Il week end ha portato consiglio al giornalista di Repubblica Giuseppe D'Avanzo. Prova ne sia che quanto da lui pubblicato nell'editoriale di sabato scorso Messaggi barbarici è stato quasi per intero "riveduto e corretto" nel breve volgere di due giorni.
Certo, non ha ritirato le accuse fatte alla trasmissione di Michele Santoro Anno Zero, cosa che ragionevolmente non avrebbe potuto fare senza cospargersi il capo di cenere. Ma ha del tutto ribaltato il giudizio sull'azione disciplinare intrapresa dal ministro della giustizia Clemente Mastella contro il magistrato di Catanzaro De Magistris, ben prima che arrivi la decisione del CSM (rinviata al 17 dicembre).
Osserva giustamente D'Avanzo che il rinvio già suona come una sconfessione dell'iniziativa presa dal ministro da parte dell'organo di autogoverno dei giudici perchè di fronte ai rilievi mossi dal ministero, a Palazzo dei Marescialli "nessuno è saltato sulla sedia": a dimostrazione che, quali saranno gli esiti dell'azione disciplinare, allo stato attuale mancano i presupposti per un trasferimento urgente di uno dei magistrati più impegnati nella lotta criminale allo sperpero del denaro pubblico in Calabria.
Conclude D'Avanzo "L'iniziativa di Mastella resta come nuda e appare sempre più il tentativo di intimidire quel pubblico ministero e di seppellire la sua inchiesta. Non è un bel vedere." (Fonte: Repubblica del 9/10/07)
Pienamente d'accordo, non c'è che dire!
Se non fosse che non più tardi di quattro giorni fa D'Avanzo aveva sparato a zero contro il programma di Michele Santoro, subissandolo di improperi, soltanto perchè alla vigilia della decisione del CSM egli aveva osato puntare il faro dell'informazione pubblica su questa vicenda.
Alla luce di quanto emerso, si può adesso affermare che l'analisi imbastita da Santoro era quanto mai opportuna e le perplessità sollevate nella trasmissione avevano qualcosa di più che un semplice fondamento.
Correttezza deontologica vorrebbe che anche sul fronte insulti, il giornalista D'Avanzo facesse almeno qualche passo indietro anche perchè nel suo editoriale, tra barbarie e suicidio collettivo, non si è certo risparmiato.
O dobbiamo pensare che la reale accusa velatamente mossa a Santoro è quella di non voler rinunciare alla propria autonomia di pensiero e, testardamente, di continuare a considerare l'informazione pubblica come uno strumento decisivo per lo svolgimento di una corretta vita democratica al servizio dei cittadini e non dei poteri forti?
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