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mercoledì 9 maggio 2012

Beppe Grillo fa boom ma Napolitano non se ne accorge...

Lo strabiliante risultato del Movimento 5 Stelle guidato da Beppe Grillo è tale che dal 7 maggio scorso si può senz'altro affermare che l'Italia è entrata nella III repubblica, con il terremoto elettorale che ha squassato la vecchia politica di Lega, Pdl, Pd e Udc.
Sì proprio loro, i quattro partiti dell'apocalisse, quelli che hanno fatto precipitare l'Italia, fino a pochi anni fa la quinta potenza economica mondiale, a terra di conquista per la finanza internazionale e le multinazionali in cerca di manodopera a basso costo: insomma quelli che ci hanno portato dalle stelle alle stalle.
Certo il Pd ha resistito in queste amministrative oltre le più rosee aspettative ma, ormai, è solo questione di settimane, impiccato com'è alle sue contraddizioni, ai suoi scandali e ad una politica scriteriata di sostegno al governo Monti, esecutivo formato da sbiaditi tecnocrati di centrodestra.
Bastava vedere in tv la faccia da cane bastonato del suo segretario, Pierluigi Bersani, che lunedì sera si sforzava di mostrare la propria soddisfazione per il risultato ottenuto, per rendersi conto che anche per il Partito Democratico il conto alla rovescia è iniziato.
Il risultato del Movimento 5 Stelle è veramente stratosferico perché oltre alla dimensione del successo diffuso in tutt'Italia, con punte eccezionali nel centro-nord (basti pensare che in una città come Parma, da anni feudo del centrodestra, il suo candidato ha sfiorato il 20%, andando per giunta al ballottaggio!), quello che più pesa è che esso sia stato conseguito in condizioni assolutamente impari rispetto alla corazzata elettorale messa in campo dalla Casta.
Infatti il movimento di Grillo:
  1. non ha avuto alcuna copertura mediatica: gran parte dei giornali e tutta la televisione dell'oligopolio Rai-Mediaset-Telecom lo hanno, nella migliore delle ipotesi, ignorato;
  2. è un movimento nato nella Rete e diffusosi solamente grazie alla Rete ed alla partecipazione attiva e disinteressata di comuni cittadini, stanchi di dover sottostare ad una partitocrazia, avida, corrotta e incompetente. Ma solo metà degli Italiani ha libero accesso ad Internet e solo una famiglia su tre ha la banda larga: il digital divide è impietoso, ma non è un caso che lo sia;
  3. è stato oggetto di una campagna mediatica di aggressione, di delegittimazione e di intimidazione orchestrata dalla Casta di inaudita portata;
  4. ha potuto raggiungere con il suo messaggio soltanto una piccola parte della popolazione italiana, perché il Palazzo ha fatto in modo che le fasce sociali più deboli ne venissero rigorosamente tenute lontano;
  5. ha una base di consenso costituita prevalentemente da giovani, con una notevole rappresentanza di venticinque-quarantenni, di livello d'istruzione molto elevato: si sprecano ingegneri, informatici, matematici, ricercatori, economisti, docenti, ecc; ma anche artigiani, impiegati, piccoli imprenditori, commercianti si riconoscono trasversalmente in tante delle sue iniziative;
  6. non ha ricevuto un solo euro di finanziamento pubblico, al contrario della Casta che resta in famelica attesa di una tranche di altri 100 milioni di euro per il luglio prossimo, sui quali ha già ricevuto cospicui anticipi da parte delle banche;
  7. il voto che riceve è assolutamente un voto d'opinione, libero e senza condizionamenti di sorta;
  8. garantisce per i propri sconosciuti candidati impegno civico, competenza, determinazione, difesa dei beni comuni, restando agli antipodi di cordate, convergenze parallele, conflitti di interesse, lobby e simili;
  9. si pone in contrapposizione frontale con la vecchia politica, i poteri occulti, i grandi potentati economici;
  10.  il suo fondatore Beppe Grillo non è il padre padrone del movimento che scende in campo per difendere le sue aziende (come qualcun altro di nostra vecchia conoscenza...): al contrario, fa il portatore d'acqua per dare visibilità  a quei cittadini che ne condividono le iniziative e che vogliano diventare protagonisti di questa rivoluzione popolare, democratica e soprattutto legalitaria, nel pieno rispetto della costituzione ma senza la mediazione dei partiti. 
In condizioni diverse, di democrazia materiale e non di repubblica delle banane, il risultato raggiunto sarebbe potuto essere assolutamente superiore, forse addirittura sfiorare il 30-35%.
E' per questo che il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, di fronte allo sfascio partitocratico, commette una grave scorrettezza costituzionale quando ripetutamente si scaglia contro questo pacifico movimento di cittadini con tanta voglia di partecipazione civile e di autodeterminazione, prima accusandone arbitrariamente il leader di demagogia, poi ignorandone platealmente l'affermazione elettorale.
Ma il Capo dello Stato non dovrebbe rappresentare ai sensi dell'articolo 87 della Costituzione l'unità nazionale e simboleggiare con la sua figura tutti gli Italiani??

