La puntata di domenica sera di Report, il bellissimo programma di Milena Gabanelli, potrebbe intitolarsi Le mani sulla città.
Ricordate il bellissimo film di Francesco Rosi del 1963?
Beh, è importante rivederlo per cogliere meglio alcune atmosfere della nuova Milano in costruzione.
Ricordate il bellissimo film di Francesco Rosi del 1963?
Beh, è importante rivederlo per cogliere meglio alcune atmosfere della nuova Milano in costruzione.
Dall’area della vecchia Fiera ai cento parcheggi sotterranei multipiano, ai grattacieli che oscureranno la Madonnina, è tutto un brulicare di ruspe e gru, tutto un trivellare, perforare, cementificare, abbattere alberi, movimentare terra. Dall’alto il paesaggio è spettrale con la terra ridotta ad un'immensa groviera.
Solo che qui, a differenza del capolavoro in bianco e nero di Rosi, la politica, in quasi tutte la gradazioni di colore, è praticamente assente nel dibattito pubblico: contro la volontà decisiva di pochi uomini dell’apparato politico-amministrativo e, dietro le quinte, di qualche cavallo (di razza?) dell’economia, sono gruppi di cittadini, riuniti in comitati, che devono farsi sentire!
Così si progettano cubature spaventose, grazie ad un coefficiente di edificabilità passato in alcune zone da 0,60 a 1,65: si trasforma la fisionomia della città, senza che i residenti vengano chiamati ad esprimersi sulle brutture prossime venture.
Se qualcuno ci prova ed affigge manifestini per sensibilizzare l’opinione pubblica riceve una sonora batosta: una sanzione di decine di migliaia di euro per affissione non autorizzata!
Magari saranno, in qualche caso, anche importanti realizzazioni architettoniche ma l’obiettivo dichiarato è quello di generare valore aggiunto non di rendere più vivibile la città.
L’interesse privato sospinge quello pubblico fino a snaturarlo; ed in campo urbanistico non è mai una buona cosa.
La cosa più incredibile è che tutto ciò avvenga, almeno formalmente, in perfetta regola: le carte sembrano essere a posto.
Grazie ai nuovi strumenti amministrativi, come gli accordi di programma, si può veramente fare di tutto.
Il piano regolatore conta poco o nulla: d’un tratto, l’area da agricola diventa edificabile ed i grandi potentati economici possono scatenarsi nei propri appetiti speculativi.
Spesso si ha paura persino a dare loro un nome: se il Sud è sotto Don Rodrigo, al Nord detta legge l’Innominato.
E la città sta a guardare: sembra che lo stesso sindaco Letizia Moratti, a detta dell'assessore alla cultura Vittorio Sgarbi, non condivida fino in fondo tutto quello che sta avvenendo davanti ai suoi occhi; ma tant’è, la politica di oggi se non asseconda gli animal spirits dell’imprenditoria rampante vienne messa all'angolo.
La situazione di Milano è il paradigma di un’Italia sotto lo schiaffo di poteri economici che tutto possono e che giocano con le istituzioni come il gatto sazio fa con il topolino.
Qui però gli appetiti sono davvero formidabili e non c’è speranza che diminuiscano d’intensità.
Se poi si compromette la falda acquifera o si scava in prossimità della basilica di Sant’Ambrogio, che sarà mai?
I progetti vengono scelti non sulla base dell’interesse pubblico ma del prezzo più alto: 310 milioni di euro non sono 523 milioni! Se per incassare di più si autorizza la costruzione di giganti di acciaio e cristallo che tolgono visuale e respiro in una città già soffocata dallo smog, vorrà dire che si tratta di un sacrificio da compiere in nome della modernità.
Ripete invano l’architetto Renzo Piano: la città è come un libro di storia; non si possono strapparne le pagine.
Ma non per questo si deve rinunciare a scriverne delle nuove.
Ad esempio, al centro di Londra, per il London Bridge Tower, il grattacielo più alto d’Europa, il grande progettista ha previsto solo 45 posti auto.
Perché i parcheggi non sono necessari in una città che punta al trasporto pubblico.
Nell’area della vecchia Fiera di Milano, al contrario, il progetto City Life ne prevede ben 8.600!
