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mercoledì 24 ottobre 2007

Per il governo Prodi è iniziato il conto alla rovescia

Inutile illudersi: i fatti delle ultime ore dimostrano che per il Governo in carica è iniziato il conto alla rovescia.
Sotto l’assalto di Clemente Mastella, Romano Prodi ha dovuto capitolare e, in apertura del Consiglio dei ministri di ieri, ha bevuto l’amaro calice della piena fiducia all’operato del ministro della Giustizia: cosa che, se mantiene in vita l’esecutivo, ne mina ancora di più credibilità e tenuta futura, soprattutto in vista dei prossimi passaggi parlamentari della legge finanziaria.
Il braccio di ferro ingaggiato da Mastella con Prodi, con le ripetute esplicite minacce di provocare la crisi di governo se non ci fosse stato un chiarimento politico definitivo, dimostra in quale guaio si sia cacciato il governo, in bilico tra l’esigenza di rinserrare le proprie fila e la necessità di dare una risposta chiara alle istanze di chiarezza e verità che giungono dalla propria base dopo l’avocazione dell’inchiesta del pm De Magistris.
Il compromesso raggiunto è quanto di peggio ci si poteva attendere: gioisce Mastella che non ci pensa proprio a rassegnare le ormai necessarie dimissioni (ma come fa a non capirlo?), patisce un colpo durissimo il governo Prodi che riesce a stento a superare una prima votazione al Senato sul collegato alla finanziaria ma, da grande infermo, ha una prognosi severa.
Tranne Di Pietro, costretto dalla ragion di governo ad un goffo dietro front, gli altri leader della maggioranza non spendono una parola per commentare la soluzione trovata: cosa che, più di tante dichiarazioni d’intenti, suona come l’inizio del rompete le righe.
Del resto se neanche sulla questione giustizia, uno dei punti teoricamente meno controversi della coalizione, si riesce mantenere una linea comune e la maggioranza si sfalda persino sul principio costituzionale di uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge, com’è possibile affrontare i problemi dell’emergenza economico-sociale o della sicurezza interna, da sempre terreno naturale di scontro tra le diverse sensibilità culturali che affiorano nell’Unione?
Tuttavia, se la maggioranza mantiene un profilo basso sulla vicenda e l’opposizione addirittura solidarizza con Mastella, il macigno dell’inchiesta sottratta al pm De Magistris è sempre lì davanti al Palazzo ad occultarne la vista.
Nonostante l’impegno del Presidente Napolitano di vigilare affinchè l’inchiesta possa andare avanti rapidamente (ma ciò come è possibile se ne viene estromesso proprio colui che la sta istruendo?), la sensazione è che la casta piuttosto che dare le risposte invocate dai cittadini preferisca, ancora una volta, chiudersi a riccio aspettando tempi migliori: adda passà ‘a nuttata, pensano in molti nel centrosinistra.
Ma con tutto il risentimento che c’è in giro, questa volta non sarà facile recuperare il tempo perduto.

giovedì 11 ottobre 2007

Santoro, Travaglio: di nuovo all'anno zero?

Chi l'avrebbe mai detto? La Rai del centrosinistra, o meglio del nascituro Partito Democratico, che frena le vittime simbolo dell'epoca berlusconiana: Santoro e Travaglio. Serve moderazione, spiega il cda Rai.
Di tutte le inerzie e fallimenti di questa stagione politica, quella che appare la più incredibile e, per certi versi, crepuscolare è proprio l'isolamento in cui sono stati messi al loro rientro in Rai questi due ottimi giornalisti.
L'editto di Sofia pronunciato da Berlusconi ha trovato la sua imprevista replica con l'intervento estemporaneo di Romano Prodi il quale, sia pure con una frettolosa e impacciata retromarcia, ha di fatto confermato le accuse mosse a suo tempo dal Cavaliere e che a quest'ultimo erano costate la riprovazione generale e, forse, l'onda lunga della sconfitta elettorale ai punti nella primavera del 2006.
Quello che appare ancora più sconfortante è che proprio in seno al Partito Democratico non si siano levate, come ci si sarebbe potuto ragionevolmente attendere, quelle voci di dissenso per l'infelice battuta del premier e, soprattutto, di piena solidarietà con il conduttore di Anno Zero che in altri tempi non gli sarebbero di certo mancate.
Quasi che il primo frutto del matrimonio DS - Margherita sia la nascita di un partito che recita al primo vagito l'abiura dei principi di un'informazione libera e pluralista.
Festeggiare il battesimo di questa nuova creatura politica in un'atmosfera mediatica di piena restaurazione (senza che il Cavaliere abbia dovuto muovere un dito!) è di pessimo auspicio per il futuro del centrosinistra e di ormai questo scorcio di legislatura.
In tale frangente, infatti, ha gioco facile la destra nel rispedire al mittente tutto lo sdegno a suo tempo suscitato dall'uscita bulgara di Berlusconi. Quale peggior viatico per le primarie di domenica! Con quale spirito molti elettori di sinistra potrebbero recarsi alle urne?
Di certo l'affluenza di domenica ci dirà se il Partito Democratico è rimasto all'anno zero: se non si dovesse ripetere il risultato delle primarie vinte da Prodi, si aprirebbe una stagione politica assai delicata per la nuova leadership.
Ma stasera ritorna, fortunatamente, Anno Zero.

