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sabato 18 ottobre 2014

Finalmente Marco Travaglio manda al diavolo Santoro

Era ora. Finalmente Marco Travaglio, dopo aver incassato per settimane senza replicare le reprimende di Michele Santoro, lo ha finalmente mandato al diavolo.
Un Santoro sempre più nervoso, in evidente crisi di idee e di ascolti,  proteso come appare a completare il riavvicinamento al vecchio establishment di centrosinistra, ha duramente ripreso, nell'ultima puntata andata in onda di Servizio Pubblico, il suo collega che stava mettendo in difficoltà con critiche acuminate il plenipotenziario del PD in terra ligure, Claudio Burlando, uno degli sciagurati amministratori nel periodo di cementificazione selvaggia della Liguria: in punta di logica, uno dei presunti responsabili dell'odierno dissesto idrogeologico che ha provocato, con l'ultima alluvione della settimana scorsa a Genova, centinaia di milioni di euro di danni ed una vittima.
Santoro è un giornalista molto conosciuto, ma anche, come sappiamo, un personaggio televisivo che da trent'anni flirta con la politica, verso cui nutre un rapporto di amore-odio. Perché è la politica, con i propri guasti, le proprie magagne, le proprie lusinghe, ad averlo lanciato sulla ribalta nazionale (è stato pure europarlamentare nelle liste dell'Ulivo nel 2004, insieme alla Gruber!) ma è con la politica che ha in passato ingaggiato le contese più eclatanti (dal rapporto ambivalente con Berlusconi di cui è pure stato dipendente in Mediaset, alla causa di reintegro intentata contro la Rai dopo l'editto bulgaro). 
E' solo rispolverandone la biografia che si può comprendere fino a fondo il suo odierno comportamento, per lo meno contraddittorio, nei confronti della Casta, la cui critica impietosa delle malefatte si ferma sorprendentemente a metà. 
E' così, che la nomenklatura di destra e di sinistra, le cui pesantissime responsabilità sono sotto gli occhi di tutti ed oggi  marchiano a fuoco la vita di milioni di italiani, un dissesto a 360 gradi, politico-morale- economico-finanziario, ora persino idrogeologico, trova in Santoro un insospettabile difensore.
Quando qualcuno, come Marco Travaglio, finalmente, rinfaccia ad uno dei gerarchi del regime, il presidente della Regione Liguria Claudio Burlando, le mostruose nefandezze del sacco edilizio, la cementificazione selvaggia, la distruzione del verde in stile Attila,  ecco che Santoro inopinatamente gli si mette di traverso in un improvvisato gioco di sponda con il potente di turno.
Del resto, in veste di paladino della Casta, il conduttore di Servizio Pubblico  già aveva inaugurato la serata con un attacco violentissimo e del tutto gratuito a Beppe Grillo, additato, Dio solo lo sa, ad unico assoluto responsabile di tutti i guai italiani, persino dell'alluvione genovese!
Perché abbiamo dovuto guardare il Santoro-show per scoprire una sconcertante verità sulle alluvioni di Genova: negli ultimi trent'anni in quelle terre non hanno sgovernato, come qualche ingenuo crede e la Storia ci racconta,  le varie giunte di centrosinistra, comuniste, piddine, responsabili di una politica di sistematico stupro del territorio; e neppure al governo nazionale c'è mai stato per anni il centrosinistra, con Burlando pure ministro dei trasporti!
No, niente di tutto questo: era Beppe Grillo, ci suggerisce Santoro, sì avete capito bene, proprio lui,  l'ex comico genovese a tirare le fila di ogni abuso! Mentre il suo sosia teatrante gli garantiva un finto alibi, inventandosi un diversivo con lucrosi spettacoli da tutto esaurito in giro per la penisola.
Eccola squadernata in diretta televisiva la verità di Michele Santoro: Burlando è un martire, Travaglio un aguzzino antidemocratico... e Grillo l'artefice unico di ogni bruttura italica!

A questo punto, sarà chiaro a tutti perché ha fatto benissimo Travaglio a spezzare questo imbarazzante sodalizio, nato anni fa sotto i migliori auspici con l'obolo dei 100'000 sognatori, ma divenuto, puntata dopo puntata, un abominio. Che poi vuol dire, in termini di audience, 'spegnere' Santoro.
Perché il giovedì sera abbiamo di meglio da fare che assistere all'esperto lavoro di lingua di Santoro che si fa schermo di Travaglio per portare su l'audience e continuare indisturbato a flirtare con la Casta.

venerdì 11 ottobre 2013

Sinistra d'accatto: attenti a quei due!


Ieri sera Michele Santoro nel suo ormai tradizionale e sconclusionato pistolotto iniziale ha attaccato a muso duro Beppe Grillo, per aver frenato i senatori Buccarella e Cioffi che avevano presentato l'emendamento che aboliva il reato di clandestinità. Tale fattispecie di reato, come dovrebbe essere noto a tutti se non avessimo un'informazione serva, è prevista dal decreto Maroni che con la legge Bossi-Fini, evidentemente non ha nulla a che vedere.
Quello che assomiglia sempre più ad una maschera del circo televisivo, vittima ormai della sua megalomania che lo induce a prendere spesso cantonate colossali quando parla del M5S, è riuscito a concludere il suo sermone praticamente accusando Grillo di essere il responsabile del drammatico naufragio di Lampedusa di qualche giorno fa, quando un barcone con circa 500 immigrati si inabissò subito dopo lo scoppio di un incendio a bordo.
Ecco le sue parole conclusive: "In che modo tu [Grillo]pensi di arginare l'esodo che sta nascendo dal caos in Libia, in Tunisa, in Siria, in Iraq? Mi piacerebbe chiedertelo faccia a due facce, Beppe Casaleggio Grillo, in tv , a casa tua, in una piazza. Ma tu con i morti non parli, quando sono conduttori televisivi come me ed anche quando sono una donna con un bambino accanto". (L'allusione veramente squallida e vile era al corpo di una puerpera recuperato dai sommozzatori insieme al suo piccolo.)

Un'altra perla sgusciata da questa sinistra inconcludente e massimamente ipocrita è stata quella di Concita de Gregorio che oggi in una nota su Repubblica intitolata "Il cinismo dei 5 stelle", scrive:
" È la legge del mare. È la legge di Dio. È la legge degli uomini da prima che ogni legge sia mai stata scritta. Salvare un uomo in mare. Non c’è nemmeno da spiegarlo, mancano le parole. Provate solo ad immaginare che succeda a voi.
Siete in barca, vedete qualcuno che sta annegando e che vi chiede aiuto. Un ragazzo, una donna che annega a pochi metri da voi. Sareste capaci di lasciarlo morire sotto i vostri occhi? Gli chiedereste – di qualunque religione, partito politico, di qualunque razza voi siate – da dove viene e a fare che cosa o gli gettereste prima un salvagente? Vi buttereste voi stessi, quasi certamente. Non è una regola, è istinto. È ineludibile afflato di umanità. È quel che distingue gli essere umani dalle bestie, e non sempre ché spesso la lezione arriva dagli animali.
Ecco. Si fa moltissima fatica a dare un giudizio politico della censura di Beppe Grillo e dell’ideologo Casaleggio ai parlamentari Cinque stelle che al Senato hanno proposto e poi votato un emendamento che dice questo: chi trova una persona in mezzo al mare può soccorrerla senza rischiare di commettere reato."

Sono giornalisti, se lanciano accuse così dure e roboanti sicuramente sapranno almeno quello che dicono, certamente si saranno minuziosamente documentati! Verrebbe spontaneo quindi ammettere: va a finire che questa volta Grillo l'ha fatta grossa... 
Ci siamo ripromessi di documentarci, proprio partendo dalle parole di MarcoTravaglio che sbeffeggiava causticamente, nella stessa trasmissione, l'improbabile ospite e giornalista di Panorama Annalisa Chirico, che già aveva sintetizzato a suo piacere il pensiero di Grillo con un gratuito "morte agli immigrati" (proprio così!) tanto da costringere lo stesso Santoro a prenderne le distanze. Costei, dalla lingua più veloce del pensiero, confondeva disinvoltamente la legge Bossi-Fini con il decreto sicurezza Maroni, suscitando il compatimento sconsolato di Travaglio.
Ma è bastato semplicemente scorrere i commenti all'editoriale della De Gregorio per trovare le informazioni necessarie in quello di un acuto lettore, Claudio5708, che così interviene:
"La signora Concita dovrebbe documentarsi meglio. Il reato di immigrazione clandestina, sul quale è certo doveroso aprire un dibattito, non è stato introdotto dalla Bossi - Fini ma dalla legge 15 luglio 2009, n. 94 facente parte del "decreto sicurezza". La legge, peraltro promulgata dall'attuale presidente Napolitano, che adesso fa tanto lo scandalizzato, è una legge che tutti farebbero bene a leggere perché secondo me ha anche aspetti positivi: ad esempio, ha posto paletti ai tanti matrimoni di comodo. Ma né questa legge né la Bossi Fini hanno mai modificato il testo unico del 1998 (legge Turco-Napolitano, sì, sempre lui!) che al comma 2 dell'art. 12 recita: "Non costituiscono reato le attività di soccorso e assistenza umanitaria prestate in Italia nei confronti degli stranieri in condizioni di bisogno comunque presenti nel territorio dello Stato".
Quindi una colossale balla rilanciata dai media a reti unificate e scaraventata contro Grillo come una bomba a grappolo per deflagrare tra le sue fila.
Come si vede, l'iniziativa di Grillo non ha nulla a che vedere con il salvataggio dei disperati in mare: fare dello sciacallaggio mediatico per bassi interessi di bottega la dice tutta sull'etica di questi illusionisti del piccolo schermo. 
Cui prodest tanta disinformazione? Al Pd? Allora, caro Santoro, siamo veramente messi male...
E poi se è almeno vero che nulla si può per fermare l'esodo che ci viene dal caos generalizzato di tanti stati che si affacciano sul Mediterraneo (un po' di politica estera, no, eh?), qualcuno può pensare solo un istante che un fenomeno di proporzioni bibliche possa essere affrontato soltanto dalle popolazioni locali, già cronicamente a corto di mezzi economici e di servizi sociali?
Ci aspettiamo, dopo la sparata di questo tribuno televisivo contro Grillo, che almeno lui, da Santoro qual è, dia il buon esempio. Spalanchi i cancelli della sua lussuosa villa ad una nutrita rappresentanza di quei popoli in sofferenza che potrebbero stabilire il proprio avamposto proprio presso di lui.
A proposito, un altro barcone con 500 persone è stato appena soccorso  davanti a Lampedusa. Santoro, datti da fare!

PS: Bell'editoriale oggi 12 ottobre, di Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano, dal titolo un po' fuorviante "La Legge Grillo-Casaleggio" che, insieme ad una critica pignola ma pacata sull'iniziativa di Beppe Grillo, fa giustizia "delle tante geremiadi piagnucolose e generiche dell’“accoglienza” e dell’ “integrazione”" di certa sinistra radical-chic che, come lui stesso riconosce,  "con la loro inconcludenza, seminano anch’esse razzismo a piene mani". Più che inconcludenza, sarebbe meglio dire, grandissima ipocrisia (perché per i propri affari, questa sinistra è tutt'altro che inconcludente!).

venerdì 24 maggio 2013

A Servizio Pubblico, l'imperdibile figuraccia di Veltroni

Diventerà un video cult, ne siamo sicuri, come quello delle dichiarazioni di Violante alla Camera nel 2002.
Ieri sera è andato in scena, nel salotto di Michele Santoro, l'harakiri di Se po' ffà, al secolo Walter Veltroni, già segretario del Pd, che di fronte al grande Travaglio che lo incalzava implorandogli di rivelare quale atto ostile avesse fatto in vent'anni il suo partito contro Berlusconi, quale legge ad personam gli avessero magari cancellato, ha dimostrato non solo di essere un politico bollito (anche se inspiegabilmente ancora sulla cresta dell'onda mediatica), quanto soprattutto di avere una memoria così corta e confusa, di entità paragonabile soltanto alla sua faccia di bronzo. 
 Al malcapitato Veltroni è capitata pure la iella che, in quell'imbarazzatissimo frangente, gli sia andato incontro, facendo maldestramente cilecca, proprio Santoro, scambiando la manifestazione erroneamente evocata da Veltroni (quella del 1994 indetta dai sindacati contro la riforma delle pensioni), con un'altra (quella contro l'abolizione dell'articolo 18 al Circo Massimo nel 2002).
Se po' ffà si è aggrappato disperatamente a quella mano amica ma, purtroppo per lui, è scomparso poco dopo tra  i flutti della sua inettitudine.
Ma la cosa che più colpisce è che, invece di fare marcia indietro ammettendo umilmente l'abbaglio preso, ha cercato di reagire con la sua solita supponenza contestando a Travaglio, che intanto allibito rivolto ad entrambi diceva "Avete proprio una confusione anche nelle date", polemizzandogli: "le manifestazioni non sono materia tua" "Travaglio sii serio per favore ... dal punto di vista politico, quella manifestazione fu la fine del governo Berlusconi"
Con Travaglio, solo a porta vuota, che bissava: "Ma la storia dove l'hai studiata, su Topolino?!".
Uno scambio di battute che rimarrà storico, speriamo che il grande pubblico possa rivederle al più presto su Blob.

