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martedì 9 settembre 2008

E l'Alemanno bloccò i Vandali al Pincio...

La lettera che il sindaco di Roma Gianni Alemanno ha indirizzato sabato scorso al direttore di Repubblica con cui dichiara la propria contrarietà al proseguimento dei lavori del maxiparcheggio del Pincio è stata veramente una bella sorpresa perché, aggirando abilmente l’ostacolo dello scontro politico, preannuncia un cambio di direzione importante nel piano delle opere pubbliche della giunta capitolina e soprattutto un atto di buon senso, qualità sempre più rara nella politica italiana.
Prescindendo da battaglie ideologiche pretestuose e sorvolando adesso sulle ultime polemiche scatenate da alcune deprecabili dichiarazioni di esponenti del centrodestra in occasione della ricorrenza dell'8 settembre, restando dunque strettamente sulla questione del maxiparcheggio ai giardini Valadier, possiamo certamente affermare che Alemanno ha detto quello che qualsiasi cittadino normale in un paese normale vorrebbe sentirsi dire dai suoi amministratori quando è a rischio, con l’integrità dei monumenti, la memoria storica e l’identità culturale del proprio Paese: usiamo prudenza!
E’ proprio a questo principio di precauzione che Alemanno si ispira quando scrive:
"Questo principio ci insegna che quando s’interviene su un luogo particolarmente delicato e prezioso come il Parco del Pincio bisogna tenere presente non soltanto le condizioni tecniche del progetto, ma anche gli impatti presenti e futuri che questo intervento produrrà nel contesto circostante.
[…] Chi ci garantisce che fra 5, 10 o 20 anni assestamenti strutturali, carenze di manutenzione, cambi di destinazione d'uso non turbino in maniera irreversibile quel contesto? Neppure gli attuali accorgimenti tecnici annullano, nelle previsioni, gli "affioramenti" del parcheggio quali prese d'aria, griglie di emergenza e gallerie di accesso. Il Pincio è prima di tutto un giardino storico, un parco urbano e, come tale, è tutelato dalla Carta dei Giardini Storici (del 15 dicembre 1982) in cui si raccomanda che "ogni modificazione dell'ambiente fisico che possa essere dannosa per l'equilibrio ecologico deve essere proscritta". Al di là di sentimenti profondi di "sacralità" di molti luoghi romani che ci spingerebbero a desiderare che sotto la terrazza del Pincio ci sia l'antico tufo di quella collina e non un vero e proprio "palazzo" sotterraneo di 7 piani in calcestruzzo, nulla ci assicura che questa ingombrante presenza non riemerga nel tempo in tutta la sua estraneità ad un contesto ambientale come quello di un parco storico".

Non si fa un grosso sforzo ad ammettere che la lettera del neosindaco di Roma è pienamente condivisibile in ogni sua parola ed andrebbe sottoscritta da chiunque abbia a cuore le sorti del Belpaese.
Adesso si tratterà di vedere se alle parole seguiranno i fatti ma, ragionevolmente, la linea di comportamento del sindaco Alemanno è ormai tracciata chiaramente e porta ad un’unica conclusione possibile: l’abbandono del progetto.
Senza pagare indennizzi alla ditta esecutrice delle opere qualora verosimilmente scatti il vincolo archeologico, data l’imponenza dei reperti storici già individuati.
Se poi, malauguratamente, non si potesse evitare la soluzione risarcitoria, vorrà dire che la responsabilità di questo ulteriore costo graverà interamente su Walter Veltroni e la sua giunta, ideatori di questo progetto sciagurato che ha costretto il suo successore a questa scelta non facile ma, nei fatti, obbligata.
Per la quale ha già ricevuto numerosi elogi ed attestati di stima innanzitutto dai romani ma anche da parte proprio di quel vituperato popolo di sinistra, così snobbato dall’attuale leadership del partito democratico.
Se la vittoria del centro destra alle amministrative di Roma servisse almeno ad abortire l’idea folle del maxi parcheggio sotto il Pincio, si potrebbe facilmente concludere che non tutti i mali vengono per nuocere…
Di sicuro non sarà stato un risultato modesto aver salvato il salotto di Roma dalla devastazione dei Vandali!
