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lunedì 11 luglio 2016

Rosicare nell'Amaca

Dalla sua quotidiana  Amaca, ennesimo insipido attacco ai 5 Stelle di Michele Serra che, ormai è chiaro, è un politico della nomenklatura piddina prestato alla comunicazione. Questa volta si lamenta perché i 5 Stelle sono persone di buonsenso ed in questo modo oscurano i suoi amici di partito che il buonsenso ce l’avevano ma solo per farsi gli affaracci propri, altamente infischiandosene di ciò che chiedeva la loro base elettorale (ma ciò, evidentemente, Serra si guarda bene dall’ammetterlo!).
Ed ecco così pronto il suo nuovo teorema: non sono i cittadini a dare lezione ai politici (ad esempio di onestà) ma sono i politici ad insegnare ai primi come si governa. E qui ci manca poco che si metta ad imprecare contro il destino cinico e baro che ha mandato a casa i Fassino, i Veltroni, i D’Alema, preferendo i ‘quattro pidocchi rifatti’ dei 5Stelle (almeno così appaiono ai suoi occhi di gerarca…).
Caro Serra, se ancora non lo hai capito, la festa è finita per te e per quanti da generazioni vivono di politica alle spalle della collettività, parassiteggiando in lungo e largo con pochi slogans ripetuti senza convinzione secondo una liturgia ormai logora.
E’ inutile che la metti in caciara, alludendo stalinisticamente a non meglio precisati “territori [della rete] battuti dai grillini, alcuni dei quali furono accusati, tempo addietro, di non avere ben chiaro il discrimine tra antisionismo e antisemitismo”.
Prendi atto che la gente non ne può più dell’ipocrisia, del finto perbenismo, dell’incompetenza, della slealtà e spesso della disonestà, che sono state la cifra stilistica degli ultimi 25 anni della vostra storia. Ma anche di quell'ingiustificato senso di superiorità che ostentate ad ogni piè sospinto nei confronti degli altri.
Visto il disastro in cui avete fatto sprofondare il Paese, lezioni da te e dai tuoi compari non ne accettiamo più!

giovedì 7 agosto 2014

Crolla il Pil? E' colpa del destino cinico e baro...

“Minime oscillazioni dei grafici” per “governanti insediati un mese fa”?
E’ inutile tentare la difesa d’ufficio di Serra dicendo che vola alto!
La sua odierna Amaca è la risposta ai dati di ieri, cioè alla recessione in atto, volendo far credere che, forse, è decrescita felice… oppure, peggio, “perché così vanno le cose, scema il lavoro, cala la produzione, deperiscono certi mercati (quello della “seconda casa”, per esempio) e forse alcuni dei bisogni che hanno fatto da volano all’economia sono saturi.” … e le stagioni non sono più quelle di una volta!
Serra non è l’ingenuo osservatore che qualcuno vuole far credere, la sua tesi al servizio della Casta, è esplicita: per questa crisi epocale, tutti colpevoli ovvero nessun colpevole.
Insomma tenta malamente di occultare le gravissime responsabilità di una classe dirigente (prevalentemente di centrosinistra, ma non solo!) per averci fatto imbarcare sconsideratamente nell’avventura dell’Euro: senza, in alcuni casi, un minimo di cognizione di causa; in altri, confidando nei “mercati” per lavarsene le mani rispetto agli impegni assunti con il mandato elettorale.
In altri termini, se “ce lo chiede l’Europa”, io politico di sinistra mi posso godere tranquiillamente tutti i privilegi della carica blandendo il mio elettore con il vantaggio di non dover muovere un dito…
Tanto l’alibi è confezionato… e la rendita di posizione...formidabile!
Nel commento di Serra c’è, tuttavia, un convitato di pietra, l’Euro (made in Amato, Ciampi, Prodi…), a cui la sinistra radical chic ha appiccato il Paese con l’inerzia pelosa, se non complice, della destra.
Un gioco da ragazzi sterzare sulla decrescita felice che, pur nella suggestione del tema, nel frangente italiano non c’entra proprio niente..
La critica che porta a Renzi è inconsistente, un semplice espediente dialettico per sviare l’attenzione dai veri responsabili di questa immane tragedia.

