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sabato 15 gennaio 2022

Caro Travaglio, riprenditi!

 


E’ scandaloso che Marco Travaglio, per demolire la gestione del governo Draghi, riesca ancora a dirci che i non vaccinati “sono solo uno dei tanti problemi che ci hanno portato a questo disastro…”.

Travaglio, tu che hai dichiarato di essere trivaccinato e di aver fatto pure il vaccino antinfluenzale, non riesci proprio a concepire per contrastare la pandemia altra dimensione che quella di continuare a sperimentare indiscriminatamente farmaci genici sulla popolazione?!

Eppure ormai lo sanno pure i sassi che i non vaccinati non sono mai stati un problema!

Piuttosto lo sono stati e continuano ad esserlo i vaccinati quali amplificatori del virus e delle sue nuove varianti: tutto ciò peraltro era chiaro sin dalla scorsa estate!

Bastava analizzare autorevoli studi pubblicati su riviste scientifiche di livello internazionale, senza avere gli occhi foderati di prosciutto.

Ma la tua brillantezza in tutto questo tempo deve essersi evidentemente inabissata perché insisti ancora a dare il tuo contributo di mistificazione a questa pericolosa narrazione.

Ormai è chiaro che i numeri del Covid sono stati tutti falsati, che il virus nelle nuove varianti colpisce in maniera massiccia proprio chi ha completato il ciclo vaccinale primario e chi si è sottoposto alla 3^ dose; che l’Italia, nonostante sia il grande paese europeo più inoculato, presenta oggi dati pessimi; che le reazioni avverse sono un’infinità (non vengono segnalate spesso neppure quelle gravi), e che spesso queste vengono dolosamente fatte passare come conseguenza del covid (e non dei farmaci genici, come dovrebbero essere classificate non fosse altro che per rigore scientifico!).

Ma adesso c’è di più: dopo aver escluso fascistamente dalla vita civile, sottratto il lavoro, ridotto alla fame, persone sane solo perché si sono rifiutate di fare da cavie, senza che tu ti sia mai sentito in animo di pronunciare una sola parola contro questi palesi crimini contro l’umanità, ieri un autorevole accademico su “Repubblica” (persino lì!…) ammette addirittura che i trivaccinati rischiano di aver eccessivamente stimolato il loro sistema immunitario, con il serio rischio di “portarlo allo sfinimento” (sic!) e la conseguenza di una maggiore esposizione a nuove infezioni virali rispetto ai non inoculati.

Ti renderai mai conto di quale pessimo servizio hai reso ai tuoi lettori per tutto questo tempo, né più né meno dei tuoi colleghi di La7, rete tv che ti tiene ospite fisso evidentemente a mo’ di specchietto per le allodole?

La gente si fidava di te … e tu con quale moneta l’hai ripagata?

Riprenditi, prima di farti travolgere dall’onda lunga della verità.

Che è lenta a partire ma quando finalmente si alimenta, prima piano poi in maniera sempre più impetuosa, spazza via ogni menzogna e chiunque abbia contribuito a propalarla!

sabato 27 ottobre 2018

Quando Travaglio scantona...

Travaglio ogni tanto per segnare una equidistanza da tutti, anche dal M5S, si avventura in questioni che sono mille miglia lontane dalle sue competenze e pensa di poter parlare di economia con la stessa sicumera con cui affronta le problematiche della giustizia e della lotta alla criminalità organizzata. Ma, purtroppo per lui e per noi, non è così.
Nell’editoriale odierno ha preso un'enorme cantonata: attaccare Di Maio quando il capo 5Stelle ha ragioni da vendere contro Draghi, non solo è ingeneroso ma è platealmente sbagliato.
Non si è mai visto un banchiere centrale parlare di continuo come fa Draghi, per giunta a mercati aperti, prendendo posizioni di indirizzo politico che evidentemente non gli appartengono.
Se lo spread è a 300 è perché la BCE, di cui lui è governatore, non sta facendo il suo dovere di banca centrale, che istituzionalmente deve gestire il rischio dell’instabilità monetaria, lavorando in silenzio dietro le quinte, senza lanciare intimidazioni a mezzo stampa come ha fatto lui qualche giorno fa contro l’Italia. Se poi vuole dare un onesto e disinteressato consiglio al governo italiano, alza il telefono e chiede che gli passino Palazzo Chigi: non fa sparate in conferenza stampa, annunciando che chiuderà i rubinetti.
E’ così evidente che Mario Draghi è una parte importante del problema e non la soluzione che sentire Travaglio incensarlo, lascia attoniti e stizziti.
E finiamola di pensare che Draghi ha salvato l’Italia con il QE!! Eventualmente egli ha salvato (momentaneamente!) l’euro, perché la crisi innescata dal Fondo Salvastati, il Fiscal compact e tutte le folli iniziative che l’Europa ha varato per far recuperare i crediti che Germania e Francia vantavano con la Grecia, dopo la bufera americana del 2008 e l’enorme esposizione debitoria delle banche tedesche in derivati e altri titoli tossici, ha bloccato l’Eurosistema. E il QE non ha aiutato l’Italia ma ha cercato di rianimare un sistema monetario che resta senza futuro.
Travaglio dovrebbe studiare invece di alzare il ditino anche in temi su cui la sua ignoranza si taglia, purtroppo per il malcapitato lettore, a fette.

mercoledì 5 settembre 2018

No, Travaglio, neppure stavolta il PD ha ragione!

Questa volta non siamo d'accordo con Travaglio.
Il ministro Toninelli, che ha denunciato 'pressioni interne ed esterne' subìte contro la revoca delle concessioni ad Autostrade, non necessariamente deve rendere pubblici autori e contenuti di tali pressioni. Al contrario: è nella sua responsabilità e discrezionalità di ministro decidere liberamente che rilevanza darne. E' ovvio, che se queste si fossero estrinsecate in minacce (sia pure velate), dovrebbe rivolgersi di corsa alla magistratura.
La polemica finisce qui.
Ovviamente non si tratta, come dice Travaglio, di  'lanciare il sasso e nascondere la mano e il caso che finisce a tarallucci e vino, senza colpevoli né innocenti.' Ci si chiede, anzi, come Travaglio possa scivolare logicamente sulla classica buccia di banana lanciata a bella posta dal PD.
Il ministro Toninelli ha, per trasparenza, denunciato in Parlamento il clima pesante in cui è costretto a lavorare dopo il crollo del ponte, che la dice lunga sulla situazione politicamente disastrosa in cui le Istituzioni sono state trovate dal governo gialloverde, venticinque anni dopo l'inchiesta di mani Pulite. Che, al di là dei risvolti giudiziari, avrebbe dovuto restituire un messaggio chiaro all'opinione pubblica: la res publica è dei cittadini, e va tenuta fuori dagli appetiti e dalle contese di clan e cordate politico-imprenditoriali; mentre le Istituzioni devono essere collocate in una posizione di rispetto, lontane da queste dinamiche clientelari, in una condizione di assoluta terzietà e di serenità nell'azione di indirizzo politico.
Dalle parole del Ministro, ci rendiamo conto, ancora una volta, che non è così: purtroppo! Quanto al fatto che il ministro, tra le sue prerogative, abbia quella di scegliersi la propria squadra e rimuovere coloro che agiscono nel suo dicastero in dissonanza dalle sue linee guida, la cosa è pacifica e non vale la pena di scomodare monsieur de La Palisse.
Ed è sorprendentemente ingenuo da parte dello 'scafato' Travaglio ritenere che tali pressioni si siano necessariamente tradotte in fattispecie di reato o in comportamenti apertamente illeciti: il problema, evidentemente, è molto più sottile e coinvolge spesso aspetti culturali piuttosto che burocratico-amministrativi.
Ha fatto benissimo Toninelli a lanciare l'altolà ed a sottolineare che simili comportamenti non verranno più tollerati. Senza la necessità di ricorrere ad un giudice.
L'idea sottintesa da Travaglio che la magistratura possa essere il deus ex machina della decadenza italiana è semplicemente ridicola.
E il caso Finocchiaro, di queste ore, lo conferma in modo eclatante.