E' da notare che se un infortunio simile fosse capitato a Beppe Grillo o, più semplicemente, a qualunque dei parlamentari del M5S, giornali come Repubblica e il Corriere ci avrebbero tenuto aperto per ore le rispettive home page, raccontandoci in rallenty tutta la loro fantozziana incompetenza. 
Sarebbe stato un ossessionante e spietato tiro al piccione.
Ma dal momento che lo svarione è occorso a Walter Veltroni, beniamino di entrambe le testate, questo succoso scambio di battute non comparirà, ne siamo certi, da nessuna parte.
Fa riflettere anche il fatto che Michele Santoro si sia sentito in dovere di andare in aiuto di Veltroni, contribuendo anche lui involontariamente  allo svarione generale. 
A dimostrazione di quale ruolo, tutt'altro che super partes, egli svolga nel suo talk show: la sua proverbiale imparziale parzialità.
Lo stesso Santoro, che, non ce lo dimentichiamo, soltanto qualche puntata fa boicottò l'intervento del professor Paolo Becchi, docente di filosofia del diritto vicino al  M5S, quando questi sostenne, in punta di Costituzione, che di fronte allo stallo politico allora in atto, sarebbe stato comunque possibile avviare i lavori delle due Camere senza necessariamente anteporvi la nascita del governo, qualora semplicemente da parte dei partiti si fosse presa l'iniziativa di attivare le commissioni permanenti. 
Il tono che in quel frangente egli usò fu estremamente sgarbato e liquidatorio: né, nelle puntate successive, nei suoi sproloqui iniziali o in altri momenti, si sentì in dovere, quando la stessa argomentazione di Becchi venne ripresa da più parti sui media e anche da insigni costituzionalisti, di scusarsi con l'interessato né con il pubblico per la cantonata presa e più volte reiterata.
L'episodio fantozziano di Veltroni dimostra inoltre che il fascino (si fa per dire!) del politico è quello di non ammettere mai i propri errori né di ritrattare le proprie avventate dichiarazioni, neppure di fronte alla più lampante delle evidenze (com'è accaduto ieri sera grazie a Travaglio che, nell'occasione, è sembrato un gigante tra due pigmei).
Al contrario, politici consumati come Veltroni se ne fanno un titolo di merito: di dimostrare ancora una volta la loro, questa sì gigantesca, faccia di bronzo.
Peggio, di fronte all'incalzare di Travaglio che chiedeva conto di cosa avesse fatto in vent'anni il centrosinistra per contenere Berlusconi, Walter Se po' ffà non è riuscito di meglio che a richiamare un episodio (come abbiamo visto, sbagliato) in cui protagonista non era certo stato la sua parte politica ma il sindacato confederale.
Così celebrando il de profundis sull'antiberlusconismo di facciata targato in sequenza Pds, Ds, Pd.
Più che un'ammissione di colpevolezza, una plateale dichiarazione di resa.
Il seguito del filmato, quando si affronta il tema della trattativa Stato - mafia, è poi conclusivo: anche qui Veltroni ne esce veramente male.

venerdì 22 marzo 2013

Corriere e Repubblica non moderano, censurano!

In questi giorni, sia Repubblica che Corriere della Sera, i due maggiori quotidiani nazionali, hanno riempito pagine e pagine della loro foliazione accusando il blog di Beppe Grillo di censurare i commenti non graditi. 
Addirittura hanno riproposto, pubblicandole, intere schermate del sito in cui erano presenti commenti di personaggi che, prendendo spunto dall'episodio dei senatori del M5S che avevano votato per Grasso in contrasto con le decisioni del gruppo parlamentare, accusavano Grillo di ogni infamia equiparandolo rispettivamente e nell'ordine a Hitler, Mussolini, Stalin, ecc. ed altre galanterie di questo genere. 
Sì, parliamo (per l'ultima volta!) dei troll che, come abbiamo già ribadito, vanno debitamente filtrati, pena la destabilizzazione e il dissolvimento di ogni forum o altro ambiente virtuale di discussione collettiva.
Pure Michele Santoro, alla cui trasmissione non ci pentiamo abbastanza di aver contribuito finanziariamente con altri 100.000 sostenitori,  messa in onda nella passata stagione in multipiattaforma (emittenti locali + internet) e che, approdato a La7, di settimana in settimana, allestisce sempre la solita compagnia di giro (Vittorio Sgarbi, Lara Comi, Daniela Santanché, Massimo Cacciari, Giulio Tremonti, Alessandra Mussolini, per citarne solo alcuni, anche se iniziamo a sentire la mancanza di Cicchitto e La Russa o magari Gasparri) senza più la scusante di venire censurato dal clan di Arcore, ha lanciato un servizio curato dalla giovane Giulia Innocenzi che intervista un oscuro blogger, tal Andrea Guerrieri, che ha creato, così assicurano, il sito nocensura.eurosoft.net (qualcuno sa come raggiungerlo?!!!) dove pubblicherebbe tutti i commenti rimossi dal blog di Beppe Grillo utilizzando un apposito software da lui stesso predisposto: software che fotograferebbe di continuo le schermate di commenti per confrontarle immediatamente dopo e verificare se hanno subito cambiamenti e rimozioni. 
Veramente un impegno degno di miglior causa! 
Ma tant'è: la rete annovera personaggi di ogni risma, anche quelli decisamente bizzarri come questo blogger.
La cosa curiosa è che siti come Corriere.it o Repubblica.it praticano molto più efficacemente di Grillo la cosiddetta censura preventiva: il commento non gradito, pure se scritto consultando preventivamente il dizionario dell'Accademia della Crusca e il Galateo di Giovanni della Casa, viene immediatamente cestinato e non apparirà mai in rete. 
Così mentre ad esempio, sotto un pezzo che denigra o comunque mette in cattiva luce il M5S e i suoi protagonisti, sono ammesse tutte le offese possibili e immaginabili (basta che non scadano nel più truce turpiloquio), e censura non ce n'è; appena, però, si tratta di pubblicare commenti a margine di un pezzo sulle mirabolanti avventure del PD o di uno dei suoi massimi esponenti, lì la ghigliottina della censura preventiva scatta  puntuale e affilata.
E del giudizio appena appena critico non resta traccia, con buona pace del software più potente inventato dall'Archimede di turno che non può evidentemente rilevare ciò che non ha mai potuto avere neppure un attimo di notorietà in rete.
Vi invitiamo perciò a provare per verificare personalmente se raccontiamo panzane.
Lo stesso Marco Travaglio, ormai unica luce nel buio di Servizio Pubblico, di fronte allo scoop fantozziano della Innocenzi non ha potuto trattenere una risata di compatimento, precisando che la moderazione dei commenti è la prassi di qualsiasi sito che si rispetti. 
Così mentre il blog di Grillo modera i commenti, cioè li rimuove dopo che sono stati pubblicati (tanto da permettere comunque a qualche strano navigatore della rete di inventarsi giochini insulsi come quello di Guerrieri),  Repubblica.it e Corriere.it marciano imperterriti, sicuri e vincenti, con la censura preventiva, a prova di blogger e dell'acume della Innocenzi.

Rettifica del 25/03/13 h. 14.45: il blogger Andrea Guerrieri ci comunica l'indirizzo corretto del suo sito, che non è quello indicato da Servizio Pubblico (e da noi ripreso), ma il seguente: nocensura.eusoft.net .

sabato 3 marzo 2012

Storica serataccia per Pierluigi Bersani

Nella trasmissione Servizio Pubblico di Michele Santoro, giovedì sera si parlava delle proteste in corso contro l'allargamento dei cantieri per la TAV Torino - Lione, insieme all'economista Irene Tinagli, al costituzionalista Michele Ainis, al segretario Fiom Maurizio Landini e a Pierluigi Bersani, segretario del Partito Democratico.
Pierluigi Bersani era chiamato ad un compito tutto sommato semplice: spiegare perché il suo partito si sia incaponito a difendere la realizzazione di questa opera gigantesca, concepita negli anni Settanta sulla base di previsioni di traffico che si sono rivelate del tutto campate in aria.
Infatti gli studi iniziali prevedevano  che ci sarebbe stato in 10 anni un flusso annuo di viaggiatori superiore ai 7,7 milioni di utenti a fronte di un traffico dell'epoca di circa 2 milioni di passeggeri.
Attualmente sulla linea ferroviaria internazionale viaggiano solo 700mila persone, cioè un decimo del traffico previsto per giustificare l'opera. Tant'è che si è deciso a suo tempo di cambiare, destinando così  la nuova ferrovia al traffico merci.
E' chiaro che proprio a causa dei ritardi nella progettazione,  oggigiorno, in piena crisi finanziaria ed economica ed alla luce dei nuovi dati di traffico emersi, andrebbe riconsiderata l'opportunità dell'intero progetto.
E' semplicemente una questione di buon senso, se non altro per evitare un incredibile ulteriore  sperpero di denaro pubblico, tenuto conto che la linea ferroviaria attuale  è stata rimodernata da poco con un investimento che supera i 500 milioni di euro e viene utilizzata al 30%.
Basterebbe seguire lo splendido intervento "Alta Voracità" di Marco Travaglio, che da par suo non lesina cifre e informazioni di dettaglio, per rendersi conto dell'assoluta follia di procedere senza se e senza ma alla realizzazione di un'opera ideata quarant'anni fa, in un'altra era geologica.
Nel corso della serata il leader di quella che dovrebbe in teoria essere una forza di centrosinistra, illividito e tiratissimo, con lo sguardo che evitava le telecamere, è riuscito ad abbozzare solo queste considerazioni:
1. dietro il movimento NO TAV,  si sta coagulando un malessere sociale in cui si potrebbe infilare il terrorismo, come è accaduto negli anni Settanta con le Brigate Rosse: le scritte sui muri di Torino contro il magistrato Caselli lo stanno a dimostrare;
2. se 'sto movimento qua prendesse le distanze da coloro che rimestano nel torbido e che cercano l'occasione storica per i loro disegni eversivi, lui sarebbe disponibile ad aprire un tavolo di trattativa. Ma non sulla fattibilità dell'opera, che va assolutamente cantierata e ultimata; semplicemente sulle compensazioni economiche da corrispondere ai comuni ed alle altre istituzioni della valle a risarcimento dei danni causati dai lavori;
3. la TAV va fatta perché ce lo chiede l'Europa e perché il processo decisionale è stato democratico.

