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domenica 11 gennaio 2015

I sacerdoti dell'euro che seminano il panico ad ora di cena

Venerdì sera da Lilli Gruber, a Otto e mezzo, su La7, era presente Luigi Di Maio, vicepresidente della Camera per il M5S ed il notista politico del Corriere della Sera, Massimo Franco. Nella parte conclusiva dell'intervista all'esponente del Movimento di Beppe Grillo, condotta in tandem, tentando invano di confezionargli addosso i caratteristici sandwich dialettici secondo un copione ben studiato, Franco introduce la questione del referendum per l'uscita dell'Italia dall'euro rivolgendosi a Di Maio con le seguenti, testuali, parole:
"Voi che dite di difendere gli imprenditori, l'economia del Paese, quando poi volete proporre il referendum sull'euro, per l'abolizione dell'euro, l'uscita dall'euro, se vi rendete conto [ndr: e qui scandisce con tono grave e lento, quasi ieratico, ogni singola parola] della distruzione di ricchezza dei risparmi italiani che un'iniziativa del genere comporterebbe. Cioè, è una cosa nella quale mi pare ci sia non so se più demagogia o irresponsabilità ma certamente questa storia dell'euro è veramente preoccupante per una forza che Lei vuol far diventare una forza di governo."
Alla pronta e circostanziata replica di Di Maio che definisce la moneta europea "uno dei principali cappi al collo", Franco tenta più volte di interromperlo ma Di Maio, non perdendo la calma e, soprattutto, il filo del suo ragionamento, prosegue: "Noi stiamo raccogliendo le firme, ed invito tutti i cittadini che ci ascoltano ad andare a firmare, non per uscire dall'euro direttamente ma per chiedere ai cittadini con un referendum consultivo se vogliono rimanere nell'euro oppure no. Io voterò per l'uscita dall'euro e dal mio punto di vista abbiamo fatto una campagna di sensibilizzazione..." 
"Male!" lo rimprovera duramente Franco che gli toglie la parola profetizzando con tono drastico ed una sicurezza improbabile sciagure bibliche: "una disoccupazione che schizza in alto, un'inflazione a due cifre, la distruzione del risparmio... e pagherebbero soprattutto le persone più povere!"
"Assolutamente no!" - replica Di Maio - "Questa è una campagna di terrore che volete fare sull'euro!". La Gruber che in precedenza aveva bollato come "Tesi assai ardita" la presa di posizione del deputato 5Stelle lo bacchetta stizzita e liquida seccamente il confronto: "No, no,no qui non facciamo campagne di terrore!"
  
Questa è la mera cronaca dei fatti. Adesso alcuni interrogativi che sorgono spontanei:

1) Il giornalista Massimo Franco sta lì per fare delle domande, attendendo serenamente le risposte dell'intervistato, oppure, come appare in questo caso, neppure vuole ascoltarle fino a provare ad impedire a Di Maio di concludere il suo breve ragionamento?
Non è che il il suo compito sia piuttosto quello di rifilare al telespettatore surrettiziamente le sue, di risposte?

2) Sulla base di quali titoli accademici, di quali studi, di quali titoli professionali, di quali specifiche competenze, egli può generalizzare in forma così categorica e perentoria, le sue personalissime e fallaci opinioni sulla questione, come un sacerdote che disvela ai fedeli un dogma della fede?

3) Mentre è in corso, come sappiamo, da parte del Movimento 5Stelle la raccolta di firme per dare l'ultima parola agli Italiani, è deontologicamente corretto seminare in diretta televisiva il panico sul tema?

4) Com'è possibile che su una questione tutto sommato "tecnica" (moneta nazionale o moneta europea?) e quindi politicamente neutra si scateni da parte del PUDE (felice espressione coniata dal Prof. Alberto Bagnai per identificare coloro che da una cattedra universitaria o da una sedia di redazione, o, più comodamente, da uno scranno parlamentare, hanno aderito anima e corpo al Partito Unico Dell'Euro) una vera e propria guerra di religione contro gli "infedeli"?

5) Poiché stiamo attraversando il più lungo e tribolato periodo della storia economica dell'Italia unita, con dati su finanza pubblica, disoccupazione e recessione, veramente drammatici nella loro unicità, nonostante la sbandierata rete di sicurezza della moneta unica millantata dal PUDE, come si fa semplicemente a dire in televisione che la condizione generale delle famiglie italiane possa anche minimamente peggiorare qualora gli Italiani rinuciassero all'Euro?

6) Qual è il motivo di tanta animosità dei "sacerdoti dell'euro"?

7) Ma il giornalista di turno mette al corrente il pubblico che ci sono ben nove (9!) paesi dell'Unione Europea a non aver aderito all'euro, pur facendone parte a pieno titolo, tra cui Regno Unito, Danimarca, Svezia?

8) Con quale coraggio oggi si difende la scelta dell'euro di fronte a dati economici e sociali così catastrofici?

9) Perché non favorire negli Italiani, grazie ad un'informazione completa, chiara e pluralista, una riflessione approfondita sul tema per dare a ciascuno la possibilità di formarsi una propria opinione e seguire con maggiore attenzione  e capacità di discernimento almeno una parte dell'impressionante mole di dati economici che quotidianamente ci piovono addosso e, quindi, permettere a tutti di valutare gli eventi in corso con maggiore cognizione di causa?

10) Vista la crisi d'identità in cui versa l'Unione Europea, soprattutto a causa della moneta unica, data la difficoltà per i popoli europei di scoprirsi comunità solidarizzando profitti e perdite di tale ambizioso progetto politico, probabilmente troppo avveniristico rispetto alle diverse sensibilità ed egoismi nazionali ancora perduranti, non sarebbe il caso di prendersi la doverosa pausa di riflessione, consentendo almeno di aprire subito un'ampia discussione a livello continentale per ritrovare le ragioni profonde ed il senso di un'appartenenza comune che non deve escludere nessuno, in primis la Grecia, culla della civiltà occidentale, come invece si sta vociferando in questi giorni insistentemente?

martedì 2 dicembre 2014

Colpo di scena a "Piazza Pulita": dietro la fronda dei 5Stelle contro Grillo, spunta lo zampino di Renzi

Ora si sa che Renzi, sotto sotto, cercava da tempo  di avvelenare i pozzi del M5S.
La frequentazione telefonica con Massimo Artini, il deputato 5Stelle espulso qualche giorno fa perché non rendicontava nè effettuava a dovere i rimborsi al fondo voluto dal Movimento a sostegno dalla piccola media impresa, è di una tale scorrettezza che, nella storia parlamentare italiana,  trova confronti possibili forse soltanto con la vicenda giudiziaria in corso a Napoli, che vede indagato Berlusconi per la presunta compravendita di senatori. 
Infatti non è compito del premier intervenire così, dietro le quinte, di soppiatto: la presunta "solidarietà" nei confronti del deputato espulso dal gruppo parlamentare di Beppe Grillo (beninteso, non dalla Camera, di cui rinfoltirà a breve il già sovrabbondante gruppo Misto), se  eventualmente andava manifestata, ammesso e non concesso che lo fosse,  andava espressa in pubblico! 
Inoltre, non è mai successo che un leader  metta becco su vicende interne di un'altra forza politica, addirittura del principale competitor: ne va, prima di ogni altro principio attinente la divisione dei poteri, del garbo e del decoro istituzionale.
Nel servizio andato in onda ieri sera a "Piazza Pulita" (la trasmissione su La7 di Corrado Formigli, concepita in modo spudorato per assestare il colpo di grazia alla credibilità del Movimento, si è poi rivelata paradossalmente un boomerang per gli autori), si scopre inaspettatamente che Artini e Renzi si conoscono da una vita! 

Insomma, con consensi in picchiata, data la sua politica fallimentare su tutti i versanti, in primis quello economico, Renzi trama nell'ombra alla stregua di un Verdini qualsiasi, fomentando la congiura tra i 5Stelle, pur di restare a galla. 
Cosa gli avrà promesso?? 
Beppe Grillo ancora una volta ha avuto mille e una ragione nel chiedere alla rete l'immediata espulsione di Artini, che solo qualche giorno fa venne accusato di aver clonato il portale on line del Movimento, impadronendosi, pare, delle credenziali di accesso dei votanti al sistema operativo a 5stelle. 
Si può soltanto immaginare quanto questa accusa, se sarà confermata, insieme alla contiguità del deputato pentastellato con Matteo Renzi, di cui si è venuti a conoscenza, inaspettatamente, proprio da Formigli, siano drammaticamente esiziali per il futuro del Movimento!
Ma l'attacco proditorio di Renzi a Grillo ricalca in modo impressionante quello portato a segno soltanto dieci mesi fa contro l'allora premier Enrico Letta, suo collega di partito, che venne defenestrato in 48 ore  dopo che l'ex sindaco di Firenze  pubblicamente lo aveva rassicurato con l'hashtag #Enricostaisereno. 
Insomma, il 'rottamatore' usa metodi abietti di lotta politica.
Ciò stona in modo stridente con le ipermediatizzate positive novità del nuovo corso renziano che dichiara di puntare sulla trasparenza e la nettezza del messaggio politico. 
Invece, alla fine della fiera, si avverte nel comportamento di Renzi il portato di tutto il peggio della vecchia politica in salsa democristiana, quella per cui, in sostanza, bisogna guardarsi dagli amici più che dai nemici.
Rottamare una classe politica, promettendo sotto le luci delle telecamere sfracelli di cambiamenti ed un futuro moralmente luminoso per il Paese, abusando di toni salvifici e quasi messianici, per finire ad alimentare, nell'ombra, torbide e spregiudicate manovre di palazzo, all'insegna del machiavellismo più becero, non è per niente un buon viatico per chi si è presentato solo pochi mesi fa al Paese, con la battuta pronta ed un sorriso aperto, come un modello di moralità e di intraprendenza giovanile dietro una faccia pulita.