mercoledì 6 agosto 2014

Pissi pissi... quando l'intellettuale va in tilt

Appurato che “Il governo Renzi se la gioca sul piano dell’innovazione o perlomeno della novità”, “non si capisce per quale sciagurata congiuntura sia così difficile affidare le trattative politiche — specie quelle di peso istituzionale — a una equilibrata via di mezzo: il buon vecchio “carta canta”, un paio di paginette scritte firmate da entrambe le parti e affisse, con chiodi e martello, sulla porta del Palazzo, che tutti possano leggerle, e controllare se alle parole sono poi seguiti i fatti, e se qualcuno abbia fatto il furbo.”
Aspettando d’incontrare la Lepre Marzolina e il Cappellaio Matto, Michele Serra ci rivela la sua dimensione fantastica mettendoci a conoscenza di un tarlo che dal 18 gennaio scorso ne sta fiaccando la resistenza.
Perché è tanto più facile per Renzi farsi un selfie piuttosto che scrivere al computer un documento insieme al Pregiudicato? Magari usando software open source, in tempi di spending review…
"Pissi pissi"... è visibilmente prostrato per l’essersi sottoposto ad una sfida così improba.
Un vasto intelletto, un cuore nobilissimo, una vis polemica immarcescibile: tutto inutile… di fronte alla complessità dell’arcano!
E se qualcuno dentro l’Organizzzzazzzzione pecca di ironia e non coglie fino in fondo la sommessità del tono e la leggerezza a cui il povero intellettuale è per contratto sottoposto a Ferragosto, c’è pure il rischio di subire un downgrading.
Va a finire che a settembre, dall’Amaca ci si ritrovi su uno Strapuntino…
Prima che sia troppo tardi, meglio fare subito le telefonate giuste!
Pronto, Debbbora…

sabato 26 luglio 2014

Di ritorno da Capalbio...

Capalbio, per antonomasia, il buen retiro della sinistra radical chic… Ed ecco che all’improvviso uno di loro, un intellettuale tra la folla, s’illumina d’immenso: la sorte gli ha riservato di salire finalmente su un mezzo pubblico e, destino cinico e baro, di non poter pagare il biglietto!
Magari all’andata ha pure ricevuto un passaggio in suv!
E’ vero, capita una volta l’anno, quando assapora gli effluvi della Maremma e le tinte estive ne confondono il consueto acume; ma è lì, durante quello spicciolo di vacanza, che per la prima volta si trova faccia a faccia con la realtà.
Così, in un colpo solo, svaniscono tutte le sue certezze: tocca con mano la contraddizione del progresso disegnato dai tecnocrati, che nella forsennata corsa a cancellare stipendi, gettano disinvoltamente alle ortiche i ricavi. L’inefficienza delle privatizzazioni, quelle che proprio la sua area politica ha pianificato negli anni 90 decantandone le magnifiche sorti e progressive, sulla spinta dei capitani coraggiosi e di quel sogno dell’Euro che si è presto infranto, lasciando a terra milioni di persone.
Senza neppure la speranza di trovare un ricovero di fortuna in sala d’attesa, perché ormai le stazioni a migliaia sono state sprangate, insieme alla biglietteria, il bar, l’edicola, la barbieria (perchè no?): un microcosmo è stato cancellato per sempre assieme alla vivace umanità che vi albergava, senza doverne neppure parlare.
E’ bastato che la politica, declinando cronicamente dalle proprie responsabilità, si affidasse alle cure dei tecnici: e ciò, vent’anni prima che arrivasse Mario Monti!
Non è colpa sua, dell’intellettuale di sinistra, se nel buen retiro non arriva sentore di questo cataclisma sociale, se anche la Costituzione può essere ghigliottinata senza che nessuno da quelle parti batta ciglio: è che, stando sparapanzati sull’Amaca, i ritmi diventano inevitabilmente più lenti, i riflessi meno pronti…
Bisogna tornare a casa, in treno, per cominciare a comprendere.

venerdì 4 luglio 2014

Il faccia a faccia di Renzi con il Pregiudicato dura due ore: ma Serra non se ne accorge


Ancora una volta Michele Serra, da bravo dirigente di complemento del PD, cerca di sviare l’attenzione dal patto scellerato vidimato da Renzi con il Pregiudicato per polemizzare gratuitamente con Grillo e Casaleggio, perché presenti al ricevimento ufficiale all’ambasciata americana. E, con un espediente retorico vecchio come il cucco, fingendo di ironizzare sull’atteggiamento dietrologico che imputa ai 5Stelle, se ne fa lui stesso interprete.
Eppure, ove mai fosse preso da un sussulto deontologico, dovrebbe sapere che la notizia del giorno è stata l’incontro a porte chiuse tra Renzi e il Pregiudicato.
Perché se è ormai Renzi in persona ad imporre la diretta streaming per parlare di legge elettorale con i parlamentari del Movimento, quando invece si tratta di incontrare nell’appartamento presidenziale il frodatore fiscale e tentare con lui di scassinare la Costituzione della Repubblica, le telecamere devono rimanere rigorosamente fuori.
Con l’implicito beneplacito di Serra che a quell’ora, ronfando sull’amaca, non tollera di essere disturbato per nessun motivo.

