sabato 26 luglio 2014

Di ritorno da Capalbio...

Capalbio, per antonomasia, il buen retiro della sinistra radical chic… Ed ecco che all’improvviso uno di loro, un intellettuale tra la folla, s’illumina d’immenso: la sorte gli ha riservato di salire finalmente su un mezzo pubblico e, destino cinico e baro, di non poter pagare il biglietto!
Magari all’andata ha pure ricevuto un passaggio in suv!
E’ vero, capita una volta l’anno, quando assapora gli effluvi della Maremma e le tinte estive ne confondono il consueto acume; ma è lì, durante quello spicciolo di vacanza, che per la prima volta si trova faccia a faccia con la realtà.
Così, in un colpo solo, svaniscono tutte le sue certezze: tocca con mano la contraddizione del progresso disegnato dai tecnocrati, che nella forsennata corsa a cancellare stipendi, gettano disinvoltamente alle ortiche i ricavi. L’inefficienza delle privatizzazioni, quelle che proprio la sua area politica ha pianificato negli anni 90 decantandone le magnifiche sorti e progressive, sulla spinta dei capitani coraggiosi e di quel sogno dell’Euro che si è presto infranto, lasciando a terra milioni di persone.
Senza neppure la speranza di trovare un ricovero di fortuna in sala d’attesa, perché ormai le stazioni a migliaia sono state sprangate, insieme alla biglietteria, il bar, l’edicola, la barbieria (perchè no?): un microcosmo è stato cancellato per sempre assieme alla vivace umanità che vi albergava, senza doverne neppure parlare.
E’ bastato che la politica, declinando cronicamente dalle proprie responsabilità, si affidasse alle cure dei tecnici: e ciò, vent’anni prima che arrivasse Mario Monti!
Non è colpa sua, dell’intellettuale di sinistra, se nel buen retiro non arriva sentore di questo cataclisma sociale, se anche la Costituzione può essere ghigliottinata senza che nessuno da quelle parti batta ciglio: è che, stando sparapanzati sull’Amaca, i ritmi diventano inevitabilmente più lenti, i riflessi meno pronti…
Bisogna tornare a casa, in treno, per cominciare a comprendere.

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