Un leader politico progressista così a corto di argomenti non si era mai visto.
Invece di parlare di politica, di tentare dare una risposta ed una soluzione al disagio sociale magari chiedendosi il perché del distacco abissale tra i cittadini e le istituzioni, che decidono interventi giganteschi di dubbia utilità sociale senza porsi il problema di consultare le popolazioni locali, evoca lo spettro del terrorismo.
Insomma, per Bersani, la gente non deve protestare perché in tal modo alimenta il brodo di coltura della violenza estremista e eversiva.
E' incredibile che un leader politico che dovrebbe essere cresciuto con il mito della piazza cerchi di criminalizzare un movimento di protesta agitando i fantasmi del passato senza portare elementi concreti a sostegno del suo teorema.
Perché se ha motivo di ritenere che ci siano state o ci saranno infiltrazioni terroristiche, ebbene faccia nomi e cognomi e denunci il tutto alle autorità di pubblica sicurezza.
Altrimenti taccia e non generi allarmismo, soffiando sul fuoco della protesta sociale con un accostamento così arbitrario e infondato agli anni di piombo da spingere magari  menti deboli e facilmente suggestionabili a gesti emulativi dalle conseguenze imprevedibili.
Atti che potrebbero innescare la risposta autoritaria degli apparati di sicurezza dello Stato, in una fase istituzionale estremamente delicata, caratterizzata de  facto da una sospensione di responsabilità nella guida politica del nostro Paese.
Un pericoloso gioco al massacro a cui i leader politici hanno il dovere civico, prima ancora che morale, di non partecipare.
Perché la strategia della tensione deve  restare confinata alla storia per molti versi ancora oscura di settori deviati del nostro Stato a cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta, originatasi in ambienti neofascisti.
E non può essere strumentalizzata oggi per bassi fini di bottega dai politici, meno che meno se di provenienza dalla sinistra italiana.
Da un politico ci si aspetta impegno e responsabilità nelle scelte adottate e che spieghi una buona volta  le motivazioni delle sue decisioni.
Purtroppo Bersani per tutta la serata ha evitato sistematicamente qualsiasi confronto sull'opportunità economica dell'opera, letteralmente sbiancando quando Michele Ainis ha ventilato la possibilità di proporre una consultazione popolare sul tema.
Ma l'ineffabile Miguel Gotor sulla prima pagina di Repubblica così commenta la performance del segretario Pd:
"Sulla questione No Tav, ad esempio, nell´arena di Santoro, è stato assai efficace: solo contro tutti, le gambe larghe e la cravatta slacciata a rispondere colpo su colpo al moralismo di alcuni e alla demagogia di altri. La questione della Tav è stata tenuta al livello che merita, ossia una sfida democratica: ogni violenza deve essere bandita, non è vero che non si è dialogato con associazioni e comuni che hanno deliberato a maggioranza la loro decisione favorevole; discutere non può significare bloccare i lavori, ma piuttosto affrontare temi assai concreti come evitare le infiltrazioni mafiose nella gestione degli appalti, mantenere la massima sicurezza nei cantieri, dislocare risorse a vantaggio delle popolazioni danneggiate dai disagi. Ma la Tav va fatta perché risponde a un interesse italiano ed europeo e così è stato deliberato a ogni istanza rappresentativa: una democrazia che non realizza le sue decisioni non fa altro che aumentare il proprio discredito."
Una ricostruzione talmente di parte da perdere la benché minima obiettività. Provare per credere: questo è il link per rivedere la trasmissione.
Infine, anche semplicemente sul piano dell'immagine televisiva, Bersani è apparso in grave imbarazzo: pallido, la fronte imperlata di sudore e costantemente corrugata,  il volto scosso da tic, continui movimenti verso l'alto delle spalle,  irrequieto sulla sedia fino a restare sulla punta a gambe divaricate, frastornato, a volte con lo sguardo fisso e perso nel vuoto.
Davvero una serataccia per lui.


sabato 21 gennaio 2012

Dopo la sceneggiata della Mussolini, una domanda a Michele Santoro



Giovedì sera, come d'abitudine, abbiamo visto l'ultima puntata di Servizio Pubblico, il talk show di Michele Santoro che dall'inizio di questa stagione televisiva, sfidando l'oligopolio Rai-Mediaset-Telecom, va in onda grazie ai suoi 100.000 sostenitori, su una multipiattaforma: un esperimento di comunicazione in qualche modo rivoluzionario che accomuna tv private, tra analogico e digitale, satellite e internet.
Un evento televisivo che ha messo in crisi le rilevazioni dell'Auditel, incapace di seguire efficacemente il pubblico che si riunisce il giovedì sera attorno allo studio di Santoro.
Speravamo che in questo nuovo contesto Santoro potesse finalmente affrancarsi da diktat e divieti vari, ostruzionismi e polemiche, telefonate incombenti, che negli anni passati hanno reso la sua permanenza in Rai un lungo e faticoso percorso ad ostacoli; nonostante il suo settimanale di approfondimento giornalistico fosse da tempo il fiore all'occhiello di Retedue nonché una scommessa economicamente vincente per l'azienda.
Ma, dopo l'entusiasmo delle prime puntate, è cominciata a subentrare un po' di stanchezza e di delusione nel vedere che, nonostante egli non debba più avere nulla a che fare con i dirigenti di Viale Mazzini come l'ex direttore generale Rai Diego Masi (protagonista fantozziano di un surreale tentativo di censura nei suoi confronti in diretta televisiva), si ritrovi a seguire sempre lo stesso format, con la presenza in studio, accanto a figure autorevoli, di personaggi politicamente squalificati e di livello intellettuale veramente modesto.
Insomma, nonostante tutto, Santoro non è riuscito a liberarsi dello schema in base al quale se viene invitato qualcuno che dice cose sensate e magari qualche volta pure di sinistra, per una sorta di condizionamento inconscio o forse per spontanea adesione alla legge del contrappasso, contro di lui deve potersi scatenare la canea di chi, non avendo frecce nel suo carniere, la mette sul piano dell'invettiva, della rissa verbale, dello schiamazzo fine a se stesso: insomma il trionfo dell'horror vacui.
Ecco che non si contano più le psicosceneggiate di gente che non sapendo bene cosa rispondere e come farlo coerentemente, strepita, insulta, scantona.
Così, in un crescendo cacofonico, in soli 8 giorni, siamo passati dalle prodezze verbali della petulante Daniela Santanchè a quelle ancora più eclatanti, da attricetta di avanspettacolo, di Alessandra  Mussolini, protagonista contro Marco Travaglio di uno sfogo addirittura infamante per l'universo femminile.
Uno spettacolo imbarazzante in cui il gigante Travaglio deve subire giocoforza l'assalto volgare e sovraeccitato di una parlamentare che non solo non rende un buon servizio alla sua parte politica ma alimenta i peggiori stereotipi sulla tenuta psicologica del gentil sesso.
Caro Santoro, è possibile che, malgrado tutti gli sforzi fatti, non ti possa neppure adesso sottrarre a questo gioco al massacro che finisce per rendere impraticabile un vero confronto di idee?
Che non si possa trovare per il contraddittorio qualcuno che, pure da posizioni politiche diverse, non sia comunque disposto a rinunciare alla propria onestà intellettuale?
Siamo stanchi di assistere alle continue scorribande dei pasdaran del centrodestra nelle tue trasmissioni!
Ora più che mai.

lunedì 16 maggio 2011

Il Movimento 5 Stelle fa crollare la II Repubblica!

I risultati delle amministrative stanno regalando agli Italiani, dopo anni di inesorabile degrado della nostra democrazia per opera del finto bipolarismo targato PD-PDL, una gran bella notizia: il Movimento 5 stelle di Beppe Grillo raggiunge alle prime proiezioni il 9% a Bologna, il 5% a Milano, Torino, Napoli, doppiando in molti casi il cosiddetto Terzo Polo.
Finalmente, centrodestra e centrosinistra arretrano e subiscono una sonora sberla da parte dei cittadini della rete, stanchi di sentirsi presi in giro e sfruttati da una casta di politici incompetenti, incapaci, che vive alle loro spalle e che hanno fatto della cosa pubblica merce di scambio e terreno di conquista per le organizzazioni criminali.
Dove il PDL subisce le sconfitte più sonore lo si deve, infatti,  non agli uomini del partito democratico ma ad esponenti della società civile come Luigi De Magistris e Giuliano Pisapia, che si sono imposti all'attenzione generale per la loro militanza di cittadini contro le vecchie mafie politiche.
Non vince la protesta, come i media di regime, presi in contropiede, si affretteranno a strepitare sin dalle prossime ore: vince la Politica, quella con la P maiuscola, quella che in tutti questi anni ha visto soccombere nel loro silenzio omertoso e connivente, la parte migliore della nostra Italia, l'Italia dei giovani e delle persone oneste.
Un grandissimo grazie a Beppe Grillo ed Antonio Di Pietro, uomini che in questo lunghissimo inverno della nostra repubblica ci hanno aiutato a  non perdere la speranza; e a giornalisti veri come Milena Gabanelli, Marco Travaglio, Michele Santoro, lucidi osservatori di questo regime in decomposizione, ma anche testimoni di un'Italia migliore che non aspetta altro che scacciare i mercanti dal tempio.

lunedì 29 marzo 2010

Se i Davide della rete stendono il Golia di Arcore

Grandissima novità nel panorama mediatico italiano. Raiperunanotte, la trasmissione che ha visto convergere al palasport di Bologna tanta gente ed i giornalisti censurati dal vertice Rai, è stata un successo.
Successo di share, successo di popolo.
L’essere stati costretti a lanciare il proprio messaggio nella rete per restare comunque in onda, ha permesso di battezzare un nuovo modo di fare comunicazione che riesce a fare a meno anche del padrone delle ferriere; quand’anche, come adesso, attraverso la politica egli si sia impadronito di tutta la televisione pubblica.
Il monopolista è in ginocchio; da giovedì sera, è sotto gli occhi di tutti la grave caduta di immagine di un potente tycoon televisivo, che pure deve il suo successo proprio alla comunicazione del piccolo schermo, che spegne le telecamere della tv pubblica a coloro che hanno l’ardire di criticarlo e di chiedere conto dei suoi comportamenti.
Tentativo disperato, naufragato miseramente, ma che ha messo in evidenza quale carica di antidemocrazia, quale violenza mediatica, quale delirio di onnipotenza, si annidi nella mente di un capo del governo che si considera sopra la legge e che pensa di essere la misura di tutto e di tutti.
Persona a cui gli altri poteri, non si sa perché, dovrebbero garantire un salvacondotto in bianco per passati e futuri misfatti. In questo modo, rinunciando non solo alla funzione istituzionale svolta ma negando la propria essenza giuridica, contravvenendo a quei princìpi della carta fondamentale di cui esprimono l’impianto organizzativo.
Di questa Costituzione, il premier manifesta ogni giorno di più una profonda insofferenza: già nel modo di rapportarsi con gli altri organi dello Stato, prima ancora che nei singoli concreti atti di governo. Non passa giorno senza che venga sistematicamente giù un pezzo di stato di diritto mentre l'esecutivo resta del tutto sordo ai reali bisogni del Paese.
In due anni di cabina di regia ed oltre 37 leggi ad personam che hanno paralizzato l’attività del Parlamento, il Presidente del Consiglio non ha combinato veramente nulla di buono; anche se ha cercato, attraverso un controllo ferreo dei media, di accreditare l’immagine di uomo del fare.
Tutt’al più quello di Berlusconi è il governo del fare finta di niente, di fronte alle mille emergenze economico-sociali in cui si dibatte il paese ed alle tante riforme invano invocate dai cittadini.
L’ultima millantata è stata la riforma della scuola, che però maschera esclusivamente un selvaggio taglio di bilancio, con decine di migliaia di posti di lavoro persi ed un generale ulteriore affossamento del suo livello qualitativo, molto al di sotto degli standard europei.
Di fronte a tanto fallimento, culturale prima ancora che programmatico, Berlusconi sa che la propria sopravvivenza politica resta affidata al modo in cui i suoi bravi, sguinzagliati nei gangli della pubblica amministrazione e nei media, riusciranno a creare e soprattutto a conservare questo vuoto informativo.
Che il re sia nudo ormai lo sanno tutti, persino i suoi lacché, ma fino a quando nessuno lo grida ai quattro venti, il Cavaliere può sperare ancora di farla franca e di restare a Palazzo Chigi per continuare ad occuparsi delle proprie personalissime ed ingarbugliatissime faccende.
A meno che il piccolo Davide, questa volta nelle sembianze di Michele Santoro, ma anche di Marco Travaglio, di Antonio Di Pietro, di Beppe Grillo, decida di usare pienamente la fionda del web e di dare una sonora lezione di democrazia al Golia di Arcore.
I risultati elettorali che si snoccioleranno già a partire dai prossimi minuti potranno farci capire se la pazienza degli Italiani sia, finalmente, arrivata al limite.