mercoledì 10 ottobre 2007

Virata di 180 gradi... ma Annozero attende

Il week end ha portato consiglio al giornalista di Repubblica Giuseppe D'Avanzo. Prova ne sia che quanto da lui pubblicato nell'editoriale di sabato scorso Messaggi barbarici è stato quasi per intero "riveduto e corretto" nel breve volgere di due giorni.
Certo, non ha ritirato le accuse fatte alla trasmissione di Michele Santoro Anno Zero, cosa che ragionevolmente non avrebbe potuto fare senza cospargersi il capo di cenere. Ma ha del tutto ribaltato il giudizio sull'azione disciplinare intrapresa dal ministro della giustizia Clemente Mastella contro il magistrato di Catanzaro De Magistris, ben prima che arrivi la decisione del CSM (rinviata al 17 dicembre).
Osserva giustamente D'Avanzo che il rinvio già suona come una sconfessione dell'iniziativa presa dal ministro da parte dell'organo di autogoverno dei giudici perchè di fronte ai rilievi mossi dal ministero, a Palazzo dei Marescialli "nessuno è saltato sulla sedia": a dimostrazione che, quali saranno gli esiti dell'azione disciplinare, allo stato attuale mancano i presupposti per un trasferimento urgente di uno dei magistrati più impegnati nella lotta criminale allo sperpero del denaro pubblico in Calabria.
Conclude D'Avanzo "L'iniziativa di Mastella resta come nuda e appare sempre più il tentativo di intimidire quel pubblico ministero e di seppellire la sua inchiesta. Non è un bel vedere." (Fonte: Repubblica del 9/10/07)
Pienamente d'accordo, non c'è che dire!
Se non fosse che non più tardi di quattro giorni fa D'Avanzo aveva sparato a zero contro il programma di Michele Santoro, subissandolo di improperi, soltanto perchè alla vigilia della decisione del CSM egli aveva osato puntare il faro dell'informazione pubblica su questa vicenda.
Alla luce di quanto emerso, si può adesso affermare che l'analisi imbastita da Santoro era quanto mai opportuna e le perplessità sollevate nella trasmissione avevano qualcosa di più che un semplice fondamento.
Correttezza deontologica vorrebbe che anche sul fronte insulti, il giornalista D'Avanzo facesse almeno qualche passo indietro anche perchè nel suo editoriale, tra barbarie e suicidio collettivo, non si è certo risparmiato.
O dobbiamo pensare che la reale accusa velatamente mossa a Santoro è quella di non voler rinunciare alla propria autonomia di pensiero e, testardamente, di continuare a considerare l'informazione pubblica come uno strumento decisivo per lo svolgimento di una corretta vita democratica al servizio dei cittadini e non dei poteri forti?