sabato 18 ottobre 2014

Finalmente Marco Travaglio manda al diavolo Santoro

Era ora. Finalmente Marco Travaglio, dopo aver incassato per settimane senza replicare le reprimende di Michele Santoro, lo ha finalmente mandato al diavolo.
Un Santoro sempre più nervoso, in evidente crisi di idee e di ascolti,  proteso come appare a completare il riavvicinamento al vecchio establishment di centrosinistra, ha duramente ripreso, nell'ultima puntata andata in onda di Servizio Pubblico, il suo collega che stava mettendo in difficoltà con critiche acuminate il plenipotenziario del PD in terra ligure, Claudio Burlando, uno degli sciagurati amministratori nel periodo di cementificazione selvaggia della Liguria: in punta di logica, uno dei presunti responsabili dell'odierno dissesto idrogeologico che ha provocato, con l'ultima alluvione della settimana scorsa a Genova, centinaia di milioni di euro di danni ed una vittima.
Santoro è un giornalista molto conosciuto, ma anche, come sappiamo, un personaggio televisivo che da trent'anni flirta con la politica, verso cui nutre un rapporto di amore-odio. Perché è la politica, con i propri guasti, le proprie magagne, le proprie lusinghe, ad averlo lanciato sulla ribalta nazionale (è stato pure europarlamentare nelle liste dell'Ulivo nel 2004, insieme alla Gruber!) ma è con la politica che ha in passato ingaggiato le contese più eclatanti (dal rapporto ambivalente con Berlusconi di cui è pure stato dipendente in Mediaset, alla causa di reintegro intentata contro la Rai dopo l'editto bulgaro). 
E' solo rispolverandone la biografia che si può comprendere fino a fondo il suo odierno comportamento, per lo meno contraddittorio, nei confronti della Casta, la cui critica impietosa delle malefatte si ferma sorprendentemente a metà. 
E' così, che la nomenklatura di destra e di sinistra, le cui pesantissime responsabilità sono sotto gli occhi di tutti ed oggi  marchiano a fuoco la vita di milioni di italiani, un dissesto a 360 gradi, politico-morale- economico-finanziario, ora persino idrogeologico, trova in Santoro un insospettabile difensore.
Quando qualcuno, come Marco Travaglio, finalmente, rinfaccia ad uno dei gerarchi del regime, il presidente della Regione Liguria Claudio Burlando, le mostruose nefandezze del sacco edilizio, la cementificazione selvaggia, la distruzione del verde in stile Attila,  ecco che Santoro inopinatamente gli si mette di traverso in un improvvisato gioco di sponda con il potente di turno.
Del resto, in veste di paladino della Casta, il conduttore di Servizio Pubblico  già aveva inaugurato la serata con un attacco violentissimo e del tutto gratuito a Beppe Grillo, additato, Dio solo lo sa, ad unico assoluto responsabile di tutti i guai italiani, persino dell'alluvione genovese!
Perché abbiamo dovuto guardare il Santoro-show per scoprire una sconcertante verità sulle alluvioni di Genova: negli ultimi trent'anni in quelle terre non hanno sgovernato, come qualche ingenuo crede e la Storia ci racconta,  le varie giunte di centrosinistra, comuniste, piddine, responsabili di una politica di sistematico stupro del territorio; e neppure al governo nazionale c'è mai stato per anni il centrosinistra, con Burlando pure ministro dei trasporti!
No, niente di tutto questo: era Beppe Grillo, ci suggerisce Santoro, sì avete capito bene, proprio lui,  l'ex comico genovese a tirare le fila di ogni abuso! Mentre il suo sosia teatrante gli garantiva un finto alibi, inventandosi un diversivo con lucrosi spettacoli da tutto esaurito in giro per la penisola.
Eccola squadernata in diretta televisiva la verità di Michele Santoro: Burlando è un martire, Travaglio un aguzzino antidemocratico... e Grillo l'artefice unico di ogni bruttura italica!

A questo punto, sarà chiaro a tutti perché ha fatto benissimo Travaglio a spezzare questo imbarazzante sodalizio, nato anni fa sotto i migliori auspici con l'obolo dei 100'000 sognatori, ma divenuto, puntata dopo puntata, un abominio. Che poi vuol dire, in termini di audience, 'spegnere' Santoro.
Perché il giovedì sera abbiamo di meglio da fare che assistere all'esperto lavoro di lingua di Santoro che si fa schermo di Travaglio per portare su l'audience e continuare indisturbato a flirtare con la Casta.

martedì 10 giugno 2014

Sul caso Spinelli - Tsipras, pure Travaglio prende un abbaglio

Nell'editoriale di oggi sul Fatto, Marco Travaglio scrive:  "nemmeno il tempo [ndr: per la lista Tsipras] di festeggiare il quorum del 4% raggiunto contro ogni previsione, ed ecco i partitocrati di Sel e in parte di Rifondazione – noti desertificatori di urne – avventarsi contro la prima artefice del successo: Barbara Spinelli, “rea” di aver prima annunciato la rinuncia al seggio e poi, mutate le condizioni di partenza, di aver accettato l’elezione." 
Quali sarebbero le condizioni di partenza mutate? A noi risulta che la Spinelli si era candidata nella lista Tsipras per permetterne l’affermazione, evidentemente consapevole che il suo nome avrebbe richiamato un bel po’ di voti, annunciando in anticipo che non avrebbe mai accettato l’eventuale seggio che, di conseguenza, sarebbe andato al primo dei non eletti. 
Le cose sono andate esattamente secondo le migliori previsioni della vigilia: non si capisce perché adesso abbia cambiato repentinamente idea su questo punto così qualificante del suo impegno politico. 
Il fatto che sia una ottima e degnissima persona non ha niente a che vedere con il rispetto degli impegni presi. Poi si può dire tutto quello che si vuole sui partitocrati di Sel e Rifondazione, ai quali non ci unisce praticamente nulla data la loro assoluta e sterile autoreferenzialità che risulta funzionale al mantenimento dello status quo: ma tutto ciò che cosa c’entra? 
Nonostante il pressing di Alexis Tsipras, la Spinelli si è volutamente assunta un impegno da rispettare con i suoi elettori che, votandola, sapevano benissimo che avrebbero mandato avanti la sua lista.
E’ chiaro che poi Beppe Grillo viene dai più considerato un marziano perché coerentemente fa ciò che promette! 
Oggi lo sport nazionale è, purtroppo, predicare bene e razzolare male, vantandosene pure! 
Così il degrado della vita politica (ma sarebbe meglio dire di una società in declino) trova il suo emblema proprio nel famigerato hashtag renziano #enricostaisereno
Ma la politica così diventa solo un covo di serpi… difficilissima da raccontare, ancora peggio da condividere. 
Poi che nessuno si meravigli se a votare non ci va più nessuno: tra i desertificatori di urne, caro Travaglio, mettiamoci pure la schiera infinita dei voltagabbana.

venerdì 11 ottobre 2013

Sinistra d'accatto: attenti a quei due!


Ieri sera Michele Santoro nel suo ormai tradizionale e sconclusionato pistolotto iniziale ha attaccato a muso duro Beppe Grillo, per aver frenato i senatori Buccarella e Cioffi che avevano presentato l'emendamento che aboliva il reato di clandestinità. Tale fattispecie di reato, come dovrebbe essere noto a tutti se non avessimo un'informazione serva, è prevista dal decreto Maroni che con la legge Bossi-Fini, evidentemente non ha nulla a che vedere.
Quello che assomiglia sempre più ad una maschera del circo televisivo, vittima ormai della sua megalomania che lo induce a prendere spesso cantonate colossali quando parla del M5S, è riuscito a concludere il suo sermone praticamente accusando Grillo di essere il responsabile del drammatico naufragio di Lampedusa di qualche giorno fa, quando un barcone con circa 500 immigrati si inabissò subito dopo lo scoppio di un incendio a bordo.
Ecco le sue parole conclusive: "In che modo tu [Grillo]pensi di arginare l'esodo che sta nascendo dal caos in Libia, in Tunisa, in Siria, in Iraq? Mi piacerebbe chiedertelo faccia a due facce, Beppe Casaleggio Grillo, in tv , a casa tua, in una piazza. Ma tu con i morti non parli, quando sono conduttori televisivi come me ed anche quando sono una donna con un bambino accanto". (L'allusione veramente squallida e vile era al corpo di una puerpera recuperato dai sommozzatori insieme al suo piccolo.)

Un'altra perla sgusciata da questa sinistra inconcludente e massimamente ipocrita è stata quella di Concita de Gregorio che oggi in una nota su Repubblica intitolata "Il cinismo dei 5 stelle", scrive:
" È la legge del mare. È la legge di Dio. È la legge degli uomini da prima che ogni legge sia mai stata scritta. Salvare un uomo in mare. Non c’è nemmeno da spiegarlo, mancano le parole. Provate solo ad immaginare che succeda a voi.
Siete in barca, vedete qualcuno che sta annegando e che vi chiede aiuto. Un ragazzo, una donna che annega a pochi metri da voi. Sareste capaci di lasciarlo morire sotto i vostri occhi? Gli chiedereste – di qualunque religione, partito politico, di qualunque razza voi siate – da dove viene e a fare che cosa o gli gettereste prima un salvagente? Vi buttereste voi stessi, quasi certamente. Non è una regola, è istinto. È ineludibile afflato di umanità. È quel che distingue gli essere umani dalle bestie, e non sempre ché spesso la lezione arriva dagli animali.
Ecco. Si fa moltissima fatica a dare un giudizio politico della censura di Beppe Grillo e dell’ideologo Casaleggio ai parlamentari Cinque stelle che al Senato hanno proposto e poi votato un emendamento che dice questo: chi trova una persona in mezzo al mare può soccorrerla senza rischiare di commettere reato."

