Ferruccio De Bortoli, direttore del quotidiano della Confindustria, Il Sole 24 ore, è conosciuto da tutti come persona assai garbata, dai modi eleganti, dal parlare pacato e rassicurante. Ieri sera, nella trasmissione di Riccardo Iacona, W l'Italia in diretta, ha smentito clamorosamente questa opinione così largamente condivisa tra il pubblico che ne ha sempre elogiato l’equilibrio e la moderazione, accattivandosi i favori di quello femminile grazie a quello charme tutto particolare che ne fa un ospite ideale per un salotto televisivo tenuto all’ora di cena.
Ieri sera, tuttavia, profondamente turbato dal no espresso dalla FIOM (il sindacato dei metalmeccanici) sull’accordo firmato nel luglio scorso dai sindacati confederali sulla riforma delle pensioni, annessi e connessi (impropriamente definito dai media riforma del welfare), deragliando dai binari su cui si era incanalata la discussione, si è scagliato furibondo contro il presidente della Camera, Fausto Bertinotti, chiedendo di rendergli conto di quella bocciatura, se la condivideva o meno in qualità di terza carica dello stato, quasi che quest’ultimo ne fosse stato l’autore.
Invano l’esperto ex sindacalista gli ha replicato, lui sì elegantemente, che non poteva entrare nel merito di una questione che investiva direttamente il Parlamento e le parti sociali, sulla quale egli non aveva titolo a parlare se non in termini assai generali relativamente alla funzione riconosciuta al lavoro nella società contemporanea e che, per sua convinzione, è sempre più spesso maltrattato e ridotto a semplice espressione di costo, privato dai poteri forti di qualsiasi ruolo e rilevanza sociale, in palese violazione dell’alto riconoscimento che ne dà invece la nostra Costituzione.
Niente da fare: De Bortoli, ormai svestiti i panni del mansueto giornalista à la page, sfogava la propria rabbia contro il Presidente della Camera incalzandolo a pronunciare parole che egli non avrebbe mai potuto esternare per il ruolo istituzionale rivestito, pena una crisi di governo immediata a stretto giro di telegiornale.
Fausto Bertinotti ha dimostrato grande abilità nello schivare il furore tendenzioso del direttore del giornale della Confindustria, in una serata televisiva non facile in cui la classe politica, inevitabilmente sotto processo dopo il libro di Rizzo e Stella, La casta, ed il clamoroso successo di Beppe Grillo con il suo V-day, era sotto l’acuta lente di osservazione del bravissimo giornalista Riccardo Iacona.
Ma, al di là delle indiscutibili capacità di Bertinotti, che è riuscito a compiere un piccolo capolavoro nell’evitare l’ennesima brutta figura ai politici di casa nostra, nonostante nel Paese reale l’aria per loro si sia fatta indubbiamente pesante, ciò che emerge in modo chiaro è che da ieri sera, per bocca del direttore De Bortoli, la Confindustria ha sfiduciato il governo Prodi e la maggioranza politica che lo sostiene.
Eh sì, è evidente che dietro il maldestro tentativo del Ferruccio furioso di forzare la mano al Presidente Bertinotti, finendo addirittura per dimenticare il suo telegenico aplomb, c’è un’ostilità montante tra gli industriali che maldigeriscono le iniziative del governo, il quale malgrado le mille titubanze, sembra intenzionato a non fare passi indietro nella lotta all’evasione fiscale e contributiva ed a rivedere quanto prima la tassazione delle rendite finanziarie.
Si mugugna tra gli industriali: che ce ne facciamo della restituzione alle nostre imprese di qualche punto di cuneo fiscale, se poi ci fanno pagare veramente le tasse?
Da adesso in poi, per il governo in carica i rischi di lasciare Palazzo Chigi su qualsiasi questione, anche la più insignificante, sono enormemente aumentati.
Ha ragione Bertinotti: la politica è sotto lo schiaffo dell’economia. A meno che… Beppe Grillo facci sognare!
Ieri sera, tuttavia, profondamente turbato dal no espresso dalla FIOM (il sindacato dei metalmeccanici) sull’accordo firmato nel luglio scorso dai sindacati confederali sulla riforma delle pensioni, annessi e connessi (impropriamente definito dai media riforma del welfare), deragliando dai binari su cui si era incanalata la discussione, si è scagliato furibondo contro il presidente della Camera, Fausto Bertinotti, chiedendo di rendergli conto di quella bocciatura, se la condivideva o meno in qualità di terza carica dello stato, quasi che quest’ultimo ne fosse stato l’autore.
Invano l’esperto ex sindacalista gli ha replicato, lui sì elegantemente, che non poteva entrare nel merito di una questione che investiva direttamente il Parlamento e le parti sociali, sulla quale egli non aveva titolo a parlare se non in termini assai generali relativamente alla funzione riconosciuta al lavoro nella società contemporanea e che, per sua convinzione, è sempre più spesso maltrattato e ridotto a semplice espressione di costo, privato dai poteri forti di qualsiasi ruolo e rilevanza sociale, in palese violazione dell’alto riconoscimento che ne dà invece la nostra Costituzione.
Niente da fare: De Bortoli, ormai svestiti i panni del mansueto giornalista à la page, sfogava la propria rabbia contro il Presidente della Camera incalzandolo a pronunciare parole che egli non avrebbe mai potuto esternare per il ruolo istituzionale rivestito, pena una crisi di governo immediata a stretto giro di telegiornale.
Fausto Bertinotti ha dimostrato grande abilità nello schivare il furore tendenzioso del direttore del giornale della Confindustria, in una serata televisiva non facile in cui la classe politica, inevitabilmente sotto processo dopo il libro di Rizzo e Stella, La casta, ed il clamoroso successo di Beppe Grillo con il suo V-day, era sotto l’acuta lente di osservazione del bravissimo giornalista Riccardo Iacona.
Ma, al di là delle indiscutibili capacità di Bertinotti, che è riuscito a compiere un piccolo capolavoro nell’evitare l’ennesima brutta figura ai politici di casa nostra, nonostante nel Paese reale l’aria per loro si sia fatta indubbiamente pesante, ciò che emerge in modo chiaro è che da ieri sera, per bocca del direttore De Bortoli, la Confindustria ha sfiduciato il governo Prodi e la maggioranza politica che lo sostiene.
Eh sì, è evidente che dietro il maldestro tentativo del Ferruccio furioso di forzare la mano al Presidente Bertinotti, finendo addirittura per dimenticare il suo telegenico aplomb, c’è un’ostilità montante tra gli industriali che maldigeriscono le iniziative del governo, il quale malgrado le mille titubanze, sembra intenzionato a non fare passi indietro nella lotta all’evasione fiscale e contributiva ed a rivedere quanto prima la tassazione delle rendite finanziarie.
Si mugugna tra gli industriali: che ce ne facciamo della restituzione alle nostre imprese di qualche punto di cuneo fiscale, se poi ci fanno pagare veramente le tasse?
Da adesso in poi, per il governo in carica i rischi di lasciare Palazzo Chigi su qualsiasi questione, anche la più insignificante, sono enormemente aumentati.
Ha ragione Bertinotti: la politica è sotto lo schiaffo dell’economia. A meno che… Beppe Grillo facci sognare!
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