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mercoledì 15 agosto 2012

La democrazia ai tempi della Casta

L'anno che si chiude con queste ferie d'agosto segna per molti versi un passaggio epocale.
Il 2011-2012 ci consegna, in fatti, il volto di una classe dirigente che, messe da parte tutte le ipocrisie e i convenevoli di facciata, usa la democrazia a fini privati, cioè come strumento di massa per affermare la propria supremazia sociale, infischiandosene al momento giusto delle regole, della legge, della stessa Costituzione.
La Casta aspira al potere non per accarezzare la propria idea, il proprio modello di società, e magari vederlo sviluppato e realizzato in concreto.
E' bene per gli elettori non farsi più soverchie illusioni! 
Una volta coagulato sulla base di poche parole d'ordine un consenso abbastanza vasto tra i cittadini tale da potersi considerare prevalente  (e su questo si concentrano tutti gli sforzi, anche facendo carte false o cercando di finanziare la propria campagna elettorale con aiuti esterni al prezzo di inquinare la propria asserita spinta ideale),  i politici di professione lo strumentalizzano  per poter improntare finalmente la propria esistenza al di sopra di ogni limite che non sia quello della propria esclusiva discrezionalità, sistematicamente violando le norme quando queste entrano in rotta di collisione con il proprio agire.
Perché, per questi personaggi, sono le norme che confliggono con i propri comportamenti, e non il contrario, come il buon senso suggerirebbe.
Ed ecco che al momento giusto non tollerano che la magistratura possa chiedere loro conto del proprio operato.
Per loro, infatti, l'obiettivo pressoché unico resta quello di essere eletti: a quel punto, la propria missione può dirsi conclusa.
Da questo momento in poi, si tratterà soltanto di esercitare le proprie prerogative, sia pure nelle forme concordate con gli altri fortunati eletti: ci si metterà d'accordo, non è un problema, quand'anche si finisse formalmente all'opposizione.
Una qualche forma di condivisione del potere comunque ci sarà, magari in forme meno appariscenti. 
Bellezza, questa è la partitocrazia!
Il discorso vale per i parlamentari nazionali,  ma, con necessarie attenuazioni, può essere esteso anche ai livelli amministrativi inferiori. Anche perché, all'interno dei partiti, c'è la necessità di avere, oltre ai classici portatori d'acqua, leader disponibili a coprire i diversi ruoli a seconda delle occasioni.
E' così che ad un parlamentare può essere chiesto il supremo sacrificio di candidarsi a sindaco, persino costringendolo a rinunciare all'attuale seggio, con la promessa di lauta ricompensa alla prima occasione buona.
La legge elettorale, il porcellum, ha poi portato all'esasperazione l'appartenenza di Casta: tra premio di maggioranza e liste bloccate dalle segreterie di partito, il legame tra politici e elettori si fa praticamente inesistente.
E non c'è programma o piattaforma politica che dir si voglia: nessun partito si sbilancia più su ciò che intende veramente fare a vittoria elettorale archiviata, la politica è quella delle mani libere.