domenica 15 giugno 2014

Nostalgia canaglia: il centralismo democratico

Ronfando sull'Amaca, Michele Serra oggi riscopre a sorpresa, in una sorta di delirio onirico, il centralismo democratico: "...quanto era savio il metodo (ipocrita ma funzionale) del “centralismo democratico”, che nel vecchio Pci permetteva al dissenso di sopravvivere solo dentro le mura del partito, ma fuori di esse imponeva agli iscritti di ogni ordine e grado di appoggiare la linea politica stabilita a maggioranza, o quantomeno di non boicottarla.
Riadottarlo o imitarlo, come conclamata eccezione alla regola renziana della discontinuità, sarebbe opportuno. Ciò che oggi puzza di epurazione o di censura, riacquisterebbe il significato doloroso ma pulito della disciplina: a patto, ovviamente, che nei congressi e nelle sedi interne si ricominci, come ai bei tempi, a scannarsi sulla “linea”, poco importa se a porte chiuse o in streaming, così che ci si possa sfogare ben bene, e quando si arriva davanti al microfono di un tigì tutti siano più tranquilli. O rassegnati."

Ma come? E la strenua difesa urbi et orbi dell’art. 67 con il divieto di vincolo di mandato portata avanti sui media per mesi che fine ha fatto?
Ma fino a pochi giorni fa non erano proprio gli intellettuali di sinistra ad invocarlo contro le presunte epurazioni ordinate via web dal ‘despota’ Grillo? O forse è semplicemente cambiato il vento e Serra, da buon annusatore dell’aria che tira, è diventato renziano pure lui?
Ma sì, che almeno abbia la dignità di ammetterlo pubblicamente!
Scaltramente ha capito che farsi paladino dell’art. 67 è fondamentale quando si tratta di stendere palate di fango su Grillo e il M5S dalle colonne di Repubblica (come il suo datore di lavoro esige inderogabilmente un giorno sì e l’altro pure). 
Ma quando sbandierarlo può irritare il manovratore di Firenze, che ha mostrato in più occasioni una schietta insofferenza alle regole democratiche, ecco che l’intellettuale radical chic agisce di conseguenza e, dopo aver rovistato tra le chincaglierie della dimenticata soffitta del PCI, tira fuori, un vecchio arnese ideologico, rimuovendone la polvere a mani nude: il centralismo democratico.
Infine, con una bella passata di impregnante antitarlo e antimuffa, che ne lasci la patina d’antico, inscenando, sull’onda lunga del trentennale della scomparsa di Berlinguer, una astuta operazione nostalgia, ecco finalmente pronto il salvacondotto per Renzi, che lo immunizza da subito e per il futuro dall’accusa di autoritarismo o gestione verticistica del partito.
Anche se, nel quotidiano esercizio di cercare la pagliuzza nell’occhio altrui e di ignorare la trave nel proprio, Serra trascura un piccolo dettaglio: che il centralismo democratico sta all’art. 67, un po’ come il diavolo all’acqua santa.
Ma si sa: gli intellettuali radical chic hanno, al momento opportuno, una sorprendente capacità di distrarsi…

