitana. Non sto né giustificando né approvando, lungi da me. Sto provando a capire. Per la sua natura di soggetto che risponde ad un'azione violenta subita il terrorista non lo sconfiggi mandando più droni, ma elevandolo ad interlocutore. Compito difficile ma necessario, altrimenti non si farà altro che far crescere il fenomeno."
Su queste ultime parole, come i lettori sapranno, si è scatenato l'inferno: hanno preso subito la palla al balzo i farisei del PD (in primis la modesta Debora Serracchiani) che, dovendo coprire mediaticamente il dono di armi che il governo Renzi stava progettando per i curdi, hanno  preso di mira Di Battista, estrapolando le parole che più facevano comodo, descrivendolo come amico dei terroristi, ignorando deliberatamente il ragionamento sottostante. 
Ma la vera ciliegina sulla torta l'ha posta il giornalista Francesco Merlo con un commento su Repubblica così ignobile ed intimidatorio, una sorta di schedatura velenosa, che richiederebbe assolutamente una risposta del deputato pentastellato per vie legali. Si potrebbe chiosare: se questo è un giornalista...
Nemmeno gli ultras in curva, durante il derby, sanno fare di peggio: siamo arrivati al linciaggio bell'e buono, senza che nessuno dentro la cosidetta sinistra parlamentare abbia da subito avuto la dignità di tentare un ragionamento. 
Maestro di cerimonie di questo scempio mediatico è stato addirittura il premier Matteo Renzi che ha rilanciato un vergognoso (o demenziale) tweet del presidente PD Matteo Orfini: "E i grillini rifiutano il confronto sulla riforma della giustizia...coi terroristi bisogna interloquire, ma guai a farlo col governo...".
Ormai la politica nel PD segue la logica del branco e viene fatta necessariamente soltanto con gli slogans: il ragionamento, la riflessione, sono rigorosamente vietati.
Ma intanto nella società civile qualcuno ha avuto il coraggio di leggere, finalmente, le parole di Di Battista, scoprendo che non contenevano nulla di sconvolgente e che, con diverse sfumature a seconda della personalità, la sua analisi poteva essere un buon punto di partenza per approcciare da Italiani il problema mediorientale.
Così l'intervento di Vauro cerca di rimettere a sinistra le cose un po' in ordine, smarcandosi radicalmente dai toni da crociata usati dal vertice piddino contro i 5Stelle. 
La cosa ha sicuramente meravigliato, conoscendo i giudizi tutt'altro che generosi,  che il disegnatore satirico ha rivolto da sempre contro il M5S.
Che Vauro cominci a pentirsi di avere fino a ieri astiosamente attaccato a testa bassa il M5S? 
Però, non se la può cavare così facilmente! Di tutto quell’odio viscerale sono in molti da tempo a chiedergli lumi.
Perché in una famigerata vignetta, proprio alla vigilia delle amministrative vinte quest'anno dal M5S a Livorno, Vauro si rappresenta nell’atto di evirarsi piuttosto che votare il M5S. 
Un attacco satirico evidentemente distruttivo, che non lascia vie di mezzo: una scomunica politica senza se e senza ma.
In una fase storica in cui è in atto un colpo di stato strisciante (che data almeno da tre anni, dal defenestramento di Berlusconi deciso da Napolitano, mesi prima dell’attacco speculativo contro l’Italia), tambureggiare in modo così esiziale l’unica forza politica che ha dato voce ai cittadini, nell'ambito di un panorama mediatico monopolizzato dalla sistematica disinformazione e dal quotidiano bombardamento di giornali, tv, rai, contro di essa, è un comportamento veramente vile e miope.
Poi si può dire tutto quello che si vuole sui limiti del M5S, sui problemi di democrazia interna, ecc. ma è chiaro che senza Grillo il miracolo di un movimento di cittadini che ha messo alle corde la Casta non solo non ci sarebbe stato ma non sarebbe stato neppure immaginabile.
Problemi di democrazia interna? Forse.
Sì, che, di enormi, non ce ne sono stati da sempre dentro il PD, caratterizzato da un modello di finto assemblearismo che ha assicurato ad libitum libertà di azione e di deragliamento politico alla nomenklatura, le cui scelte sono state subite dalla base senza alcun autentico spazio di confronto.
Basta aver bazzicato per qualche tempo le sezioni per rendersene conto: tant’è che ormai sono sparite e le poche rimaste sono semideserte, frequentate da pochi galoppini. 
Non è un caso che il fenomeno Renzi è un’invenzione di matrice quasi esclusivamente mediatica!
Ma, si sa, la trave nel proprio occhio non risalta quanto la pagliuzza in quello altrui.
Se il M5S non avesse avuto una guida politica solida, ferma e coerente, al limite della durezza, con una comunicazione tanto brusca quanto alla luce del sole, oggi, nella migliore delle ipotesi, sarebbe la quintessenza della nullità o dell'irrilevanza politica, tipo il partito di Vendola, SEL. 
Per la somma soddisfazione dei maggiorenti del PD che potrebbero continuare a fregare gli Italiani, infischiandosene pacatamente della loro reazione!
Ecco perché da Vauro si attendono, se arriveranno, spiegazioni più convincenti: che il suo atteggiamento demolitorio contro il Movimento  sia riconducibile esclusivamente al suo sacro furore contro il presunto insufficiente tasso di democrazia interna, lascia davvero molto, ma molto perplessi. 

