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domenica 11 gennaio 2015

I sacerdoti dell'euro che seminano il panico ad ora di cena

Venerdì sera da Lilli Gruber, a Otto e mezzo, su La7, era presente Luigi Di Maio, vicepresidente della Camera per il M5S ed il notista politico del Corriere della Sera, Massimo Franco. Nella parte conclusiva dell'intervista all'esponente del Movimento di Beppe Grillo, condotta in tandem, tentando invano di confezionargli addosso i caratteristici sandwich dialettici secondo un copione ben studiato, Franco introduce la questione del referendum per l'uscita dell'Italia dall'euro rivolgendosi a Di Maio con le seguenti, testuali, parole:
"Voi che dite di difendere gli imprenditori, l'economia del Paese, quando poi volete proporre il referendum sull'euro, per l'abolizione dell'euro, l'uscita dall'euro, se vi rendete conto [ndr: e qui scandisce con tono grave e lento, quasi ieratico, ogni singola parola] della distruzione di ricchezza dei risparmi italiani che un'iniziativa del genere comporterebbe. Cioè, è una cosa nella quale mi pare ci sia non so se più demagogia o irresponsabilità ma certamente questa storia dell'euro è veramente preoccupante per una forza che Lei vuol far diventare una forza di governo."
Alla pronta e circostanziata replica di Di Maio che definisce la moneta europea "uno dei principali cappi al collo", Franco tenta più volte di interromperlo ma Di Maio, non perdendo la calma e, soprattutto, il filo del suo ragionamento, prosegue: "Noi stiamo raccogliendo le firme, ed invito tutti i cittadini che ci ascoltano ad andare a firmare, non per uscire dall'euro direttamente ma per chiedere ai cittadini con un referendum consultivo se vogliono rimanere nell'euro oppure no. Io voterò per l'uscita dall'euro e dal mio punto di vista abbiamo fatto una campagna di sensibilizzazione..." 
"Male!" lo rimprovera duramente Franco che gli toglie la parola profetizzando con tono drastico ed una sicurezza improbabile sciagure bibliche: "una disoccupazione che schizza in alto, un'inflazione a due cifre, la distruzione del risparmio... e pagherebbero soprattutto le persone più povere!"
"Assolutamente no!" - replica Di Maio - "Questa è una campagna di terrore che volete fare sull'euro!". La Gruber che in precedenza aveva bollato come "Tesi assai ardita" la presa di posizione del deputato 5Stelle lo bacchetta stizzita e liquida seccamente il confronto: "No, no,no qui non facciamo campagne di terrore!"
  
Questa è la mera cronaca dei fatti. Adesso alcuni interrogativi che sorgono spontanei:

1) Il giornalista Massimo Franco sta lì per fare delle domande, attendendo serenamente le risposte dell'intervistato, oppure, come appare in questo caso, neppure vuole ascoltarle fino a provare ad impedire a Di Maio di concludere il suo breve ragionamento?
Non è che il il suo compito sia piuttosto quello di rifilare al telespettatore surrettiziamente le sue, di risposte?

2) Sulla base di quali titoli accademici, di quali studi, di quali titoli professionali, di quali specifiche competenze, egli può generalizzare in forma così categorica e perentoria, le sue personalissime e fallaci opinioni sulla questione, come un sacerdote che disvela ai fedeli un dogma della fede?

3) Mentre è in corso, come sappiamo, da parte del Movimento 5Stelle la raccolta di firme per dare l'ultima parola agli Italiani, è deontologicamente corretto seminare in diretta televisiva il panico sul tema?

4) Com'è possibile che su una questione tutto sommato "tecnica" (moneta nazionale o moneta europea?) e quindi politicamente neutra si scateni da parte del PUDE (felice espressione coniata dal Prof. Alberto Bagnai per identificare coloro che da una cattedra universitaria o da una sedia di redazione, o, più comodamente, da uno scranno parlamentare, hanno aderito anima e corpo al Partito Unico Dell'Euro) una vera e propria guerra di religione contro gli "infedeli"?

5) Poiché stiamo attraversando il più lungo e tribolato periodo della storia economica dell'Italia unita, con dati su finanza pubblica, disoccupazione e recessione, veramente drammatici nella loro unicità, nonostante la sbandierata rete di sicurezza della moneta unica millantata dal PUDE, come si fa semplicemente a dire in televisione che la condizione generale delle famiglie italiane possa anche minimamente peggiorare qualora gli Italiani rinuciassero all'Euro?

6) Qual è il motivo di tanta animosità dei "sacerdoti dell'euro"?

7) Ma il giornalista di turno mette al corrente il pubblico che ci sono ben nove (9!) paesi dell'Unione Europea a non aver aderito all'euro, pur facendone parte a pieno titolo, tra cui Regno Unito, Danimarca, Svezia?

8) Con quale coraggio oggi si difende la scelta dell'euro di fronte a dati economici e sociali così catastrofici?

9) Perché non favorire negli Italiani, grazie ad un'informazione completa, chiara e pluralista, una riflessione approfondita sul tema per dare a ciascuno la possibilità di formarsi una propria opinione e seguire con maggiore attenzione  e capacità di discernimento almeno una parte dell'impressionante mole di dati economici che quotidianamente ci piovono addosso e, quindi, permettere a tutti di valutare gli eventi in corso con maggiore cognizione di causa?

