La trasmissione Report, in onda su Rai Tre la domenica sera, è un esempio, forse il più riuscito, di quello che dovrebbe fare un normale servizio pubblico radiotelevisivo: informare veramente i cittadini.
Almeno un po’ di quello che non funziona in Italia potrebbe trovare una soluzione adeguata da parte dei pubblici poteri se fossero incalzati dai cittadini, posti in grado di valutare i fatti grazie a trasmissioni di informazione serie e documentate.
Perché il controllo dell’opinione pubblica sull’operato del governo e di tutte le amministrazioni pubbliche può funzionare in concreto soltanto se esistono fonti d’informazione autorevoli e complete; e la Rai deve fare la parte da leone in questo senso.
I cittadini che si mettono di fronte alla televisione quando parla la bravissima giornalista Milena Gabanelli o manda in avanscoperta i suoi collaboratori, sanno di dover passare un’ora e mezza difficile, con materie spesso ostiche, con momenti di indignazione, di frustrazione, opportuni momenti di replay (qualche argomento è così complesso da richiedere il supporto del videoregistratore!), per smontare il rompicapo delle inefficienze italiche; sanno, però di potersi poi alzare dalla poltrona con la convinzione che non ci vorrebbe poi così tanto per far andare le cose meglio nel nostro Paese.
Qualche tempo fa Prodi dichiarava che la società civile non è migliore dei propri politici: sarà pure vero, ma per affermarlo con tanta sicurezza bisognerebbe aver messo innanzitutto i cittadini nelle condizioni di conoscere e di essere adeguatamente informati.
Perchè solo se l’informazione è chiara e completa può diventare partecipazione consapevole e di massa.
Solo a quel punto si potrà poi incolpare del brutto andazzo italico i nostri concittadini.
Ma se il 99 % di loro ignora come viene effettivamente gestita la cosa pubblica, ecco che i politici non possono tirarsi indietro né lavarsene le mani perché, comunque sia, è loro dovere prioritario informarli; e non con vuoti, logori slogan o presenziando gli ormai noiosi talk-show televisivi.
Un esempio per tutti è stata la puntata “Il banco vince sempre” andata in onda domenica 14 ottobre sui derivati.
Si tratta di prodotti finanziari che sono legati essenzialmente ad una scommessa; come dice un’imprenditrice caduta involontariamente in questa specie di tranello teso dalle aziende di credito, il meccanismo è di questo tipo: a margine di un finanziamento ottenuto, il cliente scommette contro la banca che se il tasso d’interesse resta superiore ad un certo livello egli guadagna; se il tasso non supera questo livello avrà una perdita. Insomma, una specie di assicurazione sulla variazione dei tassi basata sull'azzardo.
Ma le condizioni della scommessa le impone la banca e di solito sono sempre nettamente a suo favore.
Con un meccanismo del genere 30.000 imprese italiane si stanno svenando; per non dire dei 900 enti pubblici che sono esposti per 10 miliardi e mezzo di euro: l’importo di una manovra finanziaria del Governo!
Londra è la piazza dove si costruiscono questi prodotti di ingegneria finanziaria destinati al mercato italiano: il loro meccanismo di calcolo è talmente sofisticato che soltanto alcuni analisti finanziari sono in grado di stimare il rischio in essi racchiuso; e, guarda caso, sono gli stessi che li costruiscono!
E i nostri Enti locali, del tutto ignari di quanto hanno contrattualmente sottoscritto con le banche, vi si sono fiondati sopra ritenendo in tal modo di coprire i loro deficit di bilancio; ma lungi dall’avere avviato l’auspicata opera di risanamento dei loro conti, vedranno al contrario ingigantire tali buchi.
Secondo Il Sole-24 ore.com del 30 ottobre scorso che riporta la dichiarazione del direttore generale della Consob, Massimo Tezzon, nel corso di un’audizione alla commissione Finanze della Camera, per la copertura dei rischi sui tassi di interesse ed in caso di rinegoziazione di tali contratti, i derivati sono strumenti che «per essere valutati compiutamente richiedono sofisticate competenze matematiche e finanziarie, tipicamente presenti solo fra il personale degli stessi intermediari. È verosimile, quindi, che gli Enti non siano in grado di valutare la correttezza del pricing delle clausole aggiuntive, più complesse presenti in questo tipo di derivati». Cioè: gli enti pubblici non sono in grado di stabilire i costi, spesso nascosti, né il valore dell’operazione stipulata.
Conclusione: milioni e milioni di euro in debiti che sfiancano le già esauste casse degli enti locali e che neanche vengono messi in bilancio perché nessuno tra gli amministratori ci capisce niente e i pochi più al dentro della materia li considerano solo perdite potenziali, ovvero debiti fantasma: stipulano contratti con le banche per importi enormi e non si rendono conto di quali ne saranno le pesanti conseguenze!