domenica 1 giugno 2014

E' partita la campagna europea di Repubblica contro il M5S

E' in atto da qualche giorno un pericoloso e astutissimo tentativo: costringere il M5S, influenzandone subdolamente i suoi simpatizzanti, a confluire nel gruppo dei Verdi nel Parlamento europeo. 
A questo scopo, stanno tentando di demonizzare la figura di Nigel Farage, leader dell'UKIP, il trionfatore del test elettorale di domenica scorsa in Gran Bretagna, con cui Beppe Grillo ha recentemente avuto uno scambio di opinioni circa il possibile ingresso del suo movimento nell'EFD (Europe of Freedom and Democracy) che consente, a differenza degli altri gruppi presenti nel Parlamento di Bruxelles, di poter votare liberamente secondo le proprie convinzioni, rispecchiando cioè il proprio programma, le preferenze politiche e l'interesse nazionale. Cosa che invece non potrebbe accadere se il M5S confluisse nei Verdi, alla cui disciplina di gruppo dovrebbe rigorosamente attenersi.
Per intenderci, i Verdi sono, in campo politico-istituzionale, fautori dell'integrazione europea; sul piano economico, sostengono l'Euro così com'è; in politica estera, sono stati a favore di tutte le operazioni militari condotte dalla Nato negli ultimi anni (dall'Iraq, all'Afganistan, alla Libia) e pronti ad  appoggiare la folle missione, scriteriata già dal punto di vista squisitamente strategico, di attacco missilistico contro la Siria, caldeggiata da Barack Obama.
Per farla breve, nel momento in cui i 5Stelle entrassero nel gruppo dei Verdi, sarebbe per loro impossibile mettere in discussione la moneta unica e la criminale politica di austerity della Commissione europea che sta riducendo sul lastrico milioni di persone, mietendo migliaia di vittime in mezza Europa.
Non a caso chi è il principale sponsor politico-mediatico di questo deragliamento del M5S fuori da gran parte della sua piattaforma programmatica? 
Naturalmente il gruppo editoriale L'Espresso-Repubblica di Carlo De Benedetti, tessera n. 1 del PD . 
Ma com'è possibile che, d'improvviso, dopo aver sparso palate di fango incessantamente da anni su Grillo e il suo Movimento, i 'repubblichini' avrebbero preso così a cuore le alleanze europee proprio del principale concorrente del PD? 
Di solito, la storia repubblicana ci insegna che gli avversari non entrano a gamba tesa nel dibattito interno di una forza politica per almeno due ordini di motivi: sia per una sorta di correttezza deontolgica che vuole che ciascuno i propri panni sporchi se li possa lavare tranquillamente in famiglia. Ma soprattutto perché un'intromissione  esplicita diverrebbe la prova inoppugnabile di un'indebita interferenza, cioè del tentativo di volerla fagocitare: il che non è certo il massimo della democraticità e della trasparenza, potendo infine rivelarsi un'arma a doppio taglio.
Ma in un clima talmente avvelenato come quello italiano dove la Casta, con la carta Renzi, ha giocato il tutto per tutto per non affondare e rispondere un domani delle nefandezze commesse ai danni dei cittadini, ormai ridotti alla disperazione, ciò era ampiamente prevedibile. 
Inforcando all'occorrenza i paraocchi ideologici di cui un attimo dopo si sbarazzano con uguale disinvoltura, e grazie allo stato pietoso dell'informazione in Italia, ecco che, dopo Grillo, i piddini hanno preso di mira Nigel Farage, non solo dipingendolo come il nuovo Hitler ma, soprattutto, riuscendo a neutralizzare mediaticamente il suo trionfale successo elettorale.
Così l'abile tentativo di Grillo di portare la battaglia antisistema al livello più elevato e decisivo, quello delle istituzioni europee, con una convergenza su pochi punti qualificanti (in primis, il fronte antieuro) con le altre forze euroscettiche, che potrebbero così coabitare in una sorta di gruppo misto, trova il suo principale ostacolo proprio nella disinformazione di regime targata PD.
Gli attivisti e i simpatizzanti, gli elettori del M5S, stiano pertanto molto attenti!
Costringere il loro movimento nel gruppo dei Verdi, sulla base di riflessi pavloviani di ideologismo novecentesco instillati dai piddini con la complicità di qualche giornale, significherebbe farlo inevitabilmente accodare alle politiche affamatrici e distruttrici di ricchezza della Troika, con la conseguenza di perdere tutta la propia carica innovatrice e rivoluzionaria.
Perché senza sovranità monetaria, cioè senza sovranità economica, l'Italia da nazione-stato è diventata in dieci anni una sorta di maxicondominio dove, al più, chi amministra può solo cercare di ripartire le spese annue tra i cittadini. 
Niente di male se non ci si rendesse conto che, proprio a causa di questa retrocessione, decisa dall'alto senza minimamente pensare di informare e magari interpellare i cittadini, questi hanno sempre meno soldi a disposizione.
Con l'ovvia conseguenza che anche il più formidabile degli amministratori, pure se fosse messo nelle condizioni di tagliare fino all'ultimo euro di spreco, non potrebbe assolutamente riportare i conti in ordine e restituire un po' di serenità ai suoi condòmini.
Insomma, nella gabbia dorata dell'euro a cui la nomenklatura piddina ci condanna, tradendo la Costituzione e il mandato popolare, la vita del M5S si fa veramente difficile e le aspettative per una politica onesta e leale nei confronti dei cittadini, una chimera; sempreché non si riesca a ribaltare con altre forze il tavolo europeo.
Ecco perché da Repubblica e dal mainstream, sfacciatamente eurista, sono cominciati di nuovo a  risuonare quegli stessi ritornelli insulsi con cui l'anno scorso, all'indomani della grande vittoria del 24 febbraio, si voleva costringere Grillo a firmare una delega in bianco a Pierluigi Bersani, per dare un appoggio incondizionato ad un monocolore piddino: "ma uno non vale uno?", "gli italiani non hanno eletto Grillo", "Grillo? Chi è costui?" e falsità e idiozie simili. 
Adesso nel mirino degli editorialisti di Repubblica c'è finito, c'era da aspettarselo, Nigel Farage. 
Per capire a che livello di degrado intellettuale gli editorialisti sono disposti a scendere, basta riportare testualmente le parole di Michelle Serra in una sua recente Amaca che così  lo descrive:  "un tizio inglese che detesta gli immigrati e sogna il ritorno delle donne ai fornelli."
Ci sarebbe da ridere scuotendo contemporaneamente la testa se tutto ciò non fosse drammaticamente vero.
Ma ormai, e la vittoria del Pd di domenica scorsa ce lo conferma, una cosa è assodata: la menzogna, ripetuta all'inverosimile, paga alla grande.