sabato 6 ottobre 2007

D'Avanzo ad alzo zero contro Annozero

Purtroppo tutto ci saremmo attesi tranne che il giornalista Giuseppe D'Avanzo, dopo aver abbandonato da qualche parte il suo solitamente ricco taccuino di scoop con cui ha infarcito memorabili inchieste su Repubblica, abbandonasse le vesti di inquirente per conto del giornale di piazza Indipendenza per indossare i panni di fustigatore dell'informazione televisiva.
L'obiettivo però non è stato quello di mettere alla berlina i famosi panini confezionati per tradizione dal TG1 o da qualche notiziario Mediaset e che ogni giorno ammorbano l'aria rendendoci impossibile la visione del telegiornale.
No, questa volta si è diretto ad alzo zero contro Michele Santoro e la sua trasmissione Annozero, definendola una barbarie, consultando anche il vocabolario per gridarlo meglio.
Parte dal caso De Magistris, accusando il ministro Mastella, promotore del deferimento del magistrato di Catanzaro, di non essersi fatto scappare l'occasione di "infilzare"De Magistris con un'indiavolata sollecitudine e a chiedere al Consiglio - senza alcuna seria urgenza - il trasferimento del pubblico ministero per "gravi violazioni deontologiche"; per poi affermare che "In questa cornice, dovrebbe essere intelligibile per chiunque "il bene" che chiede protezione in quest'affare: l'autonomia di una funzione giudiziaria rispettosa delle regole".
Come a dire che Santoro faceva bene a non parlare della questione. Il perchè è lasciato del tutto all'oscuro anche se D'Avanzo prova a farfugliare un po' di frasi fatte senza troppa convinzione: "Se una giustizia condizionata o minacciata dal potere non è giustizia (l'indipendenza è il presupposto dell'imparzialità del magistrato), non è giustizia nemmeno quando si manifestano prassi in cui prevale una logica dell'efficienza coniugata alla facile idea che per la salus rei publicae bisogna guardare al reo dietro il reato, anche a costo di sacrificare il principio di stretta legalità".
Che cosa vuole farci intendere con un ragionamento tanto bislacco? Che dà per scontato che il pm De Magistris abbia violato la legge nella sua foga giustizialista contro Mastella? Ma non ha appena riferito dell'indiavolata sollecitudine del ministro di infilzare il magistrato senza alcuna seria urgenza?
Male, malissimo, D'Avanzo: una rilettura del pezzo prima della rotativa sarebbe stata indispensabile...
Ma il meglio D'Avanzo lo riserva nella parte centrale dell'editoriale: prima critica la scelta di confrontare la crisi calabrese con i veleni palermitani degli anni Ottanta accusando Santoro di aver compiuto "un errore di prospettiva" (ma su questo ciascuno, ragionevolmente, può avere l'opinione che vuole perchè non c'è nessuno, fino a prova contraria, che possa rilasciare la certificazione DOC alle stagioni criminali); poi punta a testa bassa sul giudice Clementina Forleo, colpevole di aver auspicato, come qualunque persona onesta e sana di mente riterrebbe, che il Sud si liberi dei suoi Don Rodrigo.
Per D'Avanzo l'equazione è chiara: poichè la Forleo è pugliese e D'Alema, di cui lei ha chiesto al Parlamento di utilizzare le intercettazioni con Consorte per la scalata Unipol, è stato eletto in Puglia, l'allusione a Don Rodrigo è sicuramente riferita allo stesso D'Alema.
Un po' come dire che poichè D'Avanzo è un giornalista, tutti quelli che portano il suo cognome sono giornalisti.
Complimenti: questa sì che è barbarie intellettuale!
Ma D'Avanzo ancora non è contento: dopo aver erroneamente attribuito alla giudice Forleo una critica ai suoi illustri colleghi di Milano (a questo punto dell'articolo è ormai chiaro per il lettore che D'Avanzo, chissà perchè, ha il dente avvelenato contro questo magistrato), si scaglia contro Santoro.
Lo accusa di aver organizzato "una trasmissione che rende incomprensibile la materia del contendere" (finalmente ammette di non averci capito niente, salvo poi scriverci sopra un fiume di parole insulse e livorose) e di avere preconfezionato una tesi del tutto errata: di ritenere, cioè, che il ministro Mastella, di fronte al disastro giudiziario calabrese, doveva guardare alla sostanza dell'operato di De Magistris, non ai suoi eventuali errori formali.
Ci siamo, D'Avanzo ormai ragiona come un giudice ammazzasentenze, di quelli che annullavano una condanna all'ergastolo perchè mancavano i bolli.
Si esprime esattamente come uno dei tanti azzeccagarbugli del Cavaliere; eccone una perla: "...quanti orrori possono accadere quando un magistrato arriva al massimo dell'indignazione e, in nome della giustizia, pretende un castigo e, se non lo ottiene, avvia un ciclo di ritorsioni."
Ma non è ancora finita: senza guardarsi allo specchio, accusa en passant Marco Travaglio di disinformazione per poi affondare il colpo ancora una volta contro Santoro dando un giudizio conclusivo sul suo programma; giudizio che, guarda un po', calza a pennello per il suo editoriale: "notizie alquanto confuse, disinformazione; non c'è alcuna conoscenza, soltanto un distillato di veleni in un quadro culturale che ignora le ragioni della democrazia e le convenienze dello Stato di diritto".
Chiosa D'Avanzo: "Annozero, viene da dire, è stato soltanto un passo verso il suicidio collettivo".
Sarà, ma in questa occasione è proprio lui che, in un pericoloso mix tra arrogante narcisismo, cieco furore e ordini di scuderia, ha dato una pessima prova di giornalismo.