A questa encomiabile iniziativa di Gianni Alemanno, Walter Veltroni non ha trovato di meglio che rispondere nella maniera più stolida:
"Retromanno si è spaventato per due ‘buu’ fatti da due giornali di destra e per questo ha cancellato una decisione che avevamo preso per togliere tutte le auto dal Tridente".
Parole che si commentano da sole, a parte la meschina trovata di storpiare il nome del suo successore.
Parole che pure ci fanno di nuovo interrogare su come sia stato possibile per il partito democratico ritrovarsi sul groppone una classe dirigente così modesta; per giunta del tutto scollata dalla propria base popolare, nonostante pretenda ancora di restarle in sella.
Ed anche in piena crisi di nervi, a cominciare dal suo segretario.
Un Veltroni superstressato, che perde sempre più frequentemente le staffe, prendendosela con tutto e tutti, persino accusando alcuni alti dirigenti del partito di farsi pubblicità alle sue spalle, senza però che egli abbia l’onestà intellettuale di fare pubblica ammenda dei propri madornali errori.
Egli continua a ritenere di stare dalla parte della ragione, di vedere più lontano degli altri, di cercare equilibri più avanzati (ma con chi?); perciò di essere vittima di una macchinazione ai suoi danni ordita da non meglio precisati nemici interni ed esterni, rifiutandosi testardamente di fare i conti con l’impietosa realtà di una leadership in dissoluzione.
Ed anche sulla questione parcheggio sotto il Pincio toppa miseramente, non riuscendo più neppure a cogliere gli umori della propria gente, nella stragrande maggioranza visceralmente contraria a questa impensabile deturpazione.
Come in un’allegoria di Buñuel o in un lungo piano sequenza di Antonioni, sotto il Pincio il leader democratico rischia di parcheggiare inesorabilmente le proprie ambizioni politiche.

sabato 6 settembre 2008

Salva l'Italia? No, ma almeno salva il Pincio!


Una delle più scomode eredità che la giunta Veltroni a Roma ha lasciato in dote all’amministrazione di destra diretta da Gianni Alemanno è rappresentata dal parcheggio per 700 posti auto in corso di realizzazione sotto la collina del Valadier, cioè sotto il Pincio.
Sembra assurdo ma l’ex giunta capitolina guidata da quello che sarebbe diventato il segretario del Pd ha messo in cantiere un’opera mostro di assai dubbia utilità ma dai sicuri effetti devastanti sulla monumentalità romana.
E’ scontato che Roma sia un museo a cielo aperto per cui intervenire urbanisticamente è sempre estremamente difficile, per non dire azzardato.
Ma agire sotto il Pincio, quel bellissimo giardino che si affaccia su Piazza del Popolo rasenta forse più la povertà di spirito che la demenzialità. Per di più, non per edificare un’opera d’arte, semplicemente per mettere su uno squallido parcheggio, stile centro commerciale.
E’ inutile ripetere le mille ragioni che possono essere opposte contro questo abominio; persone titolatissime, storici dell’arte, archeologici, tecnici della sovrintendenza, uomini di cultura hanno ribadito a più riprese la prepotenza sacrilega di un’opera del genere: sacrificare la memoria stratificata della civiltà umana alle attuali comodità del popolo dell’automobile.
Quando, tra qualche secolo, di questa scatoletta di metallo non sarà restata traccia, forse ci si chiederà chi fosse quel gruppo di svitati che accettò questo scambio scellerato.
D’altra parte, basta dare uno sguardo in giro sulla rete per rendersi conto di quale fuoco di polemiche da ciò sia divampato.
Ma non è questo l’aspetto che adesso ci preme sottolineare.
A noi interessa passare al setaccio le ragioni di quanti si schierano per il proseguimento dei lavori (già lo scavo è in fase avanzata) e che in questo modo si ergono di fatto in difesa della incresciosa scelta fatta a suo tempo dalla giunta Veltroni.
E’ ovvio che anche il Pincio può diventare il pretesto per farsi la guerra tra Pd e Pdl ad uso e consumo dei media, quella finta guerra che va avanti da tempo, mentre l’Italia sta implodendo sotto la pressione di una classe politica mediocre, ripiegata su se stessa, che governa a dispetto di una società civile che la osserva sempre più con insofferenza.
Due gli interventi che ci preme sottolineare in questa settimana.
