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venerdì 13 luglio 2012

Mario Monti è al capolinea ma Alfano-Bersani-Casini fanno finta di niente

Con lo spread ormai da giorni stabile sopra i 460 punti, una recessione durissima (si stima un -3% per il Pil  2012) e l'ennesimo declassamento comunicato dalle agenzie di rating (oggi è stata la volta di Moody's che valuta i titoli italiani due gradini sopra la spazzatura), il governo di Mario Monti è tecnicamente in default.
Le sue ricette ultraliberiste, la sua politica fiscale miope e ideologicamente antipopolare, l'aggressione portata avanti allo stato sociale senza salvare neppure i settori di spesa più qualificanti per garantire una prospettiva di crescita (come beni culturali, scuola, ricerca, sanità, giustizia), la mancanza di una illuminata politica industriale a favore della green economy, dell'innovazione tecnologica e per sanare il digital divide con gli altri paesi europei e, al contrario l'insistenza ossessiva su antiquati modelli di sviluppo economico basati sul binomio cemento-ferro delle inutili grandi opere pubbliche (è dovuto intervenire l'altro giorno il neo governatore di Bankitalia Ignazio Visco per ricordare a Monti che piuttosto sarebbe quanto mai necessario una politica di manutenzione e cura del territorio, fatta di piccoli preziosi interventi disseminati per tutta la penisola), hanno portato in soli nove mesi a questo esito drammatico.
Paradossalmente, questa politica economica suicida si poteva pure tollerare se, almeno, grazie alle sue entrature in Europa e nel mondo della finanza internazionale, la figura di Mario Monti avesse potuto almeno calmierare in qualche modo i mercati, riportando a più miti consigli non solo Angela Merkel ma le agenzie di rating.
Nemesi storica: proprio colui che era stato proiettato come salvatore della patria e dell'euro a Palazzo Chigi nel novembre scorso, più che per meriti propri  per disgrazie e colpe altrui (governo Berlusconi) sotto l'incalzare dei mercati in piena bufera, oggi che vola in America a rassicurarli, viene accolto ruvidamente da quegli stessi ambienti che solo pochi mesi fa lo incensavano.
Peggio, punito con un doppio gelido downgrade.
In fondo, a pensarci bene, per una volta il preside della Bocconi aveva colto nel segno quando qualche settimana fa si era lasciato sfuggire che i cosiddetti poteri forti avevano voltato le spalle al suo esecutivo.
Intanto, quello che resta dei cavalieri dell'Apocalisse, il trio Alfano-Bersani-Casini (con Bossi ormai messosi fuori gioco da solo), veri responsabili di questo tracollo finanziario-economico-politico-morale dell'Italia, che si erano affidati alle cure di Mario Monti per la loro stessa sopravvivenza politica, assistono impietriti a questa lenta e dolorosa agonia senza essere neppure in grado di abbozzare una qualche risposta alternativa, senza sapere veramente dove sbattere la testa: l'ennesima plateale conferma di incompetenza, cinismo, che segue al poco invidiabile primato di campioni di parassitismo.
Purtroppo viviamo un'estate difficilissima (peggio di quella del 2011) a cui, verosimilmente, seguirà un prolungato autunno-inverno,  con gli effetti devastanti della crisi economica che si riverberanno anche sul fronte politico istituzionale.
E che si protrarranno almeno fino alle prossime elezioni politiche, fissate per la primavera 2013.
Ma il Paese è in grado di resistere così a lungo?
E' da settimane che ce lo domandiamo mentre l'ineffabile Bersani alias Schettino, assieme ai suoi due bravi compagni di sventura, fissando la nave che incamera acqua, ripete inebetito: "Con Monti fino al 2013".

domenica 6 maggio 2012

Il governo dei tecnici è alla frutta, i politici al dessert!

