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venerdì 16 gennaio 2009

La sceneggiata dell'Annunziata ad Anno Zero

Nessuna sorpresa.
Che Lucia Annunziata fosse ospite dell’amico Michele Santoro con l’intento di boicottarne il programma ce lo aspettavamo. Da subito, si era capito che stava lì non per partecipare ad un difficile dibattito sui bombardamenti di Gaza e sull’eterno conflitto arabo-israeliano ma per dare la spallata decisiva ad Anno Zero.
Il suo intervento a gamba tesa è stato il tentativo neppure tanto velato di distruggerne la credibilità facendo finta di impartire una lezione di giornalismo televisivo al più autorevole collega, come se fosse possibile per Lucia Annunziata, con trascorsi professionali nel Manifesto ma più recentemente presidente Rai (la sua resistibile ascesa vorrà pur dire qualcosa!), poter semplicemente dare dei suggerimenti ad un gigante del giornalismo televisivo come è indiscutibilmente Michele Santoro. Sue alcune tra le più belle trasmissioni di approfondimento informativo: chi non ricorda, ad esempio, Samarcanda?
Non a caso nel famoso editto bulgaro, Silvio Berlusconi decretò l’ostracismo per Biagi, Santoro: non si sognò minimamente di fare il nome dell’Annunziata.
E’ vero che, in anni recenti, l’Annunziata fu protagonista nella sua trasmissione di un discutibile scontro proprio con Berlusconi che, come lei ieri sera, preferì abbandonare lo studio; ma in quel frangente, l’uomo di Arcore si ribellò proprio al modo di fare dell’Annunziata che, con la sua connaturata acrimonia, è solita proporre domande capziose; non da grande giornalista ma da persona che si esalta nell’esibire un atteggiamento antipatico ed inutilmente aggressivo nei confronti del suo interlocutore.
Bene ha fatto Michele Santoro a trattarla come meritava; anche se, forse, è stato fin troppo morbido e generoso nei suoi confronti, restando praticamente impassibile di fronte alle sua pretesa assurda: ancora una volta, il conduttore di Anno Zero ci ha regalato una lezione di grande professionalità.
L’Annunziata ha voluto fare la vittima ma, nell’occasione, è stata vittima solo di stessa e del suo modo di fare insopportabile: ostentare tanta arroganza e spocchia proprio con l’amico Michele Santoro è stato, anche sul piano umano, un brutta caduta di stile che, nella migliore delle ipotesi, fa pensare ad un livore professionale covato chissà da quanto tempo.
Si rassegni: se Santoro è il grande Michele Santoro è proprio perché fa un'informazione giornalistica come solo pochi altri sono capaci di fare, sicuramente come non riesce a Lucia Annunziata.
Ecco perché prima di pensare ad imporgli i suoi suggerimenti, l’ex presidente Rai farebbe molto meglio, se la vanità non glielo impedisce, di ammettere il proprio peccato luciferino.
E la pianti di dire che le posizioni rappresentate nello studio di Santoro non erano equilibrate!
E’ forse equilibrata una guerra che fa oltre 1000 morti da una parte e 13 dall’altra?
E’ per caso imparziale un’informazione che per settimane ha fatto parlare soprattutto le immagini dei bombardamenti dei caccia israeliani con il loro carico di distruzione e morte confuse con i commenti reiterati dei soliti osservatori e politici interpellati, questi sì, al 99,9% pro Israele?
Eppure l’Annunziata non ha mai avuto niente da ridire!
Santoro ha rappresentato tutte le posizioni, non censurando neppure lo scontro verbale tra gli intervenuti, proprio per fotografare la complessità e la profondità del conflitto.
C’era la soldatessa israeliana, il ragazzo di religione ebraica, la madre del soldato ucciso, Marco Travaglio palesemente schierato a favore dell'intervento del governo di Tel Aviv: insomma, il fronte che sosteneva con varie sfumature le ragioni di Israele era largamente rappresentato.
Poi c’era l’esperto militare, che considera assolutamente normale l’uso dei proiettili al fosforo bianco in zone densamente popolate, e l’ampia comunità araba e palestinese, con esponenti spesso confusi e poco preparati nell’interloquire con gli altri ospiti.
Che poi una trasmissione televisiva d’informazione, per essere obiettiva, debba rinunciare ad una propria chiave di lettura è soltanto una leggenda metropolitana.
E’ un po’ come se, per realizzare una trasmissione d'inchiesta sulla mafia siciliana, si dovesse dare voce, con la stessa enfasi e legittimazione, tanto alle ragioni dello Stato quanto a quelle degli uomini di Cosa Nostra.
Se pure l’Onu, e prima ancora il senso di umanità degli italiani, ha condannato i bombardamenti israeliani, è concepibile che la tv pubblica giri lo sguardo da un’altra parte e non dia voce almeno alle ragioni umanitarie, così ampiamente invocate dalla chiesa cattolica?
Possibile che si debbano legittimare solo le ragioni della forza?
Brava Lucia Annunziata che è riuscita nel miracolo di incassare la solidarietà di Gianfranco Fini e nientedimeno dello stesso Berlusconi!
La prossima volta, però, ci risparmi un'altra indecorosa sceneggiata; resti a casa magari a vedersi sulle reti Mediaset il Grande Fratello: è il format che, in prospettiva, può meglio valorizzare le sue grandi doti di conduttrice.

