Ancora una battuta d'arresto per Giuseppe D’Avanzo su Repubblica.
Ormai la lente del grande giornalista d’inchiesta necessita di una seria manutenzione perché, come fu per il telescopio spaziale Hubble, per un sopravvenuto difetto di messa a fuoco è inspiegabilmente concentrata da tempo, come già avemmo occasione di dire, sulle vacanze di Marco Travaglio.
E’ difficile capacitarsi di come tanto talento possa venire sprecato per fare gossip sul giornalista più popolare del momento ma tant’è, bisogna farsene una ragione.
Mancanza di vena creativa, gelosia professionale, improvviso inaridimento delle sue formidabili fonti d’informazione? Chi lo sa, sta di fatto che il quotidiano di piazza Indipendenza gli lascia carta bianca per interrogarsi appassionatamente su come Travaglio si sia pagato le vacanze siciliane del 2002.
Ma non pago di aver potuto controllare gli assegni che questi, recuperandoli presso gli archivi della propria banca gli ha messo addirittura a disposizione sul proprio blog, lo ha accusato implicitamente di fare il finto tonto, perché era alle vacanze del 2003 che intendeva riferirsi!
Forse D’Avanzo in gioventù avrebbe voluto entrare nella polizia tributaria, chissà. Sta di fatto che non confeziona più le sue grandi inchieste sulla criminalità organizzata ma si limita più quietamente a raccontare storie come quella di Travaglio, pretendendo di mettere ordine tra le ricevute di pagamento di un collega che, interpretando la professione in maniera sicuramente più intelligente e coraggiosa di quanto lui non sappia più fare, lo ha messo ultimamente sin troppo in ombra.
Quasi che la ribalta di Repubblica, conquistata per ben altri meriti, gli sia diventata d’un tratto troppo stretta: certo, per un giornalista di razza come lui sentirsi rubare sistematicamente la scena da quella diavoleria di Internet e dall’intraprendenza di un giovane e valente collega, deve sembrargli veramente intollerabile.
Curioso è che il direttore Ezio Mauro non abbia nulla da eccepirgli e lo lasci screditare Travaglio mettendo su, partendo dal niente, una ignobile "polemicuzza personale" anche a costo di compromettere seriamente l’immagine stessa della testata, già in evidente crisi d’identità.
Non a caso, giovedì scorso il quotidiano romano titolava tranquillamente a tutta pagina: “L’ASSEGNO, LA CARTA DI CREDITO E QUELLO CHE TRAVAGLIO NON DICE”.
Dal nostro modesto osservatorio, un suggerimento però a D’Avanzo lo vorremmo dare se non riuscirà in futuro a contenere questa sua morbosa curiosità: per la prossima puntata della sua soap inchiesta, si porti dietro una macchina fotografica così da corredare i suoi pezzi di un ricco apparato di immagini.
Infatti, già nell’occasione di questo suo studio matto e disperatissimo sulle vacanze di Travaglio, alcuni scatti sarebbero stati almeno rivelatori della bellezza dei luoghi che fanno da contorno alla storia e forse ci avrebbero aiutato a meglio inquadrare i personaggi perché, malgrado la sua ricca prosa, ancora non ci è ben chiaro il senso delle vicende che ci ha voluto raccontare.
Così come non ci convince per niente la sua dichiarata applicazione del "cosiddetto principio 'tu quoque': atti uguali vanno valutati a uguali parametri" laddove sancisce, dall’alto dei tre gradi di giudizio del suo indiscusso fiuto da Maigret, che tra le cose raccontate da Travaglio nella trasmissione di Fabio Fazio del maggio scorso sulle imbarazzanti pregresse frequentazioni di una futura alta carica e le vacanze del privato cittadino Marco tra Trabìa ed Altavilla Milicia non ci sia differenza alcuna.
Per non parlare dello strano, irritante modo con cui cerca di trarsi definitivamente d’impaccio di fronte all’ennesima esauriente replica di Marco Travaglio che gli fa pervenire persino gli estremi dell’assegno con cui ha saldato il conto delle vacanze del 2003: “Ciuro che tacerò” risponde provocatoriamente.