Che fine ingloriosa sta facendo il governo dei bocconiani, dei professori, dei tecnici!
Dopo la manovra classista del 5 dicembre scorso con cui ha fatto capire già al suo battesimo da che parte stava, togliendo di nuovo ai poveri per non far versare un centesimo in più ai ricchi, ha iniziato un 2012 a dir poco disastroso, varando provvedimenti di fasulle liberalizzazioni e semplificazioni,  strombazzate come in grado (chissà come!) di far crescere il Pil del 10%, manco fossimo la Cina!
Ma la realtà, anche se i media complici continuano a volerla dipingere diversamente, è veramente impietosa: la politica del banchiere Mr. Mario Monti è quanto di peggio si potesse immaginare nel novembre scorso per risollevarci.
Il perché è sotto gli occhi di tutti: ha un insopportabile impatto recessivo.
Dall'emergenza finanziaria ereditata dall'esecutivo di Silvio Berlusconi, i professoroni hanno così trascinato il Paese in una gravissima situazione economica, non riuscendo comunque ad abbassare in modo decisivo le tensioni sul mercato dei titoli di stato e del credito alle imprese.
Lo spread non crolla (venerdì ha chiuso a 385) ma il tessuto delle imprese italiane sì: complimenti!
Le obsolete ricette monetariste del trio Monti-Passera-Fornero falliscono ad una velocità impressionante mentre il disagio sociale  tocca vertici mai visti prima.
Di politica industriale e di politica a sostegno della domanda, neanche a parlarne.
Anzi, ci vogliono far credere che la crisi economica in corso sia una crisi dell'offerta mentre anche uno studente al primo anno di economia è in grado di riconoscerla come crisi di domanda: per cui gli stessi interventi ipotizzati sul mercato del lavoro non servono ad un emerito nulla, meno che mai nel breve periodo.
Nel lungo periodo (quando per Keynes siamo tutti morti...) i professoroni, che fanno evidentemente a pugni con la macroeconomia, avranno finito di smantellare il tessuto di piccole e medie aziende che da sempre rappresenta la spina dorsale del Pil italiano per fare del nostro paese un far west per le multinazionali.
In altre parole la seconda economia manifatturiera d'Europa sotto la loro guida rischia di scivolare a livello di quelle dei paesi in via di sviluppo.
Una autentica e colossale bestemmia!
Anche il famoso sondaggio on line con cui la Presidenza del Consiglio chiede agli Italiani di avanzare suggerimenti per la lotta agli sprechi nella spesa pubblica, per non parlare dell'incredibile nomina di una nuova terna di maxiesperti, Enrico Bondi, Giuliano Amato (proprio un outsider...!) e Francesco Giavazzi, dimostra ogni giorno di più il vuoto di idee, di cultura amministrativa, politica e industriale, proprio dei tanto osannati tecnici.
Qualche giorno fa è passato su Rai 5, il film documentario "In me non c'è che futuro" sulla vita di un grande intellettuale e manager italiano: Adriano Olivetti.
Al cospetto delle sue intuizioni, delle sue mille realizzazioni sul piano economico, sociale, industriale, urbanistico, architettonico, editoriale, delle profonde innovazioni che egli seppe apportare nel campo delle relazioni industriali, gente come Monti, Passera, Fornero, Marchionne spariscono, più piccoli dei lillipuziani.
Quindi  nessun salto di qualità rispetto al governo di nani e ballerine capitanato da Silvio Berlusconi.
Ma intanto, di fronte alla catastrofe incombente, cosa fa la politica?