mercoledì 25 aprile 2012

La Contropolitica? "Alzi la mano chi non è mai stato in barca a fare una vacanza!"

Sono due le novità emerse in questo ultimo scorcio di aprile: lo spread che vola e l'attacco concentrico di tutta la vecchia politica e dei media nei confronti del successo elettorale che si profila per il Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo.
Il famigerato spread veleggia spesso insistentemente sopra i 400 punti, sfatando inoppugnabilamente la leggenda metropolitana secondo la quale le cure del governo Monti al capezzale del Belpaese avrebbero almeno stabilizzato le condizioni del grande infermo.
Niente da fare: nonostante la maxi immissione di liquidità della BCE di questo inverno, le manovre lacrime sangue del professore, il livello di tensione sul mercato dei titoli di Stato italiani resta altissimo.
Ed uno dei motivi è proprio la politica fortemente recessiva e impopolare di Mr. Monti che, pur di garantire l'equilibrio dei conti pubblici, non ha esitato un attimo a strangolare la già asfittica economia italiana.
Ciò è avvenuto sia inguaiando il mercato nazionale con un'opera scientifica, questo sì, di demolizione della domanda interna attraverso l'aumento della pressione fiscale, che si attesta ormai sopra al 50% (a dispetto di tutte le rilevazioni ufficiali che comunque la collocano  a ridosso di questa soglia).
Sia con il taglio dei trasferimenti agli enti locali, con  la riforma previdenziale più severa d'Europa e con l'attacco allo Statuto dei lavoratori in nome di un'esasperata flessibilità in uscita stante una non meno estrema flessibilità in entrata.
Fatto sta che delle tre parole d'ordine rigore, equità, crescita ossessivamente ripetute dai tecnici in questi mesi è rimasta in piedi solo la prima, il rigore, declinato tuttavia esclusivamente sulle spalle di giovani, lavoratori e pensionati.
Effettivamente, una politica economica più ottusa e monocorde di quella approntata da Mario Monti sarebbe stata difficile da concepire anche da chiunque altro si fosse trovato al suo posto a gestire l'emergenza finanziaria.
E così la luna di miele tra gli Italiani e il governo dei banchieri (la premiata ditta Monti-Passera e Fornero) si è malinconicamente conclusa: ormai solo il 51% di loro è ancora disposto a scommettere sulle ricette del preside della Bocconi, con un calo di oltre il 10% nelle ultime settimane.
La ciliegina su questo disastro, ampiamente annunciato sin dall'insediamento dell'esecutivo, l'ha messa proprio il premier Monti che in una recente conferenza stampa ha introdotto un nuovo macabro strumento macroeconomico: lo spread tra i suicidi degli imprenditori in Grecia e in Italia.
Secondo lui, noi italiani siamo messi meglio: in Grecia ci sono stati dallo scoppio della crisi 1725 morti, in Italia la sua squadra si sta dando da fare per non raggiungere quel numero.
Quando si dice dare fiducia al paese gettando le basi per un futuro migliore...
Inoltre, con tutta probabilità e nonostante autorevoli smentite ministeriali, entro l'anno bisognerà varare una nuova manovra finanziaria: con lo spread che non è mai sceso quest'anno sotto i 270 punti (mentre l'anno scorso di questi tempi era stabile a 190) si spenderà per interessi almeno 15 miliardi in più mentre con il calo del Pil (stimato attorno al 2%) mancheranno all'appello altri 15 miliardi di entrate fiscali.
Ancora, con la firma del cosiddetto fiscal compact, il governo si è impegnato a rimborsare il 60% del debito pubblico in 20 anni, che fa altri 50 miliardi l'anno.
Totale salasso per il 2012: 15+15+50 cioè altri 80 miliardi sonanti da rastrellare entro l'autunno.
Con un inasprimento della cura Monti di tale portata, questa volta probabilmente orientata su tagli alla spesa pubblica, lo scenario che si prefigura per i prossimi mesi fa venire i brividi.
Sappiamo però già adesso con certezza che l'aver modificato qualche giorno fa a tempo di record, ancora una volta primi in Europa, la Costituzione con il vincolo del pareggio di bilancio, comporta perdere anche quello che resta della sovranità nazionale, ovvero la politica fiscale, affidata come quella monetaria dopo l'ingresso nell'Euro, totalmente alla BCE e, di conseguenza, agli umori e voleri della speculazione internazionale.
Un autentico colpo di stato messo in atto dalle istituzioni europee e dalle banche internazionali, con la complicità del governo dei tecnici, fatto passare sotto silenzio grazie alla disattenzione generale prodotta intanto dal ciclone mediatico sui diamanti e i lingotti della Lega Nord: ennesimo episodio di malapolitica che tuttavia non è assolutamente paragonabile per importanza e gravità a questo enorme strappo costituzionale.
Certamente non per attenuare le pesanti responsabilità leghiste, ieri sera a Ballarò il presidente di RCS Paolo Mieli si chiedeva retoricamente quali partiti siano oggi pronti a documentare il modo con cui hanno effettivamente speso in questi anni il finanziamento pubblico.
Quanti altri altarini potrebbero venir fuori??