Ora si sa che Renzi, sotto sotto, cerca da tempo  di avvelenare i pozzi del M5S: la frequentazione telefonica con Artini è di una scorrettezza parlamentare che ricorda Berlusconi. Non è compito del premier intervenire così, dietro le quinte: la presunta "solidarietà" si esprime in pubblico! Poi, non è mai successo che un leader  metta becco su vicende interne di un'altra forza politica, addirittura del principale competitor. Si scopre che Artini e Renzi si conoscono da una vita! Con consensi in picchiata, data la sua politica fallimentare, Renzi, trama nell'ombra come Verdini, fomentando la congiura tra i 5Stelle. Cosa gli avrà promesso?? Grillo ancora una volta aveva mille e una ragione nel chiedere alla rete l'immediata espulsione: l'attacco proditorio di Renzi a Grillo ricalca quello con cui venne defenestrato Letta. Il 'rottamatore' usa metodi abietti di lotta politica.
Ora si sa che Renzi, sotto sotto, cerca da tempo  di avvelenare i pozzi del M5S: la frequentazione telefonica con Artini è di una scorrettezza parlamentare che ricorda Berlusconi. Non è compito del premier intervenire così, dietro le quinte: la presunta "solidarietà" si esprime in pubblico! Poi, non è mai successo che un leader  metta becco su vicende interne di un'altra forza politica, addirittura del principale competitor. Si scopre che Artini e Renzi si conoscono da una vita! Con consensi in picchiata, data la sua politica fallimentare, Renzi, trama nell'ombra come Verdini, fomentando la congiura tra i 5Stelle. Cosa gli avrà promesso?? Grillo ancora una volta aveva mille e una ragione nel chiedere alla rete l'immediata espulsione: l'attacco proditorio di Renzi a Grillo ricalca quello con cui venne defenestrato Letta. Il 'rottamatore' usa metodi abietti di lotta politica.

venerdì 22 agosto 2014

Dalla crociata del PD contro Di Battista al ripensamento di Vauro: quando la sinistra è in affanno

Sul Fatto Quotidiano del 19 agosto, Vauro Senesi prende le difese di Alessandro Di Battista, il deputato pentastellato che, in un articolato e lungo intervento sul blog di Beppe Grillo, esamina la complessa e pericolosa situazione mediorientale: un'analisi approfondita e pacata che mette in evidenza le gravi responsabilità dell'Occidente, con particolare riferimento all'Iraq dove oggi imperversa la guerriglia dell'ISIS, l'autoproclamato Stato Islamico, dopo la criminale guerra scatenata nel 2003 dagli USA contro Saddam Hussein, sulla base del finto pretesto di cercare le armi di distruzione di massa. 
Quelle stesse armi, fornitegli in abbondanza a suo tempo proprio dagli Stati Uniti, che il dittatore iracheno non possedeva più avendole utilizzate quindici anni prima principalmente nel conflitto contro l'Iran e, per la parte residua, contro le popolazioni curde. 
Ma, va sottolineato, in quelle due occasioni, nessuno in Occidente si era stracciato le vesti per l'utilizzo di armi chimiche. 
La vicenda aveva fatto clamore solo dopo che gli Stati Uniti, vista l'ingratitudine di Saddam dimostrata con l'invasione del Kuwait, avevano deciso che colui che era stato fino ad allora una loro creatura, era divenuto all'improvviso troppo ingombrante e pericoloso: insomma, il loro nuovo nemico!
E, per la politica estera a stelle e strisce, si è continuato per decenni ad andare avanti così: i fidi alleati che diventano all'improvviso nemici per poi tornare ad essere amici, in un frenetico e azzardato rimescolamento di carte.
Una condotta schizofrenica che non poco ha contribuito a generare il caos odierno: nemmeno un anno fa Barack Obama voleva attaccare la Siria, sempre con la scusa delle armi chimiche, dando manforte proprio ai ribelli di Al Quaeda (un altro nemico  a seconda delle stagioni) e ai jihadisti che, adesso, sono diventati di colpo il nuovo nemico da eliminare.
La mancanza di visione strategica e di totale fallimento della politica estera americana (anche al di là della gravissime responsabilità americane sulla ennesima crisi di Gaza, con oltre duemila morti uccisi dai bombardamenti israeliani) è sotto gli occhi di tutti.
Il ragionamento di Di Battista sottolinea proprio la necessità di evitare facili etichettature delle forze in campo, visto che vengono contraddette in primis proprio dagli etichettatori, gli USA, a cui l'Italia di Renzi oggi si accoda senza un minimo di autonomia e, quel che è peggio, di discernimento: per non parlare di interesse nazionale!
Quindi c'è la necessità, proprio per provare ad impedire l'estensione del conflitto a macchia d'olio, di iniziare a rinnovare le stesse categorie semantiche della politica estera. A partire dal significato da attribuire al termine terrorista
Due gli argomenti chiave proposti da Alessandro Di Battista:
[...]"A questo punto mi domando quanto un miliziano dell'ISIS capace di decapitare con una violenza inaudita un prigioniero sia così diverso dal Segretario di Stato Colin Powell colui che, mentendo e sapendo di mentire, mostrò una provetta di antrace fornitagli da chissà chi per giustificare l'imminente attacco all'Iraq. Una guerra che ha fatto un numero di morti tra i civili migliaia di volte superiore a quelli provocati dallo Stato Islamico in queste settimane. La sconfitta del sunnita Saddam Hussein scatenò la popolazione sciita che covava da anni desideri di vendetta. Attentati alle reciproche moschee uccisero migliaia di persone. Da quel giorno in Iraq c'è l'inferno ma i responsabili fanno shopping sulla Fifth Avenue e vacanze alle Cayman."
[...]"Dovremmo smetterla di considerare il terrorista un soggetto disumano con il quale nemmeno intavolare una discussione. Questo è un punto complesso ma decisivo. Nell'era dei droni e del totale squilibrio degli armamenti il terrorismo, purtroppo, è la sola arma violenta rimasta a chi si ribella. E' triste ma è una realtà. Se a bombardare il mio villaggio è un aereo telecomandato a distanza io ho una sola strada per difendermi a parte le tecniche nonviolente che sono le migliori: caricarmi di esplosivo e farmi saltare in aria in una metropolitana. Non sto né giustificando né approvando, lungi da me. Sto provando a capire. Per la sua natura di soggetto che risponde ad un'azione violenta subita il terrorista non lo sconfiggi mandando più droni, ma elevandolo ad interlocutore. Compito difficile ma necessario, altrimenti non si farà altro che far crescere il fenomeno."
Su queste ultime parole, come i lettori sapranno, si è scatenato l'inferno: hanno preso subito la palla al balzo i farisei del PD (in primis la modesta Debora Serracchiani) che, dovendo coprire mediaticamente il dono di armi che il governo Renzi stava progettando per i curdi, hanno  preso di mira Di Battista, estrapolando le parole che più facevano comodo, descrivendolo come amico dei terroristi, ignorando deliberatamente il ragionamento sottostante. 
Ma la vera ciliegina sulla torta l'ha posta il giornalista Francesco Merlo con un commento su Repubblica così ignobile ed intimidatorio, una sorta di schedatura velenosa, che richiederebbe assolutamente una risposta del deputato pentastellato per vie legali. Si potrebbe chiosare: se questo è un giornalista...
Nemmeno gli ultras in curva, durante il derby, sanno fare di peggio: siamo arrivati al linciaggio bell'e buono, senza che nessuno dentro la cosidetta sinistra parlamentare abbia da subito avuto la dignità di tentare un ragionamento. 
Maestro di cerimonie di questo scempio mediatico è stato addirittura il premier Matteo Renzi che ha rilanciato un vergognoso (o demenziale) tweet del presidente PD Matteo Orfini: "E i grillini rifiutano il confronto sulla riforma della giustizia...coi terroristi bisogna interloquire, ma guai a farlo col governo...".
Ormai la politica nel PD segue la logica del branco e viene fatta necessariamente soltanto con gli slogans: il ragionamento, la riflessione, sono rigorosamente vietati.
Ma intanto nella società civile qualcuno ha avuto il coraggio di leggere, finalmente, le parole di Di Battista, scoprendo che non contenevano nulla di sconvolgente e che, con diverse sfumature a seconda della personalità, la sua analisi poteva essere un buon punto di partenza per approcciare da Italiani il problema mediorientale.
Così l'intervento di Vauro cerca di rimettere a sinistra le cose un po' in ordine, smarcandosi radicalmente dai toni da crociata usati dal vertice piddino contro i 5Stelle. 
La cosa ha sicuramente meravigliato, conoscendo i giudizi tutt'altro che generosi,  che il disegnatore satirico ha rivolto da sempre contro il M5S.
Che Vauro cominci a pentirsi di avere fino a ieri astiosamente attaccato a testa bassa il M5S? 
Però, non se la può cavare così facilmente! Di tutto quell’odio viscerale sono in molti da tempo a chiedergli lumi.
Perché in una famigerata vignetta, proprio alla vigilia delle amministrative vinte quest'anno dal M5S a Livorno, Vauro si rappresenta nell’atto di evirarsi piuttosto che votare il M5S. 
Un attacco satirico evidentemente distruttivo, che non lascia vie di mezzo: una scomunica politica senza se e senza ma.
In una fase storica in cui è in atto un colpo di stato strisciante (che data almeno da tre anni, dal defenestramento di Berlusconi deciso da Napolitano, mesi prima dell’attacco speculativo contro l’Italia), tambureggiare in modo così esiziale l’unica forza politica che ha dato voce ai cittadini, nell'ambito di un panorama mediatico monopolizzato dalla sistematica disinformazione e dal quotidiano bombardamento di giornali, tv, rai, contro di essa, è un comportamento veramente vile e miope.
Poi si può dire tutto quello che si vuole sui limiti del M5S, sui problemi di democrazia interna, ecc. ma è chiaro che senza Grillo il miracolo di un movimento di cittadini che ha messo alle corde la Casta non solo non ci sarebbe stato ma non sarebbe stato neppure immaginabile.
Problemi di democrazia interna? Forse.
Sì, che, di enormi, non ce ne sono stati da sempre dentro il PD, caratterizzato da un modello di finto assemblearismo che ha assicurato ad libitum libertà di azione e di deragliamento politico alla nomenklatura, le cui scelte sono state subite dalla base senza alcun autentico spazio di confronto.
Basta aver bazzicato per qualche tempo le sezioni per rendersene conto: tant’è che ormai sono sparite e le poche rimaste sono semideserte, frequentate da pochi galoppini. 
Non è un caso che il fenomeno Renzi è un’invenzione di matrice quasi esclusivamente mediatica!
Ma, si sa, la trave nel proprio occhio non risalta quanto la pagliuzza in quello altrui.
Se il M5S non avesse avuto una guida politica solida, ferma e coerente, al limite della durezza, con una comunicazione tanto brusca quanto alla luce del sole, oggi, nella migliore delle ipotesi, sarebbe la quintessenza della nullità o dell'irrilevanza politica, tipo il partito di Vendola, SEL. 
Per la somma soddisfazione dei maggiorenti del PD che potrebbero continuare a fregare gli Italiani, infischiandosene pacatamente della loro reazione!
Ecco perché da Vauro si attendono, se arriveranno, spiegazioni più convincenti: che il suo atteggiamento demolitorio contro il Movimento  sia riconducibile esclusivamente al suo sacro furore contro il presunto insufficiente tasso di democrazia interna, lascia davvero molto, ma molto perplessi. 

domenica 16 marzo 2014

Lascia o... Serra!