Fonte: Repubblica del 6/10/07

http://www.repubblica.it/2007/09/sezioni/cronaca/pm-catanzaro/santoro-messaggi-barbarici/santoro-messaggi-barbarici.html

venerdì 5 ottobre 2007

A chi giova imbavagliare la Rai?

Che Mastella non sia una grande ministro di giustizia gli elettori dell'Unione lo hanno sempre sospettato.
Che forse sarebbe stato più adatto in questo ruolo magari nel governo Berlusconi concordano tutti, sia a destra che a sinistra: in fondo il suo partito, l'Udeur, non potrebbe benissimo stare nella maggioranza di centrodestra?
Ma che sia ormai da settimane nell'occhio del ciclone nessuno lo poteva prevedere. Certo, per diventare una star della cattiva politica oltre le circostanze (il fenomeno Grillo) c'ha messo del suo: indubbiamente... il talento c'è!
Sarebbe inutile snocciolare quella serie ininterrotta di discutibili iniziative che ha al suo attivo in pochi mesi: senza scomodare l'indulto o la riforma che porta il suo nome, basti pensare alla recente richiesta di trasferimento cautelare del pm De Magistris avanzata al CSM ed in discussione lunedì prossimo.
Al di là dei rilievi formali che gli vengono contestati, suona strano che tanto zelo il ministro della giustizia lo dimostri proprio nei confronti del magistrato che, quasi in perfetta solitudine, ha scoperchiato il vaso di Pandora di uno dei tanti intrecci politico-affaristico-mafiosi esistenti in una Calabria consegnata in larga misura alle cosche criminali (possibile che già nessuno si ricordi più della strage di Ferragosto a Duisburg?).
Eppure, nonostante la gravissima situazione di degrado in cui versano gli uffici giudiziari calabresi (così bene rappresentata nella puntata da Locri W l'talia in diretta di Riccardo Iacona, nel luglio scorso) il ministro non trova niente di meglio che intralciare il lavoro di uno di quei pochi giudici che in quelle terre difficili combatte la battaglia dello Stato per il ripristino di un minimo di legalità e di agibilità democratica, condizione indispensabile per avviare finalmente un sano processo di sviluppo economico.
Sarebbe sì o no interesse e responsabilità del Governo conoscere che fine hanno fatto i milioni di euro stanziati per la costruzione dei depuratori e di cui in Calabria non s'è vista nemmeno l'ombra? Ed ancora, sarebbe opportuno accertare quale virulenza abbia avuto il comitato d'affari che in Basilicata da decenni condiziona pesantemente la vita pubblica?
Nessuno vuole processare Mastella sulla pubblica piazza, come egli dice di temere, ma il ministro e la compagine governativa di cui fa parte non possono sottrarsi al vaglio della pubblica opinione su temi tanto delicati, a maggior ragione se le indagini della magistratura sfiorano esponenti del Governo in carica: anche perchè, in tale situazione d'allarme sociale, qualcuno dovrebbe spiegarci per quale ragione criticare nella piazza televisiva il modus operandi di un ministro sarebbe politicamente scorretto.
Il problema non è certo la trasmissione televisiva Annozero di Michele Santoro: con chi può prendersela Mastella se non con se stesso quando il sottosegretario intervenuto difende il suo operato con argomentazioni capziose e cavilli da Azzeccagarbugli?
Come non condividere allora il grido di allarme del giudice Clementina Forleo: "Noi giudici siamo lasciati soli contro i tanti don Rodrigo al Sud".
O forse l'editto bulgaro di Berlusconi contro Biagi, Santoro e Luttazzi trova nell'attuale maggioranza dei nuovi insospettati sostenitori?
E' a tutti chiaro che ad un anno e mezzo dall'insediamento del governo Prodi neppure la tanto sbandierata sterzata sui temi della giustizia e dell'etica pubblica c'è stata; anzi, sono stati fatti alcuni passi indietro: se a destra la cosa non turba più di tanto, sull'altra sponda tutto ciò ha generato sconforto e grande rincrescimento tra gli elettori.
E di fronte a tanto sdegno che sale da ogni angolo del Paese non si può certo rispondere imbavagliando la Rai: pensare di poter mettere a tacere tutto oscurando le trasmissioni e i giornalisti scomodi è l'ennesimo peccato di presunzione di questa classe politica, incredibilmente sorda ai bisogni, ormai gridati, di una società civile in grande sofferenza.

mercoledì 3 ottobre 2007

La moglie di Berlusconi nel Partito Democratico??