Ma in questo quadro già assai fosco, si distinguono degli inguaribili ottimisti come la senatrice del PDL Ombretta Colli che non più tardi di lunedì sera, nella trasmissione L'Infedele condotta da Gad Lerner su La7, per difendere il governatore della Lombardia, il ciellino Roberto Formigoni, dai mille sospetti per le inchieste che vedono coinvolti i suoi più stretti collaboratori e per le vacanze coatte di cui è stato protagonista quest'estate sullo yacht del faccendiere Daccò, se ne è uscita leggiadramente con questa strepitosa battuta: "Alzi la mano chi non è mai stato in barca a fare una vacanza!"
Ha proprio ragione: in fondo si tratta solo di poche decine di milioni di Italiani!
Non è un autogol come si è affrettato a riprenderla Lerner, piuttosto è l'ennesimo calcio di rigore che la vecchia politica batte sistematicamente contro quelli che ritiene essere i suoi veri avversari: cioè gli elettori.
Infatti coloro che spediscono periodicamente, grazie al loro voto, i politici dentro il Palazzo soggiaciono da sempre ad una vecchia regola, ferrea ma crudele e paradossale: corteggiati allo spasimo in campagna elettorale vengono ignorati, peggio, sbeffeggiati a voti ormai accalappiati.
Solo che questa volta il gioco si è svolto sotto le luci di un talk show, in modo incautamente scoperto, non al tavolo riservato del ristorante nei pressi di Montecitorio, né al buio di un tunnel tra Palazzo Chigi e Palazzo Madama o durante le segrete colazioni di lavoro dell'ABC del sottovuoto politico, o meglio della Contropolitica alias il formidabile trio Alfano, Bersani, Casini.
I quali, insieme alle loro sgangherate truppe, si stanno occupando in queste settimane concretamente solo di una cosa: demonizzare il movimento di Beppe Grillo che tutti i sondaggi indicano come futura terza forza politica alle prossime elezioni, con un consenso in forte crescita che già si aggira attorno all'8%, nonostante l'ostracismo che l'intero panorama mediatico gli riserva da sempre.
Infatti quando giornali e televisioni ne parlano è soltanto per mettere in atto una sistematica opera di delegittimazione e farlo passare di volta in volta per un delinquente, un terrorista, un imbonitore, un pericoloso sovversivo, un fascista, un demagogo.
Il massimo complimento è quando gli danno del populista, che in fondo è una parola meno brutta di quanto l'allegra brigata voglia far credere. 
La paura di dover rispondere un domani delle proprie azioni, magari perdendo di colpo gli agi di una vita dorata e vissuta al limite della provocazione sociale, li sta rendendo paranoici fino al punto di abbandonare qualsiasi cautela.
Così lo scaltro Massimo D'Alema, che ad onor del vero non ne ha mai azzeccata una, finisce per accostare il nome di Grillo a quello di Bossi e pure di Berlusconi e la sua formazione politica al berlusconismo.
Ma è un fatto che il Minimo Massimo del PD continui a mantenere con Berlusconi un rapporto schizofrenico: dalle stelle dei tempi della Bicamerale per disegnare con lui la nuova costituzione o dell'inciucio sulle reti televisive (Violante docet),  alle stalle delle accuse di affarismo, di impresentabilità politica dell'uomo di Arcore, a seconda che quest'ultimo gli abbia dato nel frattempo più o meno spago.
Ed ancora una volta,  nell'attacco a Beppe Grillo, D'Alema e Berlusconi finiscono per ritrovarsi sulla stessa barca, o meglio sullo stesso veliero...
Tuttavia, insultare Beppe Grillo senza mai rispondergli a tono, con l'esclusivo obiettivo di nascondere le proprie gravissime inadempienze e gli altrettanto indecenti privilegi, le tante malversazioni su cui la Casta ha prosperato, tentando maldestramente di equiparare le circostanziate denunce del leader genovese a quelle, pensate un po', del Gabibbo(!), significa ancora una volta non aver capito nulla di quello che sta succedendo nel Paese.
Ormai la Casta non ha più il polso della situazione e colpevolmente si rinchiude in un mondo virtuale sperando così, con la complicità di giornali ed emittenti dell'oligopolio televisivo, di esorcizzare le proprie paure allontanando lo spettro  del redde rationem.
Ma ancora una volta ha sbagliato i conti ed il precipitare della situazione economica, a cui concorrono proprio le politiche recessive del governo che sostiene, forse accelererà i tempi di un giudizio pubblico da tanti invocato.
E farà poca differenza se a votare si andrà ad ottobre  o pochi mesi più in là, nella primavera del 2013.
Quello che conta davvero è inchiodare gli autori di tale disastro morale prima ancora che finanziario ed economico  alle proprie gravissime responsabilità, costringendoli a tornare finalmente alla vita dei comuni mortali e condannandoli a restituire almeno una parte delle ricchezze pubbliche depredate nell'ultimo ventennio, a partire da Tangentopoli.
Oggi, nella ricorrenza del 25 aprile, è questo l'auspicio migliore che andrebbe rivolto agli Italiani, un impegno comune di lotta democratica ma senza quartiere alla contropolitica.
Altro che prendersela di nuovo, come ha fatto intendere oggi nel suo discorso commemorativo  il presidente Giorgio Napolitano, con la presunta antipolitica di Grillo e dei tanti Italiani che non ne possono più di pagare il conto di decenni di ruberie e di cattiva amministrazione!