Sono giornalisti, se lanciano accuse così dure e roboanti sicuramente sapranno almeno quello che dicono, certamente si saranno minuziosamente documentati! Verrebbe spontaneo quindi ammettere: va a finire che questa volta Grillo l'ha fatta grossa... 
Ci siamo ripromessi di documentarci, proprio partendo dalle parole di MarcoTravaglio che sbeffeggiava causticamente, nella stessa trasmissione, l'improbabile ospite e giornalista di Panorama Annalisa Chirico, che già aveva sintetizzato a suo piacere il pensiero di Grillo con un gratuito "morte agli immigrati" (proprio così!) tanto da costringere lo stesso Santoro a prenderne le distanze. Costei, dalla lingua più veloce del pensiero, confondeva disinvoltamente la legge Bossi-Fini con il decreto sicurezza Maroni, suscitando il compatimento sconsolato di Travaglio.
Ma è bastato semplicemente scorrere i commenti all'editoriale della De Gregorio per trovare le informazioni necessarie in quello di un acuto lettore, Claudio5708, che così interviene:
"La signora Concita dovrebbe documentarsi meglio. Il reato di immigrazione clandestina, sul quale è certo doveroso aprire un dibattito, non è stato introdotto dalla Bossi - Fini ma dalla legge 15 luglio 2009, n. 94 facente parte del "decreto sicurezza". La legge, peraltro promulgata dall'attuale presidente Napolitano, che adesso fa tanto lo scandalizzato, è una legge che tutti farebbero bene a leggere perché secondo me ha anche aspetti positivi: ad esempio, ha posto paletti ai tanti matrimoni di comodo. Ma né questa legge né la Bossi Fini hanno mai modificato il testo unico del 1998 (legge Turco-Napolitano, sì, sempre lui!) che al comma 2 dell'art. 12 recita: "Non costituiscono reato le attività di soccorso e assistenza umanitaria prestate in Italia nei confronti degli stranieri in condizioni di bisogno comunque presenti nel territorio dello Stato".
Quindi una colossale balla rilanciata dai media a reti unificate e scaraventata contro Grillo come una bomba a grappolo per deflagrare tra le sue fila.
Come si vede, l'iniziativa di Grillo non ha nulla a che vedere con il salvataggio dei disperati in mare: fare dello sciacallaggio mediatico per bassi interessi di bottega la dice tutta sull'etica di questi illusionisti del piccolo schermo. 
Cui prodest tanta disinformazione? Al Pd? Allora, caro Santoro, siamo veramente messi male...
E poi se è almeno vero che nulla si può per fermare l'esodo che ci viene dal caos generalizzato di tanti stati che si affacciano sul Mediterraneo (un po' di politica estera, no, eh?), qualcuno può pensare solo un istante che un fenomeno di proporzioni bibliche possa essere affrontato soltanto dalle popolazioni locali, già cronicamente a corto di mezzi economici e di servizi sociali?
Ci aspettiamo, dopo la sparata di questo tribuno televisivo contro Grillo, che almeno lui, da Santoro qual è, dia il buon esempio. Spalanchi i cancelli della sua lussuosa villa ad una nutrita rappresentanza di quei popoli in sofferenza che potrebbero stabilire il proprio avamposto proprio presso di lui.
A proposito, un altro barcone con 500 persone è stato appena soccorso  davanti a Lampedusa. Santoro, datti da fare!

PS: Bell'editoriale oggi 12 ottobre, di Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano, dal titolo un po' fuorviante "La Legge Grillo-Casaleggio" che, insieme ad una critica pignola ma pacata sull'iniziativa di Beppe Grillo, fa giustizia "delle tante geremiadi piagnucolose e generiche dell’“accoglienza” e dell’ “integrazione”" di certa sinistra radical-chic che, come lui stesso riconosce,  "con la loro inconcludenza, seminano anch’esse razzismo a piene mani". Più che inconcludenza, sarebbe meglio dire, grandissima ipocrisia (perché per i propri affari, questa sinistra è tutt'altro che inconcludente!).

giovedì 20 giugno 2013

No, caro Travaglio, questa volta sbagli di grosso...

Dispiace che della penosa vicenda Gambaro, la senatrice 5stelle entrata in Parlamento senza sapere né come né perché, oltre alla classica torma di pennivendoli scritturati dalla partitocrazia, equidistribuiti tra stampa e televisione, si siano occupati persino i pseudogrillini di complemento, quelli che dal primo giorno in cui Beppe Grillo si è cimentato nella più straordinaria avventura politica degli ultimi anni, hanno cominciato a giorni alterni a fare i maestrini dal lapis rosso-blu.
Tra quelli sulla cresta dell'onda, specie su La7, annoveriamo Andrea Scanzi, giornalista del Fatto Quotidiano, che autoconvocatosi  grillino embedded, ha cominciato a presenziare i talk show televisivi, disertati dai parlamentari pentastellati, dispensando con spocchia degna di miglior causa consigli non richiesti al M5S e al suo leader ma soprattutto bacchettandolo a giorni alterni con tono paternalistico: eh no, Grillo, questo non si fa! No, neppure quest'altro... Adesso, stai sbagliando tutto!  
Un alter ego putativo del M5S con l'aria di chi la sa così lunga da imporsi a favore di telecamera come l'oracolo ispiratore.
Insomma, dall'esordio col tono scanzonato e irriverente da giovinastro cresciuto a pane e internet, ha finito per identificarsi talmente con la parte in commedia che il talk gli affida, da prendersi troppo sul serio, persino impressionato dalle sue stesse parole, diventate inopinatamente continue lezioni di giornalismo, di democrazia, di realismo politico, di strategia con una sicumera e persino la postura di chi ha la convinzione di avere ormai in tasca la verità rivelata.
Come lui, tanti altri,  che alle spalle e, adesso, a spese del M5S e della battaglia politica di Grillo, si stanno costruendo una reputazione mediatica, essendo restati nell'ombra fintantoché non si sono autocandidati alla carica imperscrutabile di "vicini al movimento".
Ma in cosa consista questa vicinanza non è dato sapere, se non, nel caso di Scanzi, l'essere autore di un libro su Grillo pubblicato nel 2008.
Sappiamo però in termini di fringe benefits che cosa ciò abbia comportato: comparsate  a tutte le ore e su tutte le reti, non appena si accenna al M5S.
Così ecco materializzato sul piccolo schermo il vicinologo che con aria da professorino e caviglia destra appoggiata sguaiatamente sul ginocchio sinistro, trincia giudizi e sentenze da maxiesperto in pectore.
E via assestando un colpo al cerchio ed un colpo alla botte, il teleguru da talk si atteggia a tutore del movimento che considera, non si sa perché, una sua creatura, tanto da essere pronto a dispensargli gratuitamente e con molta nonchalance i suoi ferali moniti, senza togliersi il gusto, toscanaccio qual è, di concludere alla Bartali, scuotendo la testa: "gli è tutto da rifare".
Fornendo così un ripetibile assist al conduttore di turno che, non fosse che per pronunciare questa sentenza inappellabile,  lo aveva invitato.
A questa allegra brigata si è ora unito anche  Marco Travaglio, il quale dal 25 febbraio usa con il M5S la tecnica del bastone e della carota.
Almeno fino a ieri, quando dalle colonne del suo giornale ha mazzolato pesantemente i grullini (sic!) senza tanti giri di parole liquidandoli con poche ma banali parole sferzanti: «cacciare, o far cacciare dalla “rete”, una senatrice che ha parlato male di Grillo, manco fosse la Madonna o Garibaldi, è demenziale, illiberale e antidemocratico in sé. E non solo perché serve su un piatto d’argento agli eterni Gattopardi e ai loro camerieri a mezzo stampa la miglior prova di tutte le calunnie che hanno sempre spacciato per dogmi di fede. Non è nemmeno il caso di esaminare l’oggetto del contendere, cioè le frasi testuali pronunciate dalla senatrice nell’intervista incriminata a Sky, perché il reato di lesa maestà contro il Capo è roba da Romania di Ceausescu.»
Un ragionamento così rasoterra che ci ha sorpreso.
Sulla bravura di Travaglio e sulla sua autonomia di giudizio questo blog si è più volte soffermato, quindi abbiamo le carte in regola per fargli adesso la classica tiratina d'orecchie, anche se non gli facciamo sconto dell'egolatria che a volte trasuda dai suoi pezzi, in parte deformazione professionale.  Tenuto conto che si trova spesso a raccontare, oltre che di colleghi imbarazzanti, di nani, ballerine, lacché, mezzetacche, personaggi balzati agli onori dei media in ragione della propria pusillanimità, ignoranza, grettezza, doppiezza (l'elenco degli attributi potrebbe continuare a lungo). 
Il meglio che gli capiti è di interloquire in prima serata con Daniela Santanché e Pierluigi Battista, con il sottofondo di Michele Santoro che nel frattempo scantona di diritto costituzionale: un mestieraccio...
E' chiaro che di fronte a gente con simili attributi, Travaglio furoreggia ed è per questo che adesso ci intristisce che anche lui se la prenda con Grillo senza capire quale sia in questo caso la vera posta in gioco.
Non la leadership del Beppe nazionale, che evidentemente non può essere messa in discussione, ma l'autonomia e l'indipendenza del M5S, che molti nei partiti della Casta vorrebbero trasformare, con questo continuo lavorìo mediatico ai fianchi, in un'armata Brancaleone, dove si sostenga tutto e il contrario di tutto. La creatura politica di Grillo trasformata, a reti unificate, in serbatoio di consenso a cui il PD possa attingere in caso di necessità, magari adesso che le larghe intese iniziano a scricchiolare, vista la situazione di difficoltà in cui versa  di nuovo Berlusconi.
C'è però la necessità di disarcionare o depotenziare Grillo che da fondatore, custode e garante del movimento, si preoccupa di tenerne saldo il timone, evitando le incursioni letali del signor nessuno di turno.
Ecco perché all'attacco della Gambaro, che oggi ha pure l'impudenza di dichiarare che la sua è stata "una critica garbata", andava data una risposta chiara e perentoria, contro ogni altro tentativo di fare del M5S un partito prêt-à-porter.
Soprattutto di questi tempi, mentre il Paese è pericolosamente nelle mani di una pessima oligarchia come Travaglio fotografa impietosamente nei suoi tragicomici editoriali, sarebbe un po' come sparare sulla Croce Rossa.
Non fosse altro perché, di fronte allo sfascio totale della partitocrazia, il M5S resta l'unica concreta speranza per tanti italiani.
E quindi suona veramente irritante che qualcuno, fosse pure Travaglio,  impartisca ex cathedra lezioni di strategia politica ad un movimento che ha mostrato di incarnare lealmente la parte migliore del Paese, magari pure con quell'ingenuità che si deve sicuramente perdonare ai neofiti del Palazzo che quotidianamente sono costretti a confrontarsi con quel poco raccomandabile sottobosco di volpi, lupi, termiti e zecche che da tempo immemorabile vi albergano lautamente.
Di fronte alla Gambaro che ha commesso un gravissimo errore di superbia luciferina o di disarmante ingenuità (le vogliamo credere? Ma come mai non ha finora chiesto scusa?) dichiarando a telecamere spiegate che il problema del M5S è il suo leader fondatore e mettendogli in bocca cose da lui mai dette (la denuncia di Grillo del cattivo funzionamento del Parlamento che la senatrice trasforma d'arbitrio in insulto all'istituzione parlamentare, facendo incredibilmente da sponda ai soliti pennivendoli), la decisione che il M5S ha preso con il supporto della Rete era l'inevitabile e prevedibile conseguenza del suo colpo di testa, lungi da un finto buonismo cavalcato dai media giusto il tempo per scassare il movimento.
Qui non è in questione la libertà di pensiero o di parola ma il regolamento che i parlamentari del M5S spontaneamente e liberamente si sono dati: è in questione la lealtà e il decoro di una forza politica che incarna un movimento di cittadini di cui è semplice tramite nelle assemblee legislative di Camera e Senato.
I parlamentari di Grillo, proprio nell'esercizio delle loro prerogative, sono semplici portavoce delle idee e delle istanze che il movimento ha deciso a maggioranza di portare avanti.
Se qualcuno non vuole adeguarsi alla disciplina di gruppo, farebbe coerentemente molto meglio ad andarsene piuttosto che incaponirsi a restarvi dentro, avendo ormai infranto quel rapporto fiduciario che intratteneva coi suoi colleghi e con il vertice.
E' semplicemente folle pensare che la Gambaro potesse essere assecondata nel desiderio di incarnare lei la vera anima del Movimento 5 Stelle. Se si è sentita prigioniera di uno schema che non condivide più, o forse non ha mai pienamente condiviso, ritenendolo mortificante per la propria personalità libera e indipendente, avrebbe già dovuto trarne le debite conseguenze.
Ma alle dimissioni da parlamentare, dopo la cacciata dal gruppo, non ci pensa proprio, avendo ora espresso l'intenzione di fuoriuscire nel gruppo misto. Di nuovo cadendo in contraddizione con quanto da lei stessa dichiarato soltanto qualche settimana fa nel suo manifesto elettorale:
"Penso ad un Parlamentare che nel caso non fosse più in sintonia con il M5S, grazie al quale è stato  eletto, la sua base, i suoi princìpi, semplicemente si debba dimettere" .
Del resto, non si capisce come sia possibile che l'urlo di Grillo, così ben accetto per consentirle l'ingresso trionfante a Palazzo Madama, le sia di colpo sembrato stonato o addirittura cacofonico.
Ecco, se la Gambaro fosse stata un briciolo coerente ci saremmo risparmiati quel grave danno di immagine che ha cagionato e che ora pesa come un macigno su tutti coloro che si sono dannati l'anima in questi anni per far nascere ed affermare il M5S.
Caro Travaglio,  la prossima volta che scrivi del M5S, ti conviene prima di contare fino a dieci!
Segnare un calcio di rigore fasullo, fischiato solo perché invocato a gran voce  dalla curva mediatica non dovrebbe essere per te un grande onore!


