Nel dibattito in corso alla Camera dei Deputati per votare la sfiducia al ministro dell'Agricoltura Francesco Saverio Romano, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa, l'intervento del leghista Sebastiano Fogliato che, piuttosto di affrontare la questione di petto e giustificarsi in qualche modo di fronte al "popolo padano" e all'Italia tutta per un voto a sostegno dell'imputato, si è messo a divagare sui problemi degli agricoltori del Nord, supera i limiti del buon senso (oltre che quelli della decenza), tanto da scadere nella farsa, messa su in fretta e furia nel patetico tentativo, chiaramente infruttuoso, di salvare la faccia.
Chiunque si sia messo davanti allo schermo in quel momento avrà ipotizzato che egli si trovasse in condizioni psicofisiche precarie e che quello fosse un delirio, benché non quadrasse il fatto che fosse accompagnato non dallo sguardo preoccupato dei colleghi di partito ma da una loro complice e beffarda ilarità.
Ancora una volta la Lega, che ha preso per vent'anni i voti al grido di Roma ladrona, smentisce se stessa appoggiando un politico in odore di mafia: un cambiamento di rotta di 180 gradi, senza neppure prendersi la briga di darsi un contegno ed abbozzare una qualche spiegazione.
Se questo non è un furto di democrazia perpretato ai danni dei tanti buontemponi del nord che hanno creduto nel folclore di personaggi come Bossi e Maroni, qualcuno dovrebbe spiegare altrimenti cos'è: ma parlare semplicemente di ribaltone non rende l'idea; in questo caso è troppo, troppo poco.
Che devono pensare i nostri partner tedeschi che, sotto sotto, stanno facendo di tutto in queste settimane per mantenere lo spread dei nostri titoli sotto i 400 punti?
Ma vale la pena affannarsi e svenarsi per salvare un Paese che esibisce una classe politica del genere?