sabato 31 maggio 2014

Volteggiando sull'Amaca, Serra coglie la pagliuzza ma non bada alla trave

Sull'Amaca odierna, Michele Serra fa finta di non sapere che Grillo non è un parlamentare, non ricopre alcuna carica politica. Pertanto da cosa si dovrebbe dimettere (come lui stesso ripete da qualche giorno)?
Sì, è vero, è il fondatore del M5S: e allora? Dovrebbe forse rinnegare la paternità del suo Movimento? Un po’ come se Eugenio Scalfari rinnegasse di essere il fondatore di Repubblica. E’ chiaro che assistiamo al delirio livoroso di un sinistroide in panni radical chic.
Per far contento Serra, Grillo dovrebbe forse chiudere il blog? Compagni, alla faccia della libertà di pensiero (e di stampa)!
E dove sta scritto che una forza politica che, comunque, ha preso il 21% dei voti, 2° partito italiano, dovrebbe disconoscere il suo padre fondatore, grande artefice, solo 15 mesi fa, di un vero e proprio miracolo del consenso?
Insomma, giusto per fare un favore a Serra, al soldo della corazzata di De Benedetti, il gruppo editoriale che da anni, con un accanimento inspiegabile, getta palate di fango su Grillo e il suo Movimento.
E poi se proprio dovessimo parlare di coerenza, com’è che Serra non ha avuto nulla da obiettare nei confronti di Renzi quando, tre mesi fa, il sindaco di Firenze si è insediato a Palazzo Chigi con la più classica delle congiure di palazzo, dopo aver spergiurato in lungo e largo che mai sarebbe diventato premier senza prima un passaggio elettorale?
E magari piuttosto che scandalizzarsi di un’alleanza di comodo in funzione anti-euro per costituire a Bruxelles un gruppo parlamentare con un “tizio inglese” (che, malgrado il minimalismo di Serra, ha scalzato in un colpo solo laburisti, conservatori e socialdemocratici, non a Topolinia, ma in Gran Bretagna), Serra com’è che non si straccia le vesti (sì, quelle radical chic!) per il fatto che il primo atto del suo “Uomo dei Sogni” è stato di siglare un patto segreto con il Pregiudicato, condannato per frode fiscale, per fare la riforma della Costituzione? Il quale forse non sogna, come nota ingenuamente Serra,“il ritorno delle donne ai fornelli” ma, per fugare preventivamente qualsiasi dubbio in proposito, fino a poco tempo fa organizzava vivaci festini notturni coordinando schiere di ragazze in abiti succinti mentre si industriavano quali procaci infermiere tuttofare… Eppure quest’uomo, solo qualche giorno prima del 25 maggio, ha messo in fila i voti necessari per non far cadere il governo Renzi!
Ma si sa: bisogna avere la vista acuta di Serra per rendersi conto che la pagliuzza nell’occhio di Grillo è molto, ma molto più gigantesca della trave nel proprio occhio.

domenica 16 marzo 2014

Lascia o... Serra!