venerdì 24 maggio 2013

A Servizio Pubblico, l'imperdibile figuraccia di Veltroni

Diventerà un video cult, ne siamo sicuri, come quello delle dichiarazioni di Violante alla Camera nel 2002.
Ieri sera è andato in scena, nel salotto di Michele Santoro, l'harakiri di Se po' ffà, al secolo Walter Veltroni, già segretario del Pd, che di fronte al grande Travaglio che lo incalzava implorandogli di rivelare quale atto ostile avesse fatto in vent'anni il suo partito contro Berlusconi, quale legge ad personam gli avessero magari cancellato, ha dimostrato non solo di essere un politico bollito (anche se inspiegabilmente ancora sulla cresta dell'onda mediatica), quanto soprattutto di avere una memoria così corta e confusa, di entità paragonabile soltanto alla sua faccia di bronzo. 
 Al malcapitato Veltroni è capitata pure la iella che, in quell'imbarazzatissimo frangente, gli sia andato incontro, facendo maldestramente cilecca, proprio Santoro, scambiando la manifestazione erroneamente evocata da Veltroni (quella del 1994 indetta dai sindacati contro la riforma delle pensioni), con un'altra (quella contro l'abolizione dell'articolo 18 al Circo Massimo nel 2002).
Se po' ffà si è aggrappato disperatamente a quella mano amica ma, purtroppo per lui, è scomparso poco dopo tra  i flutti della sua inettitudine.
Ma la cosa che più colpisce è che, invece di fare marcia indietro ammettendo umilmente l'abbaglio preso, ha cercato di reagire con la sua solita supponenza contestando a Travaglio, che intanto allibito rivolto ad entrambi diceva "Avete proprio una confusione anche nelle date", polemizzandogli: "le manifestazioni non sono materia tua" "Travaglio sii serio per favore ... dal punto di vista politico, quella manifestazione fu la fine del governo Berlusconi"
Con Travaglio, solo a porta vuota, che bissava: "Ma la storia dove l'hai studiata, su Topolino?!".
Uno scambio di battute che rimarrà storico, speriamo che il grande pubblico possa rivederle al più presto su Blob.

E' da notare che se un infortunio simile fosse capitato a Beppe Grillo o, più semplicemente, a qualunque dei parlamentari del M5S, giornali come Repubblica e il Corriere ci avrebbero tenuto aperto per ore le rispettive home page, raccontandoci in rallenty tutta la loro fantozziana incompetenza. 
Sarebbe stato un ossessionante e spietato tiro al piccione.
Ma dal momento che lo svarione è occorso a Walter Veltroni, beniamino di entrambe le testate, questo succoso scambio di battute non comparirà, ne siamo certi, da nessuna parte.
Fa riflettere anche il fatto che Michele Santoro si sia sentito in dovere di andare in aiuto di Veltroni, contribuendo anche lui involontariamente  allo svarione generale. 
A dimostrazione di quale ruolo, tutt'altro che super partes, egli svolga nel suo talk show: la sua proverbiale imparziale parzialità.
Lo stesso Santoro, che, non ce lo dimentichiamo, soltanto qualche puntata fa boicottò l'intervento del professor Paolo Becchi, docente di filosofia del diritto vicino al  M5S, quando questi sostenne, in punta di Costituzione, che di fronte allo stallo politico allora in atto, sarebbe stato comunque possibile avviare i lavori delle due Camere senza necessariamente anteporvi la nascita del governo, qualora semplicemente da parte dei partiti si fosse presa l'iniziativa di attivare le commissioni permanenti. 
Il tono che in quel frangente egli usò fu estremamente sgarbato e liquidatorio: né, nelle puntate successive, nei suoi sproloqui iniziali o in altri momenti, si sentì in dovere, quando la stessa argomentazione di Becchi venne ripresa da più parti sui media e anche da insigni costituzionalisti, di scusarsi con l'interessato né con il pubblico per la cantonata presa e più volte reiterata.
L'episodio fantozziano di Veltroni dimostra inoltre che il fascino (si fa per dire!) del politico è quello di non ammettere mai i propri errori né di ritrattare le proprie avventate dichiarazioni, neppure di fronte alla più lampante delle evidenze (com'è accaduto ieri sera grazie a Travaglio che, nell'occasione, è sembrato un gigante tra due pigmei).
Al contrario, politici consumati come Veltroni se ne fanno un titolo di merito: di dimostrare ancora una volta la loro, questa sì gigantesca, faccia di bronzo.
Peggio, di fronte all'incalzare di Travaglio che chiedeva conto di cosa avesse fatto in vent'anni il centrosinistra per contenere Berlusconi, Walter Se po' ffà non è riuscito di meglio che a richiamare un episodio (come abbiamo visto, sbagliato) in cui protagonista non era certo stato la sua parte politica ma il sindacato confederale.
Così celebrando il de profundis sull'antiberlusconismo di facciata targato in sequenza Pds, Ds, Pd.
Più che un'ammissione di colpevolezza, una plateale dichiarazione di resa.
Il seguito del filmato, quando si affronta il tema della trattativa Stato - mafia, è poi conclusivo: anche qui Veltroni ne esce veramente male.

venerdì 22 marzo 2013

Corriere e Repubblica non moderano, censurano!