Che paradosso: da un lato si introduce il ticket per le automobili con il fine dichiarato di scoraggiarne l’accesso in città, dall’altro si creano le premesse per generare nuovi enormi volumi di traffico.
Che futuro controverso per la capitale morale d’Italia!
E mentre Report ci dice che si stanno costruendo parcheggi sotterranei profondi sette piani, il nostro, di morale, scende sotto le scarpe; anzi, nel seminterrato…
Solo che qui, a differenza del capolavoro in bianco e nero di Rosi, la politica, in quasi tutte la gradazioni di colore, è praticamente assente nel dibattito pubblico: contro la volontà decisiva di pochi uomini dell’apparato politico-amministrativo e, dietro le quinte, di qualche cavallo (di razza?) dell’economia, sono gruppi di cittadini, riuniti in comitati, che devono farsi sentire!
Così si progettano cubature spaventose, grazie ad un coefficiente di edificabilità passato in alcune zone da 0,60 a 1,65: si trasforma la fisionomia della città, senza che i residenti vengano chiamati ad esprimersi sulle brutture prossime venture.
Se qualcuno ci prova ed affigge manifestini per sensibilizzare l’opinione pubblica riceve una sonora batosta: una sanzione di decine di migliaia di euro per affissione non autorizzata!
Magari saranno, in qualche caso, anche importanti realizzazioni architettoniche ma l’obiettivo dichiarato è quello di generare valore aggiunto non di rendere più vivibile la città.
L’interesse privato sospinge quello pubblico fino a snaturarlo; ed in campo urbanistico non è mai una buona cosa.
La cosa più incredibile è che tutto ciò avvenga, almeno formalmente, in perfetta regola: le carte sembrano essere a posto.
Grazie ai nuovi strumenti amministrativi, come gli accordi di programma, si può veramente fare di tutto.
Il piano regolatore conta poco o nulla: d’un tratto, l’area da agricola diventa edificabile ed i grandi potentati economici possono scatenarsi nei propri appetiti speculativi.
Spesso si ha paura persino a dare loro un nome: se il Sud è sotto Don Rodrigo, al Nord detta legge l’Innominato.
E la città sta a guardare: sembra che lo stesso sindaco Letizia Moratti, a detta dell'assessore alla cultura Vittorio Sgarbi, non condivida fino in fondo tutto quello che sta avvenendo davanti ai suoi occhi; ma tant’è, la politica di oggi se non asseconda gli animal spirits dell’imprenditoria rampante vienne messa all'angolo.
La situazione di Milano è il paradigma di un’Italia sotto lo schiaffo di poteri economici che tutto possono e che giocano con le istituzioni come il gatto sazio fa con il topolino.
Qui però gli appetiti sono davvero formidabili e non c’è speranza che diminuiscano d’intensità.
Se poi si compromette la falda acquifera o si scava in prossimità della basilica di Sant’Ambrogio, che sarà mai?
I progetti vengono scelti non sulla base dell’interesse pubblico ma del prezzo più alto: 310 milioni di euro non sono 523 milioni! Se per incassare di più si autorizza la costruzione di giganti di acciaio e cristallo che tolgono visuale e respiro in una città già soffocata dallo smog, vorrà dire che si tratta di un sacrificio da compiere in nome della modernità.
Ripete invano l’architetto Renzo Piano: la città è come un libro di storia; non si possono strapparne le pagine.
Ma non per questo si deve rinunciare a scriverne delle nuove.
Ad esempio, al centro di Londra, per il London Bridge Tower, il grattacielo più alto d’Europa, il grande progettista ha previsto solo 45 posti auto.
Perché i parcheggi non sono necessari in una città che punta al trasporto pubblico.
Nell’area della vecchia Fiera di Milano, al contrario, il progetto City Life ne prevede ben 8.600!
Che paradosso: da un lato si introduce il ticket per le automobili con il fine dichiarato di scoraggiarne l’accesso in città, dall’altro si creano le premesse per generare nuovi enormi volumi di traffico.
Che futuro controverso per la capitale morale d’Italia!
E mentre Report ci dice che si stanno costruendo parcheggi sotterranei profondi sette piani, il nostro, di morale, scende sotto le scarpe; anzi, nel seminterrato…
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