Il tripartito PD-PDL-UDC sta a guardare indifferente, tanto che gli elettori hanno perso la speranza che la soluzione ai problemi italiani passi per questa classe di politici che, quando non dediti al vizio, sono specialisti nell'ignavia.
Ormai in qualunque occasione pubblica si presentano, vengono sistematicamente accolti da bordate di fischi: epica la figuraccia di Pierluigi Bersani il 1° maggio nella commemorazione della strage di Portella della Ginestra.
Ormai sono politici indoor, animali da talk show televisivo.
Ma sorte migliore non viene riservata ai suoi compagni di ventura Angiolino Alfano e Pierferdinando Casini; quest'ultimo ci tiene a precisare pubblicamente di andare a trovare regolarmente Totò Cuffaro in carcere, costringendo un esponente del PDL in commissione antimafia, Raffaele Lauro, a rivolgergli contro una dura reprimenda: «Casini, come persona e come cristiano, ha il diritto di rivendicare il suo dovere morale di visitare Cuffaro in carcere. Come leader politico, farebbe bene ad essere più attento e riservato, affinchè un dovere morale non diventi, di fatto, al di là delle buone intenzioni, e di fronte all'opinione pubblica, una sconfessione della strategia di guerra alla mafia ed un avallo ad acquiescenze, a collusioni e a connivenze di qualsiasi genere con la criminalità organizzata».
E Bersani che ad ogni piè sospinto attacca Beppe Grillo accusandolo di qualsiasi nefandezza non ha nulla da eccepire al degno alleato Casini.
La cosa che veramente lascia senza fiato è l'assoluta insipienza e la totale mancanza di una sia pur minima deontologia professionale di questi personaggi che pure paghiamo profumatamente a botte di 15.000 euro netti al mese, fringe benefits esclusi, non si sa per fare cosa.
Sentite che cosa riesce a dire l'onorevole Pierluigi Bersani di Beppe Grillo: "Basta con questi populismi che fan finta di partire da sinistra e poi come sempre nella Storia d'Italia ti spuntano a destra!"
E l'altrettanto onorevole suo compagno di partito, già segretario del PD, Dario Franceschini: ''Quando si vota si sceglie sempre la persona a cui affidare il destino della propria comunita' del proprio Paese. Io vorrei che qualcuno, tentato dal movimento 'Cinque stelle', provasse a immaginare Grillo al posto di Monti a guidare il Paese, ad andare al G20 a discutere con Hollande, con Obama o con la Merkel''.
Ma ci rendiamo conto, di fronte alla situazione d'emergenza in cui l'Italia versa per opera di una Casta di parassiti incompetenti (quella che ad esempio ci ha fatto entrare dieci anni fa nell'Euro ad occhi chiusi senza alcuna precauzione come quella di negoziare con i paesi economicamente più forti le regole equilibrate e condivise di una politica monetaria comune), quale pochezza intellettuale essi ostentano, che razza di argomentazioni d'accatto riescono a formulare contro le circostanziate denunce di Beppe Grillo e dei suoi ragazzi?
Di una cosa siamo certi: che la sempre troppo importunata massaia di Voghera  sarebbe in grado al loro posto di dire qualcosa di più sensato e di elevarsi almeno di una spanna dai discorsi terra terra, infarciti di luoghi comuni, di Franceschini e Bersani. Il quale non vede l'ora di appropriarsi questa sera della vittoria di François Hollande alle presidenziali francesi.
Ma ci vuole proprio una bella faccia tosta!  