In questi giorni, sia Repubblica che Corriere della Sera, i due maggiori quotidiani nazionali, hanno riempito pagine e pagine della loro foliazione accusando il blog di Beppe Grillo di censurare i commenti non graditi. 
Addirittura hanno riproposto, pubblicandole, intere schermate del sito in cui erano presenti commenti di personaggi che, prendendo spunto dall'episodio dei senatori del M5S che avevano votato per Grasso in contrasto con le decisioni del gruppo parlamentare, accusavano Grillo di ogni infamia equiparandolo rispettivamente e nell'ordine a Hitler, Mussolini, Stalin, ecc. ed altre galanterie di questo genere. 
Sì, parliamo (per l'ultima volta!) dei troll che, come abbiamo già ribadito, vanno debitamente filtrati, pena la destabilizzazione e il dissolvimento di ogni forum o altro ambiente virtuale di discussione collettiva.
Pure Michele Santoro, alla cui trasmissione non ci pentiamo abbastanza di aver contribuito finanziariamente con altri 100.000 sostenitori,  messa in onda nella passata stagione in multipiattaforma (emittenti locali + internet) e che, approdato a La7, di settimana in settimana, allestisce sempre la solita compagnia di giro (Vittorio Sgarbi, Lara Comi, Daniela Santanché, Massimo Cacciari, Giulio Tremonti, Alessandra Mussolini, per citarne solo alcuni, anche se iniziamo a sentire la mancanza di Cicchitto e La Russa o magari Gasparri) senza più la scusante di venire censurato dal clan di Arcore, ha lanciato un servizio curato dalla giovane Giulia Innocenzi che intervista un oscuro blogger, tal Andrea Guerrieri, che ha creato, così assicurano, il sito nocensura.eurosoft.net (qualcuno sa come raggiungerlo?!!!) dove pubblicherebbe tutti i commenti rimossi dal blog di Beppe Grillo utilizzando un apposito software da lui stesso predisposto: software che fotograferebbe di continuo le schermate di commenti per confrontarle immediatamente dopo e verificare se hanno subito cambiamenti e rimozioni. 
Veramente un impegno degno di miglior causa! 
Ma tant'è: la rete annovera personaggi di ogni risma, anche quelli decisamente bizzarri come questo blogger.
La cosa curiosa è che siti come Corriere.it o Repubblica.it praticano molto più efficacemente di Grillo la cosiddetta censura preventiva: il commento non gradito, pure se scritto consultando preventivamente il dizionario dell'Accademia della Crusca e il Galateo di Giovanni della Casa, viene immediatamente cestinato e non apparirà mai in rete. 
Così mentre ad esempio, sotto un pezzo che denigra o comunque mette in cattiva luce il M5S e i suoi protagonisti, sono ammesse tutte le offese possibili e immaginabili (basta che non scadano nel più truce turpiloquio), e censura non ce n'è; appena, però, si tratta di pubblicare commenti a margine di un pezzo sulle mirabolanti avventure del PD o di uno dei suoi massimi esponenti, lì la ghigliottina della censura preventiva scatta  puntuale e affilata.
E del giudizio appena appena critico non resta traccia, con buona pace del software più potente inventato dall'Archimede di turno che non può evidentemente rilevare ciò che non ha mai potuto avere neppure un attimo di notorietà in rete.
Vi invitiamo perciò a provare per verificare personalmente se raccontiamo panzane.
Lo stesso Marco Travaglio, ormai unica luce nel buio di Servizio Pubblico, di fronte allo scoop fantozziano della Innocenzi non ha potuto trattenere una risata di compatimento, precisando che la moderazione dei commenti è la prassi di qualsiasi sito che si rispetti. 
Così mentre il blog di Grillo modera i commenti, cioè li rimuove dopo che sono stati pubblicati (tanto da permettere comunque a qualche strano navigatore della rete di inventarsi giochini insulsi come quello di Guerrieri),  Repubblica.it e Corriere.it marciano imperterriti, sicuri e vincenti, con la censura preventiva, a prova di blogger e dell'acume della Innocenzi.

Rettifica del 25/03/13 h. 14.45: il blogger Andrea Guerrieri ci comunica l'indirizzo corretto del suo sito, che non è quello indicato da Servizio Pubblico (e da noi ripreso), ma il seguente: nocensura.eusoft.net .

lunedì 18 marzo 2013

Le sinergie disinformative questa settimana a Prima Pagina

Un qualsiasi cronista dovrebbe saper fare bene il suo mestiere, sempreché questo consista nell'informare i cittadini nel modo più chiaro, completo e rispondente ai fatti che lui intende raccontare.
A maggior ragione se si tratta del vicedirettore di uno dei due quotidiani con maggiore tiratura nazionale. Questa mattina Massimo Giannini per raccontare ai lettori di Prima pagina, la popolare trasmissione del mattino di RadioTre,  le vicissitudini del voto dentro il gruppo parlamentare del M5S per la presidenza del Senato,  legge il resoconto di Fabrizio Roncone intitolato"Sul blog va in diretta la spaccatura. Scoppia il  caso del commento sparito":
"La notizia è questa: da qualche ora, nel Web gira, rimbalza, divampa il forte sospetto che, sul blog di Beppe Grillo, un cospicuo numero di commenti critici rivolti al comico dai militanti del Movimento 5 Stelle sia stato censurato. Tecnicamente, censurato.
Li hanno proprio fatti sparire, certi commenti. Ci sono le prove.
Ma andiamo con ordine, perché la Rete, Web, Internet, è ancora per molti un mondo pieno di ombre, di mistero.
Ricostruiamo allora fatti, circostanze, cronologie.
E partiamo dalle 23.02 di sabato. Da quando Grillo pubblica sul suo blog, e in automatico anche su Twitter e su Facebook, il commento a quanto è accaduto poche ore prima al Senato, dove una dozzina di suoi parlamentari ha votato a favore di Pietro Grasso, consentendone l'elezione a presidente.
L'ordine di Grillo e Casaleggio, fatto pervenire al capogruppo Vito Crimi, era stato esplicito: «Votate scheda bianca». Crimi però non riesce a convincere i suoi, che decidono secondo coscienza. Un atto sorprendente, inatteso, con dentro un mucchio di cose: ribellione, libertà dipensiero, autonomia di voto, appoggio esplicito al Pd.
Grillo si prende giusto il tempo di riordinare le idee, poi va giù durissimo. Il succo del suo messaggio è questo: il voto segreto non ha senso, non permette trasparenza, e per questo voglio che ciascun senatore dichiari per chi ha votato; nel codice di «comportamento» del M5S è scritto che le votazioni in aula si decidono a maggioranza, è un obbligo, e chi si è sottratto a quest'obbligo, spero ne tragga le dovute conseguenze, e si dimetta."
Si dà il caso che Beppe Grillo non ha mai pronunciato queste parole "e si dimetta" che gli si vogliono mettere in bocca: chi meglio del suo blog lo documenta
Eppure, disinformazione chiama disinformazione, Giannini, senza battere ciglio, legge il pezzo in cui è stata aggiunta l'espressione.
Ma il vicedirettore di Repubblica sa benissimo che cosa ha scritto Grillo, dato che è sotto gli occhi di tutti!
Si costruisce, quindi, a tavolino un'intera  vicenda sul nulla, tanto per far passare il vertice del M5S come guidato da un gruppo di  pazzi scriteriati.
Scriteriati che, guarda un po', hanno in poco più di cinque anni, malgrado l'Italia sia al 57° posto per la libertà di stampa e la cappa soffocante del duopolio RAI-MEDIASET, pure senza un soldo, scardinato la politica degli ultimi vent'anni, cambiato la storia d'Italia, proposto un modello di democrazia diretta, portato in Parlamento una nuova forza politica con il 25 % dei voti, spalancando l'Europa al movimento, essendo osservati con ammirazione in tutto il mondo... c'è altro da aggiungere?
Forse che Grillo voglia veramente cacciare i suoi senatori che, in crisi di coscienza, hanno ingenuamente votato per Grasso temendo la vittoria dell'impresentabile Schifani? 
Neanche per sogno! Ha semplicemente ribadito un concetto lapalissiano: per un movimento che ha fatto della trasparenza  e dell'onestà il suo tratto distintivo, non è ammissibile che i suoi rappresentanti in parlamento possano trincerarsi dietro il voto segreto per disattendere le indicazioni del gruppo, quando queste siano state concordate a maggioranza e non all'unanimità.
Per cui, essi devono essere consapevoli che qualora agiscano singolarmente in contraddizione con le decisioni del collettivo, si pongono giocoforza al di fuori di esso.
E' una cosa così sconvolgente? 
Repetita iuvant:  se 35-40 deputati del PD, contro le indicazioni del segretario Bersani, avessero votato per Franceschini, adesso che fine avrebbero fatto?? Si sarebbe aperto, sì o no, un caso politico?
Ma allora perché Repubblica e il Corriere scatenano la madre di tutte le battaglie mediatiche contro Grillo, addirittura pubblicando le immagini dei commenti dei troll? Sì, perché, da brave verginelle, la censura dei commenti non è forse, insieme a diffamazione e disinformazione, una delle loro migliori specialità?
Lo ripetiamo ancora una volta: il matematico Pierluigi Odifreddi, blogger di punta di Largo Fochetti, si è visto addirittura sparire un suo post dal blog, senza preavviso, semplicemente perché le sue valutazioni sulla condotta del governo di un paese estero, non piacevano alla direzione del giornale.
E adesso tutti a cadere dalle nuvole perché Grillo, quale garante del Movimento davanti ai cittadini, sottolinea ai parlamentari pentastellati la violazione di un codice deontologico che proprio gli attivisti e i candidati del M5S si sono spontaneamente dati e impegnati a rispettare.
Ma allora perché tanto clamore? 
Semplice: i giornali della Casta vogliono impedire che Grillo possa spezzare quel vergognoso gioco di sponda che PD e PDL, amici-nemici inseparabili, stanno mettendo in atto, attraverso incontri catacombali, per neutralizzare il pericoloso civismo della pattuglia dei giovani del M5S. 
Le parole di Marco Travaglio, nel suo editoriale di oggi su Il Fatto Quotidiano, sono cristalline (ahimè, lo stesso non può dirsi delle dichiarazioni di altri collaboratori di questo giornale):
«Grillo, non essendo presente in Parlamento, deve rassegnarsi: i parlamentari di M5S saranno continuamente chiamati a votare sul tamburo, spesso con pochi secondi per riflettere, quasi sempre col ricatto incombente di dover scegliere il “meno peggio” per sfuggire all’accusa del “tanto peggio tanto meglio”, e neppure se volessero potranno consigliarsi continuamente con lui (che sta a Genova) e col guru Casaleggio (che sta a Milano). 
È la normale dialettica democratica, che però nasconde un grave pericolo per un movimento fragile e inesperto come 5 Stelle: la continua disunione dei gruppi parlamentari che, se non si atterranno alle regole che si sono dati, si condanneranno all’irrilevanza, vanificando lo strepitoso successo elettorale appena ottenuto. La regola non può essere che quella di decidere a maggioranza nei gruppi e poi di attenersi, tutti, scrupolosamente a quel che si è deciso. Anche quando il voto è segreto. Le eventuali eccezioni e deroghe vanno stabilite in anticipo, e solo per le questioni che interrogano le sfere più profonde della coscienza umana. 
Nelle prossime settimane il ricatto del “meno peggio” si ripeterà per la presidenza della Repubblica, per la fiducia al governo, per i presidenti delle commissioni di garanzia. 
Ogni qualvolta si fronteggerà un candidato berlusconiano e uno del centro o del centrosinistra, ci sarà sempre qualcuno che salta su a dire: piuttosto che Berlusconi, meglio D’Alema; piuttosto che Gianni Letta, meglio Enrico; piuttosto che Cicchitto, meglio Casini. Se ciascuno votasse come gli gira, sarebbe la morte del Movimento, che si ridurrebbe a ruota di scorta dei vecchi partiti, tradendo le aspettative dei milioni di elettori che l’hanno votato per spazzarli via o costringerli a rinnovarsi dalle fondamenta. ll che potrà avvenire solo se M5S, pur non rinunciando a fare politica, manterrà la sua alterità e sfuggirà a qualsiasi compromesso al ribasso, senza lasciarsi influenzare dai pressing dei partiti e dai media di regime».
Ai simpatizzanti del M5S bisogna dare solo un consiglio: non fatevi fregare dai mistificatori, dai falsari, da quelli come Massimo Giannini maestri nelle cosiddette sinergie disinformative: costruire teoremi falsi partendo da fatti inesistenti o distorti.
E con la stessa baldanza disinformativa che il Corriere.it stasera può titolare: "Espulsioni, possibile marcia indietro", ma Grillo oggi non fa alcuna marcia indietro: al contrario, ribadisce per filo e per segno il suo pensiero.
Ma anche Repubblica non vuole rimanere indietro nella fiera della vergogna: estrae, da un video mandato in onda da Le Iene  ieri sera, che dura circa 5 minuti, in cui si riportano le imbarazzanti risposte di alcuni onorevoli a semplici domande,  soltanto la domanda rivolta alla deputata padovana Gessica Rostellato, del Movimento 5 Stelle, omettendo le più imbarazzanti risposte dei deputati del PD.
Con tutta franchezza, si può continuare con questo scempio organizzato della verità? 

