Visualizzazione post con etichetta Vittorio Feltri. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Vittorio Feltri. Mostra tutti i post

lunedì 12 ottobre 2009

Sempre più giù verso l'abisso

La settimana della sonora bocciatura del lodo Alfano da parte della Corte Costituzionale si è conclusa nel peggiore dei modi.
Dopo gli attacchi contro tutto e tutti di Silvio Berlusconi, che ancora non riesce a smaltire la rabbia per aver perso l’immunità processuale, si profila una stagione politica gravida di pericoli.
Ormai il premier, abbassata la maschera che finora ne celava agli ingenui le reali intenzioni, è pronto a regolare una serie di conti che teneva evidentemente in sospeso.
Quirinale, Corte Costituzionale, Magistratura, Parlamento, stampa nazionale ed estera: nessuno dei poteri di una moderna democrazia viene risparmiato dalle sue ire.
Al Presidente Napolitano, a dispetto della sua eccessiva arrendevolezza al momento della promulgazione lampo della legge sull’immunità delle Alte cariche, Berlusconi, per il tramite del fido Vittorio Feltri dalle colonne de Il Giornale, gli rinfaccia di non aver saputo interagire con i giudici della Consulta, benché, è questa una indiscrezione dirompente, il testo di legge fosse stato scritto a quattro mani con i consulenti giuridici del Colle.
Se ciò venisse confermato, si dimostrerebbe come, nel tentativo di assecondare il soverchiante attivismo istituzionale del premier, Napolitano avrebbe travalicato il suo ruolo, finendo per uscire dal solco tracciato dalla nostra Costituzione.
E’ per questo che il Quirinale si è affrettato oggi a smentire seccamente tale ricostruzione che getta una luce inquietante sull’operato del Capo dello Stato, mettendone a rischio il suo ruolo super partes: una vera bomba mediatica, quella fatta deflagrare dal giornale della famiglia Berlusconi!
Inoltre, contro il potere giudiziario, sono già sulla rampa di lancio due siluri: la separazione delle carriere dei magistrati e il ripristino dell’immunità parlamentare.
A dimostrazione che il Cavaliere, nonostante i sondaggi sfavorevoli, messo alle strette se ne infischia ampiamente della pubblica opinione, già stressata per le sue intemperanze pubbliche e private.
Ormai il profluvio di invettive contro il singolo funzionario pubblico che incroci la sua strada, fosse solo per puro e semplice dovere d’ufficio, è tale che nessuna istituzione è in grado di sopportarne il peso.
Perché sono le istituzioni stesse ad essere sotto tiro.
E’ così che il Presidente della Repubblica, nonostante abbia mostrato sin troppo zelo nell’evitare ogni attrito con Berlusconi, viene comunque da questi accusato di slealtà.
Ma perché prendersela tanto per la bocciatura del lodo?
Allora avevano ragione quanti sostenevano che era l’ennesima legge ad personam per il Cavaliere!
Con la sua incontenibile ira, Berlusconi ha finito di nuovo per smentire se stesso.

Nessuna sorpresa nel constatare, però, che malgrado la bocciatura delle Corte, egli non ha la minima intenzione di dimettersi.
Irrita, piuttosto, che in queste ore la scalcinata opposizione del PD non abbia saputo dire altro, oltre esprimere una solidarietà rituale a Napolitano, che esortare Berlusconi ad andare avanti.
Dopo il poderoso aiuto sullo scudo fiscale, ecco nuovamente il PD pronto a tendergli la mano.
E la nomenklatura democratica ha pure la faccia tosta di chiedere alla sua base di andare a votare per le primarie!
Ma come, voi del PD non vi presentate in Parlamento a sfiduciare Berlusconi, adesso asserite pure che non deve dimettersi, e chiedete a noi cittadini di votarvi?
Possibile che non vi rendiate conto della distanza siderale che ormai vi separa dai vostri stessi elettori?

