sabato 20 ottobre 2007

La separazione dei poteri dov'è finita?

La procura generale di Catanzaro ha avocato l'inchiesta Why not del pm De Magistris che vedeva indagati tra gli altri il ministro della giustizia Clemente Mastella.
Un colpo di scena tanto inaspettato quanto dirompente che, al di là delle motivazioni addotte, incompatibilità ambientale, dimostra quanto lo scontro politici - magistratura abbia ormai superato da tempo quel limite invisibile stabilito dalla separazione dei poteri descritta da Montesquieu nel Settecento come cardine dello Stato di diritto.
Se il Consiglio superiore della Magistratura aveva rinviato qualsiasi decisione al 16 dicembre, giudicando gli elementi raccolti dagli ispettori di Mastella non sufficienti a sancire seduta stante il trasferimento d'ufficio del pm di Catanzaro, adesso ci si è messo il procuratore generale facente funzioni, Dolcino Favi, a rompere gli indugi togliendogli l'inchiesta, ritenendo che nelle more del procedimento, Luigi De Magistris avrebbe dovuto astenersi dal continuare a lavorarci sopra.
Data la delicatezza della vicenda che vede uno dei magistrati più esposti in Calabria, troppo spesso terra franca per la criminalità organizzata, sfiduciato dal ministro della giustizia Mastella, a sua volta caduto sotto la lente d'ingrandimento proprio della suddetta indagine, prudenza avrebbe preteso che la stessa venisse analizzata e risolta dall'organo di autotutela dei magistrati, cioè dal CSM.
Ed invece le cose hanno avuto uno sviluppo assolutamente imprevedibile: in questo modo il procuratore generale di Catanzaro ha di fatto scavalcato il CSM nelle sue prerogative, rendendo il tutto ancora più confuso ed inestricabile.
Ed appellarsi ad un articolo del codice di procedura penale da parte del procuratore Favi non sposta di una virgola i termini di tale sconfinamento.
Di più, tale decisione costringe inevitabilmente alle dimissioni il ministro Mastella che, a questo punto e per le stesse ragioni, non può pensare di far finta di niente o di temporeggiare tirando in ballo il Governo.
In qualunque modo lo si voglia interpretare, è chiaro che assistiamo in queste ore ad un ennesimo pericoloso scossone allo Stato di diritto.

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