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domenica 8 luglio 2018

Tutta colpa della xylella? La 'dimostrazione scientifica' millantata da Repubblica non c'è mai stata

Oggi appare un bel pezzo sul Fatto di Laura Margottini. Provo a sintetizzarlo.
E' assodato che la xylella sia la causa della malattia? NO!
Esiste un'unica pubblicazione del dicembre scorso relativa ad un esperimento fatto solo su una quarantina di piante con risultati tutt'altro che conclusivi.
Mentre il rapporto dell'Efsa a cui fa riferimento Repubblica non è stato sottoposto a peer review (ovvero difetta del primo requisito necessario di scientificità).
Non parliamo poi di ciò che scrive l'Accademia dei Lincei nel 2016 (secondo riferimento del quotidiano di L.go Fochetti), in mancanza a quei tempi anche semplicemente di una (!) pubblicazione scientifica che lo sostenesse.
Secondo il monitoraggio della Regione Puglia, oggi, su 350'000 ulivi della zona interessata, la xylella è riscontrata solo nell'1,8% dei casi: un po' pochino per dichiarare urbi et orbi il nesso batterio-malattia.
In California, ad esempio, nel 2014, per un fenomeno analogo, gli scienziati controllarono su quanti esemplari sintomatici fosse presente il batterio. E conclusero che con una percentuale del 18% (dieci volte il dato pugliese!) non si poteva affermare che la xylella fosse la causa della malattia degli ulivi.
Fin qui il pezzo della Margottini.
Ma adesso urgono diverse riflessioni.
I poveri di spirito che hanno ingiuriato del tutto gratuitamente Beppe Grillo dovrebbero adesso cospargersi il capo di cenere e invocare col capo chino la sua pietà e misericordia per tanta serva cattiveria ed ignoranza.
Ma si capisce come ci sia soprattutto da interrogarsi su come sia potuta succedere una cosa simile: bersagliare Grillo semplicemente perché, pubblicando sul suo blog un pezzo di una nota giornalista tedesca, ha dato spazio ai mille dubbi che il problema della malattia degli ulivi pugliesi ha messo in luce. 
Primo fra tutti il fatto che fosse sufficiente che il mainstream abbracciasse pregiudizialmente una tesi perché si scatenasse la canea e tanti teppisti si fiondassero contro Grillo, reo solo di aver invitato la gente a tenere gli occhi aperti. 
Ma sorge pure un'altra più drammatica questione: come mai i media hanno dato per certa una spiegazione della malattia degli ulivi che è ancora tutt'altra che validata scientificamente? 
Come mai hanno condiviso da subito, senza un minimo di analisi critica, la soluzione più costosa e devastante per le ricadute ambientali che comporta l'uso massivo di pesticidi, di recente messi al bando della UE per la loro pericolosità, e l'eradicazione di centinaia di migliaia di piante con conseguente perdita irrimediabile di un patrimonio unico di biodiversità, cultura, paesaggio, tradizioni agronomiche, prodotti agroalimentari tipici, rapporti sociali, come quello rappresentato dalla penisola salentina?
Tutto questo è di una gravità per la nostra tenuta democratica che definire estrema ed inquietante appare probabilmente ancora troppo limitativo.



giovedì 10 novembre 2016

E' la democrazia, bellezza!