Uno sberleffo indirizzato non già al suo giovane collega ma a quanti, assidui lettori delle sue maxi inchieste, lo hanno seguito incautamente in questa squallida deriva.
E’ difficile capacitarsi di come tanto talento possa venire sprecato per fare gossip sul giornalista più popolare del momento ma tant’è, bisogna farsene una ragione.
Mancanza di vena creativa, gelosia professionale, improvviso inaridimento delle sue formidabili fonti d’informazione? Chi lo sa, sta di fatto che il quotidiano di piazza Indipendenza gli lascia carta bianca per interrogarsi appassionatamente su come Travaglio si sia pagato le vacanze siciliane del 2002.
Ma non pago di aver potuto controllare gli assegni che questi, recuperandoli presso gli archivi della propria banca gli ha messo addirittura a disposizione sul proprio blog, lo ha accusato implicitamente di fare il finto tonto, perché era alle vacanze del 2003 che intendeva riferirsi!
Forse D’Avanzo in gioventù avrebbe voluto entrare nella polizia tributaria, chissà. Sta di fatto che non confeziona più le sue grandi inchieste sulla criminalità organizzata ma si limita più quietamente a raccontare storie come quella di Travaglio, pretendendo di mettere ordine tra le ricevute di pagamento di un collega che, interpretando la professione in maniera sicuramente più intelligente e coraggiosa di quanto lui non sappia più fare, lo ha messo ultimamente sin troppo in ombra.
Quasi che la ribalta di Repubblica, conquistata per ben altri meriti, gli sia diventata d’un tratto troppo stretta: certo, per un giornalista di razza come lui sentirsi rubare sistematicamente la scena da quella diavoleria di Internet e dall’intraprendenza di un giovane e valente collega, deve sembrargli veramente intollerabile.
Curioso è che il direttore Ezio Mauro non abbia nulla da eccepirgli e lo lasci screditare Travaglio mettendo su, partendo dal niente, una ignobile "polemicuzza personale" anche a costo di compromettere seriamente l’immagine stessa della testata, già in evidente crisi d’identità.
Non a caso, giovedì scorso il quotidiano romano titolava tranquillamente a tutta pagina: “L’ASSEGNO, LA CARTA DI CREDITO E QUELLO CHE TRAVAGLIO NON DICE”.
Dal nostro modesto osservatorio, un suggerimento però a D’Avanzo lo vorremmo dare se non riuscirà in futuro a contenere questa sua morbosa curiosità: per la prossima puntata della sua soap inchiesta, si porti dietro una macchina fotografica così da corredare i suoi pezzi di un ricco apparato di immagini.
Infatti, già nell’occasione di questo suo studio matto e disperatissimo sulle vacanze di Travaglio, alcuni scatti sarebbero stati almeno rivelatori della bellezza dei luoghi che fanno da contorno alla storia e forse ci avrebbero aiutato a meglio inquadrare i personaggi perché, malgrado la sua ricca prosa, ancora non ci è ben chiaro il senso delle vicende che ci ha voluto raccontare.
Così come non ci convince per niente la sua dichiarata applicazione del "cosiddetto principio 'tu quoque': atti uguali vanno valutati a uguali parametri" laddove sancisce, dall’alto dei tre gradi di giudizio del suo indiscusso fiuto da Maigret, che tra le cose raccontate da Travaglio nella trasmissione di Fabio Fazio del maggio scorso sulle imbarazzanti pregresse frequentazioni di una futura alta carica e le vacanze del privato cittadino Marco tra Trabìa ed Altavilla Milicia non ci sia differenza alcuna.
Per non parlare dello strano, irritante modo con cui cerca di trarsi definitivamente d’impaccio di fronte all’ennesima esauriente replica di Marco Travaglio che gli fa pervenire persino gli estremi dell’assegno con cui ha saldato il conto delle vacanze del 2003: “Ciuro che tacerò” risponde provocatoriamente.
Uno sberleffo indirizzato non già al suo giovane collega ma a quanti, assidui lettori delle sue maxi inchieste, lo hanno seguito incautamente in questa squallida deriva.