Serra non si rassegna! Tra un sonnellino e l'altro sulla sua Amaca ci elargisce di continuo perle di saggezza. 
Ecco l'ultima a proposito del Movimento 5 Stelle:

Se dovessi visitare un cantiere dell’Expò non ci capirei granché. Il punto di vista normativo, economico, architettonico, sindacale richiede competenze che non ho, e che confido essere appannaggio, almeno in parte, di chi di quel cantiere si è occupato e si occupa. Basta questa considerazione (che attiene al buon senso prima che alla politica) a spiegare perché non potrei mai fare parte della delegazione del Movimento 5 Stelle che, guidata dal leader in persona, nelle scorse ore ha ispezionato un cantiere dell’Expò. Decisamente, non mi sentirei all’altezza.
Bouvard e Pécuchet, gli eroi onnifacenti di Flaubert, si cimentarono nell’agricoltura, nella chimica, nella medicina, nella geologia e infine nella politica. Li sorreggeva la convinzione dell’altrui idiozia, e una formidabile rimozione della propria. L’errore, insomma, non poteva riguardarli, e lo stesso Flaubert non spiega compiutamente se fosse la presunzione o l’ingenuità la vera fonte del loro rovinoso attivismo. Va detto che il grillismo (che è un bouvard-pécuchettismo dei nostri giorni) ha però il formidabile ausilio della rete, che è onnisciente, lei sì, per sommatoria. Dagli e ridagli, clicca e riclicca, si forma, come una stalagmite, il più solido dei saperi. Poi si verifica, sul campo, se il mondo corrisponde: e se non corrisponde, guai al mondo.
[Da La Repubblica del 16/03/2014.]


Bravo Serra! Secondo il suo personalissimo buonsenso, a questo punto nessuno potrebbe mettere bocca su nulla: ma sì, lasciamo tutto ai cosiddetti esperti, che ne sanno più di chiunque altro!
E la politica allora che ci sta a fare? Che quella di organizzare l’Expo non sia stata forse neppure una decisione politica? Che forse l’Expo sia stata portata a Milano dalla cicogna? E che dei guasti annunciati e in parte già visibili, nessuno dovrà verosimilmente rispondere trattandosi di materia troppo ‘tecnica’?
Ormai con la moda di governi e di organismi ‘tecnici’, i politici decidono qualunque cosa sulla testa di tutti, senza però doversene più assumere la responsabilità, mentre i loro cortigiani sui media si affannano a costruirgli attorno un fortino dorato: dal temibile “non poteva non sapere” si è tornati al più rassicurante e dantesco “Vuolsi così colà dove si puote / ciò che si vuole, e più non dimandare”.
Ma di dire in modo persino serioso e supponente simili amenità, possibile che Michele Serra non provi nemmeno un briciolo di imbarazzo?

domenica 2 febbraio 2014

Il governo in Bol...Letta e gli intellettuali complici

Quanto successo durante la settimana in Parlamento ha finalmente chiarito agli ultimi dubbiosi la natura autoritaria ed antidemocratica di questo governo e di una maggioranza impresentabile, che si appresta spudoratamente a riformare la Costituzione. 

In primis, il ruolo di Matteo Renzi, personaggio che sembra tirato fuori da un cinepanettone, per fargli fare al massimo la spalla di Ceccherini o Pieraccioni, capace solo di ripetere vuoti slogan e di approfittare del totale sbandamento del Pd, ormai in una irreversibile crisi di valori, per salvare dall'oblio e risospingere al centro della scena politica il famigerato frodatore fiscale Silvio Berlusconi. A cui la nomenklatura excomunista, il cui unico titolo di merito è proprio quello di averlo risuscitato più volte, non trova di meglio oggi, per strapparlo ai servizi sociali, che battezzarlo all'improvviso padre costituente.
Mentre il premier Letta, in conferenza stampa, arriva a minacciare il movimento di Beppe Grillo parlando di "eccessiva tolleranza" nei confronti delle proteste in aula dei 5stelle.
Dichiarazioni che suonano gravissime, provenendo da un'autorità che ha la guida dell'esecutivo e da cui dipendono il Ministero dell'Interno e i servizi segreti. Parole che andrebbero chiarite e rettificate al più presto.
In questo scenario tragico e triste, la presidente della Camera Laura Boldrini, venendo meno al suo ruolo di garante dell'assemblea legislativa, ha fatto da sponda al governo Letta, il governo degli amici degli amici e dei nipoti degli zii, degli incompetenti, degli smemorati, degli irresponsabili. 
Perché è solo da irresponsabili riscrivere infinite volte, tanto da non farci più raccapezzare nessuno, la tassazione sulla casa: da Imu, ex Ici, a TRISE, dopo IUC, divisa in TARI (già TARES) e TASI. 
Giochetti enigmistici per spillare ancora quattrini agli Italiani mentre si spendono decine di miliardi per gli F35, che lo stesso Pentagono ora ritiene pericolosi e inaffidabili; o ancora, per regalare 7,5 miliardi di euro alle banche, o abbuonare alle società concessionarie delle slot machine 98 miliardi di euro, ridotti sì e no a due-trecento milioni.
Una classe dirigente che non solo non chiede scusa per l'immane disastro economico dell'euro in cui ci ha colpevolmente precipitato, senza neppure immaginare e definire una exit strategy,  ma arriva a minacciare l'opposizione nell'esercizio delle sue funzioni e dei suoi diritti (tra cui, ovviamente, l'ostruzionismo), dopo aver sparso veleno e diffamazione contro il M5S a reti unificate in tutte le fasce orarie, in virtù dell'accordo sottobanco tra Pd e Pdl santificato con la rielezione del Presidente della Repubblica,  da tempo fuori da ogni logica e procedura costituzionale.
Un esecutivo in BolLetta che guidato dall'incapace nipote del più fedele luogotenente berlusconiano, deve ringraziare per la sua sopravvivenza  la Presidente della Camera Laura Boldrini, una rara combinazione di incompetenza, inesperienza, ottusità, mediocrità intellettuale, arroganza, ipocrisia, che arriva a difendere l'arbitrio commesso, per la prima volta in 70 anni di storia repubblicana, di tagliare gli interventi delle opposizioni per far passare di prepotenza il decreto legge porcata che regala 7,5 miliardi di euro alle banche, prendendo ripetutamente in giro gli Italiani,  e dichiarando l'indomani di non esserne pentita!
Vergognosi, infine, i cosiddetti intellettuali embedded, al seguito delle corazzate editoriali che diffamano i bravissimi ragazzi del M5S equiparandoli ai fascisti, facendo non solo strame della verità e della drammatica storia italiana ma, quel che è più indecente, mercimonio dell'intelligenza.
Non parliamo del giornalista Francesco Merlo che giustifica l'aggressione del parlamentare di Sc alla deputata del M5s Loredana Lupo con ignobili parole (le riportiamo integralmente perché ne sanciscono l'autogogna mediatica):  
"E CHI ERA quella "brava ragazza" che agitava contemporaneamente braccia e gambe (si può, le grilline possono), e dovunque c'era un groviglio vi si immergeva a tuffo e vi nuotava in apnea? Si chiama Loredana Lupo ed è la lupa che ieri sera guidava l'assalto delle squadracce grilline a Montecitorio gridando "dittatura, dittatura!" e "ora lo scontro si sposta nelle piazze". Colpisce che a fermare la forsennata sia stato uno schiaffo di Stefano Dambruoso, deputato montiano, questore della Camera, ex magistrato, violento per contagio, anch'egli scomposto e ora pavido nel difendersi: "Escludo lo schiaffo, ma non nego un contatto fisico". Insomma dice che la mano gli è partita come se non fosse sua. Imbavagliata come in Val di Susa, la lupa voleva infatti sbranare la presidente Boldrini, che aveva sconfitto l'ostruzionismo grillino con le regole, con l'orologio della democrazia, con la velocità del diritto."
Se questo è un giornalista... che per giunta si fa gioco, nel modo più volgare e sessista, persino del cognome della vittima. Non basta chiamarsi Merlo per essere scusato di aver scritto le frasi citate ma bisogna sicuramente essere un merlo per poterle condividere. 

Ma naturalmente non c'è nessuno che chieda conto a Merlo delle infami espressioni lanciate sulle colonne di Repubblica nè che solidarizzi con la deputata del M5S: men che meno la Boldrini!
Lasciamo stare Corrado Augias, il famoso pseudointellettuale della presunta sinistra british (già sbugiardato quando sognava pochi anni fa un maxiparcheggio sotto il Pincio appoggiando da bravo pasdaran piddino lo sconsiderato progetto devastatore e mangiaeuro di Veltroni), che vuole dare lezione di bon ton ai pentastellati. Fa finta di scandalizzarsi per l'infelice battuta sessista di un deputato del Movimento a cui le onorevoli del Pd avevano in precedenza ripetutamente dato del fascista, ma non ha nulla da obiettare contro l'aggressione fisica di cui è stato autore Dambruoso.  Infine, ritiene normale che, in un Paese con tre forze politiche di dimensioni analoghe, due politici extraparlamentari ben conosciuti alla giustizia italiana come Renzi e Berlusconi, possano inventarsi un nuovo sistema elettorale per fare fuori il M5S. 
Anzi, da autentico democratico qual è, confida in questa prospettiva, ammettendo: "Dopo l'ubriacatura del 25% arriverebbe la soglia fisiologica che un movimento del genere può raggiungere, la frangia marginale di scontenti che c'è sempre in ogni società"
Lascia intendere che, anche in tempi così difficili per il volgo, lui si sente estremamente soddisfatto... Probabilmente un libro sui "misteri di Augias" sarebbe più utile dei suoi polpettoni pseudostorici pubblicati (indovinate un po') da Mondadori, alias Berlusconi, che intasano le librerie togliendo spazio espositivo a opere realmente valide e meno pubblicizzate. 

