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venerdì 4 gennaio 2013

E a Rainews24 va in onda Piepoli, l'opinionista della Casta

A Rainews24 il cosiddetto sondaggista Nicola Piepoli, in studio col direttore Corradino Mineo ieri sera al Punto alle 20, nel presentare i risultati sulle previsioni di voto per le prossime Politiche sulla base di un campione di mille interviste, ha indicato con malcelata soddisfazione il Movimento 5S ad un modesto 11%, spiegando poi che la tendenza sarebbe ad un ulteriore forte calo prevedendo come risultato definitivo, tra sessanta giorni, un dato largamente inferiore, perché, secondo lui, la gente ha iniziato a rinsavire...
Mineo è stato costretto subito a prenderne le distanze mentre costui, lungi dal correggersi, rilanciava con un riferimento provocatorio a Erasmo da Rotterdam e al suo Elogio della Follia.
Quale considerazione e credibilità scientifica possa avere chi  si esprime in questi termini e quale attendibilità possano avere i risultati di una sua ricerca è sotto gli occhi di tutti!
Ma il punto è un altro: ci sarà una qualche autorità chiamata ad intervenire per impedire ad un tale personaggio di continuare a fare danni nell'etere pubblico, per giunta in tempi di par condicio?
E, infine: chi gli ha dato l'incarico di scorrazzare per le reti Rai a spargere veleno parascientifico, naturalmente a carico dei contribuenti?
Perché il soggetto non è nuovo a sparate del genere, come documenta un post di Beppe Grillo del maggio 2011.
E' possibile che le regole le debbano rispettare solo  quel pericoloso sovversivo di Grillo e i cittadini comuni, mentre ai corifei della Casta è lasciato campo libero?
Ecco il link:
http://www.rainews24.rai.it/it/video.php?id=31611

sabato 21 luglio 2012

Prove tecniche di dittatura

Per capire in che degrado sia precipitata la libertà di pensiero e di parola in Italia, basta guardare a come giornali, televisioni, Tg, hanno trattato la notizia sensazionale del conflitto di attribuzione che il Capo dello Stato, Giorgio Napolitano, ha sollevato contro la Procura di Palermo, che sta indagando sulla trattativa tra Stato e mafia nel biennio stragista 1992-1993.
L'attacco diretto che il Presidente della Repubblica ha portato ai pm siciliani non ha precedenti nella storia d'Italia; eppure, con l'eccezione di qualche voce isolata e di un solo giornale, il Fatto Quotidiano, non c'è giornalista della carta stampata o della televisione che, invece di informare e di ricostruire con oggettività la vicenda, non abbia preferito prendere, secondo una regia che sembra quasi studiata a tavolino, la difesa d'ufficio di Giorgio Napolitano.
Il modo con cui la notizia viene gestita dagli organi di informazione è veramente vergognoso: in un'unanimità di consensi, tra centrodestra e centrosinistra, non c'è nessuno che abbia ricostruito la vicenda per quello che è, nessuno che abbia osato semplicemente descrivere il comportamento eccezionale di Re Giorgio, a cui vengono ancora in queste ore tributati gli onori che un tempo si concedevano ai monarchi assoluti, di cui almeno nel mondo occidentale non dovrebbe esserci restata traccia.
Sul piano politico, l'unico che abbia alzato il dito per sottolineare che il re è nudo è Antonio Di Pietro, a cui tutti gli Italiani devono riconoscere, al di là delle simpatie personali o delle proprie convinzioni ideologiche, in questa come in altre recenti occasioni, una prova di onestà intellettuale, lealtà istituzionale e senso civico che, ad esempio, i sepolcri imbiancati del Partito Democratico non si sono neppure sognati di avere.
Tralasciamo poi, per carità di patria, la posizione del Pdl e dell'Udc, partiti in cui ad esempio personaggi come Salvatore Cuffaro,  Raffaele Cosentino,  Marcello Dell'Utri, ecc.,  hanno avuto e spesso ancora hanno un ruolo apicale, che condividono con il Pd la stessa posizione di totale sudditanza alle mosse del Colle, con l'obiettivo neppure sottaciuto di precostituirsi un formidabile e gigantesco precedente. 
Successivamente, capitando con certezza matematica l'occasione buona, potranno comodamente passare all'incasso, vedendosi restituire a vantaggio dei propri uomini un analogo favore: basta sfogliare i giornali di area berlusconiana in questi giorni per farsene un'idea.
Dicevamo prima che il quarto potere ha dato di sè una prova pessima.
Nessun telegiornale ha fatto eccezione, anche la squadra di Rai News 24, di solito così pronta a decodificare i segnali della politica ed a ricostruire con attenzione i fatti di giornata, si è limitata a fare da grancassa alle iniziative del sovrano del Quirinale.
Particolarmente in difficoltà il direttore Corradino Mineo:  solitamente mostra una certa autonomia di giudizio  ma parlando di Napolitano le sue qualità professionali d'incanto vengono obnubilate.
Da sempre trapela dalle sue parole una autentica Venerazione nei confronti dell'attuale Inquilino del Colle: ne parla con ammirazione, con timorosa cautela e con la premurosa circospezione da tributare ad un Dio in terra, i cui comportamenti sono ispirati da un'Intelligenza Superiore e i cui interventi sono sempre opportuni, pertinenti, necessari, decisivi, equilibrati, mirati, una immeritata manna per l'Italia.
La consueta vivacità intellettuale delle sue riflessioni si scioglie, definitivamente e malinconicamente, in un'adesione cieca e totale alle Gesta Sovrane.
C'è da temere che quando finalmente giungerà a compimento il Celeste Mandato, il Mineo si presenterà ai suoi telespettatori in gramaglie e annuncerà la notizia come fece qualche mese fa la conduttrice della televisione nordcoreana per annunciare la dipartita del dittatore Kim Jong II.