Mentre Renzi innesta frettolosamente la retromarcia per tentare di riavvicinarsi a Trump rimangiandosi goffamente tutto ciò che gli vomitava addosso solo qualche ora fa, i media, la cui sonora batosta di ieri sembra proprio non sia servita a niente, insistono enfatizzando le  manifestazioni di chi è sceso in piazza in America per protestare contro la sua elezione.
Alla faccia delle democrazia!
Si dà il caso che la vittoria di Donald Trump sia stata decisa da trenta milioni di americani; che cosa rappresentano adesso poche migliaia di persone deluse? Nulla!
A meno che Repubblica & c. non condividano un particolare concetto di democrazia secondo cui se vince la solita élite radical chic, è tutto ok; ma se a vincere sono gli altri, allora la democrazia non va più bene.
E' lo stesso schema eversivo che si usa con i 5Stelle: l'Italicum andava bene finché i sondaggi davano per vincente il PD; ma se forse così vincono loro, è immediatamente da cambiare, perché a vincere deve essere il PD!
Ma ciò non ha nulla a che vedere con la democrazia!
Piuttosto è la PDcrazia: la PartitoDemocrazia, ovvero la dittatura del PD, partito di potere che ad esso ha sacrificato ormai pure la sua identità!
Il voto di ieri significa proprio questo: lungi da un'appartenenza ideologica che tutto irrigidisce e troppe volte deforma, il popolo americano ha dimostrato tutta la propria insofferenza verso l'establishment: guai a farlo arrabbiare! 
Ha ancora una volta avuto ragione Grillo: è stato un gigantesco Vaffa...
Il campanello d'allarme che ormai dall'Italia del M5S alla Brexit, alle presidenziali USA, suona in tutto l'occidente è che le élite devono sapere che non è più il tempo di sentirsi superiori alla 'plebe' e di gestire il potere come per investitura divina, quasi che le elezioni fossero divenute un noioso adempimento burocratico.
Se la gente si accorge che fai esattamente il contrario di ciò che ti eri impegnato a fare, se tradisci tutti gli slogan che ti eri dato finendo per svuotarli di ogni significato, se (è il caso di Obama) hai sprecato otto anni della tua amministrazione senza essere riuscito a combinare un granché, impoverendo la classe media, rendendo il mondo più insicuro, combattendo il terrorismo più sui giornali che nei vari teatri di crisi, alimentando il sospetto che stai seguendo una strategia inconfessabile, beh, ti meriti di essere rispedito a casa da un Trump qualsiasi, a dispetto di tutti i limiti che quest'ultimo palesa.
Intanto se qui in Italia, qualche sapientone dei media vorrà avvertire il Cialtrone, mai eletto da nessuno e che punta tutto sulla velocità e sul furto di sovranità, che è in arrivo il conto anche per lui, almeno gli risparmierà l'amara sorpresa che ieri ha ricevuto la Clinton.

domenica 2 ottobre 2016

Un commento sull'odierno editoriale di Scalfari che Repubblica censura... W la libertà!

Dire che il confronto lo ha vinto Renzi, per giunta con punteggio netto, significa dichiararsi ultrà renziano:  Scalfari ha fatto outing.
Il dislivello culturale era tale che, in simultanea, si sono svolte due partite: una condotta dal noto giurista che imbastiva una raffinata tela di passaggi senza trovare contrasto e si asteneva dall'andare in goal dato che la porta era sguarnita; l'altra era il classico comizio di Renzi, va da sè, senza contraddittorio (per non giocare una partita che sapeva di perdere per manifesta inferiorità), infarcita di slogan ripetuti sempre uguali, con rari contenuti ma ricca di suggestioni, ostentando una deferenza untuosa.
Due mondi troppo distanti per potersi incontrare: il problema è che Renzi, insensibile a tutte le obiezioni su cui glissa spudoratamente, sta per stravolgere la Costituzione!!!
Un fine giurista ed un venditore di tappeti: che confronto è??

