Stamattina nella trasmissione di RadioTre, Prima pagina, l'editorialista del Sole 24 Ore Ugo Tramballi che, già nella lettura dei giornali aveva ignorato la notizia, durante il filo diretto con un'ascoltatrice che denunciava l'assoluta imperizia di coloro che hanno determinato la morte dell'orsa Daniza nei boschi del Trentino (il povero plantigrado braccato da un mese semplicemente perché aveva da par suo tentato di proteggere i piccoli che portava con sé dall'invadenza di un cercatore di funghi con cui aveva avuto un incontro ravvicinato conclusosi a calci e graffi), ha cercato di smontare l'indignazione popolare contro questo ennesimo ecocidio.
In primis, banalizzando la giusta osservazione della signora, la quale faceva presente che se l'uomo in questione fosse stato correttamente informato sui rischi di un possibile incontro con gli orsi (stava pur sempre avventurandosi in una zona impervia dentro il Parco Nazionale dell'Adamello!), magari con i necessari cartelli di segnalazione e quindi un comportamento adeguato, non ci sarebbe stata alcuna reazione aggressiva da parte dell'animale e tutto si sarebbe risolto solo con un po' di spavento.
Successivamente, non pago, ha stigmatizzato la giusta e pressocché corale indignazione per un'operazione che si è rivelata, non solo inutile e costosa, peggio: disastrosa.
Sempre che si prenda per buona la bugia pietosa secondo cui la squadra intervenuta mirasse a narcotizzare l'orsa e non, verosimilmente, ad abbatterla secondo quelli che erano stati da subito i pubblici auspici, senza tanti giri di parole, del presidente della provincia autonoma di Trento, Ugo Rossi, a cavallo di Ferragosto, appena messo a conoscenza dell'episodio.
Tramballi nel tentativo di depotenziare l'ondata generale di indignazione che, a suo avviso, sarebbe stata nei toni eccessiva, ha tirato in ballo, guarda un po', i bambini di Gaza, sostenendo che durante i bombardamenti israeliani non ci sarebbe stata la stessa levata di scudi da parte dell'opinione pubblica.
A parte che ciò è tutto da dimostrare, tant'è che ancora in rete è tutto un pullulare di prese di distanza molto nette, sentimenti di esecrazione, per i raid aerei che un mese fa hanno causato circa duemila morti tra i palestinesi, in gran parte proprio donne, vecchi e bambini (gli Israeliani sono arrivati persino a bombardare le scuole dell'ONU, infischiandosene platealmente delle critiche), non si capisce perché solo ora lo faccia.
Non pare che fino a ieri egli abbia semplicemente mosso un dito per denunciare i crimini compiuti da parte israeliana, in una malintesa sospensione di giudizio rispetto alla condanna per i lanci dei missili di Hamas, né per fare qualcosa di concretamente fattivo a favore di quei poveri bambini.
Salvo uscirsene con osservazioni banali sulla crudeltà della guerra, oppure da implacabile cerchiobottista, denunciando i palestinesi accusati di ricorrere agli scudi umani e rimproverando al governo di Netanyahu un eccessivo uso della forza che miete vittime proprio tra i civili.
Insomma, non possiamo proprio dire che si sia fatto promotore di qualche iniziativa a tutela delle popolazioni civili ed in particolare abbia preso a cuore la tragica vicenda dei bambini di quell'area geografica così tormentata.
Ed ecco che, all'improvviso, l'uccisione dell'orsa Daniza risveglia in lui l'angoscia per quelle innocenti creature nello scoperto tentativo di ridimensionarne la portata.
Come se si possa, per dare una misura alle emozioni, mettere sullo stesso piano vicende così diverse, giudicare l'impressione che suscita un crimine contro la natura con lo stesso metro di chi assiste da decenni impotente al tragico conflitto in Terrasanta.
Il tentativo, scoperto, è quello di troncare sul nascere le polemiche che si sono scatenate in queste ore per un'operazione ambientale criminale.
Insomma un basso espediente retorico: evocare strumentalmente una tragedia per coprirne un' altra.
Infatti, il richiamo alla catastrofe di Gaza serve giusto a derubricare il crimine contro l'orsa ad una sciocchezza, forse un male necessario.
Perché ci sarà sempre una qualche tragedia e disavventura più grave che possa zittire l'esecrazione per un altro fatto riprovevole a cui assistiamo.
Se qualcuno finisce all'ospedale vittima di uno scippo, perché indignarsi sapendo che tanti bambini muoiono ogni giorno letteralmente di fame? Se ogni giorno tanta gente muore per malasanità, perché ci dovremmo arrabbiare per l'uccisione di un animale selvatico? Come qualche altro buontempone è riuscito pure a dire, muore tanta gente sotto anestesia, perché tutta questa cagnara per un'anestesia venuta male su un orso?
L'obiettivo di Tramballi, come si vede non da solo, è anche quello di ridicolizzare il forte turbamento che ha suscitato nell'opinione pubblica l'assurda battuta di caccia contro Daniza, la mamma orsa colpevole solo di essere se stessa.
Tentativo così peloso e meschino, così disgustoso sul piano etico, da dover essere respinto in nuce.
Il rischio infatti che si corre altrimenti è di assecondare quella corrente di pensiero meccanicista, mai veramente sconfitta, che punta ad estraniare sempre più l'uomo dal contesto naturale sulla base di una supposta supremazia etica che egli avrebbe sulle altre specie viventi. Per cui, tutto deve restare a suo uso e consumo; o meglio a disposizione di una tecnologia a cui tutto è permesso: non importa se distruggiamo l'ambiente, togliamo sacralità all'individuo come persona, roviniamo insieme a quello dell'uomo l'habitat di tante creature senzienti, inquinando irreversibilmente il globo terracqueo, l'atmosfera, la stratosfera...
Chi se ne frega? Prima di ogni altra cosa c'è il business.
Ripopolare le montagne di orsi è così semplicemente una mera operazione di marketing: facciamo credere ai turisti che troveranno una natura incontaminata ma in realtà gli costruiamo attorno solo un gigantesco circo open air. Inoltre acchiappiamo pure i fondi europei!
Poi, non appena gli orsi cominciano a fare gli orsi e non sono più disposti ad essere semplicemente pupazzi in carne ed ossa, sbarazziamocene il più rapidamente possibile, magari col favore delle tenebre e al riparo dalle telecamere.
Perché, si sa, quello che non succede in tv semplicemente non esiste.
E facciamo in modo che anche l'ultimo cerebroleso possa venire dalle nostre parti, salire comodamente in montagna, scorrazzando col suo suv, distruggendo prati, sentieri, boschi, qualsiasi cosa abbia la sfortuna di trovarsi sulla sua traiettoria, soltanto perché non sa altrimenti come passare il tempo.
Lasciamolo improvvisarsi, perchè no, cercatore di funghi, erbe, tartufi, asparagi, fiori, ogni accidente che gli venga in mente di carpire. Facciamogli accendere fuochi, arrostire qualunque cosa raccatti nel bosco, brandire un'arma per sparare alla prima cosa che vede muoversi... ma sì, che ci frega?
L'importante è fare soldi, degli animali così come degli uomini non ci può fregare di meno.
E se tra qualche tempo il mondo esploderà, pazienza: male che vada, avremo realizzato fino all'ultimo istante i nostri target.
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