Nella classifica della libertà di stampa siamo al 40° posto, subito dopo la Corea del Sud: ancora uno sforzo e quella del Nord sarà alla nostra portata...

PS: chi ci vuole capire qualcosa sul conflitto tra Napolitano e Procura di Palermo è pregato di spegnere la televisione, buttare nella pattumiera i giornali (ad eccezione del Fatto Quotidiano, che guarda caso è l'unico che non riceve un euro di finanziamento pubblico) e di cliccare sul link del FattoQuotidianoTV della registrazione della diretta-streaming da Via D'Amelio del 19 luglio: è  un video di oltre 8 ore dove compaiono interventi autorevoli, anche dei magistrati del pool di Palermo. Da non perdere, dopo 6h e 7' circa, la lezione civile di Marco Travaglio: 60 minuti da antologia.

domenica 8 luglio 2012

Ancora e solo macelleria sociale dietro la spending review

La "spending review" di Mario Monti mostra tutta l'inadeguatezza del governo dei tecnocrati a gestire un passaggio così delicato per l'economia italiana.
Il decreto legge emanato a notte fonda dal consiglio dei ministri è molto al di sotto delle attese quanto a qualità dell'intervento: tra bisturi e mannaia, decisamente i tecnici hanno rinunciato al camice del chirurgo per quello più insanguinato del macellaio.
E' chiaro che ci si attendeva una sforbiciata dal lato della spesa ma, da una compagine tecnica con il rincalzo di gente come Giuliano Amato, l'economista Francesco Giavazzi e il commissario liquidatore Enrico Bondi, ci si sarebbe aspettati un lavoro se non altro fatto a regola d'arte.
E invece il quadro che ne emerge è quanto mai confuso e incoerente, con un affastellamento di provvedimenti che mirano, senza tanti giri di parole, a tagliare ancora una volta la spesa sociale in tre settori cruciali (sanità, giustizia e pubblica amministrazione), rinunciando in partenza a qualsiasi tentativo di riorganizzazione degli stessi, vero banco di prova per misurare le qualità manageriali dei professori.
Clamoroso è lo svarione nella sanità dove invece di procedere ad un recupero di efficienza nella gestione delle aziende sanitarie si opta per tagli lineari indiscriminati che penalizzano nella stessa misura sia le regioni più virtuose che quelle colpevolmente in grossa difficoltà finanziaria, con l'unico risultato di ridurre complessivamente 18'000 posti letto, ennesimo taglio ai livelli di prestazione ed assistenza ai cittadini.
Surreale il commento che ne ha fatto l'ex ministro Mario Baldassarri del Fli, ora presidente della Commissione Finanze e Tesoro del Senato, dai microfoni di RaiNews 24: per lui i piccoli ospedali vanno tutti chiusi, salvando solo i pronto soccorso; tutto il resto trasformato in posti letto residenziali per anziani.
Se questo è il modo di approcciare il problema della sanità, vero ineludibile nodo del contratto sociale, siamo a cavallo...
Ma quello che denota la matrice rigorosamente di destra di questo taglio della spesa è:
- non aver rinunciato, contro ogni buon senso, all'acquisto degli aerei militari da attacco F35 da 12 miliardi di euro che, particolare non trascurabile di questi tempi, comportano per giunta il drenaggio di immani risorse verso l'estero, inguaiando ancora di più la nostra già asfittica economia nazionale: una decisione contro gli Italiani ma anche contro l'Italia;
