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lunedì 11 giugno 2012

L'Istat boccia Monti: PIL - 0,8%! Si può continuare così fino al 2013?

L'araldo del Quirinale, ovvero la Repubblica, il quotidiano fondato da Eugenio Scalfari, ieri ci informava che l'instancabile uomo del Colle stava mettendo la sua buona parola anche sulla missione degli Azzurri di Prandelli nella campagna di Polonia e Ucraina, alla vigilia della discesa in campo contro la Spagna.
Il titolo d'apertura dell'edizione on line era:
'Europei, Napolitano spinge l'Italia "La crisi? Anche una vittoria incoraggia"'.
Sembra che nel dopopartita con la Spagna il presidente sia addirittura sceso negli spogliatoi ad abbracciare Buffon...
Insomma, è finito il tempo in cui per far scendere lo spread bastava che il bocconiano di ferro Mario Monti predicasse il rigore della riforma previdenziale più severa d'Europa, il tutto condito con le lacrime di coccodrillo dell'impareggiabile ministro Elsa Fornero che annunciava che i poveri pensionati avrebbero perso pure il misero adeguamento dei loro vitalizi all'inflazione.
Pure i polli sapevano che questi provvedimenti non avrebbero neppure scalfito il differenziale del rendimento dei nostri titoli di Stato con i Bund tedeschi, trattandosi di misure volte nella migliore delle ipotesi ad avere effetti in un orizzonte previdenziale, che per definizione non può che essere di lungo termine.
Tant'è che se non fosse intervenuto Mario Draghi da Francoforte con una maxi immissione di liquidità da mille miliardi a favore delle banche europee, a quest'ora chissà lo spread quali altre barriere avrebbe sfondato.
Ai tecnici serviva in quel momento un'esibizione di muscoli per persuadere i mercati che la nostra democrazia era ormai sotto lo schiaffo dei potentati economici e finanziari e che la popolazione italiana era stata messa in sicurezza, cioè nelle condizioni di subire qualsiasi vessazione presente e futura senza protestare.
Il tutto lavorato dai media amici al punto da trasfigurare le persone di Monti e Napolitano in salvatori della patria, coloro che stoicamente impongono ai cittadini condizioni di vita durissime pur lasciando politici e grandi burocrati di Stato a gozzovigliare allegramente: se non è un'impresa eroica questa!
Delle tre parole d'ordine, rigore-equità-crescita, l'unica che hanno davvero perseguita è stata la prima; quanto all'equità non c'è stata neppure una dichiarazione d'intenti in questo senso perché, al di là del teatrino quotidiano da dare in pasto ai TG, occorreva mostrare agli osservatori internazionali l'esatto contrario.
Il governo Monti, malgrado la sua inqualificabile maggioranza, agli occhi della community finanziaria doveva avere la forza di esibire il pugno di ferro in campo economico ma essere nel contempo rassicurante, riuscendo a farlo senza mettere in discussione il primato sociale della sua pessima classe dirigente.
Ecco perché l'attacco allo Statuto dei lavoratori ha rappresentato una tappa obbligata di questo percorso e a nulla sono valse le argomentazioni avanzate da più parti sull'irrilevanza economica della modifica dell'articolo 18 con l'introduzione del principio del licenziamento facile: ennesima mossa ideologica di un governo dei poteri forti che metteva sotto scacco la sua popolazione.
Che poi i tecnici sono completamente impreparati sui temi della crescita economica è un piccolo dettaglio  che è emerso dopo alcuni mesi di grandi annunci: è possibile che in nove mesi i bocconiani  non siano riusciti ad emanare un solo provvedimento degno di questo nome?
Probabilmente se avessimo dato l'incarico ad un gruppo di studenti delle superiori, tanto una qualche misura cristallina a favore della crescita sarebbe venuta fuori.
E invece abbiamo assistito in questi mesi a tanto fumo e niente arrosto.
A cosa si siano ridotte le mitiche liberalizzazioni montiane del gennaio scorso ce lo dice il dato pubblicato oggi dall' Istat sul Pil del primo trimestre sceso addirittura dello 0,8%, il peggiore risultato degli ultimi tre anni: un vero smacco per la squadra di Mr. Monti!
Non parliamo poi dello spending review (già l'abuso del termine inglese è tutto un programma!), perché lì rasentiamo il ridicolo.
Ma come? Il ministro Giarda non aveva qualche settimana fa annunciato che sarebbe stato  facile tagliare subito 100 miliardi di spesa pubblica (per poi arrivare, con più tempo a disposizione, a due-trecento miliardi) semplicemente eliminando gli sprechi?
Ci saremmo potuti risparmiare ampiamente il salasso odierno dell'IMU, che complessivamente è stimato attorno ai 20.
Chiacchiere di fine primavera, come la querelle tra Vittorio Grilli e Corrado Passera sul finanziamento delle misure per la crescita: si arriva addirittura al giorno fatidico del Consiglio dei ministri in cui il provvedimento sarebbe dovuto essere approvato per poi inopinatamente soprassedere per mancanza di copertura finanziaria.
Splendido! Manco fossimo nella migliore commedia all'italiana!
In questo marasma, a cui si aggiunge la notizia di un nuovo buco da tre-quattro miliardi per il calo del gettito tributario dovuto proprio alla recessione, effetto ben poco collaterale della cura Monti, Pd e Pdl hanno la faccia tosta di spartirsi le poltrone degli organismi di garanzia, le cosiddette Authority, infischiandosene prima ancora che dei cittadini, del comune senso del pudore.
Uno spettacolo di giorno in giorno più indegno, con i vari Martusciello, moglie di Vespa ed altri personaggi in cerca di poltrona che tagliano il traguardo, in barba ai curriculum di coloro che con molta più indipendenza e competenza avrebbero meritato quei posti.
Se però il responsabile economico del Pd Stefano Fassina fa notare che, a questo punto, sarebbe meglio andare a votare a ottobre piuttosto che tirare a morire con questo strazio di governo, apriti cielo!
Scoppia il finimondo, con Pierluigi Bersani, segretario del PD, che dichiara ai quattro venti di  sostenere Monti senza se e senza ma fino al termine della legislatura.
Se poi Beppe Grillo e il suo movimento sbancheranno le urne, raggiungendo magari la maggioranza assoluta dei voti, nessuno della Casta dovrà lamentarsi...