Stamattina prende di mira, naturalmente con estrema nonchalance, il bravissimo deputato del M5S Alessandro Di Battista ma non si accorge, sicuramente per uno scherzo dell'età, di stare abbozzando il suo autoritratto, cadendo in una ridicola contraddizione:  
"È un uomo d'aspetto gradevole, molto consapevole, molto compiaciuto, parla con calma, lanciando, soavemente, insulti terribili: quello è un falsone, quello è un condannato, quello è un pollo da batteria e via di questo passo. La sua calma mi è sembrata spaventosa; traspare la sicurezza di chi ritiene di possedere la verità. Dal punto di vista psicologico gli si addice l'immagine del "lupo di rango superiore" descritta da Artico. Ridurre i problemi a slogan orecchiabili per meglio padroneggiarli e che nessun dubbio incrini le certezze, dividere il mondo in due con un taglio senza sfumature."   
E finisce, come conierebbe da par suo, in un cul de sac:  
"Questi grillini, che rifiutano il bipolarismo elettorale perché non gli conviene, politicamente hanno adottato la visione rigidamente dualista dei manichei: la Luce e le Tenebre."

Ma il vertice del vizio intellettuale lo raggiunge il matematico Piergiorgio Odifreddi che in un suo post su Repubblica.it afferma categorico: è "Fascismo a 5 stelle", argomentando con slogan vuoti e demenziali. Si può andare tranquillamente a un Bar Sport con la garanzia di una maggiore profondità di pensiero tra gli avventori!  

Possibile che un docente universitario utilizzi così  irresponsabilmente parole come fascismo e squadrismo in un delirio futurista di espressioni, attribuzioni, eventi, ricostruzioni capziose di fatti e comportamenti? Purtroppo è possibile: evidentemente una preziosa vetrina come quella offerta a Odifreddi da Repubblica val bene la volenterosa complicità nella sfrenata disinformazione in cui il gruppo Espresso è impegnato ai danni del M5S. 
Dopo aver letto l'ultimo post di questo retore camuffato da intellettuale viene veramente voglia di fare piazza pulita per sempre di ogni sua escrezione verbale, bonificando persino la pattumiera della carta. 
Scenario fosco quello che si sta delinenando: un governo in BolLetta, che minaccia la svolta autoritaria, incapace di venire a capo della crisi economica e finanziaria,  privo di qualsiasi credibilità morale e professionale, che resta in sella sotto tutela di un presidente della Repubblica di quasi novant'anni, lui stesso sotto impeachment, grazie ad una stampa serva dei grandi potentati economici e della tecnocrazia europea; ed una classe intellettuale che, con poche eccezioni, per difendere strenuamente privilegi e  rendita di posizione, non esita un attimo a lanciare bordate reazionarie contro i cittadini che protestano esasperati dentro e fuori il Parlamento. 
Poi ci si meraviglia  che nel 1931 solo una decina di professori universitari si rifiutarono di prestare il giuramento di fedeltà al fascismo...

PS: a detta di Repubblica, pare che un simpatizzante del M5S abbia dato fuoco alla sua copia del libro di Augias, postando la foto su Facebook. Ha fatto male,  prendiamo le distanze da un gesto così scriteriato, che produce solo inquinamento. Infatti la carta può essere più facilmente ed utilmente riciclata, utilizzando l'apposita campana di color giallo.

giovedì 20 giugno 2013

No, caro Travaglio, questa volta sbagli di grosso...

Dispiace che della penosa vicenda Gambaro, la senatrice 5stelle entrata in Parlamento senza sapere né come né perché, oltre alla classica torma di pennivendoli scritturati dalla partitocrazia, equidistribuiti tra stampa e televisione, si siano occupati persino i pseudogrillini di complemento, quelli che dal primo giorno in cui Beppe Grillo si è cimentato nella più straordinaria avventura politica degli ultimi anni, hanno cominciato a giorni alterni a fare i maestrini dal lapis rosso-blu.
Tra quelli sulla cresta dell'onda, specie su La7, annoveriamo Andrea Scanzi, giornalista del Fatto Quotidiano, che autoconvocatosi  grillino embedded, ha cominciato a presenziare i talk show televisivi, disertati dai parlamentari pentastellati, dispensando con spocchia degna di miglior causa consigli non richiesti al M5S e al suo leader ma soprattutto bacchettandolo a giorni alterni con tono paternalistico: eh no, Grillo, questo non si fa! No, neppure quest'altro... Adesso, stai sbagliando tutto!  
Un alter ego putativo del M5S con l'aria di chi la sa così lunga da imporsi a favore di telecamera come l'oracolo ispiratore.
Insomma, dall'esordio col tono scanzonato e irriverente da giovinastro cresciuto a pane e internet, ha finito per identificarsi talmente con la parte in commedia che il talk gli affida, da prendersi troppo sul serio, persino impressionato dalle sue stesse parole, diventate inopinatamente continue lezioni di giornalismo, di democrazia, di realismo politico, di strategia con una sicumera e persino la postura di chi ha la convinzione di avere ormai in tasca la verità rivelata.
Come lui, tanti altri,  che alle spalle e, adesso, a spese del M5S e della battaglia politica di Grillo, si stanno costruendo una reputazione mediatica, essendo restati nell'ombra fintantoché non si sono autocandidati alla carica imperscrutabile di "vicini al movimento".
Ma in cosa consista questa vicinanza non è dato sapere, se non, nel caso di Scanzi, l'essere autore di un libro su Grillo pubblicato nel 2008.
Sappiamo però in termini di fringe benefits che cosa ciò abbia comportato: comparsate  a tutte le ore e su tutte le reti, non appena si accenna al M5S.
Così ecco materializzato sul piccolo schermo il vicinologo che con aria da professorino e caviglia destra appoggiata sguaiatamente sul ginocchio sinistro, trincia giudizi e sentenze da maxiesperto in pectore.
E via assestando un colpo al cerchio ed un colpo alla botte, il teleguru da talk si atteggia a tutore del movimento che considera, non si sa perché, una sua creatura, tanto da essere pronto a dispensargli gratuitamente e con molta nonchalance i suoi ferali moniti, senza togliersi il gusto, toscanaccio qual è, di concludere alla Bartali, scuotendo la testa: "gli è tutto da rifare".
Fornendo così un ripetibile assist al conduttore di turno che, non fosse che per pronunciare questa sentenza inappellabile,  lo aveva invitato.
A questa allegra brigata si è ora unito anche  Marco Travaglio, il quale dal 25 febbraio usa con il M5S la tecnica del bastone e della carota.
Almeno fino a ieri, quando dalle colonne del suo giornale ha mazzolato pesantemente i grullini (sic!) senza tanti giri di parole liquidandoli con poche ma banali parole sferzanti: «cacciare, o far cacciare dalla “rete”, una senatrice che ha parlato male di Grillo, manco fosse la Madonna o Garibaldi, è demenziale, illiberale e antidemocratico in sé. E non solo perché serve su un piatto d’argento agli eterni Gattopardi e ai loro camerieri a mezzo stampa la miglior prova di tutte le calunnie che hanno sempre spacciato per dogmi di fede. Non è nemmeno il caso di esaminare l’oggetto del contendere, cioè le frasi testuali pronunciate dalla senatrice nell’intervista incriminata a Sky, perché il reato di lesa maestà contro il Capo è roba da Romania di Ceausescu.»
Un ragionamento così rasoterra che ci ha sorpreso.
Sulla bravura di Travaglio e sulla sua autonomia di giudizio questo blog si è più volte soffermato, quindi abbiamo le carte in regola per fargli adesso la classica tiratina d'orecchie, anche se non gli facciamo sconto dell'egolatria che a volte trasuda dai suoi pezzi, in parte deformazione professionale.  Tenuto conto che si trova spesso a raccontare, oltre che di colleghi imbarazzanti, di nani, ballerine, lacché, mezzetacche, personaggi balzati agli onori dei media in ragione della propria pusillanimità, ignoranza, grettezza, doppiezza (l'elenco degli attributi potrebbe continuare a lungo). 
Il meglio che gli capiti è di interloquire in prima serata con Daniela Santanché e Pierluigi Battista, con il sottofondo di Michele Santoro che nel frattempo scantona di diritto costituzionale: un mestieraccio...
E' chiaro che di fronte a gente con simili attributi, Travaglio furoreggia ed è per questo che adesso ci intristisce che anche lui se la prenda con Grillo senza capire quale sia in questo caso la vera posta in gioco.
Non la leadership del Beppe nazionale, che evidentemente non può essere messa in discussione, ma l'autonomia e l'indipendenza del M5S, che molti nei partiti della Casta vorrebbero trasformare, con questo continuo lavorìo mediatico ai fianchi, in un'armata Brancaleone, dove si sostenga tutto e il contrario di tutto. La creatura politica di Grillo trasformata, a reti unificate, in serbatoio di consenso a cui il PD possa attingere in caso di necessità, magari adesso che le larghe intese iniziano a scricchiolare, vista la situazione di difficoltà in cui versa  di nuovo Berlusconi.
C'è però la necessità di disarcionare o depotenziare Grillo che da fondatore, custode e garante del movimento, si preoccupa di tenerne saldo il timone, evitando le incursioni letali del signor nessuno di turno.
Ecco perché all'attacco della Gambaro, che oggi ha pure l'impudenza di dichiarare che la sua è stata "una critica garbata", andava data una risposta chiara e perentoria, contro ogni altro tentativo di fare del M5S un partito prêt-à-porter.
Soprattutto di questi tempi, mentre il Paese è pericolosamente nelle mani di una pessima oligarchia come Travaglio fotografa impietosamente nei suoi tragicomici editoriali, sarebbe un po' come sparare sulla Croce Rossa.
Non fosse altro perché, di fronte allo sfascio totale della partitocrazia, il M5S resta l'unica concreta speranza per tanti italiani.
E quindi suona veramente irritante che qualcuno, fosse pure Travaglio,  impartisca ex cathedra lezioni di strategia politica ad un movimento che ha mostrato di incarnare lealmente la parte migliore del Paese, magari pure con quell'ingenuità che si deve sicuramente perdonare ai neofiti del Palazzo che quotidianamente sono costretti a confrontarsi con quel poco raccomandabile sottobosco di volpi, lupi, termiti e zecche che da tempo immemorabile vi albergano lautamente.
Di fronte alla Gambaro che ha commesso un gravissimo errore di superbia luciferina o di disarmante ingenuità (le vogliamo credere? Ma come mai non ha finora chiesto scusa?) dichiarando a telecamere spiegate che il problema del M5S è il suo leader fondatore e mettendogli in bocca cose da lui mai dette (la denuncia di Grillo del cattivo funzionamento del Parlamento che la senatrice trasforma d'arbitrio in insulto all'istituzione parlamentare, facendo incredibilmente da sponda ai soliti pennivendoli), la decisione che il M5S ha preso con il supporto della Rete era l'inevitabile e prevedibile conseguenza del suo colpo di testa, lungi da un finto buonismo cavalcato dai media giusto il tempo per scassare il movimento.
Qui non è in questione la libertà di pensiero o di parola ma il regolamento che i parlamentari del M5S spontaneamente e liberamente si sono dati: è in questione la lealtà e il decoro di una forza politica che incarna un movimento di cittadini di cui è semplice tramite nelle assemblee legislative di Camera e Senato.
I parlamentari di Grillo, proprio nell'esercizio delle loro prerogative, sono semplici portavoce delle idee e delle istanze che il movimento ha deciso a maggioranza di portare avanti.
Se qualcuno non vuole adeguarsi alla disciplina di gruppo, farebbe coerentemente molto meglio ad andarsene piuttosto che incaponirsi a restarvi dentro, avendo ormai infranto quel rapporto fiduciario che intratteneva coi suoi colleghi e con il vertice.
E' semplicemente folle pensare che la Gambaro potesse essere assecondata nel desiderio di incarnare lei la vera anima del Movimento 5 Stelle. Se si è sentita prigioniera di uno schema che non condivide più, o forse non ha mai pienamente condiviso, ritenendolo mortificante per la propria personalità libera e indipendente, avrebbe già dovuto trarne le debite conseguenze.
Ma alle dimissioni da parlamentare, dopo la cacciata dal gruppo, non ci pensa proprio, avendo ora espresso l'intenzione di fuoriuscire nel gruppo misto. Di nuovo cadendo in contraddizione con quanto da lei stessa dichiarato soltanto qualche settimana fa nel suo manifesto elettorale:
"Penso ad un Parlamentare che nel caso non fosse più in sintonia con il M5S, grazie al quale è stato  eletto, la sua base, i suoi princìpi, semplicemente si debba dimettere" .
Del resto, non si capisce come sia possibile che l'urlo di Grillo, così ben accetto per consentirle l'ingresso trionfante a Palazzo Madama, le sia di colpo sembrato stonato o addirittura cacofonico.
Ecco, se la Gambaro fosse stata un briciolo coerente ci saremmo risparmiati quel grave danno di immagine che ha cagionato e che ora pesa come un macigno su tutti coloro che si sono dannati l'anima in questi anni per far nascere ed affermare il M5S.
Caro Travaglio,  la prossima volta che scrivi del M5S, ti conviene prima di contare fino a dieci!
Segnare un calcio di rigore fasullo, fischiato solo perché invocato a gran voce  dalla curva mediatica non dovrebbe essere per te un grande onore!