mercoledì 31 dicembre 2008

La questione morale e l'inciucio di fatto

Il 2008 si conclude nella maniera più improbabile possibile: è il leader del Pd che adesso ha in mano il bandolo della matassa, ovvero la questione morale.
Deve stabilire lui se il Pd la ripudia ormai pubblicamente oppure se ne fa in qualche modo carico.
La scelta non è facile perché si tratta di dare il benservito ai tanti capibastone che al centro come in periferia propendono per una soluzione morbida: cioè, gattopardescamente, condannare il malaffare ma anche difendersi sul territorio dalle iniziative della magistratura bollate come debordanti.
Il risultato è come al solito un grande pasticcio che finisce per compromettere in modo definitivo l’immagine del partito che si pensava diverso almeno sotto il profilo della moralità pubblica.
Così non è anche perché Walter Veltroni non ha la forza per prendere una decisione né in un senso né in un altro.
E intanto resta in sella al Pd, unico suo punto di forza, proprio in ragione del fatto che garantisce lo status quo, salvo la licenza che gli è stata concessa di sparare genericamente a zero contro i collusi e i corrotti per poi dover prendersela a brutto muso con i magistrati che indagano sugli amministratori del Pd.
Avesse letto con attenzione l’ordinanza di scarcerazione del sindaco di Pescara si sarebbe reso conto che da parte della magistratura abruzzese non c’è stato alcun dietrofront e l’impianto accusatorio resta in piedi, anche se sono venute meno le ragioni degli arresti domiciliari ovvero il pericolo di inquinamento delle prove.
Vedere nel programma di Lucia Annunziata su Rai Tre In mezz'ora , Luciano Violante resistere come un azzeccagarbugli alle rimostranze di Paolo Flores D’Arcais sull’opacità del Pd in tema di giustizia, ripetendo fino allo sbadiglio che il tutto è causato da un problema di organizzazione interna al partito, ha letteralmente fatto cascare le braccia.
Se la stessa esistenza o sopravvivenza del Pd debba comportare tanta mangiata di polvere, francamente sarebbe meglio lasciar stare ed abbandonare subito un progetto così asfittico.
Anche perché tenere così a lungo sulla graticola l’opposizione proprio sulla malapolitica, tema che tradizionalmente ha fatto da spartiacque tra destra e sinistra, significa firmare una cambiale in bianco nei confronti del premier Berlusconi che può tranquillamente continuare a fare ciò che più gli aggrada da Palazzo Chigi senza subire gli attacchi dell’opposizione, in vergognosa ritirata.
E’ l’inciucio di fatto, senza bisogno di scomodare i politologi su una presunta apertura tra Pdl e Pd: in questo modo non c’è bisogno di alcun avvicinamento di posizioni, di nessun vertice tra Veltroni e Berlusconi!
Basta che il Partito democratico continui a languire nelle sue contraddizioni interne con il suo vertice in naftalina che, al più, è lasciato libero di organizzare una jam session tra le diverse anime del partito…
Quale migliore auspicio per il 2009 del governo di centrodestra?