martedì 28 febbraio 2012

PD e PDL sul TAV, Treno ad Alta Vergogna

Nonostante la crisi economica e finanziaria, il governo dei tecnici, alias duopolio PD-PDL, sta ingaggiando con la popolazione della Val di Susa (e non solo!) una battaglia senza precedenti e senza esclusione di colpi, sordo a qualsiasi appello alla riflessione che dalla società civile si sta alzando, disposto a tutto pur di avviare un'opera gigantesca, dai costi folli, unanimamente riconosciuta del tutto inutile dai maggiori esperti del settore.
Per la politica, si va avanti come se niente fosse, perché di fronte agli appalti miliardari, non c'è manifestazione pacifica che possa sia pure semplicemente rallentare, meno che mai bloccare, l'avanzata delle ruspe.
Ormai è chiaro che gli uomini del PD e del PDL, nascosti dietro gli pseudotecnici del governo Monti,  non sono in alcun modo disposti ad aprire una discussione pubblica sulla fattibilità di un'opera da 20 miliardi di euro preventivati, infischiandosene altamente del dissenso generale, in un periodo in cui ci dicono di continuo non esserci i soldi per nulla: per la sanità, per la manutenzione stradale, per il dissesto idrogeologico del nostro paese,  per mettere in sicurezza le tante scuole fatiscenti, per costruire nuove carceri, per fare il pieno alle macchine della polizia, per mantenere le detrazioni fiscali a lavoratori e pensionati, per i beni culturali, per la ricerca scientifica,... insomma per una miriade di necessità pubbliche. 
Eppure per la TAV, che distruggerà una valle alpina creando per giunta infiniti problemi ambientali, i soldi ci sono eccome.
E si va avanti, costi quel che costi, anche se bisogna militarizzare una vasta zona pedemontana, anche se ci può scappare il morto.
Il ministro dello sviluppo economico, Corrado Passera, all'indomani del gravissimo incidente occorso a Lucca Abbà, uno dei leader della protesta locale contro la TAV, non sa fare altro che dire: "Si va avanti".
Ma a che titolo parla? Chi lo ha eletto per prendere una posizione così poco tecnica e tanto cinica?
Ah, dimenticavamo: l'ABC della Casta, il trio Alfano-Bersani-Casini, quelli dell'inedita alleanza tecnica.
Massimo Giannini, dai microfoni Rai di Prima Pagina, la popolare trasmissione mattutina di RadioTre, ha detto che il governo Monti rappresenta non la sospensione della democrazia, semmai la sospensione della politica.
Come se fosse possibile avere in una democrazia parlamentare disinvoltamente il commissariamento della politica senza che questo comporti ipso facto la fine della democrazia tout court.
Ma  questa è pure la Caporetto dell'intellighenzia, dei media che in queste settimane stanno facendo di tutto per derubricare la protesta TAV a mera questione di ordine pubblico.
Così gli oppositori della Val di Susa diventano amici e fiancheggiatori dei terroristi o essi stessi terroristi, pur con le sembianze di pensionati, lavoratori, sindaci, giovani coppie con bambini, artigiani, commercianti, maestre.
La politica è così prona di fronte agli interessi miliardari che si stanno concentrando sulla valle (basti pensare al business del movimento terra per scavare un doppio buco da 50 chilometri di lunghezza divorando roccia con presenza di amianto) che preferisce restare dietro le quinte mandando  i cosiddetti tecnici in avanscoperta a continuare il gioco sporco già avviato nella fase esecutiva dal governo Berlusconi.
Mentre i media li spalleggiano affrettandosi a dire che ormai, per quanto l'opera possa rivelarsi inutile e dannosa, la decisione è ormai stata presa (da chi?) ed è ormai irrevocabile.
Marco Imarisio, oggi, dalle colonne del Corriere della Sera commenta con parole che non esitiamo a definire agghiaccianti la situazione che si è venuta a creare in Val di Susa, rinfacciando ai politici di non aver detto parole chiare sulla vicenda e cioè che la protesta delle popolazioni della valle è una "causa persa" perchè l'opera si deve fare, punto e basta.
E chi si oppone non è un portatore di interessi legittimi, nella migliore delle ipotesi è un visionario, probabilmente è un matto.
A questo livello di intolleranza e di degrado culturale è giunto il dibattito civile nel nostro paese!
Eppure sono vent'anni che si è premuto sull'acceleratore di questo inferno prossimo venturo, senza che la politica e la nostra classe dirigente si siano sentite in dovere, per una volta almeno, di interpellare i cittadini che, da subito e spontaneamente, hanno fatto sentire la loro voce contraria.
Ma non c'è peggior sordo di chi non vuol sentire. 
Così PD e PDL hanno stretto un patto di ferro per decidere sopra la testa della gente.
Guarda un po', dopo tanti scontri al calor bianco,  è proprio in questo che hanno trovato unità d'intenti: nel fare carta straccia della sovranità popolare.
Insomma,  la TAV come l'articolo 18, come la riforma delle pensioni, come le liberalizzazioni fasulle... alla faccia della democrazia rappresentativa!
Ma ormai non si vergognano più di niente, disposti a fare carte false pur di restare a galla.
Ecco perché, con tutta probabilità, alle prossime elezioni amministrative, non avendo il coraggio di presentarsi con il proprio simbolo, PD e PDL raccoglieranno voti sotto le mentite spoglie delle liste civiche.
Nel frattempo sono  montati, senza pagare, sul Treno ad Alta Vergogna.
E ci fanno pure la predica che questa è la modernità...

