giovedì 6 luglio 2023

Mai così

 

Canzone di Mina meno nota di altre, inspiegabilmente, ma come tanti suoi successi ugualmente bellissima: la musica e l'arrangiamento del maestro Bruno Canfora sono da brividi, l'interpretazione dell'artista è superba. 

Per afferrare in pochi attimi, per semplice percezione sensoriale, cosa sia stato il boom economico italiano a metà degli anni Sessanta sono sufficienti le note e le immagini dello spot Barilla girato nel 1966 dal regista Piero Gherardi  sul tetto delle aviorimesse Alitalia a Fiumicino, progettate dall'ingegnere Riccardo Morandi.

Eravamo troppo bravi per non attirarci l'invidia del mondo: il nostro cinema dominava la scena mondiale; l'Italia diventava un riferimento per l'architettura e il design internazionali, con opere e realizzazioni che suscitavano la curiosità e l'interesse di musei e collezionisti di ogni dove; ad Ivrea si progettava l'antesignano del personal computer, il primo vero calcolatore elettronico da scrivania; il chimico Giulio Natta inventava il Moplen, la plastica coloratissima che avrebbe invaso gli ambienti domestici e  di lavoro portando in pochi anni ad una autentica rivoluzione dei consumi, dei costumi, dei processi produttivi; la lira vinceva il prestigioso riconoscimento del Financial Times come moneta più stabile del mondo, autentico bene rifugio.

Bisognerebbe recuperare quello spirito,  riprenderci la sovranità monetaria, uscire dall'UE e dalla Nato, scacciare quei politici che operano indisturbati da troppo tempo per conto e sotto tutela di potenze straniere con licenza di oltraggiare la nostra millenaria civiltà, dilapidando ogni giorno di più, l'enorme patrimonio di cultura, stile, inventiva, genialità, laboriosità, accumulato con immensi sacrifici e tanta passione dai nostri nonni e padri.

Basterebbe  (solo) questo per rivivere momenti magici. 

Un nuovo miracolo economico all'insegna del genio italiano.


giovedì 3 febbraio 2022

Come sono caduti in basso...

Se la comunicazione mainstream utilizza il tempio assoluto dell'effimero, il Festival di Sanremo, per irridere le vittime dei farmaci genici, evidentemente è perché sente la necessità di impedire in ogni modo che sul tema si apra un vero dibattito, da cui già sa in partenza di uscire con le ossa rotte e... la credibilità sotto le scarpe!
Perciò è costretta a sviare l'attenzione generale dalla durezza dei fatti per puntare sulla sfera soggettiva delle persone, in modo che indirizzando la potente macchina del fango contro di queste, raggiunga pure l'obiettivo di far scomparire dai radar quella realtà, di cui sa di essere in buona parte responsabile.
Dall'oggettività di questioni che esigono un'attenta analisi scientifica e da cui però potrebbero  emergere pesantissime responsabilità sul piano penale e civile per alcuni uomini del nostro apparato istituzionale, si opta quindi per la via, molto più spiccia, del pubblico ludibrio nei confronti di chi ha il torto imperdonabile di averne fatto reiterata denuncia.
Si lascia quindi alla canea mediatica il compito di scatenarsi contro le vittime affidando a ciascun protagonista della scena un ben preciso ruolo.
A Fiorello e Amadeus  è toccata una delle parti più rivoltanti: prendersi gioco insulsamente delle vittime dei farmaci genici, attraverso un umorismo di plastica, congegnato ad hoc per oltrepassare il limite del cattivo gusto e sconfinare nell'abiezione.
Ovviamente, Fiorello e Amadeus ne sono lucidi interpreti  e, se sono arrivati a tanto, è perché hanno deciso evidentemente di anteporre la loro carriera professionale (e i conseguenti benefit) alla propria dignità, illudendosi così di preservare sia l'una che l'altra.
Hanno sicuramente sbagliato i calcoli dimostrando però di possedere una scorza abbastanza dura da non farsene soverchi scrupoli.
Del resto, si sa, il mondo dello spettacolo non è propriamente il regno delle anime candide e dei buoni sentimenti: il duo sanremese ha l'unico merito di avercelo confermato.