Raccontano i libri di storia che la caduta dell’impero romano d’occidente venne preceduta da almeno due secoli di declino, di disfacimento morale, economico e militare della grande civiltà irradiata da Roma: le invasioni barbariche furono, forse, soltanto lo shock finale di una struttura statuale che mostrava ormai da troppo tempo allarmanti segni di cedimento.
Paragonerei quella situazione a quanto sta accadendo in Italia da qualche decennio a questa parte: la crisi della Prima repubblica non è iniziata né con Tangentopoli né con lo sfaldamento dei grandi partiti di massa di inizio anni Ottanta; data ancora prima, con la fine degli anni Sessanta, avviata con la strage di Piazza Fontana e con le successive crisi economiche innescate dal primo shock petrolifero e proseguita con la stagione della strategia della tensione e degli anni di piombo. E’ lì che la spinta propulsiva della Resistenza ha iniziato ad esaurirsi; ma è stato proprio il miracolo economico di dieci anni prima a selezionare una classe dirigente mediocre, di scarsa tempra morale ed intellettuale che di quella società civile, risorta dalle macerie del conflitto mondiale, ha recitato il de profundis.
I successi italiani degli anni Sessanta, costruiti con grandi sacrifici e molto rigore dagli austeri padri della Repubblica, hanno fatto crescere una generazione assai più spregiudicata e disincantata, sicuramente meno colta, che ha inteso la propria affermazione economica e sociale come obiettivo dell’intera collettività: è stata l’epoca dei grandi sacchi e delle grandi speculazioni. Oggi siamo arrivati all’atto conclusivo di tale involuzione: non c’è settore della vita pubblica che non sia permeato nei gangli vitali dal caos e dall’avventurismo di una classe dirigente, indegna di tale nome: la supplenza della magistratura in funzioni di amministrazione e di governo è il segno più eclatante di tale degrado.
Non c’è più nessuno che si assuma la responsabilità delle proprie azioni: al governo per cinque anni? Beh, la colpa del disastro attuale è di chi è venuto prima o di chi verrà dopo…E non è questione di colore politico: quella che doveva essere la svolta del maggioritario ha fatto sì che, nei fatti, il Governo non governa (salvo aggiustare le faccende personali dei suoi protagonisti!) e l’Opposizione non si oppone (per cinque anni è intenta a organizzare al meglio le Primarie…); al vertice di Bankitalia, ci si scambia piaceri per telefono, le regole del mercato esistono solo per gli stolti, le authority sono messe in condizioni di non funzionare; i bucanieri della finanza scorrazzano imperterriti facendosi beffe delle tanto declamate regole del libero mercato, la magistratura è bene che chiuda entrambi gli occhi, intanto viene messa continuamente sotto esame (in senso letterale: concorsi su concorsi, mentre i faldoni sulle scrivanie dei giudici aumentano e s’impolverano).
Il giocattolo del calcio è definitivamente rotto: per sapere chi vincerà, è molto meglio assieparsi sulle scale del Consiglio di Stato che sugli spalti dello stadio!
Tutti vogliono stare alla ribalta, senza fare mai un passo indietro: alle elezioni vincono (o perdono) sempre tutti. Perdi le elezioni? Il prezzo della sconfitta è diventare presidente del tuo partito, e assumerne le funzioni di grande saggio, dispensando consigli e ammonimenti ai nuovi vertici. Vinci le elezioni? Beh, resterai in sella solo se terrai conto degli insegnamenti di chi, per mera sfortuna, in passato è stato sconfitto.
L’opinione pubblica? Non conta niente: in Iraq ci si può stare tranquillamente anche se il 99,99% degli italiani è contrario! Sul punto, c’è piena identità di vedute tra maggioranza e opposizione.Ciò che conta è tenere in pugno i mass media: può succedere di tutto, ma cucinare in diretta televisiva ha un effetto molto distensivo sull’elettorato…
Poter orchestrare a proprio piacimento il tam tam informativo permette di stilare l’agenda dei lavori parlamentari senza troppe discussioni mettendo all’ordine del giorno soltanto quello che si vuole! E se il piatto in tavola langue… è tutta colpa dell’Euro: lo dice la TV!
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