lunedì 2 gennaio 2012

La Serracchiani strumentalizza le parole di Beppe Grillo

In un recente minipost sul suo blog, Beppe Grillo così scrive:
"Continuano gli attentati contro gli uffici di Equitalia, nelle ultime ore sono avvenuti a Foggia e Modena. Si può dire tranquillamente che stiano per sostituire i tradizionali botti di San Silvestro con la differenza però che durano tutto l'anno. Se Equitalia è diventata un bersaglio bisognerebbe capirne le ragioni oltre che condannare le violenze. Un avviso di pagamento di Equitalia è diventato il terrore di ogni italiano. Se non paga l'ingiunzione "entro e non oltre" non sa più cosa può succedergli. Non c'è umanità in tutto questo e neppure buon senso. Monti riveda immediatamente il funzionamento di Equitalia, se non ci riesce la chiuda. Nessuno ne sentirà la mancanza."
Le sue parole sono chiarissime insieme al caratteristico tono tra il serio e il paradossale. Non c'è nessuna giustificazione della violenza, nessuna bassa speculazione elettorale (con una classe politica come la nostra, dalla credibilità e reputazione pubblica e privata assolutamente disastrose, non ce ne sarebbe proprio bisogno!), nessuna apologia di un bel niente.
C'è semplicemente l'invito ad una riflessione collettiva, particolarmente importante in un periodo difficile come questo.
Se non che esponenti della Casta iperpagata che, normalmente di fronte ai drammi degli Italiani fanno finta di guardare (ed effettivamente guardano) dall'altra parte, si risvegliano all'improvviso dal loro letargo dorato  per intervenire sulla vicenda a gamba tesa, prendendo fischi per fiaschi pur di regalarsi un minuto di pubblicità, tentando maldestramente di  dipingere gli altri come mostri.
Quanto a presenza di farisei, il Pd sembra proprio non temere la concorenza di nessuno.
Così  l'europarlamentare Debora Serracchiani, di cui si erano praticamente perse le tracce (ad eccezione di qualche comparsata televisiva) all'indomani della sua elezione del 2009, fiuta l'osso e vi si avventa famelica:  «È estremamente pericoloso associare gli attentati alle sedi di Equitalia a un giudizio di disumanità nei confronti del sistema esattoriale». E continua: «c'è sicuramente più di una riflessione da fare su Equitalia, ad esempio sui tassi di interesse raggiunti dalle cartelle esattoriali, sulla messa all'asta delle prime case o sull'impossibilità per le imprese di compensare debiti e crediti con lo Stato. Ma da qui ad accreditare in modo strisciante il concetto che gli attentati dinamitardi sono un fenomeno da capire corre la stessa distanza che c'è tra la protesta civile e il lancio delle molotov».
Un colpo al cerchio e un colpo alla botte. Chiunque si renderà conto di quanta ipocrisia sia compendiata in queste frasi e  in quale grossolano equivoco si voglia trascinare la pubblica opinione, utilizzando espedienti  propagandistici più tipici di un regime autoritario che di una forza progressista. 
Così chi prende a cuore le battaglie civili, come quella di un fisco più equo, a cui evidentemente il Pd deve aver rinunciato, è da considerare se non alla stregua di un terrorista almeno un suo fiancheggiatore.
E chi si oppone alla Tav, componente di un movimento di popolo di migliaia di persone che abbraccia le maggiori culture politiche e diversi territori del nostro paese, non è un cittadino con le sue sacrosante ragioni ma un attentatore della sicurezza nazionale.
Quale involuzione culturale sia in atto ormai da tempo nel partito democratico è quindi sotto gli occhi di tutti.
Con tutta la solidarietà che si deve dimostrare alle vittime degli attentati ad Equitalia, la questione sollevata da Beppe Grillo è socialmente rilevante, come poche settimane fa una bella puntata di Presa Diretta  ha denunciato in modo cristallino.
Ignorarla o, peggio, criminalizzare chi se ne fa interprete è non soltanto miope e sleale, ma politicamente fallimentare.
D'altra parte prima del graffiante intervento di Beppe Grillo, nessuno nel Pd si era sentito in animo di far sentire la propria voce a difesa dei contribuenti onesti, magari semplicemente eccependo qualcosa sulle modalità disumane adottate da Equitalia per la riscossione dei tributi.
Dei tanti drammi di vita quotidiana, dalla disperazione dei lavoratori licenziati che si issano sulle torri al pensionato che ruba nel supermercato per sopravvivere, dall'imprenditore che si uccide perché non riesce più a pagare (assieme ai debiti) i suoi dipendenti, alle stesse vittime incolpevoli della guerriglia contro Equitalia,  dai contribuenti ridotti sul lastrico da procedure medievali e arcigne per mano di un fisco strabico, dagli innumerevoli caduti sul lavoro ai mille soprusi che stritolano il cittadino per la dilagante ingiustizia sociale... Sembra che di tutto ciò il Pd non si interessi più.
Prima impegnato a combattere Berlusconi sul piano personale (ma non la sua politica!), adesso preoccupato a tempo pieno a sostenere Monti per raggiungere l'agognato pareggio di bilancio.
Insomma, una forza politica conservatrice, elitaria e autoreferenziale, lontana anni luce dalla sua gente.

PS: un breve sguardo ai commenti in rete lascia pochi dubbi su quale sia l'opinione prevalente, tra coloro che condividono nella sostanza l'intervento di Grillo e chi invece ne prende le distanze, travisando le sue parole in senso, diciamo così, "criminogeno". Come fanno, del resto, i principali giornali, tutti schierati (sin dalla titolazione che danno alla querelle) a pensar male.
Ma, ben oltre il bagno di realtà che invita a fare Beppe, in giro c'è parecchia gente che ha posizioni veramente estreme e per certi versi inquietanti.
Ignorare tutto ciò, rinchiudendosi nel Palazzo d'Inverno come anche questa volta fa la Casta con la complicità dei  media di corte, è veramente da irresponsabili.