Purtroppo ancora una volta la realtà ha superato l'immaginazione: il candidato favorito alla segreteria del costituendo partito democratico Walter Veltroni intenderebbe far entrare nella propria squadra Veronica Lario, moglie di Berlusconi.
Sentite cosa dice in un'intervista alla giornalista Maria Latella sul settimanale A: «Ci sarebbe una donna che non so come collocare nel nostro panorama politico, e di cui conosco le curiosità culturali...». «L'ho incontrata qui in Campidoglio e mi sembra abbia due caratteristiche rare, entrambe utili a questo Paese: è open minded, curiosa e ha una grande autonomia intellettuale. Mi sembra una personalità di primissimo piano».
Il kennediano Veltroni non trova di meglio che andare a fare campagna acquisti presso la squadra avversaria, addirittura a casa del Mister.
Al di là delle qualità personali della signora Berlusconi, che nessuno vuole mettere in discussione nè semplicemente dibattere, la scelta veltroniana è sintomatica di un modo di far politica che ormai è anni luce lontana dalla vita dei cittadini, qualcosa che con la democrazia rappresentativa ha sempre meno a che fare.
Ormai c'è un'oligarchia che a destra come a sinistra si perpetua indifferente agli umori del Paese, alle sue istanze, alle sue passioni, ai suoi bisogni.
Questa sì è la vera antipolitica, altro che la passione civile di Grillo!
Senza i loro costosissimi stati maggiori (naturalmente tutti spesati dal contribuente), tanti uomini politici non avrebbero più alcun seguito, ciechi nel loro narcisismo opportunista, sensibili solo al fascino dello star system.
E' la politica spettacolo che vorrebbe farci credere che si possa governare senza ideali, senza obiettivi, senza conflitti con un continuo restyling comunicativo che nasconde l'inerzia dei suoi protagonisti e che di fatto affida la regia del Paese al potere economico; il quale, dietro le quinte, non solo dirige la rappresentazione ma scrive pure la sceneggiatura, cioè detta l'agenda politica che fa poi leggere attraverso la radio, i giornali, la televisione.
Prova ne sia che tra il governo di centrodestra e quello di centrosinistra le differenze siano state finora più apparenti che reali, incentrate prevalentemente sullo stile comunicativo.
Ecco perchè la disaffezione alla politica è così generale e gli umori degli elettori così cupi.
L'idea veltroniana è l'ennesimo pugno nello stomaco nei confronti di chi, soltanto un mese fa, ha affollato le piazze d'Italia invocando con Beppe Grillo il recupero di un minimo di decenza nella vita pubblica.
Ma ormai la politica batte altre strade e gira al largo dalle piazze.

martedì 2 ottobre 2007

Se il Partito Democratico fa flop

Siamo a due settimane dalle primarie che sanciranno la nascita del Partito Democratico e la sensazione è che le oligarchie dei due partiti che ne costituiscono la spina dorsale, DS e Margherita, siano di fronte ad un passaggio politico che forse ne decreterà una solenne bocciatura.
Lo spirito di partecipazione che animava gli elettori dell'Unione soltanto due anni fa si è spento e c'è il rischio che il risultato ottenuto da Prodi in quelle stravaganti primarie non troverà adesso la stessa consacrazione sul nome di Veltroni.
Stiamo arrivando alla nascita di un nuovo partito in un'atmosfera cupa e malinconica: sembra piuttosto una classica operazione di Palazzo, più vicina alla nomenclatura che ad intercettare gli umori della gente.
Già il modo di comporre le liste nazionali e regionali certo non ha appassionato chi pure si ostina a sfogliare i giornali nelle pagine di politica interna: il metodo sembra in fotocopia lo stesso delle liste bloccate che ha caratterizzato le scorse elezioni politiche.
Lì si dava la colpa alla legge elettorale di Calderoli, ripromettendosi al più presto di modificarla; qui invece sono state le consorterie dei due partiti a trovare un punto di equilibrio sui nomi che, però, è quanto di più lontano possibile dal modo di approcciare la politica di chi credeva che il nuovo partito avrebbe portato una ventata di aria fresca nel Paese e, con le prossime elezioni legislative, nelle aule parlamentari.
A questo punto sfugge il senso di questa operazione che lascia ai posti di comando esattamente i personaggi di sempre dopo, però, un estenuante braccio di ferro tra rutelliani, prodiani, veltroniani, dalemiani, bindiani, ecc. senza alcun vero dibattito politico.
Davvero uno spettacolo deprimente!
Sicuramente il 14 ottobre nei seggi sfileranno gli apparati dei due partiti, mobilitati a dovere, ma l'anima popolare che ne dovrebbe costituire la linfa vitale se ne terrà a debita distanza: non è un mistero che in giro, a pochi giorni da questo battesimo, di questo nuovo partito nessuno voglia sentir parlare.