domenica 1 giugno 2014

E' partita la campagna europea di Repubblica contro il M5S

E' in atto da qualche giorno un pericoloso e astutissimo tentativo: costringere il M5S, influenzandone subdolamente i suoi simpatizzanti, a confluire nel gruppo dei Verdi nel Parlamento europeo. 
A questo scopo, stanno tentando di demonizzare la figura di Nigel Farage, leader dell'UKIP, il trionfatore del test elettorale di domenica scorsa in Gran Bretagna, con cui Beppe Grillo ha recentemente avuto uno scambio di opinioni circa il possibile ingresso del suo movimento nell'EFD (Europe of Freedom and Democracy) che consente, a differenza degli altri gruppi presenti nel Parlamento di Bruxelles, di poter votare liberamente secondo le proprie convinzioni, rispecchiando cioè il proprio programma, le preferenze politiche e l'interesse nazionale. Cosa che invece non potrebbe accadere se il M5S confluisse nei Verdi, alla cui disciplina di gruppo dovrebbe rigorosamente attenersi.
Per intenderci, i Verdi sono, in campo politico-istituzionale, fautori dell'integrazione europea; sul piano economico, sostengono l'Euro così com'è; in politica estera, sono stati a favore di tutte le operazioni militari condotte dalla Nato negli ultimi anni (dall'Iraq, all'Afganistan, alla Libia) e pronti ad  appoggiare la folle missione, scriteriata già dal punto di vista squisitamente strategico, di attacco missilistico contro la Siria, caldeggiata da Barack Obama.
Per farla breve, nel momento in cui i 5Stelle entrassero nel gruppo dei Verdi, sarebbe per loro impossibile mettere in discussione la moneta unica e la criminale politica di austerity della Commissione europea che sta riducendo sul lastrico milioni di persone, mietendo migliaia di vittime in mezza Europa.
Non a caso chi è il principale sponsor politico-mediatico di questo deragliamento del M5S fuori da gran parte della sua piattaforma programmatica? 
Naturalmente il gruppo editoriale L'Espresso-Repubblica di Carlo De Benedetti, tessera n. 1 del PD . 
Ma com'è possibile che, d'improvviso, dopo aver sparso palate di fango incessantamente da anni su Grillo e il suo Movimento, i 'repubblichini' avrebbero preso così a cuore le alleanze europee proprio del principale concorrente del PD? 
Di solito, la storia repubblicana ci insegna che gli avversari non entrano a gamba tesa nel dibattito interno di una forza politica per almeno due ordini di motivi: sia per una sorta di correttezza deontolgica che vuole che ciascuno i propri panni sporchi se li possa lavare tranquillamente in famiglia. Ma soprattutto perché un'intromissione  esplicita diverrebbe la prova inoppugnabile di un'indebita interferenza, cioè del tentativo di volerla fagocitare: il che non è certo il massimo della democraticità e della trasparenza, potendo infine rivelarsi un'arma a doppio taglio.
Ma in un clima talmente avvelenato come quello italiano dove la Casta, con la carta Renzi, ha giocato il tutto per tutto per non affondare e rispondere un domani delle nefandezze commesse ai danni dei cittadini, ormai ridotti alla disperazione, ciò era ampiamente prevedibile. 
Inforcando all'occorrenza i paraocchi ideologici di cui un attimo dopo si sbarazzano con uguale disinvoltura, e grazie allo stato pietoso dell'informazione in Italia, ecco che, dopo Grillo, i piddini hanno preso di mira Nigel Farage, non solo dipingendolo come il nuovo Hitler ma, soprattutto, riuscendo a neutralizzare mediaticamente il suo trionfale successo elettorale.
Così l'abile tentativo di Grillo di portare la battaglia antisistema al livello più elevato e decisivo, quello delle istituzioni europee, con una convergenza su pochi punti qualificanti (in primis, il fronte antieuro) con le altre forze euroscettiche, che potrebbero così coabitare in una sorta di gruppo misto, trova il suo principale ostacolo proprio nella disinformazione di regime targata PD.
Gli attivisti e i simpatizzanti, gli elettori del M5S, stiano pertanto molto attenti!
Costringere il loro movimento nel gruppo dei Verdi, sulla base di riflessi pavloviani di ideologismo novecentesco instillati dai piddini con la complicità di qualche giornale, significherebbe farlo inevitabilmente accodare alle politiche affamatrici e distruttrici di ricchezza della Troika, con la conseguenza di perdere tutta la propia carica innovatrice e rivoluzionaria.
Perché senza sovranità monetaria, cioè senza sovranità economica, l'Italia da nazione-stato è diventata in dieci anni una sorta di maxicondominio dove, al più, chi amministra può solo cercare di ripartire le spese annue tra i cittadini. 
Niente di male se non ci si rendesse conto che, proprio a causa di questa retrocessione, decisa dall'alto senza minimamente pensare di informare e magari interpellare i cittadini, questi hanno sempre meno soldi a disposizione.
Con l'ovvia conseguenza che anche il più formidabile degli amministratori, pure se fosse messo nelle condizioni di tagliare fino all'ultimo euro di spreco, non potrebbe assolutamente riportare i conti in ordine e restituire un po' di serenità ai suoi condòmini.
Insomma, nella gabbia dorata dell'euro a cui la nomenklatura piddina ci condanna, tradendo la Costituzione e il mandato popolare, la vita del M5S si fa veramente difficile e le aspettative per una politica onesta e leale nei confronti dei cittadini, una chimera; sempreché non si riesca a ribaltare con altre forze il tavolo europeo.
Ecco perché da Repubblica e dal mainstream, sfacciatamente eurista, sono cominciati di nuovo a  risuonare quegli stessi ritornelli insulsi con cui l'anno scorso, all'indomani della grande vittoria del 24 febbraio, si voleva costringere Grillo a firmare una delega in bianco a Pierluigi Bersani, per dare un appoggio incondizionato ad un monocolore piddino: "ma uno non vale uno?", "gli italiani non hanno eletto Grillo", "Grillo? Chi è costui?" e falsità e idiozie simili. 
Adesso nel mirino degli editorialisti di Repubblica c'è finito, c'era da aspettarselo, Nigel Farage. 
Per capire a che livello di degrado intellettuale gli editorialisti sono disposti a scendere, basta riportare testualmente le parole di Michelle Serra in una sua recente Amaca che così  lo descrive:  "un tizio inglese che detesta gli immigrati e sogna il ritorno delle donne ai fornelli."
Ci sarebbe da ridere scuotendo contemporaneamente la testa se tutto ciò non fosse drammaticamente vero.
Ma ormai, e la vittoria del Pd di domenica scorsa ce lo conferma, una cosa è assodata: la menzogna, ripetuta all'inverosimile, paga alla grande.