PS (29/02/2012 h. 9.00): ieri sera a Ballarò show del segretario generale CISL Raffaele Bonanni che, col suo classico linguaggio sgangherato, ha difeso la TAV con parole e toni più consoni ad un padrone delle ferriere che ad un leader sindacale.
Oltre a dare informazioni false (ad esempio, che mancherebbe all'ultimazione dell'infrastruttura europea solo il tratto italiano),  il massimo della sua argomentazione è stato quello di dire che se non facessimo la TAV "noi non investiremmo un soldo e faremmo ridere l'Europa".
Onore al merito!

giovedì 10 novembre 2011

E' partita la campagna di Repubblica per un governo Monti lacrime e sangue

Messa da parte la barzelletta del governo Berlusconi, è partito l'affondo della corazzata del finanziere De Benedetti, il gruppo Repubblica - l'Espresso, a favore di un governo tecnico guidato dal bocconiano Mario Monti ed eterodiretto dal direttorio Merkel Sarkozy.
Obiettivo: spremere a fondo gli Italiani con operazioni su larga scala di macelleria sociale, senza assumersene la responsabilità politica, trattandosi di un governo che non riceverà un mandato dal popolo ma la cui investitura avviene solo a furor di mercati, sotto l'incalzare della speculazione internazionale.
Si consuma così fino in fondo un furto di sovranità popolare per mano della tecnocrazia europea che in questi mesi ha trovato nel governo di centrodestra diretto dall'uomo di Arcore un bersaglio sin troppo facile da colpire.
In un sistema bipolare, stringere la tenaglia Pd-Pdl per costituire un governo che non risponde a nessuno se non alla coppia Bersani-Berlusconi e all'ineffabile Casini, vuol dire costituire un unipolarismo che ha come missione esclusiva quella di sporcarsi le mani per prendere decisioni irrevocabili sopra la testa della gente, senza che questa venga interpellata o possa eccepire alcunché.
Vuol dire darla vinta all'attacco speculativo arrivato da lontano.
Al gravissimo danno del governo Berlusconi seguirebbe quindi la memorabile beffa del governo Monti, con buona pace di chi ancora crede nella democrazia rappresentativa.
Paradossalmente questo sarebbe il trionfo della Casta, che si fa scudo della tempesta internazionale per infliggere il colpo mortale allo stato sociale e ai cittadini che ormai all'unanimità la disprezzano.
In nome di cosa il Pd di Pierluigi Bersani, l'Udc di Pierferdinando Casini e il Pdl di Silvio Berlusconi, con il beneplacito del presidente Giorgio Napolitano, possano gettare alle ortiche le proprie piattaforme programmatiche su cui avevano ricevuto il consenso nelle Politiche del 2008, senza doverne preventivamente rendere conto al corpo elettorale, è questione che attiene  al funzionamento costituzionale della nostra democrazia che neanche l'eccezionalità del momento può sovvertire.
L'attacco proditorio mosso ad Antonio di Pietro dalle colonne di Repubblica, facendo credere che i suoi sostenitori tifano per il governo tecnico e disapprovano in larga maggioranza  la posizione espressa dal leader dell'Italia dei Valori di netta opposizione ad un tale esecutivo, è la riprova dello stato miserevole in cui versa il centrosinistra che, quando pure riesce a liberarsi del fantasma del Cavaliere, si trova in balìa dei cosiddetti riformisti, alias poteri forti, sempre pronti a scatenargli contro una campagna mediatica di inaudita portata, da far impallidire per virulenza la berlusconiana macchina del fango.
Chi decreterà la fine dello stato sociale per colpa della finanza mondiale impazzita, riducendo sul lastrico milioni di persone e quasi per intero il ceto medio, deve avere una chiara investitura popolare che non può che passare per elezioni anticipate.
Nel frattempo, un altro governo di centrodestra a guida Gianni (non Enrico!) Letta o Angelino Alfano deve approvare rapidamente la legge di stabilità, concordare con l'opposizione una nuova legge elettorale e poi, di corsa, mandarci a votare tra il febbraio e il marzo 2012, presentandosi con  il proprio fallimentare bilancio dinanzi al popolo sovrano.
E' la democrazia, bellezza!
Scherzare con il fuoco, dispensando urbi et orbi il messaggio subliminale che la bancarotta finanziaria dell'Italia sia solo questione di giorni o addirittura di ore, denota grave spregiudicatezza politica e assoluta mancanza di senso dello Stato, un pessimo biglietto da visita per chi dovrà farci dimenticare il nefasto ventennio di Silvio Berlusconi.
Anche perché, disgraziatamente, questo riprovevole espediente serve a far digerire agli Italiani una medicina amarissima ma soprattutto letale. 