In pasto agli elettori al massimo una dichiarazione d'intenti, come ha fatto il PD, dove si può leggere tutto e il suo contrario.
Così si spiega perché tra PD - PDL e UDC, cioè tra centrodestra - centrosinistra e centristi, non c'è differenza alcuna nella pratica politica.
Tutta la battaglia si concentra, in una campagna elettorale forsennata, sull'accesso, più o meno negoziato, alla stanza dei bottoni: ma una volta preso possesso della tastiera, si è padroni di digitarvi sopra la propria raggiunta immunità, in barba ad ogni regola.
Con due poteri dello Stato, Parlamento e Governo, ridotti così, la magistratura diventa automaticamente il nemico da abbattere, all'occorrenza ribaltando persino il tavolo dei principi della Costituzione grazie alla complicità dei media.
Ecco perché si può stare in Afganistan o in Iraq, in palese violazione dell'art. 11, senza problemi; così come si può bombardare la Libia, solo pochi mesi dopo aver firmato con tutti gli onori e crismi un trattato di non belligeranza.
Ma si può pure delegitimare l'indagine della magistratura sul biennio stragista del 1992-93, invocando inesistenti prerogative costituzionali; e al tempo stesso promulgare le leggi vergogna dell'epoca berlusconiana, tanto prima o poi vanno firmate...
Si può poi nominare un Governo con una maggioranza parlamentare trasversale che, in un sistema maggioritario bipolare, senza un passaggio elettorale, è sostanzialmente illegittimo; esecutivo che poi prende provvedimenti impopolari senza doverne neppure rispondere agli elettori, fungendo da curatore fallimentare del Paese, che in pochi mesi è stato ridotto, anche per effetto di queste misure, alla canna del gas.
Si possono annullare le ordinanze del giudice di Taranto per far riprendere la produzione dell'Ilva, infischiandosene del disastro ambientale e delle morti causate dall'impianto siderurgico fuorilegge, facendo finta di salvare posti di lavoro ma intanto condannando a morte quelli che forse implicitamente vengono considerati Italiani di serie B o C.
Eppure, prima dell'intervento della magistratura, nessuno si preoccupava di imporre all'Ilva il pieno rispetto della normativa ambientale; naturalmente, negli anni passati, l'Ilva provvedeva, piuttosto che gli impianti, a bonificare, beninteso legittimamente, gli amici-nemici Forza Italia e Pierluigi Bersani con cospicue elargizioni, sicuramente in virtù di reciproche affinità elettive.
E' forse un caso che Pierluigi Bersani e Angelino Alfano, si sono scagliati all'unisono contro la decisione del gip, chiedendo al governo di intervenire, in palese violazione della legge?
E' chiaro che la situazione politica del Paese è diventata insostenibile: che a presidiare quello che resta della nostra democrazia sia rimasta, sola e infangata, la magistratura, è  un fatto gravissimo.
E se i cittadini non riprendono in mano la sovranità e cacciano via mercanti e banchieri dalle Istituzioni, questo Paese non ha più futuro.
Ma bisogna fare in fretta, prima che la Casta abbia finito di svendere insieme ai gioielli di famiglia la nostra stessa dignità.