lunedì 28 settembre 2009

Un nuovo editto contro Annozero

L’attacco sferrato ad Annozero, la popolare trasmissione di Michele Santoro al suo esordio per la nuova stagione televisiva, ha un carattere chiaramente liberticida.
Appena spente le telecamere che avevano finalmente illuminato al pubblico televisivo alcune chiacchierate vicende che hanno visto quest’estate per mattatore il nostro Presidente del Consiglio, del tutto rimosse finora dal piccolo schermo, ecco arrivare l’affondo forsennato in ordine sparso dei suoi uomini.
Dalla dissennata reazione intimidatoria del ministro delle Attività produttive, Claudio Scajola, che non vuole evidentemente rendersi conto di aver travalicato dai suoi compiti istituzionali, all’intervento del viceministro delle Comunicazioni, Paolo Romani, il quale, appellandosi ad un malinteso art. 39 del contratto di servizio con la Rai, apre una fantomatica istruttoria sulla trasmissione.
Ma non dimentichiamo neppure l’improvvida reazione del ministro della Pubblica Istruzione, Maria Stella Gelmini, che dichiara: "Quando si insulta il presidente si insultano tutti gli italiani", forse scambiando il ruolo istituzionale di Berlusconi con quello di Giorgio Napolitano.
Qualcuno le spieghi la differenza!
Ma adesso abbiamo una certezza in più: la cosiddetta Casa delle Libertà si chiama così per riferirsi alle libertà costituzionali che intende abrogare.
Per prima la libertà di espressione, come enunciata dall’art. 21 della nostra Costituzione.
E’ scandaloso che in Italia non solo permanga in tutta la sua gravità il conflitto d’interessi ma che il titolare di concessioni pubbliche per le reti Mediaset si arroghi il potere di decretare la fine del servizio pubblico radiotelevisivo, come lo conosciamo da sempre.
Una Rai che viene mandata in malora attaccando trasmissioni a costo zero come Annozero, (anzi ad alto rendimento, visto quello che frutta in termini di raccolta pubblicitaria grazie alla sua audience), ma anche Presa diretta, Report, Che tempo che fa.
Tutto ciò per propinarci dei palinsesti costruiti ad uso e consumo del manovratore. Così ci condannano a vedere per l’eternità in prima serata su Raiuno l’ennesima replica del classico per le aspiranti escort: Pretty Woman.
Che i dirigenti della prima rete siano preoccupati di una possibile crisi delle vocazioni?
Così il già inammissibile duopolio Rai-Mediaset degrada pericolosamente nel monopolio di Silvio Berlusconi.
Le vicende di queste due ultime settimane, nonostante l’autentico flop della puntata di Porta a Porta sull’Abruzzo terremotato, confezionata su misura per le impellenti esigenze del premier, e la tardiva partenza autunnale di Annozero, lo dimostrano in modo inoppugnabile.
Ma non basta avere cinque televisioni ed un oceano di carta stampata per placare gli animal spirits dell’uomo di Arcore: bisogna tappare la bocca a qualunque voce dissenziente o, preferibilmente, sradicare qualsiasi frammento di notizia che possa semplicemente aggrottarne la fronte.
Lo Stato sono io, la Rai sono io, gli Italiani sono io: è questa l’essenza dell’attacco alla trasmissione di Santoro.
Quello che maggiormente preoccupa è che tale blitz sia del tutto pretestuoso, privo com’è di ogni giustificazione che non sia, spudoratamente, il voler sottrarre alla pubblica opinione temi dibattutissimi altrove, cioè sui media di mezzo mondo.
In una democrazia parlamentare, quale dovrebbe essere la nostra, è ammissibile che le notizie trasmesse dal servizio pubblico siano filtrate secondo i gusti esclusivi del capo dell’esecutivo?
Perché, si deve dare atto a Michele Santoro di aver impostato la puntata in modo sin troppo equilibrato, con una forte presenza degli uomini del presidente: Maurizio Belpietro, direttore di Libero, e il vicecapogruppo del Pdl, Italo Bocchino, in studio. Poi, le dichiarazioni di Renato Brunetta e le interviste filmate a Filippo Facci e Vittorio Feltri, neo direttore del Giornale.
Per il centrosinistra, erano presenti il segretario uscente del Pd, Dario Franceschini, e il direttore dell’Unità, Concita De Gregorio.
Ognuno ha potuto esprimere la propria opinione liberamente, la conduzione si è ispirata alla massima sobrietà, lo scontro verbale tra i partecipanti è stato a volte duro ma sempre ben gestito; e, salvo una eccessiva acrimonia sessista ai danni della De Gregorio da parte del collega Maurizio Belpietro, non si sono verificati episodi di rilievo.
Il punto, infatti, sta proprio nell’andamento lento della trasmissione e nei suoi toni smorzati che rendono impossibile scardinarne l'impianto giornalistico.
Ma il brano dell’intervista alla escort Patrizia D’Addario ha scatenato negli uomini di Berlusconi una reazione tanto scomposta da finire per nuocere proprio alla loro causa, mostrandoli arcigni e cinici, di modi crudamente beffardi.
Di fronte a tale caduta di stile, è passata quasi simpatica la grave gaffe di Italo Bocchino che, rievocando la morte, avvenuta in circostanze misteriose quarant'anni fa, della segretaria personale del senatore americano Ted Kennedy, di recente scomparso, ci ha piuttosto convinto che fa molto meglio Berlusconi a nominare ministro le sue giovani amiche.
Una galleria degli orrori e degli errori, di fronte alla quale la pur scialba serata di Franceschini, costretto ad arrampicarsi sugli specchi per negare l’esistenza di una rilevante questione morale anche dentro il Pd, è sembrata meno sofferta.
Punta di diamante del programma è stato il sempre bravissimo Marco Travaglio, in onda senza contratto, che ha ricostruito dettagliatamente la vicenda dell'imprenditore barese Tarantini; ma tutta la squadra di Santoro ha girato bene, mostrando di saper fare grande televisione.
Mettere in discussione un programma del genere, che ha raggiunto già in partenza livelli di audience notevoli, vuol dire proprio voler affossare il servizio pubblico, a solo vantaggio di Mediaset.
Ancora una volta il conflitto di interessi pesa come un macigno sulla scena politica italiana.
Può Silvio Berlusconi, padrone di Mediaset, mettere il bavaglio all’informazione del servizio pubblico?
Può, attraverso il giornale di famiglia, scatenare una campagna di stampa per il boicottaggio del canone Rai?
Purtroppo, nel deserto dei tartari della politica italiana, anche queste due semplici domande sono destinate a restare senza risposta.

giovedì 16 aprile 2009

"Normalizzare" Anno Zero: un boomerang per la casta

L’attacco frontale alla trasmissione di Michele Santoro Anno Zero è la conferma, sbattuta in faccia anche ai più scettici e distratti, che l’Italia non è più uno stato di diritto ma si sta avviando a rivivere esperienze politiche simili a quelle dei paesi sudamericani degli anni settanta.
Parlare di regime è ormai inutile; perché dentro il regime ci siamo già.
Abbiamo i vertici delle istituzioni che, grazie al lodo Alfano, non sono più sottoposti alla legge; abbiamo un sistema radiotelevisivo saldamente nelle mani di un solo uomo, Silvio Berlusconi, il quale non solo comanda una corazzata mediatica praticamente in monopolio ma, da quando è diventato presidente del Consiglio (nonostante l’evidente incompatibilità per essere titolare di concessioni pubbliche) ha sguinzagliato i suoi uomini alla Rai per avere il controllo totale anche della televisione e radio pubblica.
Tutto ciò in disprezzo delle normative europee, delle sentenze della Corte Costituzionale e della Corte di Giustizia europea.
Abbiamo un’opposizione rappresentata da un Partito Democratico, imploso su se stesso, il cui tratto distintivo è stato sin dalla nascita, chissà perché, quello di separare politica da legalità.
Cosicché per la gente di sinistra non c’è più riparo alcuno se non tentare la strada dell’Italia dei Valori, il partito dell’ex pm di Mani Pulite Antonio Di Pietro, che ha avuto perlomeno il merito di tenere fermo il timone, nonostante la tempesta in atto, sull’idea ormai clandestina che la legge deve essere uguale per tutti.
Perché, per la classe dirigente del Pd, ciò non è più vero e più dei principi contano i comitati d’affari.
La censura a Santoro e a Vauro svelano adesso il vero volto del regime berlusconiano: che a chiacchiere, snobba il ruolo determinante dei media nella formazione dell’opinione pubblica e nell’orientamento elettorale ma, nei fatti, lo considera così essenziale per la propria sopravvivenza politica da usare il pugno di ferro contro chiunque manifesti pubblicamente un minimo di senso critico, mettendo a fuoco, come ha fatto la trasmissione di Santoro, anche quello che non è andato per il verso giusto nella fase di emergenza della tragedia abruzzese.
Sono così consapevoli, gli uomini del Pdl, del loro malgoverno che si preoccupano solo di non farlo sapere in giro; gravissima ingenuità, perché tranne i due poli, tutti ne sono consapevoli.
E con l’informazione al tappeto, la casta è nuda.
Abbiamo una classe politica ormai del tutto screditata che non riesce neppure a difendere i principi costituzionali della libertà di pensiero e di opinione: così, Dario Franceschini, nuovo leader del Pd, che pronunciò nel febbraio scorso il discorso d’investitura a Ferrara proprio sulla Costituzione, nell’occasione fa una difesa così debole di quei principi che è un po' come se li rinnegasse.
Uno spettacolo indecoroso! Tutti a casa, è l’unico invito che umilmente ci sentiamo di rivolgere alla casta, di fronte a questo ennesimo, imbarazzante spettacolo.
Solidarietà al team di Anno Zero!

martedì 14 aprile 2009

Informazione pubblica o comunicazione di regime?

Ennesimo attacco strumentale alla trasmissione televisiva Anno Zero di Michele Santoro; questa volta sferrato addirittura da quello che è attualmente il presidente della Camera, Gianfranco Fini, che ha bollato il programma come "semplicemente indecente", seguito a ruota dal premier Berlusconi che lo ha etichettato addirittura "non da tv pubblica".
Tralasciamo l’intervento berlusconiano, che veramente non merita commento alcuno, per concentrarci sulle parole di Fini
Attacco inopportuno nelle forme, nei tempi, nel merito.
Nelle forme, perché non spetta al presidente della Camera giudicare un programma televisivo, tanto meno se egli è chiamato a rappresentare un ramo del Parlamento e non la maggioranza di governo.
Nei tempi, perché approfittare della sosta pasquale, giunta dopo una tragica settimana di morte e devastazione in Abruzzo, per attaccare uno dei più autorevoli giornalisti italiani non solo è una palese intimidazione ma, peggio, è il segnale che abbiamo una classe politica incompetente, non all’altezza delle nostre istituzioni, tanto da sconfinare continuamente in campi che non le appartengono, provocando un continuo marasma istituzionale.
Nel merito, perché chi ha avuto la possibilità di vedere integralmente la trasmissione, si è facilmente reso conto che essa è stata condotta in modo professionalmente ineccepibile, al di là di ogni possibile strumentalizzazione politica, mettendo a fuoco il senso stesso di questo dramma nella prospettiva di una possibile resurrezione.
Che Italia vogliamo lasciare ai nostri figli? E’ stato questo l’interrogativo da cui è partito il conduttore alla luce della devastazione di un terremoto che ha fatto più danni di quelli ipotizzabili a causa di una qualità costruttiva degli immobili di recente edificazione, risultata veramente scadente.
Se pure l’Onu ha trovato il modo di richiamare l’Italia ad una maggiore attenzione alle norme antisismiche, proprio sulla base degli effetti disastrosi di questo terremoto, non si capisce dove sia lo spettacolo indecente.
Le disfunzioni della Protezione civile? Queste sono evidenti: nulla c’entrano gli uomini e le donne che con grande generosità e abnegazione hanno portato i soccorsi.
E’ la macchina organizzativa che presenta ancor oggi gravi lacune: lo stesso Enzo Boschi, direttore dell’Istituto Nazionale di Geofisica, ha ammesso in una delle sue tante sortite che certamente, prima dell’evento sismico, si sarebbero dovute allestire aree di emergenza per piazzare le tende; aggiungendo, però, che questo compito non sarebbe spettato alla protezione civile nazionale, guidata da Guido Bertolaso, ma agli enti locali.
Ancor oggi, ad una settimana dal sisma, mentre la temperatura di notte scende in picchiata, scarseggiano le stufe nelle tende!!
E’ veramente inaccettabile che la terza carica dello Stato violi la tradizionale pausa pasquale non per portare un aiuto concreto a quelle popolazioni ma per mettere a tacere uno dei pochi giornalisti italiani che non ha perso l’orgoglio del proprio mestiere.
Purtroppo l’ennesimo episodio conferma che è la nostra stessa democrazia a trovarsi ormai in una situazione disastrata.
Il Pd, ancora una volta, si è girato a guardare dall’altra parte con dichiarazioni pilatesche espresse da vari esponenti che lasciano veramente stupiti.
Siamo in piena svolta autoritaria ma il partito edizione Franceschini pare non abbia nulla da obiettare in proposito: davvero un buon viatico per le prossime Europee...
Ma in fondo anche di questo ringraziamo Walter Veltroni che, con la sua smania di andare da solo alle elezioni politiche, fece un anno fa colare a picco il governo Prodi, regalandoci per i prossimi cinque anni questi uomini al vertice delle istituzioni.
Chissà, forse adesso starà da qualche parte a festeggiare l’anniversario di quella catastrofe elettorale!