- non aver voluto neppure prendere in considerazione  il taglio delle pensioni d'oro (per intenderci quelle sopra i 5'000-6'000 euro netti mensili) che produrrebbe, secondo alcune stime, risparmi immediati per 2,5 miliardi per quelle pubbliche e circa 15 miliardi per quelle private.
E' una manovra, l'ennesima firmata da Mario Monti, così odiosamente di classe che pure il leader di Confindustria Giorgio Squinzi, non l'ultimo dei bolscevichi, l'ha definita crudamente "macelleria sociale" .
Ed ha costretto il premier Monti ad una brusca reazione, perdendo di colpo tutta la sua decantata sobrietà, accusandolo oggi con queste parole di tenere lo spread alto (venerdì ha chiuso a 460 punti): "Dichiarazioni di questo tipo, come è avvenuto nei mesi scorsi, fanno aumentare lo spread e i tassi a carico non solo del debito ma anche delle imprese, e quindi invito a non fare danno alle imprese".
Eh no, caro Monti, non  puoi addossare agli altri la responsabilità di una politica fallimentare perché gravemente recessiva (le previsioni danno al termine del 2012  per l'Italia un gravissimo ed isolato  -2% del Pil) e smaccatamente antipopolare.
Né puoi farti scudo dello spread che non scende per non pagare dazio di otto interminabili mesi durante i quali hai contribuito sistematicamente all'odierno disastro: se lo spread resta così alto è proprio a causa delle tue politiche di grande banchiere ma pessimo economista.
Eccone le tre principali ragioni:
1. i risultati estremamente deludenti raccolti in Europa nell'ultimo week end di giugno (al di là delle sparate dei due principali quotidiani nazionali che osannavano SuperMario, sfruttando in modo meschino il successo mediatico del bravo azzurro Mario Balotelli): il tuo scudo anti spread resta solo sulla carta e di buone intenzioni è lastricata la strada verso l'inferno;
2. una politica economica antiquata, prekeynesiana, che sta facendo letteralmente collassare l'economia nazionale;
3. una grave instabilità nella maggioranza politica che ormai sta facendo cuocere l'esecutivo a fuoco lento, con il Partito Democratico e il suo segretario Pierluigi Bersani che restano a sostenere inopinatamente il governo tecnico senza rendersi conto di stare così segando il ramo in cui sono appollaiati, con un elettorato ormai in libera uscita.
Anche il modo in cui il Pd ha bocciato la mozione di sfiducia al ministro Elsa Fornero è demenziale: basta sentire le parole disarmanti usate da Bersani in due dichiarazioni distinte a Sky TG24 per capire che l'unico servizio che politici simili possono ancora rendere al Paese è andarsene a casa il prima possibile.
Del resto Monti lo ha fatto intendere proprio nella dichiarazione di oggi che una delle ragioni dello spread alle stelle è di essere alla vigilia di una campagna elettorale che durerà un intero anno: "per quanto riguarda l'Italia c'è anche l'incertezza su quello che succederà nella politica italiana dopo le elezioni del 2013".
A questo punto, rinnoviamo la domanda già fatta inutilmente nelle scorse settimane:



martedì 1 maggio 2012

I farisei del Palazzo attaccano Grillo: vigilia della caduta dell'Ancien régime?