lunedì 20 maggio 2013

No, Gabanelli, questa volta il tuo Report ha fatto cilecca

Ieri sera, nel corso dell'ultima puntata di Report, sorprendentemente è arrivato proprio da Milena Gabanelli, già candidata al Colle per il M5S nelle Presidenziali dello scorso aprile, un attacco spropositato allo stesso movimento con il pretesto di chiedere una rendicontazione dei proventi del blog di Beppe Grillo e di esigere la messa on line di tutte le fatture della trascorsa campagna elettorale, la prima a livello nazionale tenuta dalla nuova forza politica. 
L'intervento della Gabanelli, oltre ad essere ingeneroso (ma questo lo lasciamo alla sua coscienza) verso il movimento che, attraverso una consultazione on line, l'aveva designata un mese fa, non ad un consiglio di quartiere ma alla Presidenza della Repubblica, con buone chance iniziali di successo (se non altro per essere ipso facto espressione di un gruppo parlamentare che conta 163 tra deputati e senatori), si rivela intempestivo e giornalisticamente velleitario. 
Perché voler fare le pulci in tasca ad un movimento che ha appena rinunciato a 42 milioni di legittimi rimborsi elettorali, esigendo la pubblicazione on line di tutte le fatture pagate per la campagna elettorale, suona quantomai stravagante. Lei stessa ammette che non c'è nessun obbligo di legge a riguardo ma tant'è: ne fa una questione di trasparenza che, spinta alle estreme conseguenze, diventa inevitabilmente una gratuita caccia alle streghe contro Grillo e i suoi ragazzi.
Siamo fuori dal mondo. 
Di fronte alle fantomatiche fondazioni private orbitanti attorno alla Casta, i famigerati think tank, dove affluiscono generosissime donazioni da parte di entità fisiche e giuridiche non sempre identificabili che potrebbero pure prefigurare, come la puntata di ieri di Report adombra, una sorta di via telematica alla corruzione in politica di faccendieri e lobbisti (senza il rischio di farsi cogliere in flagrante con le mazzette nella ventiquattrore), l'accostamento tra queste inquietanti vicende e l'attività del Movimento 5 Stelle non solo è arbitrario e fuorviante, ma decisamente azzardato e imbarazzante per una giornalista del calibro della Gabanelli.
Nell'Italia delle mille cricche, dello scandalo milionario dei tesorieri della Lega e del PD (ve li ricordate Belsito e Lusi?, sono passati solo pochi mesi!), della Protezione Civile per i lavori del G8, della gestione allegra dei finanziamenti nei consigli regionali in mezza Italia, dello scandalo Penati (braccio destro di Pierluigi Bersani), del maxibuco di bilancio del Monte dei Paschi di Siena, del recente arresto per concussione del presidente PD della provincia di Taranto per una storia annosa di irregolare smaltimento dei rifiuti dell'Ilva, dove va a parare lo sguardo acuminato della Gabanelli? 
Contro l'unica forza politica che  ha fatto della trasparenza un vessillo e che rappresenta degnamente e lealmente l'indignazione dei cittadini contro il malcostume partitocratico e lo sperpero vergognoso di questi decenni del denaro pubblico.
Firmando, dulcis in fundo, una pesante caduta di stile: quando  rinfaccia al M5S l'immobilismo politico per l'esistenza dei tre milioni di disoccupati a fronte delle sofistiche dispute tra i suoi parlamentari sugli scontrini fiscali.
Senza rendersi neppure conto della contraddizione in cui proprio la Gabanelli si viene a trovare, avendo appena intimato ai vertici del M5S, in prima serata Rai, di documentare, fino all'ultima fattura, le spese sostenute nell'ultima campagna elettorale, il famoso Tsunami Tour.
Ma Grillo, dopo aver rendicontato le spese in circa 550.000 euro e i contributi volontari (pari complessivamente a 568.832 euro), non ieri ma due mesi fa, aveva già deciso di devolvere la parte restante alle popolazioni terremotate dell'Emilia-Romagna!
Di fronte alla trave nell'occhio di PD e PDL, attaccarsi all'eventuale pagliuzza in quello del M5S, non è solo una patente incoerenza logica ma l'ostentazione di un ridicolo zelo che, in un momento tragico come l'attuale con una crisi economica che sta degenerando rapidamente in crisi sociale, è veramente fuori tono, sbagliando completamente bersaglio.
In fondo, cosa ci sarebbe di disdicevole se si scoprisse che parte dei proventi pubblicitari del blog di Grillo vengono dirottati al finanziamento dell'attività politica del movimento che rinuncia volontariamente ai soldi pubblici? (Ma lo staff di Grillo seccamente smentisce questa eventualità).
Del resto, prima di lanciare appelli al M5S, la Gabanelli ne dovrebbe aver viste  di cotte e di crude dentro la partitocrazia, anche se le sue denunce sono restate spesso inascoltate se non addirittura liquidate con fastidio.
Non vorremmo che dietro questo sacro furore di trasparenza riservato al M5S, che di tutte le forze politiche presenti in Parlamento è ampiamente l'unica che si  può presentare alla cittadinanza con le carte in regola, non si nasconda la necessità di saldare un debito di riconoscenza verso i vecchi e malandati partiti, quelli della Casta, che le hanno permesso in questi anni di restare in onda, magari strumentalizzandola ricorrentemente per un loro sottaciuto regolamento di conti. 
Perché separare il grano dal loglio,  per una giornalista d'inchiesta, ci dispiace doverglielo ricordare, dovrebbe essere un preciso dovere deontologico.
Per non correre il rischio, come in questo caso, che a fare le spese di cotanto zelo, additati alla gogna pubblica, siano proprio quei cittadini che la corruzione hanno in programma di scardinare, ora con maggiori possibilità di successo, stando finalmente in Parlamento.