sabato 21 luglio 2012

Prove tecniche di dittatura

Per capire in che degrado sia precipitata la libertà di pensiero e di parola in Italia, basta guardare a come giornali, televisioni, Tg, hanno trattato la notizia sensazionale del conflitto di attribuzione che il Capo dello Stato, Giorgio Napolitano, ha sollevato contro la Procura di Palermo, che sta indagando sulla trattativa tra Stato e mafia nel biennio stragista 1992-1993.
L'attacco diretto che il Presidente della Repubblica ha portato ai pm siciliani non ha precedenti nella storia d'Italia; eppure, con l'eccezione di qualche voce isolata e di un solo giornale, il Fatto Quotidiano, non c'è giornalista della carta stampata o della televisione che, invece di informare e di ricostruire con oggettività la vicenda, non abbia preferito prendere, secondo una regia che sembra quasi studiata a tavolino, la difesa d'ufficio di Giorgio Napolitano.
Il modo con cui la notizia viene gestita dagli organi di informazione è veramente vergognoso: in un'unanimità di consensi, tra centrodestra e centrosinistra, non c'è nessuno che abbia ricostruito la vicenda per quello che è, nessuno che abbia osato semplicemente descrivere il comportamento eccezionale di Re Giorgio, a cui vengono ancora in queste ore tributati gli onori che un tempo si concedevano ai monarchi assoluti, di cui almeno nel mondo occidentale non dovrebbe esserci restata traccia.
Sul piano politico, l'unico che abbia alzato il dito per sottolineare che il re è nudo è Antonio Di Pietro, a cui tutti gli Italiani devono riconoscere, al di là delle simpatie personali o delle proprie convinzioni ideologiche, in questa come in altre recenti occasioni, una prova di onestà intellettuale, lealtà istituzionale e senso civico che, ad esempio, i sepolcri imbiancati del Partito Democratico non si sono neppure sognati di avere.
Tralasciamo poi, per carità di patria, la posizione del Pdl e dell'Udc, partiti in cui ad esempio personaggi come Salvatore Cuffaro,  Raffaele Cosentino,  Marcello Dell'Utri, ecc.,  hanno avuto e spesso ancora hanno un ruolo apicale, che condividono con il Pd la stessa posizione di totale sudditanza alle mosse del Colle, con l'obiettivo neppure sottaciuto di precostituirsi un formidabile e gigantesco precedente. 
Successivamente, capitando con certezza matematica l'occasione buona, potranno comodamente passare all'incasso, vedendosi restituire a vantaggio dei propri uomini un analogo favore: basta sfogliare i giornali di area berlusconiana in questi giorni per farsene un'idea.
Dicevamo prima che il quarto potere ha dato di sè una prova pessima.
Nessun telegiornale ha fatto eccezione, anche la squadra di Rai News 24, di solito così pronta a decodificare i segnali della politica ed a ricostruire con attenzione i fatti di giornata, si è limitata a fare da grancassa alle iniziative del sovrano del Quirinale.
Particolarmente in difficoltà il direttore Corradino Mineo:  solitamente mostra una certa autonomia di giudizio  ma parlando di Napolitano le sue qualità professionali d'incanto vengono obnubilate.
Da sempre trapela dalle sue parole una autentica Venerazione nei confronti dell'attuale Inquilino del Colle: ne parla con ammirazione, con timorosa cautela e con la premurosa circospezione da tributare ad un Dio in terra, i cui comportamenti sono ispirati da un'Intelligenza Superiore e i cui interventi sono sempre opportuni, pertinenti, necessari, decisivi, equilibrati, mirati, una immeritata manna per l'Italia.
La consueta vivacità intellettuale delle sue riflessioni si scioglie, definitivamente e malinconicamente, in un'adesione cieca e totale alle Gesta Sovrane.
C'è da temere che quando finalmente giungerà a compimento il Celeste Mandato, il Mineo si presenterà ai suoi telespettatori in gramaglie e annuncerà la notizia come fece qualche mese fa la conduttrice della televisione nordcoreana per annunciare la dipartita del dittatore Kim Jong II.



Nella classifica della libertà di stampa siamo al 40° posto, subito dopo la Corea del Sud: ancora uno sforzo e quella del Nord sarà alla nostra portata...

PS: chi ci vuole capire qualcosa sul conflitto tra Napolitano e Procura di Palermo è pregato di spegnere la televisione, buttare nella pattumiera i giornali (ad eccezione del Fatto Quotidiano, che guarda caso è l'unico che non riceve un euro di finanziamento pubblico) e di cliccare sul link del FattoQuotidianoTV della registrazione della diretta-streaming da Via D'Amelio del 19 luglio: è  un video di oltre 8 ore dove compaiono interventi autorevoli, anche dei magistrati del pool di Palermo. Da non perdere, dopo 6h e 7' circa, la lezione civile di Marco Travaglio: 60 minuti da antologia.

mercoledì 9 maggio 2012

Beppe Grillo fa boom ma Napolitano non se ne accorge...