lunedì 16 marzo 2009

La congiura di Walter e... il nuovo che avanza!

E’ storia nota e arcinota. Pausilypon da sempre sostiene che la caduta del governo Prodi del 2008 fu dovuta ad una congiura di Palazzo che aveva in Walter Veltroni l'ispiratore ed in Clemente Mastella soltanto l’esecutore materiale.
Bastava leggere le cronache di quei giorni.
Ieri sera Romano Prodi, ospite di Fabio Fabio nel suo programma Che tempo che fa, ha ribadito il concetto in modo definitivo ed inoppugnabile. Leggiamo dal Corriere.it:

«Il mio esecutivo — ha detto l'ex premier — poteva andare avanti, perché dopo una Finanziaria durissima il Paese avrebbe finalmente potuto raccogliere i frutti di quei sacrifici. E invece, come successe anche con il mio primo esecutivo, dopo l'ingresso nell'euro, il governo è stato fatto cadere». Prodi ha quindi rievocato l'esatto momento in cui le sorti dell'Unione sono precipitate nell'abisso. La scintilla fu l'annuncio di Veltroni, da poco eletto al vertice del Pd, di andare soli alle elezioni, senza Rifondazione, senza ali. Domanda di Fazio: «Cosa ha pensato in quel momento, Professore?». Risposta: «Non ebbi bisogno di pensare. Ricordo che si affacciò Mastella alla porta del mio ufficio a Palazzo Chigi. Teneva la testa piegata da un lato e urlò: se voi volete fare fuori me, sono io che faccio fuori prima voi. Per la verità la frase di Clemente era un po' più colorita, ma la sostanza non cambia...».

Se non fosse stata l’incredibile uscita di Veltroni sulla millantata vocazione maggioritaria del PD e sul desiderio di correre da soli (mentre il governo Prodi era pienamente in carica, proprio con l'appoggio del partito leader della coalizione, il PD), oggi Romano Prodi siederebbe ancora a Palazzo Chigi con una guida sicuramente più sicura e competente di quella mostrata da Silvio Berlusconi in questi mesi, che riceve ormai l’aperta disapprovazione pure della stessa Confindustria, uno degli sciagurati protagonisti l’anno scorso assieme a Veltroni della resistibile rinascita del Cavaliere.
Il fatto che Veltroni abbia ripetutamente dichiarato di aver affrontato le elezioni politiche del 2008 in condizioni impossibili, quasi che a lui non si potesse addebitare la responsabilità della sconfitta, è sempre stato un suo curioso modo per allontanare da sé i sospetti sulla prematura caduta del governo di centrosinistra.
Ma le parole di Romano Prodi sono come pietre: nessun politico con un minimo di buon senso, poteva pensare che le parole esplosive di Veltroni sarebbero state lasciate cadere senza prima provocare un vero terremoto nell'Unione. Come è infatti stato.
Rispetto a quel cataclisma, le successive, infinite sconfitte di Walter Veltroni, hanno, tutto sommato, un rilievo minore: la sua gravissima, incancellabile, responsabilità è stata quella di aver fatto cadere il governo Prodi proprio nel momento in cui stava finalmente per raccogliere, insieme agli Italiani, i frutti di un duro lavoro di risparmi e sacrifici compiuti per risistemare le finanze pubbliche.
Proprio quando si trattava di ripartire il tesoretto, ve lo ricordate?, dispensando agli Italiani qualche beneficio, l’impareggiabile Walter se ne uscì in quel modo incredibile, roba da far venire la pelle d’oca.
E’ chiaro che finché il PD non avrà fatto chiarezza su questo punto, celebrando un vero congresso che mandi a casa non solo l’ex sindaco di Roma ma l’intera sua classe dirigente, rea di aver abbandonato l'Italia su un piatto d'argento a Berlusconi (altro che l'insulsa petizione Salva l'Italia!), le speranze per il Paese sono ridotte al lumicino.
Peggio, c’è il rischio che dentro il Partito democratico emergano leader improbabili, che hanno il solo dichiarato merito di candidarsi contro l’incapace nomenklatura di quel partito: come tal Matteo Renzi da Firenze che, ammiccando ai telespettatori con il golfino color Fiorentina, si è presentato giovedì scorso nello studio televisivo di Michele Santoro ciacolando di Costituzione, in modo veramente imbarazzante.
Se questo è il nuovo…

martedì 27 gennaio 2009

Le gravi parole pronunciate dal ministro Frattini

Il ministro degli esteri Franco Frattini ha celebrato la Giornata della Memoria da par suo, attaccando duramente la trasmissione Anno Zero ed arrivando a dire che il suo conduttore, il giornalista Michele Santoro è antisemita.
Parole gravissime che confermano in pieno tutte le riserve sul capo della Farnesina: il politico sbagliato al posto sbagliato, nel momento sbagliato.
Grandi perplessità erano emerse da subito, sin da quando l’impareggiabile Frattini si faceva sorprendere in ameni posti di vacanza a commentare l’ultima crisi internazionale: memorabile la sua tenuta da sci a corredo dell’insipida dichiarazione sulla crisi israelo-palestinese durante le vacanze di Natale.
In queste settimane, funestate dalla sanguinosa operazione Piombo fuso che ha provocato un migliaio di morti, migliaia e migliaia di feriti, un’immane distruzione nella striscia di Gaza, la politica estera italiana è rimasta al palo, diretta in modo dilettantesco ed improvvisato, in un appiattimento imbarazzante sulle posizioni del governo israeliano.
Ma l’uscita che il ministro Frattini ha fatto oggi contro Michele Santoro non solo è una forma di grave intimidazione che un rappresentante del governo fa alla libera informazione ma denota come il capo del dicastero degli esteri non sia in grado di discernere tra antisemitismo e doverosa, legittima critica all’insensato uso della forza attuato dal governo di Tel Aviv.
E' un caso se questo governo si sia attirato durissime critiche addirittura da parte del segretario generale dell’Onu?
Lo stesso Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, intervenendo oggi alle odierne celebrazioni in memoria delle vittime dell’Olocausto, pur esortando a non abbassare la guardia sul virus antisemita, ha ammonito di non speculare con le parole tacciando di antisemitismo coloro, e sono tanti, che criticano in tutto il mondo la violenza esercitata dal governo israeliano sulla popolazione palestinese: "l'operato del governo di Israele può risultare controverso ed essere legittimamente discusso."
Per molti, anche all’interno della società israeliana (valgono per tutti le parole pronunciate da David Grossman), la morte di centinaia di bambini per le bombe sganciate dall’aviazione israeliana è un orrore ingiustificabile: quelle povere creature non possono in alcun modo considerarsi, come invece ritiene il primo ministro israeliano Tzipi Livni, "vittime delle circostanze".
E’ proprio per non dimenticare mai il Male assoluto, per il rispetto che dobbiamo alle vittime del genocidio nazifascista, perpetrato sessant’anni fa contro milioni di ebrei, zingari, disabili, che pesa come una macchia indelebile sulla condizione dell’uomo moderno, che suona inaccettabile l’offesa rivolta da un ministro della Repubblica e la strumentalizzazione politica che ha fatto in questa giornata particolare.
Questa non è una gaffe, queste sono parole infamanti che offendono la coscienza di un popolo che sa sulla propria pelle cos’è l’antisemitismo e gli effetti devastanti della guerra e delle persecuzioni razziali.
Nessuna tardiva rettifica può colmare l'abisso di quell'insulto.
Ci piacerebbe, una volta tanto, che il leader del Partito democratico, Walter Veltroni, invece di rintuzzare banalmente Berlusconi sulle sue continue battute infelici, senta il dovere di parlare in difesa di Michele Santoro e di chiedere le dimissioni del ministro.
E' in gioco, oltre l'onorabilità di un giornalista, la libertà di espressione di tutti noi.