mercoledì 28 settembre 2011

Sulla sfiducia al ministro Romano, surreale intervento della Lega

Nel dibattito in corso alla Camera dei Deputati per votare la sfiducia al ministro dell'Agricoltura Francesco Saverio Romano, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa, l'intervento del leghista Sebastiano Fogliato che, piuttosto di affrontare la questione di petto e giustificarsi in qualche modo di fronte al "popolo padano" e all'Italia tutta per un voto a sostegno dell'imputato, si è messo a divagare sui problemi degli agricoltori del Nord, supera i limiti del buon senso (oltre che quelli della decenza), tanto da scadere nella farsa, messa su in fretta e furia nel patetico tentativo, chiaramente infruttuoso, di salvare la faccia.
Chiunque si sia messo davanti allo schermo in quel momento avrà ipotizzato che egli si trovasse in condizioni psicofisiche precarie e che quello fosse un delirio, benché non quadrasse il fatto che fosse accompagnato non dallo sguardo preoccupato dei colleghi di partito ma da una loro complice e beffarda ilarità.
Ancora una volta la Lega, che ha preso per vent'anni i voti al grido di Roma ladrona, smentisce se stessa appoggiando un politico in odore di mafia: un cambiamento di rotta di 180 gradi, senza neppure prendersi la briga di darsi un contegno ed abbozzare una qualche spiegazione.
Se questo non è un furto di democrazia perpretato ai danni dei tanti buontemponi del nord che hanno creduto nel folclore di  personaggi come Bossi e Maroni, qualcuno dovrebbe spiegare altrimenti cos'è: ma parlare semplicemente di ribaltone non rende l'idea; in questo caso è troppo, troppo poco.
Che devono pensare i nostri partner tedeschi che, sotto sotto, stanno facendo di tutto in queste settimane per mantenere lo spread dei nostri titoli sotto i 400 punti?
Ma vale la pena affannarsi e svenarsi per salvare un Paese che esibisce una classe politica del genere?

mercoledì 31 agosto 2011

Il riscatto di naja e laurea e il nuovo disco di Berlusconi: "Scurdamocce 'o passato... simm 'e Arcore paisà!"

La manovra di Ferragosto, dopo quella di luglio, altro non è che il fallimento di un governo e della sua maggioranza: basterebbe accostare i fotogrammi delle conferenze stampa del 5 agosto e del 12 agosto indette in fretta a furia per placare i cosiddetti mercati dal duo Tremonti-Berlusconi , per avere la riprova mediatica di un naufragio politico e morale a cui non è più possibile porre rimedio.
In un Paese serio, sarebbe bastato semplicemente costatare alla TV l'imbarazzo e l'assoluta impreparazione mostrati dal ministro del Tesoro nel fronteggiare un disastro finanziario annunciato da tempo e che solo lui e Berlusconi avevano continuato a negare fino alla sua finale deflagrazione, per mandarli a casa a stretto giro di Quirinale.
Invece no, imperterriti, rimangono lì minacciando ed organizzando nuovi sfracelli.
Questa volta hanno preso di mira di nuovo la previdenza, in particolare i contributi versati dai lavoratori per il riscatto degli anni di laurea e del servizio militare di leva.
Il target è chiaro: i lavoratori dipendenti che hanno studiato fino alla laurea e che hanno servito lo Stato con la naja.