giovedì 24 gennaio 2008

Disinformare on line attraverso un video

Il Corriere delle sera on line pubblica un video tratto dalla trasmissione Ballarò di martedì scorso, sottotitolato: "Ballarò, lite Casini-Pecoraro / Offese e insulti su Rai 3"
Chi clicca il video si aspetterebbe di assistere a quella parte di trasmissione in cui effettivamente si è verificato un diverbio tra Pierferdinando Casini, leader Udc, e Alfonso Pecoraro Scanio, Ministro dell’Ambiente e leader dei Verdi: il primo che accusa il ministro di aver abbandonato Napoli ai cumuli di rifiuti. L’altro che, in precedenza, gli ha rinfacciato il sostegno dato al presidente della Regione Sicilia Salvatore Cuffaro, condannato per favoreggiamento aggravato; le inadempienze della società del gruppo Impregilo nell’appalto milionario per lo smaltimento dei rifiuti nel napoletano e le proteste inscenate per l’apertura di discariche nell’avellinese da parte proprio di esponenti locali dell’UDC.
Davvero uno scontro al calor bianco tra i due, come giustamente sottolineato proprio dal direttore del Corriere della Sera, Paolo Mieli, ospite della trasmissione in collegamento audio-video con lo studio di Ballarò.
Ci saremmo, quindi, aspettati di rivedere le immagini del diverbio che, ad occhio e croce, nel momento più incandescente della contesa, non ha superato i sei minuti.
Ebbene: se guardate il video, troverete soltanto l’invettiva infuocata di Casini ma manca completamente il duro intervento di Pecoraro Scanio, del quale vengono riportate soltanto alcune battute di contenimento dell'intemperanza verbale del suo interlocutore, per giunta anche tagliate in maniera grossolana.
Chi quindi crede di assistere al battibecco per come si è effettivamente svolto resta veramente sconcertato dato che gli viene riproposto solo l’affondo scomposto di Casini.
E’ una esemplare dimostrazione di come, semplicemente estrapolando ad hoc una parte di una più ampia disputa verbale, si possa rappresentare un evento televisivo in modo del tutto difforme da come si è realmente sviluppato davanti alle telecamere.
Grazie al Corriere della Sera sappiamo adesso come sia estremamente semplice, ritagliando la scena giusta con un montaggio appropriato, deformare completamente la dinamica di uno scontro verbale in televisione tra due esponenti politici, mettendo in ombra (forse è meglio dire in cattiva luce) solo uno di essi.
Nel caso specifico a farne le spese è stato il leader dei Verdi che, come può riconoscere agevolmente chi ha seguito in diretta televisiva il dibattito, ha interloquito con straordinaria efficacia con Casini.
Ma dal video riportato dal Corriere si direbbe esattamente il contrario, essendo stato riproposto praticamente solo il “sopra le righe” di Casini con un Pecoraro Scanio sulla difensiva. Nè la voce fuori campo della giornalista che commenta l'episodio aiuta a capire: al contrario, pare semplicemente confezionare l'assolo del primo.
E si sa, in televisione (e non solo!) chi urla di più sembra che abbia la ragione dalla sua parte.
Come mai questo strafalcione on line del Corriere? Perchè evidenziare solo le parole del leader UDC e censurare quelle del ministro?
Eppure era presente in trasmissione addirittura il direttore Paolo Mieli!
Tra i due contendenti, è chiaro, il cuore del quotidiano di via Solferino batte per Pierferdinando Casini; ma è altrettanto evidente che quel video è una pessima prova di giornalismo, non degna di un quotidiano come il Corriere della Sera.
Ecco il link per la puntata della trasmissione di Giovanni Floris come riproposta per intero da Rai click: il battibecco (dura 6 minuti circa) inizia al 24° minuto; questa, invece, è la versione tagliata del Corriere della Sera che si trova nella rubrica Corriere TV.