Quello del giornalista Corrado Augias, pubblicato da Repubblica tre giorni fa, ricostruisce sommariamente la storica sacralità dei luoghi in questione soffermandosi un attimo sull’architetto che ne inventò la stupenda scenografia attuale: "[...]Poi venne il geniale Giuseppe Valadier (1762-1839) che fondendo miracolosamente il suo prediletto stile neoclassico alla spazialità barocca fece della piazza e della collina del Pincio uno degli scenari urbani più affascinanti d’Europa, il vero salotto di Roma".
Già queste parole sembrerebbero chiudere il discorso rendendo lampante l’assurdità di aver portato le ruspe in un posto del genere.
Ma, inopinatamente, il discorso di Augias prende ad un tratto un’altra piega; egli riconosce che "si possono dunque capire i dubbi, perfino le ostilità, anche se manifestate a volte con una certa sguaiataggine. Bisogna però aggiungere che, a lavori ultimati, tutto tornerà come prima salvo i due fornici di entrata e di uscita all’altezza della prima curva sulla rampa di destra della collina." Come vedremo, non è così!
Insomma, nonostante il suo noto aplomb anglosassone, egli fa proprio l’abusato costume italico di smentire nelle conclusioni la premessa fatta.
Augias, infatti, minimizza l’impatto ambientale: ha ragione (!), che vuoi che siano due fornici in un’epoca fornicatoria come la nostra?
Subito dopo accomuna nella sua possibile potenza devastatrice un’opera del genere ai progetti della metropolitana e dell’Auditorium di Renzo Piano, che (purtroppo per Augias) è da tempo strenuo avversario dei parcheggi multipiano realizzati nel sottosuolo cittadino.
Un piccolo particolare: l’Auditorium non è posizionato in pieno centro storico! Poi parla dei varchi aperti nelle mura aureliane per far defluire il traffico cittadino alla fine degli anni cinquanta. Anche qui , a maggior ragione, il paragone chiaramente non regge.
Ma tanto scempio storico, artistico, urbanistico, architettonico a cosa servirebbe? Ecco la risposta disarmante, superficiale di Augias: a costruire "Una rete di parcheggi sotterranei al fine di liberare la superficie dalla soffocante, caotica, presenza di auto spesso abbandonate dove capita. I posti macchina sono destinati in primis ai residenti e dovranno consentire di pedonalizzare l’intera zona".
Avete capito? Poiché l’amministrazione comunale non è stata in grado di regolare in superficie il traffico veicolare in modo coerente con l’unicità e l’irripetibilità dei luoghi (Augias ricorda il ripetuto tentativo naufragato di istituire il divieto di fermata in Via del Babuino) allora tanto vale aggredire la collina del Valadier, pur avendo appena ammesso che il Pincio rappresenta il vero salotto di Roma.
L’idea che questa deturpazione ciclopica faccia sparire le automobili dal famoso Tridente (Via di Ripetta, Via del Babuino e Via del Corso che dipartono da Piazza del Popolo) è poi poco più di un atto di fede.
A parte la considerazione che nessuno può garantire che i residenti di quella zona siano veramente disposti ad acquistare il posto auto o a prenderlo in affitto e che si riuscirà ad evitare l’ennesima speculazione ai danni del demanio pubblico, di sicuro ora c’è solo il fatto che verrà cancellata quella che il quotidiano inglese The Independent ha definito “Una Pompei segreta".
L’inaspettato assist confezionato da Augias a Veltroni ha permesso ieri al leader del Pd sul Corriere della Sera di passare al contrattacco contro i tanti detrattori del parking, voltando subito lo sguardo da un’altra parte:
Il Tridente nasce dalle grandi idee urbanistiche del Rinascimento e diventa un modello dell'idea barocca e poi neoclassica della città. È giusto che questa meraviglia sia un parcheggio di lamiere?”
Giustamente da uomo di cinema, quello che importa è ciò che sta davanti alla macchina da presa, essendo il fuori campo per lui cinematograficamente inesistente.