venerdì 16 gennaio 2009

La sceneggiata dell'Annunziata ad Anno Zero

Nessuna sorpresa.
Che Lucia Annunziata fosse ospite dell’amico Michele Santoro con l’intento di boicottarne il programma ce lo aspettavamo. Da subito, si era capito che stava lì non per partecipare ad un difficile dibattito sui bombardamenti di Gaza e sull’eterno conflitto arabo-israeliano ma per dare la spallata decisiva ad Anno Zero.
Il suo intervento a gamba tesa è stato il tentativo neppure tanto velato di distruggerne la credibilità facendo finta di impartire una lezione di giornalismo televisivo al più autorevole collega, come se fosse possibile per Lucia Annunziata, con trascorsi professionali nel Manifesto ma più recentemente presidente Rai (la sua resistibile ascesa vorrà pur dire qualcosa!), poter semplicemente dare dei suggerimenti ad un gigante del giornalismo televisivo come è indiscutibilmente Michele Santoro. Sue alcune tra le più belle trasmissioni di approfondimento informativo: chi non ricorda, ad esempio, Samarcanda?
Non a caso nel famoso editto bulgaro, Silvio Berlusconi decretò l’ostracismo per Biagi, Santoro: non si sognò minimamente di fare il nome dell’Annunziata.
E’ vero che, in anni recenti, l’Annunziata fu protagonista nella sua trasmissione di un discutibile scontro proprio con Berlusconi che, come lei ieri sera, preferì abbandonare lo studio; ma in quel frangente, l’uomo di Arcore si ribellò proprio al modo di fare dell’Annunziata che, con la sua connaturata acrimonia, è solita proporre domande capziose; non da grande giornalista ma da persona che si esalta nell’esibire un atteggiamento antipatico ed inutilmente aggressivo nei confronti del suo interlocutore.
Bene ha fatto Michele Santoro a trattarla come meritava; anche se, forse, è stato fin troppo morbido e generoso nei suoi confronti, restando praticamente impassibile di fronte alle sua pretesa assurda: ancora una volta, il conduttore di Anno Zero ci ha regalato una lezione di grande professionalità.
L’Annunziata ha voluto fare la vittima ma, nell’occasione, è stata vittima solo di stessa e del suo modo di fare insopportabile: ostentare tanta arroganza e spocchia proprio con l’amico Michele Santoro è stato, anche sul piano umano, un brutta caduta di stile che, nella migliore delle ipotesi, fa pensare ad un livore professionale covato chissà da quanto tempo.
Si rassegni: se Santoro è il grande Michele Santoro è proprio perché fa un'informazione giornalistica come solo pochi altri sono capaci di fare, sicuramente come non riesce a Lucia Annunziata.
Ecco perché prima di pensare ad imporgli i suoi suggerimenti, l’ex presidente Rai farebbe molto meglio, se la vanità non glielo impedisce, di ammettere il proprio peccato luciferino.
E la pianti di dire che le posizioni rappresentate nello studio di Santoro non erano equilibrate!
E’ forse equilibrata una guerra che fa oltre 1000 morti da una parte e 13 dall’altra?
E’ per caso imparziale un’informazione che per settimane ha fatto parlare soprattutto le immagini dei bombardamenti dei caccia israeliani con il loro carico di distruzione e morte confuse con i commenti reiterati dei soliti osservatori e politici interpellati, questi sì, al 99,9% pro Israele?
Eppure l’Annunziata non ha mai avuto niente da ridire!
Santoro ha rappresentato tutte le posizioni, non censurando neppure lo scontro verbale tra gli intervenuti, proprio per fotografare la complessità e la profondità del conflitto.
C’era la soldatessa israeliana, il ragazzo di religione ebraica, la madre del soldato ucciso, Marco Travaglio palesemente schierato a favore dell'intervento del governo di Tel Aviv: insomma, il fronte che sosteneva con varie sfumature le ragioni di Israele era largamente rappresentato.
Poi c’era l’esperto militare, che considera assolutamente normale l’uso dei proiettili al fosforo bianco in zone densamente popolate, e l’ampia comunità araba e palestinese, con esponenti spesso confusi e poco preparati nell’interloquire con gli altri ospiti.
Che poi una trasmissione televisiva d’informazione, per essere obiettiva, debba rinunciare ad una propria chiave di lettura è soltanto una leggenda metropolitana.
E’ un po’ come se, per realizzare una trasmissione d'inchiesta sulla mafia siciliana, si dovesse dare voce, con la stessa enfasi e legittimazione, tanto alle ragioni dello Stato quanto a quelle degli uomini di Cosa Nostra.
Se pure l’Onu, e prima ancora il senso di umanità degli italiani, ha condannato i bombardamenti israeliani, è concepibile che la tv pubblica giri lo sguardo da un’altra parte e non dia voce almeno alle ragioni umanitarie, così ampiamente invocate dalla chiesa cattolica?
Possibile che si debbano legittimare solo le ragioni della forza?
Brava Lucia Annunziata che è riuscita nel miracolo di incassare la solidarietà di Gianfranco Fini e nientedimeno dello stesso Berlusconi!
La prossima volta, però, ci risparmi un'altra indecorosa sceneggiata; resti a casa magari a vedersi sulle reti Mediaset il Grande Fratello: è il format che, in prospettiva, può meglio valorizzare le sue grandi doti di conduttrice.

domenica 19 ottobre 2008

Il governo annaspa, l'opposizione affonda...

Settimana importante quella appena trascorsa sia dal punto di vista economico che politico. Il tonfo di mercoledì dei mercati finanziari ha tolto le ultime speranze a quanti speravano di uscire nel giro di qualche mese dalla grave crisi mondiale; al contrario, dal mondo della finanza questa si sposterà inesorabilmente ed in modo duraturo nell’economia reale.
Non è una buona notizia ma era ampiamente prevedibile perché da oltre un anno la finanza internazionale è in subbuglio e, quale importante sensore del mondo produttivo, essa non fa che anticiparne, magari enfatizzandoli, i mutamenti in atto; mai contraddicendoli.
Nel giro di qualche settimana abbiamo scoperto che il modello di sviluppo economico internazionale (la locomotiva Usa traina, gli altri paesi seguono), è venuto meno: da questa crisi uscirà un nuovo modello non più incentrato sugli Stati Uniti.
Già si può iniziare a parlare di multilateralismo anche in campo economico: del resto che l’economia americana non tirasse più era chiaro da tempo, benché i media lo abbiano a lungo tenuto nascosto.
Cattive notizie, dunque, per i veterocapitalisti che ricorrono allo Stato quando si trovano in difficoltà ma lo lo additano a problema quando i loro profitti e le loro rendite si gonfiano a dismisura: ingrati!
L’oligarchia materiale che si fa beffe della democrazia formale già sta pensando come continuare a far credere alle magnifiche sorti del mercato, nonostante i fatti di queste settimane ne siano una secca smentita.
Ma tant’è, fatto digerire il conto salatissimo dei propri errori, gli oligarchi vogliono impunemente continuare ad ammaestrarci: via, quindi, al nuovo totem dello Stato snello.
Questo Stato così pronto a salvare le banche va però ridimensionato, secondo gli oligarchi, quando si tratta di sottrarre all’indigenza milioni di famiglie, in difficoltà nel pagamento delle rate del mutuo e, addirittura, delle bollette di acqua, luce, ecc.
Nei supermercati si registra la contrazione dei consumi anche su generi di prima necessità mentre crollano gli affari dei negozi di quartiere, soppiantati dagli hard discount dove il ceto medio entra ormai anche per riempire i carrelli della spesa settimanale.
Tuttavia, nei provvedimenti del governo Berlusconi non c’è traccia di interventi a favore delle famiglie: per salvare le banche la linea di credito è aperta a tempo indeterminato e per importi illimitati (tanto per cominciare, 40 miliardi di euro?) attingendo a mani basse dalla finanza pubblica.
Ma per le persone in carne e ossa resta in vigore un documento di programmazione economica messo a punto all’inizio dell’estate da Tremonti che è stato costruito su ipotesi ormai del tutto irrealistiche: crescita del Pil allo 0,5 % (mentre Confindustria adesso prevede un arretramento della stessa misura, ovvero piena recessione), tasso d’inflazione programmata dell’1,7% (viaggiamo adesso a più del doppio, con prospettive pessimistiche per il 2009), con pareggio di bilancio nel 2011 (figuriamoci!).
In altre parole, se le banche, a causa di una cattiva gestione e degli eventi internazionali, vanno in crisi devono essere salvate aprendo a tempo indeterminato il rubinetto del Tesoro ma se gli italiani non arrivano alla fine del mese, magari a causa della rata del mutuo a tasso variabile (tipo di tasso suggerito, se non imposto, a suo tempo proprio dalle banche), che si arrangino pure!
Ecco cos’è un pregiudizio ideologico: salvare le famiglie forse salverebbe le banche e l'economia, evitando la recessione; ma non importa, meglio salvare direttamente le banche ricapitalizzandole, lasciando le famiglie al loro destino.
E’ in fondo proprio la domanda che Michele Santoro, l’altra sera sul parterre di Anno Zero, ha posto ripetutamente ma inutilmente ai suoi ospiti.
Possibile che non ci si renda conto che una politica deflazionista come quella che ha messo in piedi il governo, con pesanti tagli agli organici di scuola, università, pubblico impiego, non solo non servirà a centrare i parametri di Maastricht (letteralmente saltati a causa del piano di salvataggio bancario) ma rischia concretamente di far avvitare ancora di più la crisi su se stessa, facendo precipitare il nostro Paese nella più cupa depressione economica?
Come mai i media non fanno proprio tale inquietante interrogativo né tanto meno lo rilanciano? Purtroppo, si limitano a registrare i timori di una crisi senza precedenti ma non stanno disturbando più di tanto la compagine governativa che, a dispetto dei sondaggi, sembra veramente malmessa: Gelmini, Maroni, Scajola, La Russa, Tremonti, Carfagna, Alfano, Sacconi meritano tutti una netta insufficienza.
La presunta star Brunetta, per porsi come castigamatti e mantenere una sicura visibilità mediatica, solleva spesso inutili polveroni che alimentano conflittualità e che di certo non favoriscono un clima disteso e collaborativo nel pubblico impiego.
Così come appariva fuori registro nei salotti televisivi quando ripeteva ossessivamente alcune parole pur di coprire la voce del malcapitato interlocutore ed impedirgli così di replicare con un minimo di efficacia, il ministro della pubblica amministrazione non si smentisce neppure quando giudica folle il piano europeo contro l’inquinamento elaborato da Bruxelles.
Ancora, un improvvisato ministro della pubblica istruzione, che fa finta di non capire le ragioni della protesta che venerdì ha riempito le tante piazze d’Italia, finisce per dare in questo modo ragione proprio ai suoi detrattori.
Un ministro dell’interno che, invece di solidarizzare pubblicamente con lo scrittore Roberto Saviano per i rischi che sta correndo, non trova di meglio che invidiargli la ribalta mediatica preferendogli chi combatte la criminalità nel silenzio: una gaffe così gratuita ed odiosa che, come al solito, è stato costretto a tornare sui suoi passi, dichiarando di essere stato frainteso (!).
Il cahier de doléances potrebbe continuare a lungo ma preferiamo chiuderlo qui ricordando le incredibili esternazioni del premier Berlusconi che è in grande difficoltà come statista persino quando parla della tempesta borsistica: basti pensare a quando, a mercati finanziari aperti ed in preda al panico, ha paventato l’eventualità di una loro temporanea chiusura.
A salvare la faccia al governo ci pensano tuttavia i telegiornali del duopolio con la loro informazione al cloroformio: l’altro ieri è dovuta intervenire l’Authority delle Comunicazioni, numeri alla mano, per fotografare il disastro di un’informazione che sa parlare solo del Palazzo, ignorando completamente i suoi utenti, gli Italiani.
Ma per fortuna per Berlusconi l’opposizione parlamentare dorme sonni profondi: neanche in grado, come invece ha fatto la bravissima giornalista Milena Gabanelli, di leggere le carte del caso Alitalia. Rivelando, piuttosto, disarmante confusione di idee e mancanza di prospettiva quando ripete ossessivamente la propria disponibilità al dialogo con il Governo senza neppure curarsi di precisare su che cosa, con quali strumenti, con quali obiettivi.
Con il Partito democratico, siamo tornati all’anno zero della politica; ecco come si esprime il suo leader in merito al piano di salvataggio delle banche (la battuta è tratta dall’intervista di Massimo Giannini di domenica corsa su la Repubblica che, nel frangente, gli ha appena servito un assist sull’eventualità che il governo voglia allungare le mani sulle banche con il pretesto della crisi):
"Allarghiamo il discorso. Io credo che la cosa peggiore che si possa fare è rimbalzare dal liberismo allo statalismo. Io resto convinto che una società democratica viva se esiste un libero mercato. In una condizione in cui lo Stato si riservi il suo ruolo, quello di fare le regole e di farle rispettare. Lo Stato non è giocatore, è arbitro. Per questo può anche scendere in campo, per aiutare pro-tempore un’azienda di credito in crisi. Ma non può alterare l’intero campionato. Non mi basta l’intervento del Tesoro con le azioni privilegiate, se poi in assemblea ha diritto di veto sulla governance e sulle scelte strategiche della banca. Io non voglio che il governo gestisca le banche. Non voglio che un ministro, di destra o di centrosinistra, si trasformi in un nuovo Cuccia. La politica che gestisce la finanza l’abbiamo già vissuta: le banche pubbliche, i boiardi, ed è stato un disastro che non dobbiamo ripetere".
Ci sta dicendo che i contribuenti devono metterci i quattrini per salvare le banche ma che essi non hanno diritto a chiedere conto ai manager della loro gestione. Il paragone sportivo è poi completamente sbagliato: se lo Stato, come dice l’impareggiabile Walter, detta solo le regole e le fa rispettare, va da sé che non dovrebbe metterci i soldi, altrimenti che razza di arbitro è?
Che poi la politica oggi non stia dentro le banche, come il leader democratico fa credere, non è neppure una leggenda metropolitana, è semplicemente falso.
Qualcuno gli spiegherà, per cortesia, che cosa sono e come funzionano le fondazioni bancarie?
Possibile che non è a conoscenza del sistema di governance del Monte dei Paschi di Siena, tanto per fare un esempio in area amica?
Insomma quello che il premier britannico Gordon Brown sta facendo in Inghilterra, facendo dimissionare i manager bancari malaccorti e non precludendosi la possibilità di avere suoi rappresentanti nei consigli di amministrazione, non incontra evidentemente i favori dell’antistatalista Veltroni.
Voi capite in che mani è finita l’opposizione?