Insomma, quando pure non vengono additati come una casta dedita alla bella vita, non di rado i politici, alla prova dei fatti, si rivelano dei pessimi amministratori; meglio, degli incapaci.
A riguardo, il capo Dipartimento Economico di Palazzo Chigi, Francesco Boccia, interpellato sul difficile rapporto banche-enti locali, ammette impietosamente che siamo alla “circonvenzione di incapace”.
Tanto per chiarire di cosa si tratta, ecco alcuni esempi fatti nel corso della trasmissione.
Il comune di Torino per organizzare le Olimpiadi ha firmato un contratto su cui perde adesso circa 100 milioni di euro, Genova è sotto di due milioni di euro; non parliamo delle cifre per cui sono esposti i piccoli comuni, di importo minore ma che nel complesso costituiscono una voragine.
Tra le regioni, un esempio sono i 3 contratti firmati dalla regione Piemonte con le banche Merril Lynch, Dexia e Opi che hanno, secondo un analista finanziario indipendente, costi impliciti (cioè nascosti) per circa 52 milioni di euro!
In operazioni su derivati sono incappati, fra i tanti, anche il comune di Taranto ed il comune di Napoli che è esposto a partire dal 2011 per 100 milioni di euro: un debito ad orologeria per le giunte future, a prescindere dal colore politico!
Ha un bel dire la Corte dei Conti che il fenomeno è preoccupante perché porta dritti dritti a situazioni di finanza pubblica fuori controllo; le amministrazioni locali sono insensibili a tale ammonimento anche perché il loro vero vantaggio è quello di trasferire i debiti alle amministrazioni di domani, raccogliendo nel frattempo consensi tra gli elettori che, tenuti all’oscuro di tutto, plaudono a questo finto risanamento finanziario.
Suggerisce Milena Gabanelli: cosa ci vuole a creare un organismo presso il Ministero del Tesoro che assista gli enti locali in queste operazioni così rischiose ed incomprensibili e li aiuti a sviscerarne gli effettivi costi e rischi, piuttosto che lasciare innescata questa bomba finanziaria a tempo?
Come sempre, ai politici l’ardua sentenza.
Fonte: http://www.report.rai.it/R2_popup_articolofoglia/0,7246,243%255E1074824,00.html;
http://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/Finanza%20e%20Mercati/2007/10/derivati-consob-enti-locali.shtml?uuid=0159a4a6-86cd-11dc-9f3e-00000e251029&DocRulesView=Libero
Almeno un po’ di quello che non funziona in Italia potrebbe trovare una soluzione adeguata da parte dei pubblici poteri se fossero incalzati dai cittadini, posti in grado di valutare i fatti grazie a trasmissioni di informazione serie e documentate.
Perché il controllo dell’opinione pubblica sull’operato del governo e di tutte le amministrazioni pubbliche può funzionare in concreto soltanto se esistono fonti d’informazione autorevoli e complete; e la Rai deve fare la parte da leone in questo senso.
I cittadini che si mettono di fronte alla televisione quando parla la bravissima giornalista Milena Gabanelli o manda in avanscoperta i suoi collaboratori, sanno di dover passare un’ora e mezza difficile, con materie spesso ostiche, con momenti di indignazione, di frustrazione, opportuni momenti di replay (qualche argomento è così complesso da richiedere il supporto del videoregistratore!), per smontare il rompicapo delle inefficienze italiche; sanno, però di potersi poi alzare dalla poltrona con la convinzione che non ci vorrebbe poi così tanto per far andare le cose meglio nel nostro Paese.
Qualche tempo fa Prodi dichiarava che la società civile non è migliore dei propri politici: sarà pure vero, ma per affermarlo con tanta sicurezza bisognerebbe aver messo innanzitutto i cittadini nelle condizioni di conoscere e di essere adeguatamente informati.
Perchè solo se l’informazione è chiara e completa può diventare partecipazione consapevole e di massa.
Solo a quel punto si potrà poi incolpare del brutto andazzo italico i nostri concittadini.
Ma se il 99 % di loro ignora come viene effettivamente gestita la cosa pubblica, ecco che i politici non possono tirarsi indietro né lavarsene le mani perché, comunque sia, è loro dovere prioritario informarli; e non con vuoti, logori slogan o presenziando gli ormai noiosi talk-show televisivi.
Un esempio per tutti è stata la puntata “Il banco vince sempre” andata in onda domenica 14 ottobre sui derivati.
Si tratta di prodotti finanziari che sono legati essenzialmente ad una scommessa; come dice un’imprenditrice caduta involontariamente in questa specie di tranello teso dalle aziende di credito, il meccanismo è di questo tipo: a margine di un finanziamento ottenuto, il cliente scommette contro la banca che se il tasso d’interesse resta superiore ad un certo livello egli guadagna; se il tasso non supera questo livello avrà una perdita. Insomma, una specie di assicurazione sulla variazione dei tassi basata sull'azzardo.