Serra non si rassegna! Tra un sonnellino e l'altro sulla sua Amaca ci elargisce di continuo perle di saggezza. 
Ecco l'ultima a proposito del Movimento 5 Stelle:

Se dovessi visitare un cantiere dell’Expò non ci capirei granché. Il punto di vista normativo, economico, architettonico, sindacale richiede competenze che non ho, e che confido essere appannaggio, almeno in parte, di chi di quel cantiere si è occupato e si occupa. Basta questa considerazione (che attiene al buon senso prima che alla politica) a spiegare perché non potrei mai fare parte della delegazione del Movimento 5 Stelle che, guidata dal leader in persona, nelle scorse ore ha ispezionato un cantiere dell’Expò. Decisamente, non mi sentirei all’altezza.
Bouvard e Pécuchet, gli eroi onnifacenti di Flaubert, si cimentarono nell’agricoltura, nella chimica, nella medicina, nella geologia e infine nella politica. Li sorreggeva la convinzione dell’altrui idiozia, e una formidabile rimozione della propria. L’errore, insomma, non poteva riguardarli, e lo stesso Flaubert non spiega compiutamente se fosse la presunzione o l’ingenuità la vera fonte del loro rovinoso attivismo. Va detto che il grillismo (che è un bouvard-pécuchettismo dei nostri giorni) ha però il formidabile ausilio della rete, che è onnisciente, lei sì, per sommatoria. Dagli e ridagli, clicca e riclicca, si forma, come una stalagmite, il più solido dei saperi. Poi si verifica, sul campo, se il mondo corrisponde: e se non corrisponde, guai al mondo.
[Da La Repubblica del 16/03/2014.]


Bravo Serra! Secondo il suo personalissimo buonsenso, a questo punto nessuno potrebbe mettere bocca su nulla: ma sì, lasciamo tutto ai cosiddetti esperti, che ne sanno più di chiunque altro!
E la politica allora che ci sta a fare? Che quella di organizzare l’Expo non sia stata forse neppure una decisione politica? Che forse l’Expo sia stata portata a Milano dalla cicogna? E che dei guasti annunciati e in parte già visibili, nessuno dovrà verosimilmente rispondere trattandosi di materia troppo ‘tecnica’?
Ormai con la moda di governi e di organismi ‘tecnici’, i politici decidono qualunque cosa sulla testa di tutti, senza però doversene più assumere la responsabilità, mentre i loro cortigiani sui media si affannano a costruirgli attorno un fortino dorato: dal temibile “non poteva non sapere” si è tornati al più rassicurante e dantesco “Vuolsi così colà dove si puote / ciò che si vuole, e più non dimandare”.
Ma di dire in modo persino serioso e supponente simili amenità, possibile che Michele Serra non provi nemmeno un briciolo di imbarazzo?

domenica 2 marzo 2014

Una figuraccia tira l'altra

Michele Serra cerca in  qualche modo di mettere una pezza al suo vergognoso commento di quattro giorni fa quando attaccò duramente il vicepresidente 5S della Camera Luigi di Maio perché aveva pubblicato in rete lo scambio di biglietti intercorso tra lui e il neopremier Matteo Renzi alla Camera dei Deputati il giorno della Fiducia al governo. Disse che quel gesto era stato "vigliacco e scorretto" mistificando grossolanamente tra privacy e conversazioni pubbliche.
Resosi conto del brutto scivolone commesso già sul piano della logica, cerca oggi di fare una goffa retromarcia tirando in ballo il bruttissimo scherzo telefonico di cui è rimasto vittima l'economista di area piddina Fabrizio Barca. 
Una vero e proprio tranello confezionatogli dalla trasmissione radiofonica "la Zanzara" di Radio 24 che ne carpì e divulgò le confidenze, queste sì private, grazie alle prodezze camaleontiche di un imitatore fintosi per Niki Vendola. Ragione per cui Barca ha adesso tutte le ragioni di lagnarsi ed inveire contro un pessimo giornalismo e, magari, pretendere pure un adeguato risarcimento.
Ma si tratta dell'ennesimo strafalcione di Serra, perché i due episodi non hanno nulla in comune e metterla in caciara, gironzolando spocchiosamente tra le parole pubblico-privato-streaming-trasparenza, atteggiandosi a campione di un'etica ormai démodé, non gli consente comunque di uscirne in modo decoroso.
Anzi: l'odierna Amaca, una raffazzonata excusatio non petita, aggrava se possibile i postumi di quella figuraccia.