Ps: Il giornalista Michele Concina, dai microfoni di Prima Pagina, ha concluso la sua ottima settimana di conduzione, riconoscendo che oggi l’opposizione è così debole che la critica all’operato del governo la fanno piuttosto i dissidenti del centrodestra; ed ha chiosato "come se il centrodestra rappresentasse il 100% della politica italiana".

giovedì 5 giugno 2008

Le infondate, strumentali, gravi accuse a De Magistris

Quante volte abbiamo raccontato lo stillicidio di azioni disciplinari, un vero e proprio calvario giudiziario, fatto patire al pm di Catanzaro Luigi De Magistris, colpevole soltanto di aver cercato di portare con il suo attento lavoro di magistrato un po’ di luce in alcune torbide storie ambientate nelle difficili terre di Calabria e Lucania!
Zone di frontiera per lo Stato, che spesso fatica non poco a sostenere la quotidiana battaglia per la legalità e la trasparenza dell’iniziativa pubblica.
A distanza di mesi, i pm di Salerno hanno accertato che egli “a causa delle sue inchieste ha subìto costantemente pressioni, interferenze e iniziative volte a determinarne il definitivo allontanamento dalla sede di Catanzaro e l’esautorazione dei poteri inquirenti”.
E’ una notizia che dovrebbe scuotere il mondo della politica dalle fondamenta, se non altro perché, per troppi mesi, sia a destra che a sinistra nessuno ha mosso un dito in difesa ed a tutela dell’onorabilità del magistrato, preso di mira non solo da ampi settori della magistratura ma anche da diversi organi di informazione.
Per recuperare la memoria di quelle difficili giornate basta ricordare l’espressione “Cattivi magistrati” rivolta insieme a Luigi De Magistris e Clementina Forleo da Letizia Vacca (PDCI) vicepresidente della I Commissione del CSM che aveva istruito il procedimento disciplinare nei confronti del gip milanese.
Oppure le dure parole pronunciate da Vito D’Ambrosio, pubblico ministero nel procedimento disciplinare contro il magistrato di Catanzaro: “De Magistris non dà garanzie: uno come lui non serve in una democrazia ordinata. Non è il giudice a Berlino. E’ ispirato da un’ottica missionaria. Guai se il magistrato pensa di avere una missione, il suo è un mestiere, il controllo della legalità”.
Ricordate l’alzo zero con cui venne calibrato l’attacco alla trasmissione di Michele Santoro che aveva acceso il faro dell’informazione pubblica sul deferimento disciplinare promosso dall’allora Ministro della Giustizia Clemente Mastella proprio nei confronti del sostituto procuratore?
Qualcuno sulla carta stampata arrivò pure a definire quel programma televisivo come “un passo verso il suicidio collettivo”: pare incredibile!
In circa mille pagine la procura di Salerno smonta il castello di accuse e dimostra che De Magistris “ha operato in un contesto giudiziario connotato da un’allarmante commistione di ruoli e fortemente condizionato dal perseguimento di interessi extragiurisdizionali, anche di illecita natura”.
Ce n’è abbastanza per gettare alle ortiche la richiesta avanzata nei suoi confronti non solo di trasferimento d’ufficio ma addirittura di cambio di funzioni!!
Purtroppo però, proprio grazie a queste “denunce infondate, strumentali e gravi” le inchieste Poseidone e Why not gli sono state tolte e irrimediabilmente compromesse.
Ecco in cosa è consistito concretamente il passo verso il suicidio collettivo: l’ennesimo naufragio della giustizia italiana che lascia soli i suoi uomini migliori, nelle zone e nei momenti più difficili, con la partecipazione non straordinaria della casta di politici di vario colore e di primari organi di informazione.

sabato 3 maggio 2008

Il Palazzo d'Inverno contro Anno Zero

All’indomani della trasmissione Anno Zero in cui sono stati riproposti alcuni stralci del comizio tenuto a Torino per il 25 aprile da Beppe Grillo, si è scatenato il solito vespaio di feroci polemiche.
Sotto accusa, guarda caso, di nuovo Michele Santoro, colpevole di aver dato rilievo mediatico alle salaci invettive del comico genovese.
Il presidente della Rai Claudio Petruccioli si straccia le vesti accusando duramente il giornalista e minacciando di prendere seri provvedimenti perché, a suo dire, “a nessuno, neppure a Santoro, è consentito appaltare la tv pubblica a terzi che ne fanno un uso arbitrario e indecente.”
E’ incredibile: Petruccioli invece di prendersela con Sgarbi per la sequela di pesanti insulti che ha rivolto agli ospiti della trasmissione , attacca inopinatamente Santoro per aver dato spazio alle parole sicuramente sferzanti di Beppe Grillo dal palco di Piazza San Carlo.
La scure della censura da parte della nomenklatura rischia di abbattersi così su uno dei pochi giornalisti che ancora dimostra autonomia intellettuale e amore per la propria professione.
Ed ancora una volta un importante esponente del Partito Democratico va in rotta di collisione con il comune buon senso ed il proprio elettorato.
Perché sono tanti tra gli elettori del PD in queste ore a domandarsi come mai le trasmissioni Rai possano dilungarsi folcloristicamente sui fucili padani ma debbano mettere la sordina sulle battaglie civili condotte in prima persona da Beppe Grillo, oggi senza dubbio il migliore politico in circolazione.
Purtroppo la nomenklatura, rinchiusa nel Palazzo d’Inverno, ha un’idea della libera informazione che fa a pugni non solo con la nostra bella Costituzione ma addirittura con i principi basilari di una democrazia, arrogandosi il diritto di censurare le poche voci scomode.
Mentre nei confronti di chi in prima serata in uno studio televisivo (non in una piazza gremita di gente di ogni età!), rivolge ossessivamente ed in modo chiaramente intimidatorio pesantissimi insulti ai propri interlocutori il presidente Petruccioli non ha proprio nulla da eccepire.
Questo sì è un insulto all’intelligenza dei cittadini: se qualcuno ce lo avesse preannunciato, non gli avremmo creduto!
Anche il Corriere.it, riconoscendo la svista di ieri, ha cambiato titolo al video Rai su Anno Zero, addivenendo ad un più realistico “Sgarbi attacca Travaglio”.
Per fortuna nel PD non sono tutti come Petruccioli ma c’è ancora chi, come Giuseppe Giulietti, pur prendendo le distanze da Grillo, resta con i piedi per terra e l’indice puntato a segnalare la rotta di un partito in stato confusionale.
Ecco come egli giudica l’uscita del presidente Rai:
"Il gruppo dirigente della Rai ha parlato di uso arbitrario e indecente della tv pubblica a proposito della trasmissione Anno Zero in cui sono stati trasmessi brani dell'intervento del comico Beppe Grillo al secondo V-day.
Per quanto ci riguarda i toni e i modi di Grillo non sono i nostri e sono assai distanti dalla sensibilità di Articolo21. Tuttavia condividiamo ancora meno che si faccia finta di non sapere che quelle parole e quelle espressioni sono condivise da non pochi italiani, che giornali e tv di tutto il mondo hanno riportato le opinioni di Grillo e che nessuno può pensare di oscurare. Anzi ci saremmo aspettati dal gruppo dirigente di Viale Mazzini che rivendicasse il fatto che, in quanto servizio pubblico la Rai è il luogo dove le espressioni anche più critiche si possono esprimere.
Per quali ragioni la Rai può ospitare a reti unificate aggressioni contro i giudici o appelli per i fucili padani e manifestare indignazione in altri casi?
Ci saremmo infine aspettati che il gruppo dirigente Rai, oltre a indignarsi per alcune delle espressioni di Grillo avesse manifestato pari indignazione nei confronti dell'aggressione condotta da Sgarbi nei confronti della memoria di Enzo Biagi, una persona che non può neanche più difendersi e replicare, e che è stato tanta parte della memoria della Rai e del nostro Paese”.

venerdì 2 maggio 2008

L'ospite che non ti aspetti ad Anno Zero

Come era già successo qualche tempo fa, il Corriere della Sera.it scivola nuovamente su un video Rai: questa volta è tratto dalla trasmissione Anno Zero condotta magistralmente da Michele Santoro nel cui studio ieri sera interveniva (si fa per dire!) tra gli ospiti Vittorio Sgarbi.

Il Corrierone titola "Tele-rissa Travaglio-Sgarbi" ma le cose non stanno affatto così.

Nel caso in questione si è trattato di un attacco di una violenza verbale inaudita sferrato contro l'imperturbabile Marco Travaglio da un tal personaggio che non si capisce per quali meriti calchi ancora le scene televisive, nonostante lasci al suo passaggio soltanto una sequela di insulti rivolti a bella posta a chiunque entri in contraddittorio con lui.

Travaglio e Santoro hanno mantenuto il sangue freddo: il primo, restando impassibile benché le prevaricazioni reiterate avrebbero fatto perdere la pazienza anche ad un santo; il secondo, invitandolo ripetutamente ad abbassare i toni, mostrandosi assolutamente convinto che la medicina migliore da somministrare ad una persona che ha perduto il lume della ragione resti, comunque, la persuasione intellettuale.

Parlare di tele-rissa risulta quindi palesemente errato.

Vale forse la pena ricordare alla redazione del Corriere della Sera.it che, come recita il vocabolario della lingua italiana Gabrielli, la rissa è una "Zuffa violenta tra due o più persone, con scambio di offese e di botte".

Che un personaggio del genere possa fare il bello ed il cattivo tempo, avventandosi verbalmente contro gli ospiti in studio, senza che nessuno decida di accompagnarlo garbatamente ma inflessibilmente dietro le quinte, non è proprio un bel vedere.
Ancora più grave è che il pubblico che guarda da casa Anno Zero si veda costretto ad assistere impotente a queste intemperanze per non girare canale e rinunciare definitivamente a quest'ultima riserva televisiva di libero pensiero.