Lo strabiliante risultato del Movimento 5 Stelle guidato da Beppe Grillo è tale che dal 7 maggio scorso si può senz'altro affermare che l'Italia è entrata nella III repubblica, con il terremoto elettorale che ha squassato la vecchia politica di Lega, Pdl, Pd e Udc.
Sì proprio loro, i quattro partiti dell'apocalisse, quelli che hanno fatto precipitare l'Italia, fino a pochi anni fa la quinta potenza economica mondiale, a terra di conquista per la finanza internazionale e le multinazionali in cerca di manodopera a basso costo: insomma quelli che ci hanno portato dalle stelle alle stalle.
Certo il Pd ha resistito in queste amministrative oltre le più rosee aspettative ma, ormai, è solo questione di settimane, impiccato com'è alle sue contraddizioni, ai suoi scandali e ad una politica scriteriata di sostegno al governo Monti, esecutivo formato da sbiaditi tecnocrati di centrodestra.
Bastava vedere in tv la faccia da cane bastonato del suo segretario, Pierluigi Bersani, che lunedì sera si sforzava di mostrare la propria soddisfazione per il risultato ottenuto, per rendersi conto che anche per il Partito Democratico il conto alla rovescia è iniziato.
Il risultato del Movimento 5 Stelle è veramente stratosferico perché oltre alla dimensione del successo diffuso in tutt'Italia, con punte eccezionali nel centro-nord (basti pensare che in una città come Parma, da anni feudo del centrodestra, il suo candidato ha sfiorato il 20%, andando per giunta al ballottaggio!), quello che più pesa è che esso sia stato conseguito in condizioni assolutamente impari rispetto alla corazzata elettorale messa in campo dalla Casta.
Infatti il movimento di Grillo:
  1. non ha avuto alcuna copertura mediatica: gran parte dei giornali e tutta la televisione dell'oligopolio Rai-Mediaset-Telecom lo hanno, nella migliore delle ipotesi, ignorato;
  2. è un movimento nato nella Rete e diffusosi solamente grazie alla Rete ed alla partecipazione attiva e disinteressata di comuni cittadini, stanchi di dover sottostare ad una partitocrazia, avida, corrotta e incompetente. Ma solo metà degli Italiani ha libero accesso ad Internet e solo una famiglia su tre ha la banda larga: il digital divide è impietoso, ma non è un caso che lo sia;
  3. è stato oggetto di una campagna mediatica di aggressione, di delegittimazione e di intimidazione orchestrata dalla Casta di inaudita portata;
  4. ha potuto raggiungere con il suo messaggio soltanto una piccola parte della popolazione italiana, perché il Palazzo ha fatto in modo che le fasce sociali più deboli ne venissero rigorosamente tenute lontano;
  5. ha una base di consenso costituita prevalentemente da giovani, con una notevole rappresentanza di venticinque-quarantenni, di livello d'istruzione molto elevato: si sprecano ingegneri, informatici, matematici, ricercatori, economisti, docenti, ecc; ma anche artigiani, impiegati, piccoli imprenditori, commercianti si riconoscono trasversalmente in tante delle sue iniziative;
  6. non ha ricevuto un solo euro di finanziamento pubblico, al contrario della Casta che resta in famelica attesa di una tranche di altri 100 milioni di euro per il luglio prossimo, sui quali ha già ricevuto cospicui anticipi da parte delle banche;
  7. il voto che riceve è assolutamente un voto d'opinione, libero e senza condizionamenti di sorta;
  8. garantisce per i propri sconosciuti candidati impegno civico, competenza, determinazione, difesa dei beni comuni, restando agli antipodi di cordate, convergenze parallele, conflitti di interesse, lobby e simili;
  9. si pone in contrapposizione frontale con la vecchia politica, i poteri occulti, i grandi potentati economici;
  10.  il suo fondatore Beppe Grillo non è il padre padrone del movimento che scende in campo per difendere le sue aziende (come qualcun altro di nostra vecchia conoscenza...): al contrario, fa il portatore d'acqua per dare visibilità  a quei cittadini che ne condividono le iniziative e che vogliano diventare protagonisti di questa rivoluzione popolare, democratica e soprattutto legalitaria, nel pieno rispetto della costituzione ma senza la mediazione dei partiti. 
In condizioni diverse, di democrazia materiale e non di repubblica delle banane, il risultato raggiunto sarebbe potuto essere assolutamente superiore, forse addirittura sfiorare il 30-35%.
E' per questo che il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, di fronte allo sfascio partitocratico, commette una grave scorrettezza costituzionale quando ripetutamente si scaglia contro questo pacifico movimento di cittadini con tanta voglia di partecipazione civile e di autodeterminazione, prima accusandone arbitrariamente il leader di demagogia, poi ignorandone platealmente l'affermazione elettorale.
Ma il Capo dello Stato non dovrebbe rappresentare ai sensi dell'articolo 87 della Costituzione l'unità nazionale e simboleggiare con la sua figura tutti gli Italiani??