Ad essi lo Stato aveva parlato chiaro: poiché il servizio militare e lo studio che avete compiuto fino alla formazione universitaria hanno un'utilità sociale, qualora voi effettuiate versamenti volontari, tali contributi ve li riconosco ai fini previdenziali, ponendovi alla pari con chi, presa la maturità, ha potuto entrare subito nel mondo del lavoro e dunque maturare un'anzianità di servizio e previdenziale mediamente di 4-5-6 anni superiore alla vostra.
Così ad esempio il brillantissimo studente in medicina che inizia, suo malgrado (6 anni di laurea + 4 di specializzazione + 1 anno di leva militare), a fare il medico alla soglia dei trent'anni, avendone la possibilità economica (si tratta di tirare fuori oggi diverse decine di migliaia di euro!) si può fare riconoscere come anzianità previdenziale tutto il lungo periodo passato sui libri, in mancanza del quale oggi non potrebbe svolgere le funzioni di medico.
In modo tale che rispetto al diplomato di pari età, che ha iniziato a lavorare a 19 anni, almeno sotto il profilo dell'età previdenziale, viene in qualche modo equiparato: entrambi a 30 anni possono vantare un'anzianità previdenziale di 11 anni. Quindi per raggiungere i fatidici 40 anni di servizio, hanno ancora davanti 29 anni di lavoro.
Se tutto fila liscio, maturano il massimo contributivo a 59 anni.
Ragionamento analogo lo si può fare, naturalmente, per ingegneri, architetti, professori e così via, solo che i periodi di riscatto sono evidentemente inferiori rispetto al caso limite dei medici.
Il duo Berlusconi Tremonti e tutta l'allegra brigata di Lega e Pdl adesso dice: i vostri versamenti? Fate finta di non averli effettuati; al più ve li riconosceremo al momento in cui (chissà quando!) andrete  in pensione e questa vi verrà calcolata su tutti i contributi versati. 
Così, tu medico che hai versato mediamente 50-60mila euro di contributi in più, a 59 anni vorresti andare in pensione?
Scherzi? Sei giovanissimo, hai solo 29 anni di anzianità, dopo il vertice di Arcore sei retrocesso a pensionato baby, la pensione la puoi vedere soltanto con il cannocchiale!
Sembra assistere al recital dello chansonnier Berlusconi con il fido Apicella mentre ipnotizza la platea: "Chi ha avuto ha avuto ha avuto, chi ha dato ha dato ha dato, scurdammoce 'o passato... simme 'e Arcore paisà!"
E il premier Berlusconi vuole pure stappare la bottiglia di champagne... forse perché sia dell'imposta sui grandi patrimoni che di una maggiorazione dell'aliquota fiscale sui capitali scudati non se ne è fatto nulla. 
E' chiaro: con quale faccia lo Stato avrebbe potuto chiedere un supplemento di imposta (passando magari dal 5 al 23%, aliquota minima del reddito da lavoro dipendente) a evasori fiscali, malavitosi, faccendieri che hanno portato i loro capitali di origine illecita all'estero e che li hanno fatti rientrare incentivati da un misero 5% di prelievo tributario? 
Non sia mai, molto meglio fregare i cittadini onesti, che hanno studiato, lavorano  e che continuano a farlo  a testa bassa! Pagando pure il 38% sul reddito da lavoro...
Finché ci sono loro, per l'allegra brigata di Arcore sarà sempre tempo di bunga bunga!