Ma le condizioni della scommessa le impone la banca e di solito sono sempre nettamente a suo favore.
Con un meccanismo del genere 30.000 imprese italiane si stanno svenando; per non dire dei 900 enti pubblici che sono esposti per 10 miliardi e mezzo di euro: l’importo di una manovra finanziaria del Governo!
Londra è la piazza dove si costruiscono questi prodotti di ingegneria finanziaria destinati al mercato italiano: il loro meccanismo di calcolo è talmente sofisticato che soltanto alcuni analisti finanziari sono in grado di stimare il rischio in essi racchiuso; e, guarda caso, sono gli stessi che li costruiscono!
E i nostri Enti locali, del tutto ignari di quanto hanno contrattualmente sottoscritto con le banche, vi si sono fiondati sopra ritenendo in tal modo di coprire i loro deficit di bilancio; ma lungi dall’avere avviato l’auspicata opera di risanamento dei loro conti, vedranno al contrario ingigantire tali buchi.
Secondo Il Sole-24 ore.com del 30 ottobre scorso che riporta la dichiarazione del direttore generale della Consob, Massimo Tezzon, nel corso di un’audizione alla commissione Finanze della Camera, per la copertura dei rischi sui tassi di interesse ed in caso di rinegoziazione di tali contratti, i derivati sono strumenti che «per essere valutati compiutamente richiedono sofisticate competenze matematiche e finanziarie, tipicamente presenti solo fra il personale degli stessi intermediari. È verosimile, quindi, che gli Enti non siano in grado di valutare la correttezza del pricing delle clausole aggiuntive, più complesse presenti in questo tipo di derivati». Cioè: gli enti pubblici non sono in grado di stabilire i costi, spesso nascosti, né il valore dell’operazione stipulata.
Conclusione: milioni e milioni di euro in debiti che sfiancano le già esauste casse degli enti locali e che neanche vengono messi in bilancio perché nessuno tra gli amministratori ci capisce niente e i pochi più al dentro della materia li considerano solo perdite potenziali, ovvero debiti fantasma: stipulano contratti con le banche per importi enormi e non si rendono conto di quali ne saranno le pesanti conseguenze!
Insomma, quando pure non vengono additati come una casta dedita alla bella vita, non di rado i politici, alla prova dei fatti, si rivelano dei pessimi amministratori; meglio, degli incapaci.
A riguardo, il capo Dipartimento Economico di Palazzo Chigi, Francesco Boccia, interpellato sul difficile rapporto banche-enti locali, ammette impietosamente che siamo alla “circonvenzione di incapace”.
Tanto per chiarire di cosa si tratta, ecco alcuni esempi fatti nel corso della trasmissione.
Il comune di Torino per organizzare le Olimpiadi ha firmato un contratto su cui perde adesso circa 100 milioni di euro, Genova è sotto di due milioni di euro; non parliamo delle cifre per cui sono esposti i piccoli comuni, di importo minore ma che nel complesso costituiscono una voragine.
Tra le regioni, un esempio sono i 3 contratti firmati dalla regione Piemonte con le banche Merril Lynch, Dexia e Opi che hanno, secondo un analista finanziario indipendente, costi impliciti (cioè nascosti) per circa 52 milioni di euro!
In operazioni su derivati sono incappati, fra i tanti, anche il comune di Taranto ed il comune di Napoli che è esposto a partire dal 2011 per 100 milioni di euro: un debito ad orologeria per le giunte future, a prescindere dal colore politico!
Ha un bel dire la Corte dei Conti che il fenomeno è preoccupante perché porta dritti dritti a situazioni di finanza pubblica fuori controllo; le amministrazioni locali sono insensibili a tale ammonimento anche perché il loro vero vantaggio è quello di trasferire i debiti alle amministrazioni di domani, raccogliendo nel frattempo consensi tra gli elettori che, tenuti all’oscuro di tutto, plaudono a questo finto risanamento finanziario.
Suggerisce Milena Gabanelli: cosa ci vuole a creare un organismo presso il Ministero del Tesoro che assista gli enti locali in queste operazioni così rischiose ed incomprensibili e li aiuti a sviscerarne gli effettivi costi e rischi, piuttosto che lasciare innescata questa bomba finanziaria a tempo?
Come sempre, ai politici l’ardua sentenza.
Fonte: http://www.report.rai.it/R2_popup_articolofoglia/0,7246,243%255E1074824,00.html;
http://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/Finanza%20e%20Mercati/2007/10/derivati-consob-enti-locali.shtml?uuid=0159a4a6-86cd-11dc-9f3e-00000e251029&DocRulesView=Libero