giovedì 7 marzo 2013

Ma perché PD e PDL non continuano a governare insieme??

Nel totale caos politico di queste ore, con i due grandi sconfitti PD e PDL che cercano di esorcizzare la débacle elettorale, sparlando a vanvera contro i cittadini eletti nelle fila del M5S e addirittura rilanciandosi loro stessi per guidare il prossimo esecutivo,  proprio come niente fosse, ancora una volta è Beppe Grillo a pronunciare parole di verità. Infatti sul suo blog un attivista del M5S si domanda:

"pdl e pdmenoelle hanno più punti programmatici in comune tra loro:
1) entrambi vogliono la TAV

2) entrambi sono per il MES
(nda: cioè il fondo salva stati europeo che l'Italia ha alimentato con 20 miliardi di euro, l'importo totale dell'IMU, per consentire alle banche greche e spagnole di restituire i prestiti ottenuti da Francia e Germania)
3) entrambi per il Fiscal Compact
4) entrambi per il pareggio di bilancio
5) entrambi per le "missioni di pace"
6) entrambi per l'acquisto degli F-35
7) entrambi per lo smantellamento dell'art.18
8) entrambi per la perdita della sovranità monetaria
9) entrambi per il finanziamento della scuola privata
10) entrambi per i rimborsi elettorali
Quanti punti programmatici comuni ho trovato così su due piedi??? DIECI. Ne hanno più loro che quello che afferma Bersani con il M5S (lui dice 8). Non per niente hanno governato per un anno e più insieme".
 
Effettivamente l'osservazione non fa una piega: perché Bersani e Berlusconi, nel tempo necessario a cambiare la loro legge elettorale porcata e magari fino alla primavera del 2014 (quando si svolgeranno le elezioni Europee), non continuano a governare insieme, magari con la guida 'esperta' dello stesso Mario Monti, visto che condividono lo stesso programma in quelli che sono dieci punti altamente qualificanti di una possibile azione di governo?
Non saranno solo le cene di Arcore o il caso Ruby a dividerli!
Anche perché se fossero sinceramente intenzionati ad imprimere una svolta nella politica italiana avrebbero entrambi già fatto un  passo indietro, dopo essersi reciprocamente e pubblicamente cosparso il capo di cenere.
Invece, come due sfingi, additano Grillo come il responsabile dell'ingovernabilità e continuano per la loro strada.
Berlusconi che tenta l'inciucio, terrorizzato di restare fuori dalla stanza dei bottoni; Bersani che riunisce una direzione nazionale di impresentabili (ci sono tutti, da D'Alema a Veltroni, anche se quest'ultimo ha almeno la dignità di non parlare) per dettare agli italiani gli otto punti di un'improbabile agenda di governo. Tra questi, ancora una volta, la legge anticorruzione, pure licenziata dall'allegra brigata PD-PDL-Centro nel dicembre scorso e balzata agli onori della cronaca sotto il nome di legge Severino.
"Che cos'è, è uno scherzo?" si domandava ieri Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano, dopo aver preso atto, dal gip di Monza, proprio di quello che era il prevedibile effetto della suddetta legge: perché derubricando il reato di concussione per induzione a reato minore, con pene dimezzate e prescrizione più breve, sono saltate (perché prescritte!) le accuse alle coop rosse nel processo a Filippo Penati, già braccio destro di Bersani, cioè le tangenti che secondo l'accusa sono finite ai DS per il recupero delle aree ex Falck e Marelli. Così come accadrà tra poco per il grosso delle accuse allo stesso Penati.
Come si vede, PD e PDL vanno d'accordo pure in materia di giustizia, avendo ognuno  le proprie belle gatte da pelare. 
Pertanto, cosa c'è di meglio di riproporre l'ennesima legge anticorruzione, dietro la cui foglia di fico nascondere definitivamente altre questioni scottanti, per esempio l'affaire Monte Paschi di Siena? 
In fondo la legge anticorruzione serve proprio a questo, ad eliminare all'istante la corruzione, nel senso di far sparire  corrotti e corruttori dalle aule giudiziarie, con il più classico dei colpi di spugna.
E allora ci si accorge che il programma dal PD e quello del PDL sono due gocce d'acqua: in materia di politica economica, giustizia, scuola, beni culturali, difesa, non-tagli alla Casta, esteri. 
Alzi la mano chi vi riscontra differenze sostanziali!
L'unico vero motivo di frizione tra i due partiti, dal punto di vista strettamente mediatico, resta ancora la figura di Silvio Berlusconi che rappresenta per i piddini il simbolo della loro inadeguatezza, essendo riusciti a farlo risorgere più volte dalle sue ceneri.
E' vero, quelli del PD temono che l'abbraccio con il Cavaliere a favore di telecamere si possa rivelare mortale e tradursi alle prossime elezioni in un'ulteriore emorragia di voti, quella definitiva. Con il rischio di lasciare al Movimento 5 Stelle l'intera scena e la maggioranza assoluta dei consensi. 
Ecco perché Bersani vuole sì arrivare a tanto ma solo dopo essere riuscito ad inguaiare Beppe Grillo con un ricatto del tipo: o appoggi dall'esterno il nostro governo oppure faremo credere alla gente che la responsabilità di tornare alle urne tra tre mesi sarà esclusivamente tua. Infatti, checché tu sbraiti, il sistema dei media tradizionali è ancora a nostro completo servizio: in questi giorni ti abbiamo dimostrato che, pur vantando il M5S la pattuglia dei parlamentari più preparati perché quasi tutti laureati, grazie ai nostri giornalisti, siamo stati in grado di metterli alla gogna facendoli passare non solo come degli ignoranti ma, peggio, degli emeriti cretini.