lunedì 10 novembre 2008

Dalle stelle alle stalle: da Obama alla politica italiana

La settimana scorsa ha segnato probabilmente uno spartiacque tra due mondi: quello che si chiude senza rimpianti sotto la firma del peggior presidente degli Usa, George Bush, con una scomoda eredità di guerre, devastazioni, crack finanziari, caos delle relazioni internazionali per l’introduzione surrettizia del principio della guerra preventiva, globalizzazione selvaggia, emergenza ambiente e povertà, perdita di libertà individuali sacrificate per una sempre più fantomatica guerra al terrorismo.
E quello che si apre con l’immagine vincente di un giovane presidente, Barack Obama, pieno di energie e di speranze, capace di trascinare con la parola le folle di mezzo mondo alla scoperta di una nuova frontiera che non è più quella esclusiva degli yankees ma di un’umanità multicolore, multiculturale, che parla lingue diverse ma che attende unita di salvare se stessa insieme al pianeta.
Non sappiamo se, sia pure in una minima parte, le promesse e le suggestioni evocate da questo protagonista della postmodernità declinata in tutte le sue accezioni, non ultima il linguaggio di Internet, riuscirà nell’immane compito che si è dato; ma una cosa è certa sin da ora: con il suo ingresso alla Casa Bianca, come è stato detto con un felice slogan, tutto ritorna possibile non solo per gli Stati Uniti ma per il mondo intero.
Il fatto stesso che, in uno dei primi atti della sua nuova vita pubblica, egli si sia recato a parlare con gli insegnanti delle proprie figlie è il segnale di un cambiamento, nei simboli già cominciato: un Democratico, più vicino a Robert Kennedy che a Bill Clinton, ci sembra di poter anticipare.
Staremo a vedere.

Come a questo punto risulti difficile abbassare lo sguardo sulla politica di casa nostra è di tutta evidenza.
La nostra politica è ormai scaduta a commedia dell’arte: i leader sono poco più che maschere che si muovono sulla base di un canovaccio che rispecchia le loro connaturate caratteristiche.
L’impenitente buffone che sa solo essere se stesso e di sicuro non un uomo di stato, incarnando magnificamente tutti i peggiori vizi dell’Italiano medio pur essendo tutto tranne che un Italiano medio; l’oppositore radical chic, che festeggia la vittoria altrui per non pensare alle proprie sconfitte e non sa esattamente cosa fare per trarsi d’impaccio: è mite non per disposizione d’animo ma per ignavia e quando l’avversario compie una gaffe è pronto ad infierire redarguendolo, nemmeno fosse il suo tutore. "Chieda scusa", è stato suo il tormentone della settimana!
A completare il quadro di una democrazia tragicomica, un codazzo di personaggi minori, ciascuno con la sua porticina, che nulla aggiunge e nulla toglie ad uno spettacolo veramente improbabile per gli altri Paesi europei: magari ci fossero i Pulcinella, gli Arlecchino di una volta… qua siamo caduti molto più in basso.
Il Parlamento, ripetiamo da tempo, è stato spogliato di ogni sua attribuzione. Come ha ammesso nella trasmissione di domenica scorsa In Mezz’ora di Lucia Annunziata il deputato del Pdl Paolo Guzzanti, si viene convocati per le votazioni con un sms, i vicecapigruppo urlano ai parlamentari quale pulsante premere in aula (verde, bianco o rosso) e poi tutti a fare pipì fino al prossimo messaggino.
I ministri del governo Berlusconi quater, questa volta palesemente proni alle sue esigenze, senza nemmeno una testa calda, aspettano un suo cenno per darsi da fare: di riforme liberali, neanche a parlarne… troppo stress, troppi interessi da valutare, troppe istanze da comporre, troppe delegazioni da incontrare, molto meglio tirare a campare avendo in agenda le sole necessità personali del condottiero.
Poco attivismo, se non per tagliare il bilancio; già l’affare Alitalia - Cai si sta rivelando una gran brutta gatta da pelare… non parliamo poi di quello che ha combinato la Gelmini che si è fatta sorprendere dagli studenti con le forbici in mano non riuscendo a convincere delle sue buone intenzioni a scuola neppure gli addetti alle merende!
D’altra parte, chi meglio degli Italiani sa cosa significhi tirare a campare? E poi, con questa opposizione in stato catatonico, di cosa vogliamo avere paura?
Walter Veltroni non sogna più di diventare l’Obama italiano… gli basta ogni tanto alzare la voce, sempre pacatamente però, per afferrare un attimo di celebrità ai danni dell’improvvisatore Silvio Berlusconi.
E’ trascorsa un’altra settimana ma dal suo entourage, non un’idea, uno straccio di idea, è venuta fuori per contrastare sul piano mediatico il Cavaliere.
Gli Italiani stringono la cinghia, l’economia affonda ma nessuno che pensi ad una cura ricostituente che almeno restituisca il sorriso all’Italiano medio che gli occhi allegri non li ha più, per usare le parole di Paolo Conte, visto che sempre più deve rinunciare alla gita.
Mirabile il suggerimento che a proposito dà il grande amico del Cavaliere, Marcello Dell’Utri: per vivere tutti felici e contenti, basterebbe che le conduttrici dei Tg leggano le notizie della crisi economica con il sorriso sulle labbra.
Insomma, niente paura! Se la crisi si aggravasse, un rimedio sicuro è stato trovato: un esercito di letterine nei Tg delle 20,00…