E' bastata una battuta paradossale di Beppe Grillo in un comizio a Palermo, secondo il suo solito stile ad effetto, in cui ha accostato la mafia, che imponendo il pizzo alle imprese non ha interesse a strangolarle pena la sua stessa sopravvivenza, con la finanza internazionale, che tartassa ciecamente i cittadini fino a stroncarne qualsiasi iniziativa economica, perché la Casta scatenasse un inferno di dichiarazioni contro di lui.
Siamo all'assurdo che uomini politici che guadagnano a sbafo 15.000 euro netti al mese, lasciando che il governo del Paese venga affidato ai banchieri mentre molta gente è alla disperazione, hanno pure la faccia tosta di specularci sopra dando del mafioso a Grillo.
Ma come?
Non è forse Pierluigi Bersani che sta tessendo da mesi la tela di un'alleanza politica del Partito Democratico con  l'UDC di Pierferdinando Casini, quello che ha difeso per anni, in prima persona e a spada tratta, Totò Cuffaro, detto Vasa Vasa, il presidente della Regione Sicilia che il 23 gennaio 2010 la Corte d'Appello di Palermo ha condannato a sette anni di reclusione per favoreggiamento aggravato nel processo 'talpe alla Dda', essendo stata riconosciuta l'aggravante di aver favorito Cosa Nostra?
Sentenza confermata l'anno successivo dai giudici di Cassazione che nelle motivazioni   hanno dichiarato provato "l'accordo politico-mafioso tra il capo-mandamento Giuseppe Guttadauro e l'uomo politico Salvatore Cuffaro, e la consapevolezza di quest'ultimo di agevolare l'associazione mafiosa, inserendo nella lista elettorale per le elezioni siciliane del 2001 persone gradite ai boss e rivelando, in più occasioni, a personaggi mafiosi l'esistenza di indagini in corso nei loro confronti."
Non era stato il suo segretario  Pierferdinando Casini, qualche tempo prima in vista delle elezioni politiche del 2008, a definire Cuffaro un "perseguitato politico" annunciando di candidarlo alle consultazioni nazionali, violando dunque la promessa, in campagna elettorale, di non candidatura per chi avesse subito condanne?
E tutto ciò senza neppure prendersi la briga di una tardiva pubblica ammenda di tali dichiarazioni, a condanna definitiva ormai emanata!
Questa gente, fra l'altro responsabile del disastro economico, finanziario ma innanzitutto morale in cui versa il nostro paese, si permette il lusso di dare lezioni di antimafia a Grillo che, per la sua storia, evidentemente sta agli antipodi del mondo in cui è nato e prosperato il fenomeno mafioso e le altre forme di criminalità organizzata. Ma anche per i comportamenti: sua l'iniziativa di una legge di iniziativa popolare contro i condannati in Parlamento o la bellissima idea del Calendario dei santi laici, in cui protagonisti sono proprio alcune vittime illustri della violenza mafiosa.
Non sarebbe, quindi, neanche il caso di doverlo precisare se la Casta non si fosse impadronita di questa uscita sfortunata di Beppe Grillo in modo famelico e volgare, accusandolo di voler intercettare il voto mafioso.
Senza rendersi conto così di dimostrare urbi et orbi di continuare a tenerci molto a quella riserva di voti...
La battuta, estrapolata dall'iperbole di un ragionamento molto più ampio che tentava di mostrare come lo stato possa essere a volte altrettanto spietato delle organizzazioni criminali nel pretendere i tributi, potrà essere considerata infelice, inopportuna.
Ma farne scattare la crocifissione mediatica a furor di Casta non è degno di un paese democratico o presunto tale: ha il sapore amarissimo della purga.
A volte, per l'imprevisto sempre in agguato, con conseguenze involontariamente ridicole.
Ieri sera, ad esempio, nel notiziario delle ore 20 di Rai News24, il pur bravo conduttore Corradino Mineo è sbiancato in volto quando, avendo chiesto alla regia di mandare in onda la battuta grillina per ricevere un commento da parte dell'europarlamentare dell'IDV Sonia Alfano, si è visto  trasmettere un'altra parte del discorso palermitano di Grillo, in cui egli giustamente invocava, ad elezioni politiche concluse, la celebrazione di un processo pubblico che sanzionasse severamente le ruberie dell'ultimo ventennio e si concludesse, da un lato, con la restituzione del maltolto e, dall'altro, con la condanna dei politici responsabili ai lavori socialmente utili.


Giacobinismo ha subito chiosato l'altro giornalista in studio, Oliviero Beha, mentre il direttore Mineo, annuendo, implorava intanto la regia di mandare in onda il pezzo giusto: se no la gente a casa non capisce!
Ecco, questo infortunio televisivo dimostra lo spazio abissale che ormai separa la vecchia politica del trio Alfano-Bersani-Casini dagli umori della gente che questi hanno abbandonato irresponsabilmente al proprio destino dopo aver portato l'Italia al tracollo e averla lasciata alla mercé dei banchieri, della tecnocrazia europea e delle agenzie di rating, attraverso la nomina del commissario liquidatore Mario Monti.
Pochi osservatori, neppure persone di solito attente come Mineo e Beha, si rendono conto che, se soffia forte il vento giacobino, è forse perché la situazione in cui ci troviamo è talmente difficile da essere ormai imminente, più di quanto i media non lascino trapelare, la caduta dell'Ancien régime partitocratico.