Beppe Grillo ha quindi ragioni da vendere quando proprio oggi sul suo blog mette in guardia deputati e senatori dal cedere alle lusinghe dei conduttori televisivi avvisandoli: Attenti ai lupi!.
"Il loro obiettivo è, con voce suadente, sbranare pubblicamente ogni simpatizzante o eletto del M5S e dimostrare al pubblico a casa che l'intervistato è, nell'ordine, ignorante, impreparato, fuori dalla realtà, sbracato, ingenuo, incapace di intendere e di volere, inaffidabile, incompetente. Oppure va dimostrato il teorema che l'intervistato è vicino al pdmenoelle, governativo, ribelle alla linea sconclusionata di Grillo, assennato, bersaniano. In entrambi i casi, il conduttore si succhia come un ghiacciolo il movimentista a cinque stelle, vero o presunto (più spesso presunto), lo mastica come una gomma americana e poi lo sputa, soddisfatto del suo lavoro di sputtanamento. E' pagato per quello dai partiti.
L'accanimento delle televisioni nei confronti del M5S ha raggiunto limiti mai visti nella storia repubblicana, è qualcosa di sconvolgente, di morboso, di malato, di mostruoso, che sta sfuggendo forse al controllo dei mandanti, come si è visto nel folle assalto all'albergo Universo a Roma dove si sono incontrati lunedì scorso i neo parlamentari del M5S. Scene da delirio. Questa non è più informazione, ma una forma di vilipendio continuato, di diffamazione, di attacco, anche fisico, a una nuova forza politica incorrotta e pacifica. Le televisioni sono in mano ai partiti, questa è un'anomalia da rimuovere al più presto. Le Sette Sorellastre televisive non fanno informazione, ma propaganda."
Emblematico il caso di Barbara d'Urso che su Canale 5 ha invitato a parlare a nome del M5S, guarda caso, un signor nessuno, che si era iscritto via internet al Movimento di Beppe Grillo appena il giorno stesso delle elezioni, invitandolo a dialogare con deputati della Lega e facendo così fare al movimento stesso una pessima figura.
Si può pensare di aprire una trattativa politica con partiti che ricorrono a qualsiasi nefandezza pur di screditare quella che dovrebbe essere la loro controparte politica??
Intanto la macchina del fango di Repubblica - L'Espresso continua a vomitare contro il leader del M5S di tutto, prendendo di mira qualunque cosa o chiunque semplicemente sia a lui vicino, persino il suo autista...
Ma questa non ha più nulla a che vedere con l'informazione  nè con il giornalismo, è semplicemente guerriglia  mediatica: vergogna!



giovedì 21 giugno 2012

Repubblica e la difesa del Colle

Le rivelazioni che stanno uscendo grazie alle indagini della procura di Palermo sul patto mafia-stato che nel 1992 avrebbe tra l'altro portato alla strage di via D'Amelio, con l'uccisione del giudice Paolo Borsellino e dei cinque agenti della sua scorta, sono di un'estrema gravità e qualsiasi cittadino italiano degno di questo nome avrebbe il diritto sacrosanto di pretendere, ad alta voce, la massima trasparenza a tutti i livelli istituzionali affinché sia fatta finalmente luce, con vent'anni di ritardo,  su una delle stagioni più oscure e terribili della nostra storia.
Soprattutto ci si aspetterebbe da parte degli attuali vertici istituzionali, in primis la presidenza della Repubblica, la massima collaborazione con quel manipolo di eroici magistrati che, avendolo giurato prima ancora che sopra la tomba dei colleghi alla propria stessa coscienza ed a tutti gli Italiani, si prodigano quotidianamente nell'indifferenza o nel silenzio complice della politica, combattendo una lotta impari ed a rischio del proprio estremo sacrificio, per venire a capo delle tante ombre che ancora si affollano su quelle tragiche vicende e ne occultano la verità e le gravissime responsabilità penali.
Purtroppo, nella costernazione di quanti hanno ancora a cuore questo Paese, non è così. E ad essi si risponde in modi evasivi ed arroganti.
Lo staff del presidente della Repubblica ha infatti definito come "risibili e irresponsabili illazioni" le rivelazioni del Fatto Quotidiano sulle pressioni esercitate dall'ex ministro Nicola Mancino contro i pubblici ministeri di Palermo, in prima linea nell'indagine sullo scellerato patto che, cedendo al ricatto mafioso, all'epoca avrebbe finito per barattare l'incolumità di alcuni politici per l'allentamento delle condizioni carcerarie dei boss mafiosi allora detenuti.
Meno grave ma ugualmente inquietante è che alcuni importanti quotidiani, dopo essere stati i primi ad averne dato nei giorni scorsi la notizia (sia pure a pagina 22 che, come ironizza il grandissimo Marco Travaglio, "dev'essere quella riservata agli scandali di Stato")  si affannino adesso a minimizzarne la portata, e per voce delle loro firme migliori, a mettere su una difesa del Colle così sbilenca e raffazzonata da lasciare allibiti.
Racconta, infatti, Eugenio Scalfari in un poco meditato intervento video, spendendosi a spada tratta per Giorgio Napolitano, che non sarebbe la prima volta che il Capo dello Stato interviene su un'inchiesta in corso quando la magistratura procede in ordine sparso e fa il caso del conflitto di competenza sollevato a suo tempo tra le procure di Salerno e Reggio Calabria.
Ma,  a parte le mille riserve su questo paragone, Scalfari fa finta di non sapere che sulla trattativa mafia-Stato del '92-93 non c'è alcun conflitto di competenza tra le procure di Palermo e Caltanissetta (che intanto sta indagando sulla strage di Via D'Amelio) e dunque nessuna necessità di coordinamento o normalizzazione, che dir si voglia.
Inoltre, implicitamente egli avalla l'inammissibile pratica per cui un imputato, quale è allo stato degli atti il privato cittadino Nicola Mancino,  possa chiedere riservatamente un intervento superiore sull'inchiesta in cui lui stesso è direttamente coinvolto abusando della conoscenza personale del Capo dello Stato.
Una mostruosa bestemmia logica prima ancora che giuridica.
Ed è per questo che Scalfari, mandato all'ammasso il buon senso, è costretto a spostare il focus della sua argomentazione sul governo Monti, usando le stesse argomentazioni che per anni hanno usato gli ascari di Berlusconi per sottrarlo politicamente all'assunzione di responsabilità sui suoi vizi pubblici e privati: chi attacca Napolitano per queste ragioni pretestuose (sic!), egli conclude, lo fa per indebolire il governo Monti e quindi il PD deve prendere le distanze da Antonio Di Pietro, promotore di un'indagine parlamentare sui fatti del biennio nero '92-93.
Ma è possibile che un quotidiano come Repubblica sia disposto a tale sacrificio culturale, intellettuale (e di lettori!), pur di difendere ciecamente il Quirinale, il governo dei tecnici e  quel che resta del PD?

lunedì 16 maggio 2011

Il Movimento 5 Stelle fa crollare la II Repubblica!

I risultati delle amministrative stanno regalando agli Italiani, dopo anni di inesorabile degrado della nostra democrazia per opera del finto bipolarismo targato PD-PDL, una gran bella notizia: il Movimento 5 stelle di Beppe Grillo raggiunge alle prime proiezioni il 9% a Bologna, il 5% a Milano, Torino, Napoli, doppiando in molti casi il cosiddetto Terzo Polo.
Finalmente, centrodestra e centrosinistra arretrano e subiscono una sonora sberla da parte dei cittadini della rete, stanchi di sentirsi presi in giro e sfruttati da una casta di politici incompetenti, incapaci, che vive alle loro spalle e che hanno fatto della cosa pubblica merce di scambio e terreno di conquista per le organizzazioni criminali.
Dove il PDL subisce le sconfitte più sonore lo si deve, infatti,  non agli uomini del partito democratico ma ad esponenti della società civile come Luigi De Magistris e Giuliano Pisapia, che si sono imposti all'attenzione generale per la loro militanza di cittadini contro le vecchie mafie politiche.
Non vince la protesta, come i media di regime, presi in contropiede, si affretteranno a strepitare sin dalle prossime ore: vince la Politica, quella con la P maiuscola, quella che in tutti questi anni ha visto soccombere nel loro silenzio omertoso e connivente, la parte migliore della nostra Italia, l'Italia dei giovani e delle persone oneste.
Un grandissimo grazie a Beppe Grillo ed Antonio Di Pietro, uomini che in questo lunghissimo inverno della nostra repubblica ci hanno aiutato a  non perdere la speranza; e a giornalisti veri come Milena Gabanelli, Marco Travaglio, Michele Santoro, lucidi osservatori di questo regime in decomposizione, ma anche testimoni di un'Italia migliore che non aspetta altro che scacciare i mercanti dal tempio.

