Ormai le prime pagine dei giornali italiani sono dominati dall'uragano Beppe Grillo. Leggendo gli editoriali si avverte la paura di chi scrive: quasi che il comico genovese rappresentasse un pericolo incombente non solo per i politici ma anche per i giornalisti.
Forse soprattutto per i giornalisti che, in questi anni, invece di fare deontologicamente il loro dovere di informare i cittadini sono diventati la cassa di risonanza del potere con lo scopo prioritario di confonderli e disorientarli, abbandonando la pubblica opinione alla disinformazione ed allo scoramento.
Solo pochi si sono salvati dall'asservimento totale al proprio editore potendo dimostrare un po' di dignità e amore per la professione. I più usano la penna come una clava, con un atteggiamento più da guardaspalle che da operatori dell'informazione.
Se Beppe Grillo irride all'Italia dei potenti ricordando ai cittadini che la democrazia richiede oggi il loro diretto intervento senza più deleghe in bianco ad una classe politica indegna di un paese civile, essi si sentono punti nel vivo e reagiscono in modo sgangherato come se i politici fossero loro.
Sentite cosa non si vergogna di scrivere Curzio Maltese sulle colonne di Repubblica di oggi: dopo aver accusato a vanvera l'ideatore del V-day di bolso populismo s'impelaga in una discussione surreale sulla decisione di Grillo di promuovere per le prossime elezioni amministrative liste civiche che, pur nella libera determinazione dei promotori, si adeguino ad alcuni suoi indirizzi per potersi fregiare del suo nome: una sorta di "certificato di trasparenza".
Chissà perchè ma per Maltese tutto ciò sa di "piccolo Grande Fratello". Poche righe dopo sentenzia: "In una democrazia non c'è bisogno di leggi per impedire ai criminali di essere eletti. Dovrebbe bastare la libera volontà del popolo."
E' difficile continuare a leggerlo senza ridere a crepapelle: vuole rubare la scena a Grillo come capocomico! Ci vuole far credere che Totò Riina o Bernardo Provenzano non si candidano alle prossime elezioni soltanto perchè, sondaggi alla mano, pensano di non raggiungere il quorum sufficiente!!! Egli finge, cioè, di non sapere che per legge essi hanno perso il diritto di elettorato attivo e passivo... e che, in assenza di tale norma, molto probabilmente siederebbero su scranni elevati.
Poi, esaurita tutta la sua ingenuità fanciullesca, digrigna i denti e lo accusa di essere un venditore di complotti: è vero, gli riconosce di aver anticipato la truffa Parmalat prima delle stesse autorità di controllo (nel frattempo lui, Maltese, era troppo occupato per accorgersene, impegnato com'era ad organizzare la canea contro Berlusconi) ma, poi, gli invidia le royalties incassate da Moore (cosa c'entra??) grazie alle sue opere infarcite di dubbi sulle ricostruzioni ufficiali dei fatti dell'11 settembre.
Eh sì, perchè Maltese già sa tutto: sia sullo scarso avvenire dei motori ad idrogeno sia sulle intenzioni di Bin Laden e famiglia. E "il problema della mafia non sono i clan", egli ammonisce, "ma la borghesia mafiosa" che intercetta grandi flussi di consenso: poco ci manca che dia del mafioso a Grillo a causa della sua popolarità! Comunque, non rinuncia ad accostargli, come inventori di trame planetarie, nell'ordine "Mussolini, Hitler, Stalin, Mao o Pol Pot".
Bravo Maltese, davvero buono il tuo linciaggio a mezzo stampa: nella pseudosinistra, molti saranno soddisfatti di te.
Anche un principe della carta stampata, Eugenio Scalfari, dalle pagine di Repubblica è preoccupato della piega che stanno prendendo le cose: due editoriali in quattro giorni su Grillo ci fanno capire come prenda sul serio questa rivoluzione pacifica che rischia di travolgere gli equilibri politici su cui anche lui ha fondato il suo successo personale.
Ha avuto per trent'anni come blog il suo giornale, che è cresciuto in pagine e colori, ma non nei contenuti che i cittadini avrebbero desiderato leggere: sempre schierato dalla parte dei potenti, ha sempre bacchettato chi chiedeva di mettere al centro dello sviluppo della nostra società il mondo del lavoro, che ne costituisce la vera spina dorsale.
Mai che abbia veramente messo in discussione la redistribuzione del reddito tra rendite, profitti e stipendi, specie in tempi bui come questi. Per lui conta solo l'equilibrio dei conti pubblici; se poi i comuni mortali vivono tra mille difficoltà... pazienza! Come sembra dicesse la regina Maria Antonietta alla vigilia della Rivoluzione francese: "Manca il pane? Che mangino brioches!".
Ecco perchè molta gente si è stancata di leggere i quotidiani e spegne la televisione...
Adesso politici e giornalisti si danno il cambio nell'accusare di populismo e demagogia chi, come Grillo, prova a percorrere strade nuove per rendere viva la nostra democrazia imbalsamata... è questo il suo grosso merito: una prova di attaccamento alla Costituzione che gli andrebbe riconosciuta, a destra ma soprattutto a sinistra!
La sua critica ai partiti è la critica a questi partiti, inerti e parassitari, non una pericolosa deriva qualunquista! Prima di criticare le sue iniziative, per di più a costo zero per il contribuente italiano, molti protagonisti del circuito mediatico dovrebbero iniziare a farsi un serio esame di coscienza...
1 commento:
Grillo è una straordinaria cartina di tornasole per il sistema italiano. Un sistema che si fa spaventare dall'aumento della partecipazione popolare alla discussione e gestione della cosa pubblica non è una vera democrazia. La democrazia non consiste nel votare una volta ogni po' d'anni e lasciar fare agli eletti nell'intervallo. Del resto è sempre più chiaro che le modifiche della legge elettorale e della fisionomia dei partiti in Italia vanno in direzione di un'eliminazione delle differenze tra destra e sinistra, e della creazione di una falsa alternativa tra due poli indistinguibili -- che oggi si vede già realizzata nel modo più chiaro negli Stati Uniti e in Gran Bretagna. I cittadini sono stanchi di votare senza una vera scelta, e senza poter realmente esigere dagli eletti il rispetto del patto elettorale. Non c'è bisogno di essere d'accordo con tutto quello che dice Grillo per riconoscergli l'enorme merito di aver fatto risalire la politica dai giochi di potere tra oligarchi al suo momento di ideazione e costruzione collettiva.
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