mercoledì 26 febbraio 2014

Il Ser...raglio di Repubblica sul carteggio Renzi-Di Maio

Povero Serra! Checché ne dica lui, i bigliettini che il premier Matteo Renzi ha scambiato ieri con il deputato Luigi Di Maio costituiscono palesemente un fatto pubblico, tant'è che i media, ancor prima di conoscerne il contenuto, hanno enfatizzato l'episodio, fra l'altro avvenuto in diretta Rai.
L'opinione pubblica, quindi, è stata subito messa al corrente, seduta stante, che il neo Presidente del Consiglio aveva imbastito, durante il dibattito alla Camera per la fiducia al suo governo, un breve carteggio con uno dei massimi esponenti dell'Opposizione (quella vera!).
E' un fatto privato tutto ciò? Evidentemente no!
Non ci vuole molto a capirlo, se non altro perché la cosa si è svolta non durante la riunione settimanale della bocciofila ma in una occasione simbolicamente e sostanzialmente assai rilevante della nostra vita istituzionale, forse la massima possibile, mentre Renzi era assiso (usiamo il termine consono agli austeri luoghi) alla Camera dei Deputati nel posto riservato al  Capo del Governo (le maiuscole sono per aiutare Serra...).
Ma il 'fantasista' bolognese giudica negativamente il comportamento leale e trasparente di Di Maio, tanto da arrivare a dire che Renzi dovrebbe togliergli il saluto: "vigliacco e scorretto" così lo bolla!
E' chiaro che, accecato dalla fede piddina, è ormai incapace  di discernere tra il Bene e il Male, cioè individuare la dimensione ben oltre che pubblica, Istituzionale, di una conversazione rispetto alla "ciancia di corridoio o di birreria" (sic!).
Non bene ma benissimo ha fatto quindi Di Maio a riprodurre in rete quel  curioso scambio epistolare che avrebbe potuto generare fastidiose illazioni, pregiudizievoli per entrambi i protagonisti ma, soprattutto, per Renzi, giusto alla prova della Fiducia.
La vera perplessità piuttosto è un'altra.
Possibile che Serra non si renda conto della castroneria che ha scandito non in un sms inviato ad un amico ma dalle colonne di uno dei più diffusi quotidiani italiani?
Eppure non si tratta di voce dal sen fuggita! Tant'è che ha la dabbenaggine di ammettere che "quando scrivo queste righe uso un tono, una cura e un tempo infinitamente maggiori di quando mando un sms a un amico". 
Quando abbiamo letto la sua Amaca non ci volevamo credere: possibile che quello che in TV viene presentato come un intellettuale si crogioli così, a fare l'asino? 
Perché la sua Amaca è da tempo diventata un Ser...raglio. 
Che s'adda fà pè campà!

giovedì 20 febbraio 2014

Cadere giù dall'amaca

L'ipocrisia algida e snob di Michele Serra raggiunge oggi il suo massimo e forse irripetibile vertice.
Non potendo spendere una sola parola a favore dell'indifendibile Renzi, che in queste ore sta tessendo la propria tela con il Pregiudicato, rispolvera i panni di Donna Letizia, con una anacronistica lezione di buone maniere: per la verità, evidentemente colpito da un improvviso rigurgito stalinista, lui la definisce "igiene psicologica".
Così non può che scaricare tutto il suo disappunto per la scialba prova del sindaco di Firenze su Beppe Grillo che ieri ne ha paralizzato la parlantina, semplicemente rinfacciandogli le ripetute incoerenze.
Naturalmente esala come sempre dall'amaca di Serra l'inconfondibile puzza sotto al naso, connotato storico degli iscritti all'esclusivo club della sinistra talmente chic da doversi dissimulare quotidianamente sotto abiti radical.
Griffati, va da sé!

domenica 10 luglio 2011

Michele Serra pro Tav: il colpo di sole non è passato!