lunedì 28 settembre 2009

Un nuovo editto contro Annozero

L’attacco sferrato ad Annozero, la popolare trasmissione di Michele Santoro al suo esordio per la nuova stagione televisiva, ha un carattere chiaramente liberticida.
Appena spente le telecamere che avevano finalmente illuminato al pubblico televisivo alcune chiacchierate vicende che hanno visto quest’estate per mattatore il nostro Presidente del Consiglio, del tutto rimosse finora dal piccolo schermo, ecco arrivare l’affondo forsennato in ordine sparso dei suoi uomini.
Dalla dissennata reazione intimidatoria del ministro delle Attività produttive, Claudio Scajola, che non vuole evidentemente rendersi conto di aver travalicato dai suoi compiti istituzionali, all’intervento del viceministro delle Comunicazioni, Paolo Romani, il quale, appellandosi ad un malinteso art. 39 del contratto di servizio con la Rai, apre una fantomatica istruttoria sulla trasmissione.
Ma non dimentichiamo neppure l’improvvida reazione del ministro della Pubblica Istruzione, Maria Stella Gelmini, che dichiara: "Quando si insulta il presidente si insultano tutti gli italiani", forse scambiando il ruolo istituzionale di Berlusconi con quello di Giorgio Napolitano.
Qualcuno le spieghi la differenza!
Ma adesso abbiamo una certezza in più: la cosiddetta Casa delle Libertà si chiama così per riferirsi alle libertà costituzionali che intende abrogare.
Per prima la libertà di espressione, come enunciata dall’art. 21 della nostra Costituzione.
E’ scandaloso che in Italia non solo permanga in tutta la sua gravità il conflitto d’interessi ma che il titolare di concessioni pubbliche per le reti Mediaset si arroghi il potere di decretare la fine del servizio pubblico radiotelevisivo, come lo conosciamo da sempre.
Una Rai che viene mandata in malora attaccando trasmissioni a costo zero come Annozero, (anzi ad alto rendimento, visto quello che frutta in termini di raccolta pubblicitaria grazie alla sua audience), ma anche Presa diretta, Report, Che tempo che fa.
Tutto ciò per propinarci dei palinsesti costruiti ad uso e consumo del manovratore. Così ci condannano a vedere per l’eternità in prima serata su Raiuno l’ennesima replica del classico per le aspiranti escort: Pretty Woman.
Che i dirigenti della prima rete siano preoccupati di una possibile crisi delle vocazioni?
Così il già inammissibile duopolio Rai-Mediaset degrada pericolosamente nel monopolio di Silvio Berlusconi.
Le vicende di queste due ultime settimane, nonostante l’autentico flop della puntata di Porta a Porta sull’Abruzzo terremotato, confezionata su misura per le impellenti esigenze del premier, e la tardiva partenza autunnale di Annozero, lo dimostrano in modo inoppugnabile.
Ma non basta avere cinque televisioni ed un oceano di carta stampata per placare gli animal spirits dell’uomo di Arcore: bisogna tappare la bocca a qualunque voce dissenziente o, preferibilmente, sradicare qualsiasi frammento di notizia che possa semplicemente aggrottarne la fronte.
Lo Stato sono io, la Rai sono io, gli Italiani sono io: è questa l’essenza dell’attacco alla trasmissione di Santoro.
Quello che maggiormente preoccupa è che tale blitz sia del tutto pretestuoso, privo com’è di ogni giustificazione che non sia, spudoratamente, il voler sottrarre alla pubblica opinione temi dibattutissimi altrove, cioè sui media di mezzo mondo.
In una democrazia parlamentare, quale dovrebbe essere la nostra, è ammissibile che le notizie trasmesse dal servizio pubblico siano filtrate secondo i gusti esclusivi del capo dell’esecutivo?
Perché, si deve dare atto a Michele Santoro di aver impostato la puntata in modo sin troppo equilibrato, con una forte presenza degli uomini del presidente: Maurizio Belpietro, direttore di Libero, e il vicecapogruppo del Pdl, Italo Bocchino, in studio. Poi, le dichiarazioni di Renato Brunetta e le interviste filmate a Filippo Facci e Vittorio Feltri, neo direttore del Giornale.
Per il centrosinistra, erano presenti il segretario uscente del Pd, Dario Franceschini, e il direttore dell’Unità, Concita De Gregorio.
Ognuno ha potuto esprimere la propria opinione liberamente, la conduzione si è ispirata alla massima sobrietà, lo scontro verbale tra i partecipanti è stato a volte duro ma sempre ben gestito; e, salvo una eccessiva acrimonia sessista ai danni della De Gregorio da parte del collega Maurizio Belpietro, non si sono verificati episodi di rilievo.
Il punto, infatti, sta proprio nell’andamento lento della trasmissione e nei suoi toni smorzati che rendono impossibile scardinarne l'impianto giornalistico.
Ma il brano dell’intervista alla escort Patrizia D’Addario ha scatenato negli uomini di Berlusconi una reazione tanto scomposta da finire per nuocere proprio alla loro causa, mostrandoli arcigni e cinici, di modi crudamente beffardi.
Di fronte a tale caduta di stile, è passata quasi simpatica la grave gaffe di Italo Bocchino che, rievocando la morte, avvenuta in circostanze misteriose quarant'anni fa, della segretaria personale del senatore americano Ted Kennedy, di recente scomparso, ci ha piuttosto convinto che fa molto meglio Berlusconi a nominare ministro le sue giovani amiche.
Una galleria degli orrori e degli errori, di fronte alla quale la pur scialba serata di Franceschini, costretto ad arrampicarsi sugli specchi per negare l’esistenza di una rilevante questione morale anche dentro il Pd, è sembrata meno sofferta.
Punta di diamante del programma è stato il sempre bravissimo Marco Travaglio, in onda senza contratto, che ha ricostruito dettagliatamente la vicenda dell'imprenditore barese Tarantini; ma tutta la squadra di Santoro ha girato bene, mostrando di saper fare grande televisione.
Mettere in discussione un programma del genere, che ha raggiunto già in partenza livelli di audience notevoli, vuol dire proprio voler affossare il servizio pubblico, a solo vantaggio di Mediaset.
Ancora una volta il conflitto di interessi pesa come un macigno sulla scena politica italiana.
Può Silvio Berlusconi, padrone di Mediaset, mettere il bavaglio all’informazione del servizio pubblico?
Può, attraverso il giornale di famiglia, scatenare una campagna di stampa per il boicottaggio del canone Rai?
Purtroppo, nel deserto dei tartari della politica italiana, anche queste due semplici domande sono destinate a restare senza risposta.

domenica 14 settembre 2008

Epilogo inglorioso per D'Avanzo contro Travaglio

Ancora una battuta d'arresto per Giuseppe D’Avanzo su Repubblica.
Ormai la lente del grande giornalista d’inchiesta necessita di una seria manutenzione perché, come fu per il telescopio spaziale Hubble, per un sopravvenuto difetto di messa a fuoco è inspiegabilmente concentrata da tempo, come già avemmo occasione di dire, sulle vacanze di Marco Travaglio.
E’ difficile capacitarsi di come tanto talento possa venire sprecato per fare gossip sul giornalista più popolare del momento ma tant’è, bisogna farsene una ragione.
Mancanza di vena creativa, gelosia professionale, improvviso inaridimento delle sue formidabili fonti d’informazione? Chi lo sa, sta di fatto che il quotidiano di piazza Indipendenza gli lascia carta bianca per interrogarsi appassionatamente su come Travaglio si sia pagato le vacanze siciliane del 2002.
Ma non pago di aver potuto controllare gli assegni che questi, recuperandoli presso gli archivi della propria banca gli ha messo addirittura a disposizione sul proprio blog, lo ha accusato implicitamente di fare il finto tonto, perché era alle vacanze del 2003 che intendeva riferirsi!
Forse D’Avanzo in gioventù avrebbe voluto entrare nella polizia tributaria, chissà. Sta di fatto che non confeziona più le sue grandi inchieste sulla criminalità organizzata ma si limita più quietamente a raccontare storie come quella di Travaglio, pretendendo di mettere ordine tra le ricevute di pagamento di un collega che, interpretando la professione in maniera sicuramente più intelligente e coraggiosa di quanto lui non sappia più fare, lo ha messo ultimamente sin troppo in ombra.
Quasi che la ribalta di Repubblica, conquistata per ben altri meriti, gli sia diventata d’un tratto troppo stretta: certo, per un giornalista di razza come lui sentirsi rubare sistematicamente la scena da quella diavoleria di Internet e dall’intraprendenza di un giovane e valente collega, deve sembrargli veramente intollerabile.
Curioso è che il direttore Ezio Mauro non abbia nulla da eccepirgli e lo lasci screditare Travaglio mettendo su, partendo dal niente, una ignobile "polemicuzza personale" anche a costo di compromettere seriamente l’immagine stessa della testata, già in evidente crisi d’identità.
Non a caso, giovedì scorso il quotidiano romano titolava tranquillamente a tutta pagina: “L’ASSEGNO, LA CARTA DI CREDITO E QUELLO CHE TRAVAGLIO NON DICE”.
Dal nostro modesto osservatorio, un suggerimento però a D’Avanzo lo vorremmo dare se non riuscirà in futuro a contenere questa sua morbosa curiosità: per la prossima puntata della sua soap inchiesta, si porti dietro una macchina fotografica così da corredare i suoi pezzi di un ricco apparato di immagini.
Infatti, già nell’occasione di questo suo studio matto e disperatissimo sulle vacanze di Travaglio, alcuni scatti sarebbero stati almeno rivelatori della bellezza dei luoghi che fanno da contorno alla storia e forse ci avrebbero aiutato a meglio inquadrare i personaggi perché, malgrado la sua ricca prosa, ancora non ci è ben chiaro il senso delle vicende che ci ha voluto raccontare.
Così come non ci convince per niente la sua dichiarata applicazione del "cosiddetto principio 'tu quoque': atti uguali vanno valutati a uguali parametri" laddove sancisce, dall’alto dei tre gradi di giudizio del suo indiscusso fiuto da Maigret, che tra le cose raccontate da Travaglio nella trasmissione di Fabio Fazio del maggio scorso sulle imbarazzanti pregresse frequentazioni di una futura alta carica e le vacanze del privato cittadino Marco tra Trabìa ed Altavilla Milicia non ci sia differenza alcuna.
Per non parlare dello strano, irritante modo con cui cerca di trarsi definitivamente d’impaccio di fronte all’ennesima esauriente replica di Marco Travaglio che gli fa pervenire persino gli estremi dell’assegno con cui ha saldato il conto delle vacanze del 2003: “Ciuro che tacerò” risponde provocatoriamente.
Uno sberleffo indirizzato non già al suo giovane collega ma a quanti, assidui lettori delle sue maxi inchieste, lo hanno seguito incautamente in questa squallida deriva.