martedì 16 aprile 2013

Il Movimento 5 Stelle ha costruito al PD un'autostrada per il cambiamento


Dopo tante chiacchiere, è arrivato il momento di giocare a carte scoperte. 
Perché Pierluigi Bersani, ormai all'ultimo giro di giostra, deve finalmente dimostrare che il refrain di queste settimane, ripetuto come un tormentone estivo, varare il tanto famigerato governo del cambiamento, non è un semplice espediente dilatorio, cioè uno slogan da dare in pasto alla sua base elettorale, con il morale sotto le scarpe, per confortarla dopo l'ennesima cocente delusione di una vittoria mancata sul filo di lana: forse l'estremo bluff di una leadership ormai senza idee e senza passione.
In queste settimane, facendo a pugni persino con il comune buon senso prima ancora che con la legge dei numeri, il segretario democratico ha cercato in tutti i modi di farsi dare un incarico pieno da Giorgio Napolitano per dare vita ad un esecutivo di minoranza che, di volta in volta, avrebbe cercato i voti in Parlamento, magari facendo scouting tra gli eventuali Scilipoti del M5S ovvero continuando ad inciuciare con il Cavaliere in incontri a porte chiuse. 
Una strada sbarrata che ha costretto il Paese alla paralisi dell'attività istituzionale, perché nel frattempo, d'accordo col PDL, Pierluigi Bersani ha impedito la costituzione delle commissioni parlamentari permanenti e dunque l'avvio dei lavori delle assemblee legislative, oltre a rendere ancora più impervia la strada per un nuovo esecutivo, costringendo il Presidente della Repubblica a prendere tempo.
Solo così si può spiegare la convocazione di un'imbarazzante Congrega dei Dieci Saggi che in dieci giorni di inutile 'copia e incolla' hanno prodotto delle relazioni assolutamente irrilevanti, di cui nessuno già oggi, a distanza di soli quattro giorni, si ricorda più.
Mentre dentro il suo partito i mugugni si sono trasformati rapidamente in una vera e propria guerra di tutti contro tutti e, soprattutto contro di lui, Bersani, che già aveva giocato ambiguamente di sponda con il Cavaliere per l'elezione di Piero Grasso, uomo d'apparato, alla presidenza del Senato.
In questo quadro, il duello a distanza di ieri tra il rottamatore Matteo Renzi e la senatrice Anna Finocchiaro denuncia lo sfaldamento del PD mentre il segretario si incaponisce ad inseguire l'araba fenice di un governo a sua immagine e somiglianza,  seguendo una strategia schizofrenica: insistere con Napolitano nel volersi presentare alle Camere con un governo di minoranza mentre contemporaneamente cerca addirittura le larghe intese con Berlusconi per la scelta del prossimo inquilino del Colle. 
Una pretesa politicamente assurda: come pure i sassi sanno, la partita del prossimo governo si giocherà, come la Costituzione impone, proprio nelle stanze del Quirinale per cui non si capisce perché il maldestro smacchiatore di giaguari voglia lasciare fuori dalla porta di Palazzo Chigi il Cavaliere, quando proprio con lui intende scegliere il nome del nuovo Presidente della Repubblica, per i prossimi sette anni vero deus ex machina della vita istituzionale del nostro Paese.
Com'è possibile che Berlusconi sia impresentabile per Palazzo Chigi ma è partner affidabile, leale e autorevole per il Colle? 
Ai simpatizzanti del PD l'ardua sentenza!
Forse dietro questo suo atteggiamento apparentemente incomprensibile c'è la convinzione di poter contare comunque sui voti del M5S, come se ritenesse inconsciamente che siano voti del PD in momentanea libera uscita: ma se così fosse, la parola dovrebbe passare ad un bravo psicanalista.
Anche perché il M5S e il suo leader Beppe Grillo gli hanno sbarrato la strada da subito, in modo plateale, senza lasciargli speranza alcuna. 
E' vero, Bersani ha cercato di 'convincere' Grillo attraverso una  fatwa mediatica, accusandolo indirettamente di tutto, semplicemente perché, coerentemente alla campagna elettorale e alle battaglie politiche degli ultimi cinque anni (a partire dal primo V-day), il leader del M5S si è rifiutato di firmargli una delega in bianco su quei famigerati otto punti di programma, fra l'altro tutto fumo e niente arrosto.
Un politico con un minimo di senso della realtà avrebbe immediatamente compreso che un movimento di cittadini come quello guidato da Grillo si sarebbe condannato all'irrilevanza politica se avesse dato il nulla osta ad un'operazione del genere, ovvero un governo a guida Bersani, il quale, già durante le consultazioni, dichiarava che, una volta seduto a Palazzo Chigi, in mancanza dell'appoggio dei parlamentari pentastellati sui singoli provvedimenti, avrebbe non solo fatto scouting nelle sue fila ma cercato pure il soccorso azzurro di Berlusconi.
Ad esempio, su una questione cruciale come la Tav, in mancanza dei voti di Grillo, l'impareggiabile premier Pierluigi avrebbe cercato il consenso scontato del PDL, con il M5S messo così fuori gioco e lasciato in un angolo a leccarsi le ferite e a meditare con Seneca sull'ingratitudine umana
Perché togliere la fiducia ad un governo a cui la si è inizialmente accordata non è così facile come qualche ingenuo potrebbe pensare: anzi, in talune circostanze, è praticamente impossibile. 
A quel punto, addio Movimento, morto prima di essere diventato adulto, come un fiore di campo che resiste al gelo primaverile ma perde i petali al primo soffio di vento.
Adesso, grazie alla coerenza e lungimiranza del suo leader, il M5S torna al centro della scena politica avendo, con le sue Quirinarie (tanto sbeffeggiate dai media di regime quanto in fin dei conti rivelatesi preziose), indicato al PD un poker di nomi, difficilmente rispedibili al mittente.
Milena Gabanelli in pole position, Gino Strada, Stefano Rodotà, Gustavo Zagrebelsky, tutte persone perbenissime, esponenti di chiara fama di quella società civile con cui, in queste settimane, Bersani ha detto di voler interloquire (lo dimostra il numero sterminato di delegazioni non partitiche ricevute nel suo giro di consultazioni).
C'è solo l'imbarazzo della scelta: non sta a noi ripercorrere lo specchiato curriculum di questi Italiani a cui gli iscritti al M5S hanno riservato le loro simpatie.
La scelta di uno di loro, posto che il candidato di bandiera per le prime tre votazioni per Grillo sarà proprio Milena Gabanelli, significherebbe finalmente una svolta nella politica italiana, capace di rappresentare per la prima volta dai tempi fulgidi di Sandro Pertini un sentimento di stima diffuso e trasversale che scavalca la tradizionale e sclerotica dicotomia destra - sinistra, che ha nascosto in questi anni, dietro un'apparente contrapposizione ideologica, una smaccata convergenza di interessi, tanto torbida quanto sottaciuta: il famigerato inciucio.
Grillo e i suoi parlamentari hanno così scaraventato la palla nel campo del PD che a questo punto deve scoprire le proprie carte: perché rifiutare questi nomi sembrerebbe una missione impossibile. 
Non fosse altro che  appaiono di altissimo gradimento proprio nell'elettorato di centrosinistra e alcuni di loro pescano larghi consensi anche nel centrodestra: è il caso dei due insigni costituzionalisti Gustavo Zagrebelsky e Stefano Rodotà.
In una fase storica in cui si tratta di mettere mano a imponenti riforme istituzionali, chi meglio di un valente giurista può farsi garante della transizione indolore e in punta di Costituzione alla Terza Repubblica?
Se Bersani e il gruppo dirigente del PD non saprà cogliere l'attimo fuggente che da giovedì mattina si presenterà al Parlamento riunito in seduta comune con i rappresentanti delle Regioni, non solo decreterà un definitivo fallimento personale ma innescherà la deflagrazione del Partito Democratico, costringendo il Paese a tornare al più presto alle urne dopo un drammatico nulla di fatto.
Contro la tentazione del grande inciucio con Silvio Berlusconi per puntare su nomi a questo punto di basso o bassissimo profilo come Amato, Marini, D'Alema, Violante, Severino, Cancellieri, Bonino, Finocchiaro, Monti, Casini e chi più ne ha più ne metta, il poker esibito dal Movimento 5 Stelle metterà automaticamente a nudo i vizi e le virtù del gruppo dirigente del PD. 
Anche perché qualcuno dovrà prima o poi spiegare ai propri elettori perché mai le larghe intese si debbano fare con il PDL, terza forza politica alla Camera, e non con il Movimento di Grillo che, almeno in Italia, ha preso pure un numero di voti superiore a quelli dello stesso PD.
Insomma, il Movimento 5 Stelle, lungi dall'Aventino in cui certa stampa lo accusa di essersi relegato, ha costruito in tempi record un'autostrada al Partito Democratico per far uscire il Paese dall'intricatissimo ingorgo istituzionale e magari dargli, dopo quattro mesi, un buon governo finalmente nella pienezza dei suoi poteri.
Per Bersani e c., insistere con i vecchi riti sarebbe politicamente irresponsabile oltre ad essere esiziale per il suo partito, fra l'altro dovendo smetterla di ripetere come un disco rotto: è tutta colpa di Grillo...
Aspettiamo pazientemente il PD al casello con uno dei quattro prestigiosissimi ticket.


giovedì 7 marzo 2013

Ma perché PD e PDL non continuano a governare insieme??

Nel totale caos politico di queste ore, con i due grandi sconfitti PD e PDL che cercano di esorcizzare la débacle elettorale, sparlando a vanvera contro i cittadini eletti nelle fila del M5S e addirittura rilanciandosi loro stessi per guidare il prossimo esecutivo,  proprio come niente fosse, ancora una volta è Beppe Grillo a pronunciare parole di verità. Infatti sul suo blog un attivista del M5S si domanda:

"pdl e pdmenoelle hanno più punti programmatici in comune tra loro:
1) entrambi vogliono la TAV

2) entrambi sono per il MES
(nda: cioè il fondo salva stati europeo che l'Italia ha alimentato con 20 miliardi di euro, l'importo totale dell'IMU, per consentire alle banche greche e spagnole di restituire i prestiti ottenuti da Francia e Germania)
3) entrambi per il Fiscal Compact
4) entrambi per il pareggio di bilancio
5) entrambi per le "missioni di pace"
6) entrambi per l'acquisto degli F-35
7) entrambi per lo smantellamento dell'art.18
8) entrambi per la perdita della sovranità monetaria
9) entrambi per il finanziamento della scuola privata
10) entrambi per i rimborsi elettorali
Quanti punti programmatici comuni ho trovato così su due piedi??? DIECI. Ne hanno più loro che quello che afferma Bersani con il M5S (lui dice 8). Non per niente hanno governato per un anno e più insieme".
 