Di fronte allo stupore suscitato in una fetta non trascurabile dei suoi  lettori dalla posizione pro Tav di Michele Serra, in coda agli analoghi pareri favorevoli di tutta la nomenklatura del Pd, ci saremmo aspettati, se non un passo indietro, almeno un ripensamento della questione sulla base di riflessioni più accurate e meditate di quelle, veramente deludenti,  lanciate come pietre dall'amaca a fine giugno.
Purtroppo così non è stato e nella sua seconda rubrica su Repubblica, nel supplemento settimanale Il Venerdì dell'8 luglio, l'uomo dell'Amaca torna sul tema per ribadire lo sciocchezzario che già ci aveva propinato.
Se prima potevamo pensare ad un colpo di sole preso ronfando colpevolmente sull'amaca, adesso abbiamo la certezza che non si tratti di un disturbo passeggero e che non basterà l'aspirinetta o il classico rimedio della nonna ad abbassargli la febbre ed a restituirgli l'arguzia perduta.
Innnanzitutto, bolla la battaglia anti-Tav come controproducente e reazionaria, in un mix di frasi fatte e dosi non omeopatiche di supponenza.
Così nella mente di Serra la Tav trasfigura a "un'idea transnazionale, collegata e organica dei trasporti, in sostanza ad un'idea europea del territorio" ed egli non si capacita di "come la sola Val Susa, o qualunque altro segmento di un'opera pensata su scala continentale, possa da sola bloccare tutto".
Come non notare il livello terra terra della replica fino alla contraddizione insita nel ritenere che "davvero moderno sia riuscire a connettere piccoli e grandi sistemi senza che gli uni prevarichino sugli altri, e viceversa".
Ma non è forse la prevaricazione (e la militarizzazione della Val Susa di questi giorni) il peccato originale della Tav, accettata di buon grado proprio dai suoi fautori?
Infatti, cos'altro rappresenterebbe, in presenza di vie di traffico alternative attualmente largamente sottoutilizzate, scavare un enorme buco, sconvolgendo per sempre ritmi di vita ed equilibri naturali di una vallata alpina, soltanto per mandare le mozzarelle a trecento all'ora (come giustamente ama ripetere Beppe Grillo)?
Per di più infischiandosene di pareri autorevoli e di quelli, più che obbligatori, delle popolazioni locali!
Ma Serra, davanti ai suoi lettori, nella foga di rispettare un brutto copione, non si accorge di essersi infilato in un vicolo cieco: da cui non è facile uscire, per il rispetto che deve a se stesso,  neppure se già ci fosse la Tav!

sabato 2 luglio 2011

Michele Serra, l'uomo dell'Amaca, casca sulla TAV

L’inopinata uscita di Michele Serra del 28 giugno a favore della TAV nella sua Amaca su "la Repubblica", dimostra quanto sia rischioso fare l’intellettuale di professione.

A furia di restare fuori dall’agone quotidiano, grazie ai servigi di un fine intelletto che protegge il fortunato dalle incombenze dei comuni mortali, si vive così separati dal mondo reale da finire per confonderlo con la propria rappresentazione mentale.

Può capitare così che la battaglia contro la Tav, perda per strada i connotati di una sacrosanta lotta allo sperpero di denaro pubblico, all’assoluta inutilità economica dell’opera, alla distruzione ambientale su larga scala, per divenire nella testa di un intellettuale ormai d’antan una disputa tra progressisti e reazionari, tra futuristi e passatisti, tra europeisti e secessionisti, in cui, sicuramente a causa di un bug di software, i contrari alla Tav, sarebbero, loro malgrado, i secondi.

Tutto questo perché, spiega Serra, "a favore di quel buco, c’è l’Europa".

Affermazione tanto impegnativa quanto risibile.
Quale sarebbe questa Europa favorevole al buco? Quella che metterebbe solo 600 milioni di euro su una spesa complessiva di circa 20 miliardi che l’Italia, sola soletta, si dovrebbe accollare?

E poi, se l’Europa volesse davvero la TAV perché subordinerebbe il contributo all’avvio dei lavori entro il 30 giugno? Con buona pace degli europeisti.

Per il momento è accertato che dietro questa decisione ci sono molti burocrati, alcune agguerrite lobbies, gli ineffabili politici del Pdmenoelle e quelli del Pdelle.

Ma, per favore!, lasciate stare l’Europa di Giuseppe Mazzini o quella di Altiero Spinelli!

Forse un giorno, più prosaicamente, la magistratura accerterà che c’erano pure tante ma tante tangenti a decorare il paccotto per le popolazioni della Val di Susa...

In somma per l’uomo dell’amaca o mangi questa minestra o salti nella "dannazione delle Piccole Patrie, che sono la sentina di ogni grettezza reazionaria, di ogni chiusura di orizzonte. Non possiamo invocarla quando ci fa comodo, l’Europa, e maledirla quando mette il naso nel nostro cortile. O la malediciamo sempre, come fa con qualche coerenza Borghezio, o ne accettiamo lo scomodo ma autorevole patrocinio".

Così deraglia Michele Serra volteggiando verso i massimi sistemi dell’Europeismo quando il problema della TAV resta terra terra (proprio come le rotaie da piazzare sotto le Alpi!) ed è quello di valutare la sostenibilità ambientale, economica e finanziaria e l’opportunità politica, in tempi di vacche magre, di un’opera pubblica faraonica.

Ma pur di dare, chissà come mai, il proprio avallo all’avventurismo dei Fassino, dei Chiamparino, dei Bersani e di buona parte della nomenklatura democratica, Serra casca malamente dalla sua Amaca.

Sperando che non si sia fatto troppo male, aspettiamo una release di correzione: L’Amaca 2.0.