Poi, a corto di argomenti (il parallelo con la parigina Place Vendôme è del tutto improprio), afferra il suo cavallo di battaglia, la solita solfa del se pò ffà:
"La verità, così a me sembra, è che la vicenda del parcheggio del Pincio è diventata il sintomo di un modo di affrontare le questioni pubbliche, nel nostro Paese, che contrappone la cultura del fare, della pazienza, della concretezza alla cultura del gridare, dei veti, della disinformazione. Se si uscisse da questo scontro «ideologico» e si privilegiasse la concretezza, sarebbe evidente a chiunque che una città dove esistono 723 autovetture private ogni mille abitanti ha bisogno non solo di drastiche cure per l'aumento della mobilità collettiva su gomma e su ferro e per il disincentivo al traffico privato, ma anche di un coraggioso programma per i parcheggi. Le autovetture inquinano non solo quando camminano, ma anche quando sono ferme. E il centro storico di Roma, uno dei luoghi più belli del mondo, soffre in modo particolare questo inquinamento. Far scomparire le auto dalle strade dovrebbe essere un obiettivo condiviso da chi professa opinioni ambientaliste.”
Perfetto, le autovetture inquinano anche quando sono ferme salvo, fa intendere Veltroni, quando stanno sotto il Pincio, forse perché lì l’occhio del regista non arriva!
“Senza abitanti, il centro di Roma rischia di diventare un gigantesco mall turistico; con gli abitanti cambia la sua qualità, non solo urbana ma anche sociale. E gli abitanti devono poter avere l'opportunità di tenere la propria autovettura in un parcheggio, esattamente come succede in tutti i centri storici d'Europa. Far scomparire macchine e parcheggi all'aperto significherebbe pedonalizzare interamente una porzione molto vasta del Tridente, da Piazza di Spagna a Piazza Augusto Imperatore a Piazza del Popolo. Questa è la realtà. E non significherebbe attrarre altre auto in centro, perché il 90 per cento dei posti macchina previsti al Pincio sono destinati ai residenti."
Ma girando per Roma si nota che gli altri parcheggi (Villa Borghese, Ludovisi, Granicolo) sono sconsolatamente lontani dal tutto esaurito, con piani interamente vuoti: l’esosità delle tariffe (anche oltre i 25 euro al giorno!) costringe molti romani a preferire la sosta in doppia fila o in zona rimozione, ma almeno alla luce del sole!
Come afferma il responsabile del parcheggio Ludovisi: “E’ difficilissimo che il garage sia al completo. A maggior ragione, se proprio fuori da qui si permettono soste in zona rimozione o in doppia fila. Fino a che qualcuno non interverrà a sanzionare comportamenti incivili, è inutile fare parcheggi: i posti ci sono ma la gente non ci va. Ed è comprensibile: perché pagare 2,20 euro l’ora o 18 per un giorno intero se fuori posso parcheggiare senza sborsare una lira?”.
Che strano, nessuno ha mai pensato di mandare per la strada squadre di vigili urbani per multare gli automobilisti scorretti. Ma al maxi parcheggio del Pincio con le prese d’aria posizionati sull'affaccio ottocentesco del Valadier, questa sinistra del fare ci ha pensato eccome!
Che meraviglia passeggiare sul griglione sferragliante con i gas di scarico che risalgono dal parcheggio in quello che è uno dei luoghi architettonicamente ed urbanisticamente più preziosi e delicati al mondo!
Ci dispiace che una persona perbene ed uomo di fini letture come Corrado Augias si sia prestato a dare pubblicamente il proprio avallo ad una vera e propria nefandezza urbanistica nella Città Eterna che, al di là delle apparenze, vede ancora una volta l’esistenza di un consenso trasversale tra i cosiddetti due poli.
Sentire il sempre più sorprendente capogruppo del Pdl Maurizio Gasparri blaterare di "tecniche conservative incredibili" fa veramente cascare le braccia.
A questo punto, piuttosto che sottoscrivere l’insensata petizione di Veltroni "Salviamo l’Italia" che serve soltanto a lui per evitare di affondare subito e così continuare ad annaspare alla guida del Pd chissà per quanto tempo ancora, sarebbe molto più utile riprendere la petizione per salvare il Pincio, prima che i posteri fra qualche decennio si domandino come sia stato possibile che i talebani dell’automobile ad inizio millennio abbiano potuto svuotare un preziosissimo colle romano per farne un gigantesco garage.
Chi ci osserva dall'estero intanto non esita a concludere pessimisticamente: "They are destroying a very beautiful part of Rome."