Effettivamente l'osservazione non fa una piega: perché Bersani e Berlusconi, nel tempo necessario a cambiare la loro legge elettorale porcata e magari fino alla primavera del 2014 (quando si svolgeranno le elezioni Europee), non continuano a governare insieme, magari con la guida 'esperta' dello stesso Mario Monti, visto che condividono lo stesso programma in quelli che sono dieci punti altamente qualificanti di una possibile azione di governo?
Non saranno solo le cene di Arcore o il caso Ruby a dividerli!
Anche perché se fossero sinceramente intenzionati ad imprimere una svolta nella politica italiana avrebbero entrambi già fatto un  passo indietro, dopo essersi reciprocamente e pubblicamente cosparso il capo di cenere.
Invece, come due sfingi, additano Grillo come il responsabile dell'ingovernabilità e continuano per la loro strada.
Berlusconi che tenta l'inciucio, terrorizzato di restare fuori dalla stanza dei bottoni; Bersani che riunisce una direzione nazionale di impresentabili (ci sono tutti, da D'Alema a Veltroni, anche se quest'ultimo ha almeno la dignità di non parlare) per dettare agli italiani gli otto punti di un'improbabile agenda di governo. Tra questi, ancora una volta, la legge anticorruzione, pure licenziata dall'allegra brigata PD-PDL-Centro nel dicembre scorso e balzata agli onori della cronaca sotto il nome di legge Severino.
"Che cos'è, è uno scherzo?" si domandava ieri Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano, dopo aver preso atto, dal gip di Monza, proprio di quello che era il prevedibile effetto della suddetta legge: perché derubricando il reato di concussione per induzione a reato minore, con pene dimezzate e prescrizione più breve, sono saltate (perché prescritte!) le accuse alle coop rosse nel processo a Filippo Penati, già braccio destro di Bersani, cioè le tangenti che secondo l'accusa sono finite ai DS per il recupero delle aree ex Falck e Marelli. Così come accadrà tra poco per il grosso delle accuse allo stesso Penati.
Come si vede, PD e PDL vanno d'accordo pure in materia di giustizia, avendo ognuno  le proprie belle gatte da pelare. 
Pertanto, cosa c'è di meglio di riproporre l'ennesima legge anticorruzione, dietro la cui foglia di fico nascondere definitivamente altre questioni scottanti, per esempio l'affaire Monte Paschi di Siena? 
In fondo la legge anticorruzione serve proprio a questo, ad eliminare all'istante la corruzione, nel senso di far sparire  corrotti e corruttori dalle aule giudiziarie, con il più classico dei colpi di spugna.
E allora ci si accorge che il programma dal PD e quello del PDL sono due gocce d'acqua: in materia di politica economica, giustizia, scuola, beni culturali, difesa, non-tagli alla Casta, esteri. 
Alzi la mano chi vi riscontra differenze sostanziali!
L'unico vero motivo di frizione tra i due partiti, dal punto di vista strettamente mediatico, resta ancora la figura di Silvio Berlusconi che rappresenta per i piddini il simbolo della loro inadeguatezza, essendo riusciti a farlo risorgere più volte dalle sue ceneri.
E' vero, quelli del PD temono che l'abbraccio con il Cavaliere a favore di telecamere si possa rivelare mortale e tradursi alle prossime elezioni in un'ulteriore emorragia di voti, quella definitiva. Con il rischio di lasciare al Movimento 5 Stelle l'intera scena e la maggioranza assoluta dei consensi. 
Ecco perché Bersani vuole sì arrivare a tanto ma solo dopo essere riuscito ad inguaiare Beppe Grillo con un ricatto del tipo: o appoggi dall'esterno il nostro governo oppure faremo credere alla gente che la responsabilità di tornare alle urne tra tre mesi sarà esclusivamente tua. Infatti, checché tu sbraiti, il sistema dei media tradizionali è ancora a nostro completo servizio: in questi giorni ti abbiamo dimostrato che, pur vantando il M5S la pattuglia dei parlamentari più preparati perché quasi tutti laureati, grazie ai nostri giornalisti, siamo stati in grado di metterli alla gogna facendoli passare non solo come degli ignoranti ma, peggio, degli emeriti cretini.

Beppe Grillo ha quindi ragioni da vendere quando proprio oggi sul suo blog mette in guardia deputati e senatori dal cedere alle lusinghe dei conduttori televisivi avvisandoli: Attenti ai lupi!.
"Il loro obiettivo è, con voce suadente, sbranare pubblicamente ogni simpatizzante o eletto del M5S e dimostrare al pubblico a casa che l'intervistato è, nell'ordine, ignorante, impreparato, fuori dalla realtà, sbracato, ingenuo, incapace di intendere e di volere, inaffidabile, incompetente. Oppure va dimostrato il teorema che l'intervistato è vicino al pdmenoelle, governativo, ribelle alla linea sconclusionata di Grillo, assennato, bersaniano. In entrambi i casi, il conduttore si succhia come un ghiacciolo il movimentista a cinque stelle, vero o presunto (più spesso presunto), lo mastica come una gomma americana e poi lo sputa, soddisfatto del suo lavoro di sputtanamento. E' pagato per quello dai partiti.
L'accanimento delle televisioni nei confronti del M5S ha raggiunto limiti mai visti nella storia repubblicana, è qualcosa di sconvolgente, di morboso, di malato, di mostruoso, che sta sfuggendo forse al controllo dei mandanti, come si è visto nel folle assalto all'albergo Universo a Roma dove si sono incontrati lunedì scorso i neo parlamentari del M5S. Scene da delirio. Questa non è più informazione, ma una forma di vilipendio continuato, di diffamazione, di attacco, anche fisico, a una nuova forza politica incorrotta e pacifica. Le televisioni sono in mano ai partiti, questa è un'anomalia da rimuovere al più presto. Le Sette Sorellastre televisive non fanno informazione, ma propaganda."
Emblematico il caso di Barbara d'Urso che su Canale 5 ha invitato a parlare a nome del M5S, guarda caso, un signor nessuno, che si era iscritto via internet al Movimento di Beppe Grillo appena il giorno stesso delle elezioni, invitandolo a dialogare con deputati della Lega e facendo così fare al movimento stesso una pessima figura.
Si può pensare di aprire una trattativa politica con partiti che ricorrono a qualsiasi nefandezza pur di screditare quella che dovrebbe essere la loro controparte politica??
Intanto la macchina del fango di Repubblica - L'Espresso continua a vomitare contro il leader del M5S di tutto, prendendo di mira qualunque cosa o chiunque semplicemente sia a lui vicino, persino il suo autista...
Ma questa non ha più nulla a che vedere con l'informazione  nè con il giornalismo, è semplicemente guerriglia  mediatica: vergogna!



sabato 2 marzo 2013

Appello al M5S per la libertà di stampa: urge abolire il contributo pubblico all'editoria

E' di questi giorni il tentativo portato avanti da Repubblica, il quotidiano di Carlo De Benedetti, tessera n. 1 del PD con residenza fiscale in Svizzera, di intorbidare la fisiologica dialettica in corso tra le forze politiche in vista dell'inizio della legislatura, dando notizia con grande enfasi di presunte petizioni di imprecisati sostenitori del M5S che chiederebbero al suo leader di appoggiare un governo a guida Bersani, dopo che Beppe Grillo lo ha sbrigativamente liquidato con una delle sue tipiche battute al vetriolo: è un "morto che parla" e, con quel barlume di dignità che gli rimane, invece di fare lo "stalker politico", prendendo atto del suo fallimento, dovrebbe rimettere il suo mandato di segretario del PD.
Perché una cosa è certa: se stiamo all'ingovernabilità, non è certamente colpa del M5S; ma di una classe politica, ormai decrepita e il cui prestigio è da tempo sotto le scarpe, responsabile di mille misfatti, non ultimo l'aver varato una legge elettorale folle, con meccanismi, chissà perché, diversi per le due camere, nonostante in Italia esista un bicameralismo perfetto, con Camera e Senato che fanno esattamente le stesse cose. 
Ne consegue che, per poter funzionare, i due rami del Parlamento devono essere giocoforza espressione della stessa maggioranza: cosa tutt'altro che scontata con la legge attualmente in vigore, il famigerato porcellum.
Eppure la vecchia partitocrazia, dopo averla ignobilmente emanata, non si è presa la briga di modificarla, pur avendo avuto a disposizione l'intera ultima legislatura.
Bersani, Berlusconi, Bossi, Casini, Fini, possono quindi a pieno titolo rivendicare il primato di essere i principali responsabili di questo sfascio!
Che adesso Bersani se ne voglia tirar fuori, caricando su Grillo quello che già da tempo sarebbe dovuto essere un suo preciso dovere, cancellare l'ennesima legge vergogna della gestione Berlusconi, la dice lunga su che politico consumato (nel senso letterale della parola!) sia il segretario PD.
A questo punto, abbia finalmente il coraggio di fare un passo indietro, garantendo al partito democratico quel rinnovamento che ora è diventato inderogabile, pena la perdita anche di quel residuo 25% che ancora insiste a votare simili mummie.
Del resto la base del PD è spaccata, anche se Repubblica fa finta di non accorgersene.
E' così che Largo Fochetti,  invece di raccontarci la diaspora in corso all'interno del PD, preferisce soffiare sul fuoco fatuo di una protesta, organizzata a tavolino, di sedicenti simpatizzanti del Movimento 5 Stelle che, guarda caso, non troverebbero di meglio che sfogarsi proprio dalle colonne di Repubblica.
Quasi che, provenendo da un pianeta sconosciuto, ritengano che il quotidiano diretto da Ezio Mauro in questi mesi abbia trattato Beppe Grillo con i guanti bianchi, non sospettando minimamente della continua aggressione mediatica nei suoi confronti, degenerata in una vera e propria caccia all'uomo che gli hanno scatenato in concomitanza con l'avvio di questa campagna elettorale, lasciando carta bianca a chiunque gli indirizzasse contro una qualunque ingiuria.
C'è mancato poco che Repubblica, notorio quotidiano liberale che ammicca al laburismo, non pubblicasse annunci di questo genere: 
A.A.A. Cercasi persona referenziatissima, disposta ad accusare noto comico genovese di qualsiasi cosa, anche la più inverosimile, purché disponibile a ripeterlo davanti alle telecamere ed ad allenarsi per superare test della macchina della verità. Si offre, accanto a lauta ricompensa, rubrica fissa sul giornale.
Ecco perché, in un futuribile governo a 5 stelle, al primo posto è necessario che ci sia, insieme al tanto invocato taglio ai costi della politica, l'eliminazione del contributo pubblico all'editoria.
Perché, se è giusto che possa essere pubblicato di tutto (ne va evidentemente della libertà di stampa), è altrettanto sacrosanto che non si sancisca un diritto materiale alla libertà di diffamazione, per giunta  a carico del contribuente!