domenica 16 marzo 2008

Trent'anni dopo

Sono passati trent’anni dalla strage di via Fani ma la parola fine su questa tragica storia non è stata ancora messa.
In tutto questo tempo sono circolati soltanto frammenti di cronaca, spezzoni di un film che non si è mai potuto montare perché mancano ancora numerose scene importanti mentre il nome di qualche attore di primo piano addirittura non compare neppure nei titoli di coda.
Sta di fatto che la verità giudiziaria ha lasciato troppe zone d’ombra, troppi tasselli del mosaico non sono tornati al loro posto.
Attribuire la responsabilità di quella strage soltanto alle Brigate Rosse vuol dire fingere di non sapere che quello compiuto quella mattina all’incrocio di due anonime strade nel quartiere Trionfale a Roma non fu il solito terribile atto terroristico ma una vera e propria azione di guerra, condotta da un commando organizzato secondo una ferrea strategia militare.
Mai prima di allora era stato messo in piedi nell'Italia repubblicana nulla di minimamente paragonabile; mai più le Brigate Rosse o qualsiasi altra formazione terroristica (escludendo, naturalmente, la criminalità mafiosa) avrebbe semplicemente ideato nulla di simile.
Se uno dei pubblici ministeri impegnati nei vari processi celebrati, Antonio Marini, ritiene che l’unica verità sostenibile con fondatezza è quella emersa processualmente e cioè che tutto il caso Moro riconduca alle BR, resta ancora inconfutabile l’opinione di chi è convinto che dietro quell’evento criminoso si nasconda ben altro.
Purtroppo il sacrificio della scorta e la successiva uccisione dello statista democristiano dopo un inferno durato 55 giorni, rappresentano l’ennesimo buco nero che fa dell’Italia un paese a sovranità limitata.
Un Paese che non riesce a fare i conti con il suo passato, che non sa andare a fondo dei propri misteri, che ha evidentemente delle istituzioni troppo deboli per fronteggiare, nonostante la distanza siderale che ci separa da quei fatti, la carica dirompente di una verità probabilmente ancora troppo scomoda, troppo difficile da accettare anche se fosse soltanto per consegnarla ai libri di storia.
Chi sa parli, hanno implorato ripetutamente in questi anni i familiari di Aldo Moro; appello adesso rinnovato con nuovo vigore dalla figlia Agnese.
L’opinione pubblica viene tenuta all’oscuro di fatti importanti che si verificarono durante quei drammatici 55 giorni: ancor oggi, soprattutto da parte di ambienti istituzionali vicini al centrodestra, si insiste nel mantenere il segreto di stato nonostante esso sia da considerarsi rimosso, essendo decorso il termine massimo dei trent’anni, come prevede l’ultima riforma dei servizi segreti.
Alcuni ipotizzano, addirittura, che il Governo Prodi possa essere caduto proprio perché stava per rendere pubblici i documenti segreti sul sequestro Moro (in coincidenza appunto di questo anniversario).
Documenti certamente clamorosi, perché riporterebbero alla memoria di questo Paese una serie di fatti scottanti legati a quella vicenda, con tanto di nomi e cognomi.
A riguardo, assai illuminante è stata l'intervista fatta circa un mese fa da Lucia Annunziata nel corso del programma di Raitre In mezz’ora a Corrado Guerzoni, all’epoca portavoce di Aldo Moro: se ne trae un giudizio ben poco lusinghiero su alcuni uomini politici del tempo, alcuni inopinatamente ancor oggi sulla cresta dell’onda.
E' quanto mai auspicabile che i candidati premier, nel pieno di questa noiosa campagna elettorale, prendano adesso di fronte al Paese l'impegno morale di rendere pubbliche quelle carte una volta varcato il portone di Palazzo Chigi.
Sarebbe una grande operazione di trasparenza, davvero un punto di svolta per la nostra democrazia.
Altrimenti, blaterare come si è fatto in questi giorni di democrazia compiuta o, peggio, rivendicare l'eredità politica di Aldo Moro diventa, al di là delle migliori intenzioni, un'operazione di pura propaganda, incredibilmente di pessimo gusto, che non rende giustizia alla memoria di quell'uomo e alla tragedia che ne accomunò il destino a quello degli uomini della sua scorta.