E’ necessario ritornare sul tema dello scalone a seguito dell’ultimo editoriale-polpettone che, ormai consuetudine domenicale, Eugenio Scalfari dispensa ai propri lettori.Ad un certo punto del suo sproloquio di oggi, domenica 8 luglio 2007, egli scrive:“Quanto a Bertinotti e a quelli che si aggrappano al programma elettorale del centro sinistra reclamando l’abolizione dello scalone «senza se e senza ma», la memoria (e il testo di quelle 281 pagine) dovrebbe ricordargli che lo scalone, una volta abolito, «sarà sostituito da provvedimenti che in tempi graduali facciano fronte all’aumento demografico della popolazione, ferma restando la compatibilità con l’equilibrio del bilancio». Il «senza se e senza ma» non figura affatto nel programma elettorale ed è invece circondato da alcune condizioni che Prodi e Padoa-Schioppa stanno cercando ormai da sette mesi senza riuscire ad ottenere il gradimento della “lobby” sindacale e politica che ha perso la memoria di quanto aveva pattuito con Maroni nel 2004 e con tutti i partiti del centrosinistra nella stesura del programma del 2006.(...)”e giù un affondo contro Epifani e Bertinotti, colpevoli ai suoi occhi di volere l’abolizione dello scalone, arrivando pure a dire che chi tra gli operai accetti gli incentivi per restare in servizio dopo i 57 anni “dimostra con ciò stesso senza possibilità di dubbio di non considerare usurante il proprio lavoro”.Uno sconcio logico a cui Scalfari ha spesso abituato i suoi lettori: sconcio che, come dimostreremo, si accompagna ad un ulteriore evidente abbaglio perché le parole che Scalfari virgoletta non sono tratte dal programma dell’Unione!Infatti, al contrario di quanto egli riporta, il programmone espressamente recita, alla pag. 168:“…Sulla base di ciò, noi crediamo necessario intervenire con misure migliorative e di razionalizzazione dell'esistente.In particolare puntiamo a:- ribadire la necessità di attenersi alle linee fondamentali previste dalla riforma "Dini" che senza altre continue ipotesi di riforma del sistema pensionistico che minano la sicurezza sul futuro dei lavoratori - rappresentano già la principale garanzia di sostenibilità finanziaria del sistema;- eliminare l’inaccettabile “gradino” e la riduzione del numero delle finestre che innalzano bruscamente e in modo del tutto iniquo l’età pensionabile, come prevede per il 2008 la legge approvata dalla maggioranza di centrodestra;- affrontare il fenomeno dell'evasione contributiva con opportuni strumenti di controllo e accertamento, compreso un aumento di organico degli ispettori del lavoro del Ministero e degli enti, dai quali verrebbe anche un consistente aiuto per la lotta al sommerso;- per compensare la tendenza al ribasso dei trattamenti pensionistici, intervenire sull’adeguamento delle pensioni al costo della vita e approntare misure efficaci che accompagnino verso un graduale e volontario innalzamento dell'età media di pensionamento.Con la tendenza all’aumento della vita media e all'interno di una modifica complessiva del rapporto tra tempo di vita e tempo di lavoro, l’allungamento graduale della carriera lavorativa, tenendo conto del diverso grado di usura provocato dal lavoro, dovrebbe diventare un fatto fisiologico. Il processo va incentivato in modo efficace, con misure incisive, che non mettano a rischio l’adeguatezza della pensione. In particolare, occorre fare leva su meccanismi di contribuzione figurativa, a cui abbinare incentivi per le imprese che mantengano nel posto di lavoro le persone sopra i cinquant’anni.Noi crediamo che gli incentivi contributivi debbano essere accompagnati da “politiche per l’invecchiamento attivo” del tipo sperimentato in altri paesi europei, che mirino a creare ambienti più adatti al lavoro delle persone in età matura, avvalendosi di schemi misti basati su part time integrato con una pensione parziale e di incentivi per riduzioni d’orario finalizzate all'apprendimento e all'aggiornamento permanente delle qualifiche professionali.In funzione di un rafforzamento della pensioni più basse, crediamo che debba essere riconsiderato il sistema di indicizzazione delle pensioni. Tale revisione, per rispettare l’equilibrio finanziario del sistema, deve essere indirizzata verso le fasce inferiori dei trattamenti pensionistici a partire dai minimi e dalle soglie più elevate di età. In questo ambito va anche previsto l’aumento degli assegni sociali e dei trattamenti di invalidità civile più bassi.”E’ stato noioso leggerlo, ma ne valeva la pena pur di smentire clamorosamente Scalfari. Dal documento, si traggono conclusioni univoche e che rappresentano tre solidi punti fermi:1) è inutile (come direbbe Scalfari!) ciurlare nel manico: nel programma dell’Unione si parla esplicitamente di abolizione dello scalone: punto e basta;2) il sistema di incentivi per restare al lavoro, senza innalzare l’età pensionabile, è altrettanto espressamente previsto dal programma dell’Unione;3) per favorire la permanenza al lavoro dopo i 57 anni, addirittura si prefigurano ambienti più adatti al lavoro delle persone in età matura, con nuovi schemi contrattuali per riduzioni d’orario e formazione professionale permanente.Quindi, la citazione di Scalfari non solo è sbagliata (di certo non è tratta dal programma dell’Unione) ma è anche di significato ambiguo: cosa vuol dire che lo scalone «sarà sostituito da provvedimenti che in tempi graduali facciano fronte all’aumento demografico della popolazione, ferma restando la compatibilità con l’equilibrio del bilancio»? A prima vista, sembrerebbe affermare l’esatto contrario di quello che egli intende: cioè, all’abolizione dello scalone seguiranno altri provvedimenti che gradualmente, in sintonia con l’incremento demografico (per la presenza dei lavoratori immigrati), consentiranno un’uscita flessibile dal mondo del lavoro, ferma restando la necessità di rispettare i vincoli di bilancio.Infine, quanto al fatto che secondo il fondatore di Repubblica chi restasse al lavoro dopo i 57 anni grazie agli incentivi dimostrerebbe che il lavoro che svolge non è usurante, abbiamo a che fare con un’idea così strampalata che peraltro tradisce il completo distacco del suo autore dalla vita quotidiana della gente comune.Infatti il grande giornalista dovrebbe sapere che molti lavoratori dipendenti devono continuare a lavorare, benché in età da pensione e nonostante mansioni usuranti, per il semplice motivo che i propri figli laureati (non di rado con il massimo dei voti), la mattina rimangono a letto a dormire perché ancora disoccupati sulla soglia dei trent’anni; e l’unico stipendio in casa resta quello del capo famiglia!Ma questo Scalfari non può minimamente sospettarlo…
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