Prima che Repubblica ne scovi un'altra delle sue, il suo compare Corriere della Sera, non volendo essere da meno, dedica un intero paginone con illustrazione a colori, ad uno dei nostri nuovi padri della Patria, autentico guru della politica piddina, un vasto intelletto, un cuore nobilissimo: udite, udite, l'impareggiabile, inossidabile Se po' ffà, al secolo Walter Veltroni. 
Alzi la mano chi non ha provato in queste ore l'esigenza spasmodica di ascoltare il suo Verbo!
L'emerito Aldo Cazzullo ci ha accontentato, riuscendolo a scovare chissà dove (forse in Africa?, dove aveva promesso pubblicamente di risiedere...) per farci spiegare finalmente i nuovi scenari politici e magari dispensarci qualche dritta per preparare la sconfitta prossima ventura. 
Del resto è passato solo un anno da quando, intervistato da Curzio Maltese, dichiarava:
Veltroni, non è un po' eccessivo definire riformismo la stagione di Mario Monti?
"No. Sono bastati tre mesi per capire che non si tornerà indietro. Circola nel Pd, ancor più nel Pdl, l'idea che questo sia solo un governo d'emergenza, una parentesi dopo la quale si tornerà ai riti e ai giochi della seconda repubblica o peggio della prima. Qualcuno dà giudizi tali da rischiare il paradosso di consegnare al centro o al nuovo centro destra il lavoro del governo. È un errore grave. Questo governo tecnico ha fatto in tre mesi più di quanto governi politici abbiano fatto in anni. Ha dimostrato non solo di voler risanare i conti, ma di voler cambiare molto del paese e vi sta riuscendo, con il consenso dei cittadini e dell'opinione pubblica internazionale. La copertina di Time o l'ovazione al Parlamento europeo sono un tributo ad un paese che solo qualche mese fa era guidato da Berlusconi e deriso".  
È d'accordo con il governo anche sull'articolo 18?
"Sono d'accordo col non fermarsi di fronte ai santuari del no che hanno paralizzato l'Italia per decenni. Il nostro è un paese rissoso e immobile e perciò a rischio. Credo che finora il governo Monti stia realizzando una sintesi fra il rigore dei governi Ciampi e Amato e il riformismo del primo governo Prodi". 
Parole profetiche... 
Oggi Veltroni, da inaffondabile predicatore, ammonisce:  
"Un partito democratico non è semplicemente progressista, è qualcosa di molto più aperto e radicale: è un partito che assume su di sè elementi di rottura con il passato, che si batte per una politica lieve [...]".
E conclude abbandonandosi al sogno: "Il centrosinistra deve rialzare lo sguardo e seguire il suggerimento di uno scrittore che amo molto, Saint-Exupéry: « Se vuoi costruire una nave, non radunare uomini per tagliare legna, dividere i compiti, impartire ordini; ma insegna loro la nostalgia per il mare vasto e infinito»".
Ha ragione Walter Se po' ffà, già promotore dello spot costruito sulle immagini della grande  Anna Magnani in "Roma città aperta": Non si può interrompere un'emozione...
Ma prima ancora, non ci possiamo più permettere giornali e tv che continuano a fare, come niente fosse, da grancassa alla Casta. 
In modo inverecondo. Per giunta a nostre spese. 





lunedì 25 febbraio 2013

Stavolta Napolitano lo ha sentito il boom?

Di fronte ai dati che provengono dal Viminale ed alle proiezioni sempre più consolidate che sciorinano risultati sensazionali per il Movimento 5 Stelle, prima forza politica italiana alla Camera e terza al Senato, prima in ben otto regioni italiane, non si può più nemmeno parlare di un boom, è qualcosa di molto più amplificato che fa letteralmente tremare i vetri dei Palazzi romani e molti dei suoi attuali inquilini. 
Nel maggio scorso, sappiamo che il presidente Giorgio Napolitano aveva avuto difficoltà ad accorgersene: lui, alla vigilia del ballottaggio delle amministrative, di fronte alla storica affermazione della lista a 5 Stelle in tante città aveva dichiarato che non aveva sentito nulla e che di boom si ricordava solo quello economico degli anni Sessanta.
Questa volta speriamo che l'onda sonora del trionfo elettorale dei ragazzi di Beppe Grillo abbia scavalcato le alte mura del Quirinale e che almeno un bisbiglio lo abbia percepito pure lui, così pronto a suo tempo ad ascoltare le lamentele dell'ex ministro degli Interni Nicola Mancino sull'inchiesta stato-mafia.
Un boom fragoroso: senza soldi, senza o quasi un manifesto in tutta Italia, senza le gigantografie con cui gli altri leader politici hanno imbrattato interi quartieri a spese del contribuente,  solo con il cuore e tanta voglia di mettersi a disposizione della comunità, con quel briciolo di magica incoscienza giovanile.
Presidente Napolitano, allora ha sentito niente??

venerdì 22 febbraio 2013

Grazie Beppe Grillo, che ci regali il sogno di un'Italia migliore!

Mentre Piazza S.Giovanni a Roma è stracolma, nonostante la pioggia e il  freddo di una serata di pieno inverno, in attesa del discorso conclusivo del leader del Movimento 5 Stelle, Beppe Grillo, un sentimento nuovo di libertà ritrovata, di speranza per il nostro Paese, si impossessa di milioni di Italiani, ormai certi che ci stiamo avvicinando ad un passaggio epocale della nostra storia unitaria.
E che questa sera, a Roma, si stia scrivendo una splendida e memorabile pagina di storia, che anticipa qualcosa di unico che sta per verificarsi dentro le urne.
Un nuovo miracolo italiano in cui al centro della politica torna la Costituzione e gli splendidi articoli della prima parte.
Torna il ricordo di un grande presidente, Sandro Pertini, che la Casta ha presto dimenticato. 
Torna il piacere dell'onestà, l'idea di un Italia che si fa comunità, dove nessuno deve restare indietro.
La stampa italiana si scandalizza, grida al sopruso, perché giornalisti e telecamere sono stati  in un primo momento lasciati fuori dal backstage e sistemati di fronte al palco, alla stregua delle centinaia di migliaia di cittadini che hanno invaso festosi la piazza.
E adesso gridano allo scandalo (titolo d'apertura domattina sui quotidiani di regime, c'è da scommetterci!)  perché stasera, per la prima volta, ci vogliono far credere che intendevano, guarda un po', intervistare i candidati del Movimento 5 Stelle.
Ma hanno avuto tanto tempo per conoscerli e se ne sono sempre guardati bene dal farlo.
In questi mesi hanno preferito infangare il Movimento, diffamandolo quotidianamente. 
Hanno usato i potenti mezzi a loro disposizione soltanto per trasfigurare mediaticamente gli sconosciuti Favia e Salsi a vittime dell'egocentrismo di Grillo e non per ciò che essi si sono effettivamente rivelati, ovvero dei mediocri opportunisti che non hanno esitato un momento a macchiare l'immagine del movimento in cui militavano, rinnegando regole conosciute da sempre.
Ma in tutti questi anni dov'era la stampa, dov'erano Repubblica e il Corriere della Sera? Quando, ad esempio, paragonavano Grillo che difendeva la gente della Val di Susa a  pericoloso sovversivo mentre la protesta popolare contro la TAV diventava, nei loro reportage, un semplice problema di ordine pubblico, da affidare alle 'cure' dei corpi speciali della polizia.
Hanno dovuto aspettare che il Movimento di Grillo, sull'onda della giusta indignazione popolare contro la corruzione partitocratica e la somma incompetenza della Casta, diventasse prodigiosamente un gigante, per accorgersi che esso esisteva come movimento politico. 
Hanno taroccato persino i sondaggi per nascondere la realtà: vi ricordate le previsioni fasulle di  Nicola Piepoli?
E adesso gridano al reato di lesa maestà, alla libertà di stampa violata, quando per anni l'hanno impunemente svenduta per i loro sporchi giochi di potere!
Grazie Beppe, che ci regali finalmente il sogno di un'Italia migliore!

giovedì 21 febbraio 2013

E Monti preme sull'acceleratore dello spread...

Basta sfogliare i quotidiani di stamattina, navigare tra i siti delle principali testate giornalistiche, per avere una rappresentazione plastica del terrore che ha invaso la Casta fino al punto di violare elementari regole di correttezza costituzionale.
Così il Presidente del Consiglio in carica, Mario Monti, in tandem con Berlusconi, semina panico sui mercati finanziari additando Beppe Grillo e il Movimento 5 Stelle come un pericolo per l'Italia.
Questa non la possiamo liquidare come semplice polemica elettorale dai toni troppo accesi in corso di svolgimento nel cortile di casa nostra.
Qui abbiamo il presidente del Consiglio, a cui guarda con interesse la tecnocrazia europea ma che nessun Italiano ha mai votato, scendere nell'arena politica, premendo deliberatamente sull'acceleratore dello spread con le sue dichiarazioni tanto allarmistiche quanto ingiustificate, per turbare la vigilia della competizione elettorale e condizionare con la paura il voto degli Italiani.
Un comportamento gravissimo, che meriterebbe l'immediata sanzione solenne del Capo dello Stato, se non fosse che l'attuale inquilino del Colle, il novello Re Sole che nessuno può neppure più indirettamente intercettare, è il suo principale sostenitore.
Quel Giorgio Napolitano artefice del millantato governo tecnico che ci ha portato, in 13 mesi di austerity forsennata voluta dalla cancelliera tedesca Angela Merkel, al collasso dell'economia ed ad una situazione sociale esplosiva.
Purtroppo stanno facendo di tutto per sovvertire materialmente le regole della democrazia rappresentativa. 
Che chi vinca abbia il diritto di governare, per la Casta, è diventato un optional.
Nel senso che ciò è vero se, e soltanto se, le elezioni le vince la partitocrazia, oggi degnamente rappresentata proprio da Monti e dalla sua Lista Civica. 
Ma se, come è ormai si sta delineando, il movimento di Monti farà clamorosamente flop, nonostante l'occupazione militare del sistema dei media da parte del professore, ecco che costui non ha il minimo ritegno a far saltare il tavolo della partita elettorale, soffiando sul fuoco dello spread, anche a costo di danneggiare pesantemente e forse irreversibilmente il Paese.
Un comportamento vergognosamente ricattatorio: ecco a cosa si è ridotto il sobrio Monti!