lunedì 4 febbraio 2008

La Casta si prepara alle elezioni

Dopo aver detto tutto il male possibile dell’attuale legge elettorale, la Casta si prepara a chiedere di nuovo il consenso dei cittadini con le ormai prossime elezioni.
Che questo fosse l’epilogo naturale della crisi di governo era scontato. Che, però, si torni alle urne con la tanto contestata legge porcellum dopo due soli anni di legislatura, senza che nessun politico si assuma la responsabilità di questo ennesimo strappo alle regole istituzionali, è veramente scandaloso.
Facciamoci caso: nessuno ha ancora parlato e, probabilmente, nessuno parlerà dei costi esorbitanti di questo ennesimo appuntamento elettorale: 500 milioni di euro, per tenerci prudenti, da spendere nel momento meno opportuno, con un Paese in piena emergenza economica.
Non ne parla il centrodestra che le elezioni le ha chieste da sempre, sin dal momento in cui due anni fa Romano Prodi varcò il portone di Palazzo Chigi.
Non ne parla il centrosinistra che dalla nascita del Partito Democratico non ha più trovato pace: con Walter Veltroni che, pur di sbarazzarsi degli alleati dell’Unione, si è reso disponibile a dare una mano a Berlusconi, riportandolo sul ponte di comando del Polo.
Ma il Cavaliere, da bravo uomo d’affari, sa giocare contemporaneamente su più tavoli: prima, ha finto un interessamento alle riforme istituzionali proposte da Veltroni; poi, quando si è visto riabilitato da quello che, sulla carta, dovrebbe essere il suo principale sfidante nella prossima contesa elettorale, gli ha rovesciato il tavolo addosso, lasciandolo annaspare in mezzo al guado.
Così il sindaco di Roma, a cui i cittadini della capitale dovrebbero chiedere di fare a tempo pieno il mestiere per cui viene pagato piuttosto che perdere tempo con il Cavaliere, si è ritrovato all’improvviso senza un governo, senza le riforme e, al limite, senza un partito, perché parte dei suoi dirigenti, con tutti i suoi ultimi passi falsi, si interrogano seriamente sulla sue qualità di leader.
Di fronte ad una casta così insipida ed impermeabile al malcontento che sale dalla società, va a finire che per i media la colpa di questo sfascio, come il classico cerino, resti in mano al procuratore di Santa Maria Capua Vetere che ha mandato agli arresti domiciliari per qualche giorno la moglie di Mastella.
Incredibilmente la Casta, dopo averci portato sull’orlo del baratro istituzionale, cerca di sottrarsi alle proprie responsabilità addossando la croce sulla magistratura, come fa da oltre 15 anni, cioè dai tempi di Mani Pulite.
Ma no, forse la colpa è di Michele Santoro che con il suo Anno Zero, ha l’imperdonabile vizio di portare sotto i riflettori Rai le gravissime colpe della nostra classe dirigente.
Sì, perché per il Consiglio dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni «Michele Santoro ha violato il pluralismo».
Prendendo di mira la puntata sul caso Mastella-De Magistris, quella sulla riforma Tv, l'altra sulla vicenda Forleo-D’Alema e l’intercettazione Berlusconi-Saccà, il presidente dell’organismo di garanzia Corrado Calabrò così ne stigmatizza l’operato: «In televisione il processo, lo pseudo processo o la mimesi del processo non si possono fare. L'informazione deve essere equilibrata, obiettiva e deve garantire il contraddittorio senza anticipare giudizi su questioni ancora subiudice».
E fingendo di non voler censurare nessuno, amplifica la sua reprimenda affermando che ciò «non vuol dire porre limiti alla libertà di informazione. Ma l'informazione non può diventare gogna mediatica nè spettacolarizzazione ispirata più all'amore per l'audience che all'amore per la verità ».
Siamo al paradosso: espressione di amore per la verità sarebbero, a questo punto, i panini confezionati dal Tg1, la cronaca nera urlata dai Tg Mediaset, il notiziario di Emilio Fede oppure il salotto di Porta a Porta di Bruno Vespa: basta visitare il sito di Beppe Grillo per rivedere sequenze di quell’informazione televisiva che per il Garante delle Comunicazioni sarebbe equilibrata, obiettiva, veritiera, non essendo mai intervenuto per criticarla, men che meno per sanzionarla.
Magari per Calabrò il massimo della conduzione giornalistica è quella dimostrata da Giovanni Floris che, nella puntata del 22 gennaio del suo programma, ha lasciato che Pierferdinando Casini desse ripetutamente del cialtrone ad Alfonso Pecoraro Scanio senza battere ciglio, quando un minimo di deontologia gli avrebbe dovuto suggerire di riprendere severamente il leader UDC.
Ma ormai siamo da tempo assistendo ad un pessimo spettacolo che si replica sempre più frequentemente negli studi televisivi, nelle redazioni dei giornali, nelle aule parlamentari, nelle commissioni disciplinari del Csm, nelle invettive pronunciate dal ministro della giustizia contro la magistratura, nelle corsie ospedaliere attraversate da primari rigorosamente con la tessera di partito, in un escalation di comportamenti gravissimi che, a causa della lottizzazione sistematica di ogni spazio decisionale, sta provocando nei cittadini oltre una grandissima rabbia, una più preoccupante nausea, con il rischio una fortissima astensione quando si arriverà alle urne.
Chi disprezza compra, recita l'adagio e questa legge elettorale "porcata" in fondo fa comodo a molti, in primis proprio alle segreterie di partito che potranno stilare in tutta comodità le liste lasciando agli elettori un'alternativa secca: prendere o lasciare.
La Casta, al minimo storico di popolarità, si gioca così il tutto per tutto, sfidando in modo temerario l'elettorato: alle prossime consultazioni, ancora una volta, dovremo votare i loro nomi.
Il rischio dell'astensionismo è forte ma proprio per questo non sorprendente: ogni forza politica avrà facile gioco ad imprecare pubblicamente contro il porcellum, salvo stropicciarsi le mani dietro le quinte per aver imposto ai cittadini le proprie scelte.
A meno che l'esercito degli astensionisti imbufaliti non raggiunga dimensioni tali da sconvolgere i piani di questa classe politica che, con incredibile leggerezza, continua a giocare d'azzardo con le nostre Istituzioni.

lunedì 24 dicembre 2007

Gli "omaggi" natalizi di Scalfari alla Forleo

Nel sermone natalizio di domenica 23, Eugenio Scalfari attacca a fondo il giudice di Milano Clementina Forleo (1):
“Una magistratura che ricama sgorbi sulle sue toghe aggrappandosi al cavillo della norma senza capacità né voglia di coglierne la sostanza. Magistratura pubblicitaria, così dovrebbe chiamarsi la parte ormai largamente diffusa che insegue la propria visibilità non meno dei Diliberto e dei Mastella.
La vicenda Forleo è il sintomo palese di questa devastazione pubblicitaria che sta sconvolgendo l'Ordine giudiziario e, con esso, il corretto esercizio della giurisdizione. Ho grande rispetto per Franco Cordero, nostro esimio collaboratore, e capisco anche le motivazioni giuridiche che l'hanno indotto a difendere il Gip milanese.
Secondo me quel Gip andrebbe censurato dal Csm non per la procedura che ha seguito ma per l'esibizione di volta in volta vittimistica e sguaiata, con la quale ha invaso teleschermi e giornali. Disdicevole. Aberrante per un magistrato. Falcone, tanto per dire, non ha mai usato quel metodo né lo usarono il magistrato Alessandrini, l'avvocato Giorgio Ambrosoli e tutti coloro che del mondo della giustizia caddero sotto il piombo del terrorismo o della mafia.”
Grande Scalfari! Non ne fa più una questione di rispetto delle procedure o di improprietà dell’attività giudiziaria del gip di Milano.
Come potrebbe d’altronde?
Il giurista Franco Cordero bolla le motivazioni che hanno spinto il Csm a chiedere il trasferimento della Forleo come del tutto inconsistenti e paralogiche; nella trasmissione di Michele Santoro di giovedì scorso, l’insigne studioso dice testualmente: “L’atto d’accusa nei confronti della dottoressa Forleo è fondato su argomenti che valgono pochissimo; potrei anche usare parole più brutali e dire che non valgono niente.”
Per questo il fondatore di Repubblica è costretto a fare marcia indietro sul merito delle accuse e la mette folcloristicamente sul piano della presunta sguaiatezza del giudice Clementina Forleo nelle sue ripetute invasioni mediatiche: sarebbe questo il vero motivo, per Scalfari, della necessità di una censura da parte del Csm.
Un’assurdità che si commenta da sola.
Ma per dimostrare la validità del suo bel ragionamento egli cita uomini di legge come Falcone, Alessandrini e Ambrosoli che non hanno inseguito la visibilità mediatica e che sono caduti sotto i colpi di mafia e terrorismo.
Purtroppo Scalfari non si rende conto che è proprio da quella illustre ed eroica esperienza che discende la necessità per magistrati come Clementina Forleo e Luigi De Magistris di gridare ai quattro venti il boicottaggio patito e l’isolamento in cui sono caduti ad opera delle istituzioni da quando si sono trovati tra le mani inchieste scottanti: una sorta di polizza assicurativa sulla vita fondata semplicemente sulla propria visibilità mediatica.
Purtroppo è questa la situazione in cui si trovano ad operare i magistrati più coraggiosi in un’Italia dominata dalle consorterie e incupita da una scia di sangue che ha intimidito i tutori della legge per decenni e su cui non è mai stata fatta luce fino in fondo.
Come è possibile che un navigato giornalista come Scalfari non si renda conto di quale pesante eredità ci sia tramandata dai mille misteri italiani ancora insoluti?
La devastazione pubblicitaria di cui egli blatera è purtroppo l’inevitabile conseguenza di quel clima e della guerra, questa sì rovinosa perché senza esclusione di colpi, che la politica con rare eccezioni ha apertamente dichiarato alla magistratura dall’epoca di Mani pulite.
Eppure il grande giornalista non sembra si sia scandalizzato quando a seguito della ormai famosa ordinanza del Gip Forleo l’onorevole Massimo D’Alema così sguaiatamente commentava (cfr. citazione di Marco Travaglio in Anno Zero del 20 u.s.)": “Che monnezza, che schifo la magistratura si comporta in modo inaccettabile; forse li abbiamo difesi troppo questi magistrati ma ora dobbiamo reagire. E’ una violazione della legge perpetrata dagli stessi magistrati. Siamo ancora uno stato di diritto? Non vedo alcuna ragione di giustizia, deve esserci sotto dell’altro… io ho qualche idea, prima o poi bisogna tirarla fuori”; oppure quando diceva: “Siamo fuori dallo stato di diritto. E’ pazzesco: quel Gip fa cattiva letteratura, crocifigge un cittadino, fa saltare per aria il sistema democratico. Perché questa vecchia immondizia rispunta fuori proprio ora?”
Quello in cui vive il fondatore di Repubblica probabilmente non è lo stesso paese in cui tutti noi siamo costretti a vivere sotto la cappa di formidabili poteri occulti, in un intreccio perverso di politica, affari e criminalità, che caratterizza senza soluzione di continuità periodi importanti di vita repubblicana.
E poi finiamola una buona volta col minimizzare quanto avvenuto tra la primavera e l’estate di due anni fa: quello fu il tentativo, abortito solo perché inopinatamente emerso alla luce del sole, di due scalate bancarie parallele ma entrambe illegali che si sostennero vicendevolmente grazie al tifo fazioso delle due principali forze politiche di allora.
Ce n’è abbastanza, al di là delle risultanze giudiziarie, per mandare a casa l’intera classe dirigente di quei due partiti.
E invece no, gli sciagurati protagonisti di quella stagione sono ancora lì a fare il bello ed il cattivo tempo, a dettare ancora l’agenda politica del nostro Paese.
Ecco perché, caro Scalfari, la gente come dice Lei, è schifata: perché già sa che, gattopardescamente, niente cambierà né alla Rai né in qualunque altro presidio pubblico occupato militarmente dalla politica.
E quella telefonata intercettata tra Agostino Saccà e Silvio Berlusconi sarà pure stomachevole ma è tutt’altro che sorprendente o inaspettata, al di là dell’opinione che si ha dei protagonisti: al bando l’ipocrisia, fotografa in modalità macro l’ordinario degrado morale della nostra classe dirigente.
Malauguratamente non si intravede all’orizzonte niente che possa toglierci rapidamente dalle sabbie mobili in cui il nostro sistema politico istituzionale è precipitato da tempo.
L’altra sera ad Annozero, in una meritoria puntata in cui Michele Santoro ha finalmente rivelato al grande pubblico televisivo come sembrino pretestuose ed inconsistenti le carte del Csm contro la Forleo, abbiamo potuto sentire la cosiddetta nuova politica rappresentata dal leader della Sinistra Giovanile criticare aspramente l’ordinanza emessa nel luglio scorso dal giudice Clementina Forleo, usando le stesse logore argomentazioni a suo tempo usate dai difensori e luogotenenti di Berlusconi: davvero un pugno nello stomaco per chi crede che i giovani possano rappresentare l’asso nella manica di un paese che, giustamente, al di là dell’Atlantico viene visto triste ed immobile.
Perché dei replicanti di D’Alema, Fassino, Mastella, ma anche degli emuli in erba di Berlusconi e Fini, questo paese non solo non sente la necessità ma addirittura ne teme lo shock anafilattico.
Ciò non toglie che la nostra democrazia ha un bisogno vitale di ricostruire efficaci processi di selezione della propria classe dirigente: magari fosse solo questione di legge elettorale!
E’ un intero sistema di reclutamento delle forze migliori, di nuovi talenti, di energie ideali che va ricostruito dalle fondamenta.
Che cosa possa innescare questo processo virtuoso è difficile dirlo: forse la rabbia montante tra i cittadini indignati dallo schifo della vita pubblica, proprio quello sottolineato dal predicozzo dell’antivigilia di Natale su Repubblica, può segnare l’alba di una nuova Italia.
Ma, allo stato delle cose, più che una speranza questo è piuttosto un pio desiderio.
(1): la Repubblica.it del 23/12/2007