lunedì 7 settembre 2009

Una guerra tra bande nella prospettiva dell'inciucio

Massimo D’Alema, ieri alla festa del Paladido a Milano, ha spiegato che non ci può essere una contrapposizione nel suo partito tra vecchio e nuovo, cioè tra vecchia guardia e giovani dirigenti. Perché quello che conta è la qualità delle persone.
Ecco appunto: poiché i dirigenti ex Pci, ex Pds, ex Ds, ora Pd, hanno fallito su tutta la linea, lasciando il Paese alla mercé dell’uomo di Arcore per quindici anni, la cosiddetta vecchia guardia comunista dovrebbe farsi da parte, lasciando ad una nuova generazione di politici di costruire un’Italia diversa.
In cosa avrebbero brillato loro della vecchia guardia, D’Alema ce lo dovrebbe spiegare una buona volta: forse nel non essere riusciti minimamente a contrastare l’anomalia Berlusconi che con il suo strapotere mediatico-istituzionale è un caso unico al mondo.
Durante i governi di centrosinistra, nessuna delle mille leggi promesse è stata varata dagli attuali dirigenti democratici: da quella sulle televisioni, a quella sul conflitto di interessi, ai provvedimenti contro i monopoli, contro la rendita finanziaria, per la tutela dei servizi pubblici, per l’ambiente… niente di niente.
In compenso c’è stata la madre di tutte le privatizzazioni, quella Telecom: e gli utenti sanno com’è andata a finire!
E poi, chi non ricorda l’impareggiabile segretario Ds Piero Fassino sostenere, durante il governo di centrosinistra, che l’approvazione della legge sul conflitto d’interessi non avrebbe creato posti di lavoro?
Una vergogna, al cui solo ricordo l’indignazione torna quella di sempre.
Siamo giunti al punto di veder promulgare senza battere ciglio il lodo Alfano che pure è un evidente strappo alla nostra Carta fondamentale.
Il fatto è che la degenerazione della politica passa per una completa omologazione della nostra classe dirigente sia di destra che di centrosinistra ad un pensiero unico costruito, in campo internazionale, sui dogmi degli strateghi di Oltreatlantico (per cui in Afghanistan ci si sta, costi quel che costi, sia in termini di risorse economiche che di perdite umane, a dispetto dell’insofferenza dell’opinione pubblica); in economia, sui diktat delle burocrazia di Bruxelles e del direttorio della BCE (per cui non sono ammesse altre ricette per uscire dalla crisi di quella in atto che provoca una disastrosa deflazione).
Se questa condotta è in parte scontata per la destra che ha da sempre aderito alle logiche dei poteri forti, non era prevedibile che ciò avvenisse nelle fila dei già comunisti, già diessini, ora democratici.
Eppure costoro, in reiterate occasioni, hanno disatteso il mandato elettorale ricevuto, sposando in pieno le tesi dei loro avversari putativi.
Perché questo sia avvenuto, è difficile dirlo: forse il motivo di fondo può essere ricercato nello strisciante senso di inadeguatezza nei confronti dell’élite capitalistica.
Un sentimento di inferiorità nutrito nei confronti di chi muove le leve dell’economia reale mentre i vari Fassino, Veltroni, D’Alema si sentono inconsciamente solo dei parolai, buoni al massimo per blaterare in qualche talk show; dediti, prioritariamente, a salvaguardare il proprio tenore di vita molto superiore a quello dei comuni impiegati e della maggior parte di professionisti ma non in grado tuttavia di competere con le risorse economiche praticamente illimitate del capitalismo familiare.
Di qui il bisogno di assidue frequentazioni con quel mondo, tanto criticato a parole ma emulato negli stili di vita: è quella che, con un’espressione felice, è stata definita sinistra radical chic.
Cioè, quella che attacca Di Pietro proprio perché limpidamente antiberlusconiano: un vero paradosso.
Ecco perché la guerra al Cavaliere, condotta dalla corazzata la Repubblica-L’Espresso, è tutta concentrata sui suoi misfatti privati, non sull’azione nefasta del suo governo.
E’ una guerra tra bande, dove in gioco non c’è una politica diversa ma semplicemente l’esercizio del potere: ecco perché si presenta al tempo stesso più cattiva sul piano personale, più violenta nei toni, ma del tutto priva di contenuti programmatici.
Un Partito Democratico inesistente che si accoda ad un quotidiano per ripetere da mesi dieci insulse domande a Berlusconi, senza neanche ipotizzare che la vera opposizione si fa nel Paese, contrastando quotidianamente a viso aperto le scelte sbagliate del governo.
A cominciare dalla politica dell’immigrazione.
Ieri sera, il bravo Riccardo Icona, ripetendo per l’ennesima volta una grande lezione di giornalismo, ha dimostrato col potere delle immagini del suo Presa Diretta, quanto fosse stolta e sciagurata l’uscita di qualche tempo fa di Fassino sulla legittimità dei respingimenti dei barconi di immigrati, senza bisogno neanche di citarlo.
Vedere, uomini donne e bambini, morire in mare per disidratazione, denutrizione e freddo senza neanche tentare di soccorrerli, men che meno identificarli singolarmente per accertare se avessero i requisiti per chiedere l’asilo politico, ma respingerli nell’inferno dei campi libici, deve essere sembrato normale e legittimo per chi ha uno stipendio mensile da onorevole…
Ecco perché anche la stessa guerra tra l’Avvenire di Dino Boffo e il Giornale di Vittorio Feltri non ci appassiona: sono ben altre le tragedie della quotidianità che si consumano in Italia e che la Casta, al gran completo, ha deciso di ignorare.
Infatti, non basta il peggior Berlusconi a ridare fiato a un Partito Democratico ormai imploso: è veramente avvilente come lo scontro in atto tra le due fazioni non riguardi più i problemi dei cittadini ma più prosaicamente un regolamento di conti all’interno della Casta.
Con il rischio, molto concreto, che tutto si concluda a tarallucci e vino!
Non dimentichiamo, infatti, che mezzo Pd tifa ancora per un nuovo grande inciucio con il Cavaliere!