10) Vista la crisi d'identità in cui versa l'Unione Europea, soprattutto a causa della moneta unica, data la difficoltà per i popoli europei di scoprirsi comunità solidarizzando profitti e perdite di tale ambizioso progetto politico, probabilmente troppo avveniristico rispetto alle diverse sensibilità ed egoismi nazionali ancora perduranti, non sarebbe il caso di prendersi la doverosa pausa di riflessione, consentendo almeno di aprire subito un'ampia discussione a livello continentale per ritrovare le ragioni profonde ed il senso di un'appartenenza comune che non deve escludere nessuno, in primis la Grecia, culla della civiltà occidentale, come invece si sta vociferando in questi giorni insistentemente?

mercoledì 9 aprile 2008

La vittoria dei due perdenti

Gli ultimi lampi di questa moscia campagna elettorale sono quasi esclusivamente degli insulti.
Come a giustificare una battaglia politica che non affonda più i colpi su una effettiva diversità ideologica o su proposte sociali alternative ma semplicemente sulla più o meno affidabilità dell’avversario, Berlusconi e Veltroni se le suonano verbalmente di santa ragione.
Non preoccupatevi: nessuno dei due si fa veramente male, è il solito wrestling dialettico per attirare l’attenzione dell’elettore annoiato che non ne può più di sentir parlare a vanvera quelli che tra una quindicina di giorni, a Camere insediate, potrebbero varcare in solitudine il portone di Palazzo Chigi.
Ma il pensare di ravvivare in questo modo la campagna elettorale alle ultime battute è l’ennesimo errore di valutazione commesso dai duellanti.
Ecco i momenti salienti di questo improvviso cambio di marcia: prima, la questione delle schede elettorali, cavalcata per cercare di ottenere di soppiatto una maggiore visibilità del proprio simbolo rispetto agli altri; poi, la lettera inviata da Veltroni a Berlusconi per richiamarlo ad una lealtà costituzionale che, per la verità, entrambi hanno smarrito da tempo.
Sì, perché non si capisce come Veltroni possa accusare l’avversario di scarso senso istituzionale quando pervicacemente ha provato nei mesi scorsi a fare proprio con lui, fuori del Parlamento, la riforma elettorale, incurante di mandare anzitempo a casa il governo di Romano Prodi.
E’ davvero sconcertante come la strategia elettorale messa in piedi nel loft democratico sia così ondivaga e incoerente: Berlusconi un giorno lo si legittima come interlocutore affidabile e leale, il giorno dopo lo si accusa di non avere senso dello Stato.
E, nei fatti, lo si è rimesso in gioco dopo la sua inutile spallata al governo del novembre scorso.
Persino il moderatissimo Massimo Franco nella sua nota di oggi sul Corriere della Sera sbotta contro questo modo assurdo di condurre la campagna elettorale, arrivando a dire:
"Insomma, gli ultimi fuochi elettorali rischiano di produrre densi fumi tossici. Dopo settimane di propaganda noiosa, gli schieramenti cercano di ravvivare l'interesse radicalizzando l'offensiva contro gli avversari: il contrario di quanto si erano ripromessi di fare.
E, quel che è peggio, finiscono per riproporre i temi più triti del passato. Così, il Cavaliere ritorna ad attaccare una parte della magistratura. Propone addirittura per i pubblici ministeri un test periodico di sanità mentale. Può darsi che siano tensioni inevitabili. Ma la sensazione è che ad accentuarle sia l'assenza di proposte vere ed alternative per strappare l'Italia alla condanna di una crescita vicina allo zero; e forse l'esigenza di allontanare qualunque sospetto di uno scontro che prepara un'intesa postelettorale."
Che il Berlusconi politico compia continuamente passi falsi non è una sorpresa: in fondo è in campo per difendere, neppure tanto velatamente, i suoi formidabili interessi imprenditoriali. Così, ci ha abituato da tempo a una gaffe dietro l’altra con successiva, puntuale smentita.
E’ il grande comunicatore che non sa comunicare, accusando i mass media di fraintenderlo, nonostante possa disporre liberamente, grazie all’ignavia di Fassino & c., di un volume di fuoco mediatico enorme.
Che Veltroni abbia una strategia politica così fragile e contraddittoria è invece la vera novità di questa campagna elettorale: la sensazione che la vittoria alle primarie dell’ottobre scorso gli abbia dato alla testa trova purtroppo conferma nella serie interminabile di errori commessi negli ultimi mesi.
La smania di dimostrarsi più bravo di D’Alema gli ha provocato un riflesso bulimico che non lo fa più ragionare freddamente: per saccheggiare il campo avverso, finisce per dimenticare il proprio tradizionale bacino di voti, assumendo posizioni politicamente ambigue; ovvero, sostiene tutto ma anche il contrario di tutto.
Questo appena abbozzato è il ritratto di due perdenti che si contendono, paradossalmente, la vittoria elettorale; la quale, nonostante il loro ottimismo di circostanza, sarà quasi certamente incompiuta tanto da risucchiarci inesorabilmente nel buco nero del grande accordo PD - PDL.
Verrebbe da dire che al peggio non c’è mai fine.
Insomma, dopo il naufragio di Prodi, si rischia adesso il diluvio.