lunedì 27 giugno 2011

Il pugno di ferro del leghista Maroni contro i No Tav, ultimo tradimento della Lega

L'attacco del ministro di polizia Roberto Maroni, leghista doc, alle popolazioni della Val di Susa per abbattere con la forza pubblica la resistenza di massa contro la TAV, è non solo un'azione violenta, sconsiderata ed antidemocratica, ma è il tradimento lampante di tutte le buffonate sulla cosiddetta autodeterminazione dei popoli padani che i vertici della Lega Nord si sono inventati e sono andati ripetendo monotonamente in questi anni, andando a sollecitare gli istinti peggiori della gente del profondo Nord.
Che proprio un leghista decidesse di aggredire militarmente la 'sua gente' per assecondare i formidabili appetiti dei potentati economici che si nascondono dietro la folle decisione della burocrazia europea di costruire un'opera pubblica tanto gigantesca quanto inutile, che costerà decine di miliardi di euro e che sarà pronta, nella migliore delle ipotesi, tra vent'anni (!!!),  rappresenta la giusta punizione per i tanti ingenui che hanno creduto in un gruppo di sfaccendati, culturamente e politicamente impresentabile, che alla fine degli anni Ottanta si è imposto sulla scena politica nazionale cavalcando i giustificabilissimi malumori della parte d'Italia economicamente più forte contro i guasti causati dalla partitocrazia nel nostro paese.
Ma ormai il re è nudo: il bluff leghista è stato scoperto.
Si può ormai affermare senza timore di smentita che il Settentrione ha mandato a Roma la parte peggiore di sè, che non solo ne ha spudoratamente tradito gli ideali ma che ha finito per combattere manu militari la sua stessa base elettorale.
Non c'è quindi di che meravigliarsi se uno come Maroni, che a suo tempo subì una condanna per aver morso il polpaccio di un poliziotto, mandi proprio  i poliziotti contro la popolazione valsusina.
Sì, quello stesso ministro che, solo una settimana fa, sul pratone di Pontida mostrava ai suoi illusi sostenitori la pseudo targa di un ministero che il delirio dei gerarchi della Lega voleva, chissà perché, trasferire a Monza.
Ma da questi politici, che hanno rinnegato persino la loro identità pur di assicurarsi uno strapuntino nei salotti romani,  sareste ancora disposti a comprare un'auto usata?