lunedì 20 febbraio 2012

Di male in peggio: per Veltroni il governo Monti fa cose di sinistra

Con la bravata di Veltroni sull'articolo 18, finalmente qualcosa si muove anche dentro il Pd. Perché quello di Walter Se po' ffà non è semplicemente un caso umano.
Grazie alla grancassa dei media che lo intervistano da anni ad ogni piè sospinto, è diventato purtroppo un caso politico.
Perché se per il fondatore del Pd "Monti fa cose di sinistra", un qualche problema di linea politica dovrà pur esistere in questo surreale partito.
Questa volta, per fortuna, il responsabile economico del Pd, Stefano Fassina, gli risponde a tono:  “Caro Walter se il programma del governo Monti è l’orizzonte di una forza progressista come il Pd, allora delle due l’una: o il Pdl, che insieme a noi sostiene il governo Monti, è diventato un partito progressista, oppure la tua valutazione è sbagliata”.
E per ricondurre il vaniloquio veltroniano alla giusta categoria di falso, prosegue:
“Se fosse giusta dovremmo essere conseguenti. Alle prossime elezioni il Pd dovrebbe presentarsi insieme al Pdl, oltre che al Terzo Polo: una sorta di partito unico del pensiero unico. La fine della politica, non solo della democrazia”.
Frase che suonerebbe come epitaffio della carriera politica dell'ex sindaco di Roma, se non fosse che il vicesegretario Enrico Letta, quello del famoso pizzino a Mario Monti in cui gli scriveva di essere riservatamente a sua disposizione, gli dà man forte dicendo che “non dobbiamo cedere Monti alla destra”.
Ma accanto al caso personale dell'ex sindaco di Roma,  non si capisce il motivo per cui giornali e televisioni lo continuino ad intervistare quasi fosse un oracolo, nonostante gareggi con l'amico-nemico Massimo D'Alema per il poco invidiabile titolo di uomo politico più perdente della storia repubblicana.
Come mai uno che ha preso cantonate a ripetizione, inanellando una sconfitta dietro l'altra nelle fila del Partito democratico, sia oggetto di tale attenzione e riguardo da parte dei principali media che fingono di pendere dalle sue labbra, è questione che ha molto a che vedere con la disastrosa situazione della libertà di stampa in Italia, precipitata al 61° posto nell'apposita classifica.
Con il risultato sconfortante che il Partito democratico prima che dagli altri partiti, deve prendere le distanze da se stesso, cioè da alcuni dei suoi massimi dirigenti, personaggi in libera uscita proprio come Veltroni.
E così, mentre mezzo partito intona a mezza voce "Lusi in the Sky with Diamonds", l'altra metà fa gli scongiuri affinché il presidente Obama si decida a chiamare nel suo staff elettorale uno dei suoi fans, l'impareggiabile Walter, l'americano de Roma.