domenica 30 marzo 2014

Rivelazione shock di Scalfari: per paura di Grillo, i media censurano Papa Francesco

"Gesù che bastona è stato riportato d’attualità alle sette del mattino del giorno in cui Obama è arrivato a Roma per la sua breve ma intensa visita in Vaticano, al Quirinale e a Villa Madama con Renzi. Alle sette del mattino Papa Francesco aveva convocato a messa in San Pietro 500 membri del Parlamento e tutti i ministri del governo e li ha bistrattati di santa ragione. Non li ha abbracciati, non li ha perdonati, non li ha salutati. Li ha soltanto bastonati.

Il circuito mediatico giornalistico e televisivo, con l’eccezione di pochissimi giornali e di Enrico Mentana, ha sottovalutato quella messa molto particolare di Papa Francesco. Il motivo credo sia quello che le parole del Papa potevano esser ritenute simili agli slogan di Grillo, ma non è così. Grillo straparla contro la casta ma ne fa sostanzialmente parte specie quando si impegna ad abolire la libertà di mandato dei parlamentari per meglio tenerli in pugno impedendo proprio a loro la libertà d’opinione. Il Papa invece parlava ai politici italiani di una battaglia che Lui a sua volta sta combattendo in Vaticano contro tutte le forme di temporalismo."
(Eugenio Scalfari, editoriale odierno su la Repubblica).

Dal fondatore di Repubblica oggi apprendiamo una cosa tanto spudorata quanto evidente, voce dal sen fuggita: il circuito mediatico giornalistico e televisivo seleziona e fa filtrare le sole notizie funzionali alle proprie strategie di comunicazione; fa insomma attività di gatekeeping
Purtroppo niente di nuovo (siamo abituati al peggio) se non fosse che in questo caso riescono persino a mettere la sordina alle parole del Papa (e che Papa!): Papa Francesco. Ciò per timore che le sue parole possano essere accomunate in qualche modo a quelle di Beppe Grillo e che qualche pecorella possa sfuggire dal recinto dove la Casta tiene rinchiuso il popolo sovrano. 
Se volevamo una riprova del livello di degrado a cui è giunto lo stato dell'informazione in Italia, questa ci è stata servita su un vassoio d'argento inopinatamente proprio dal decano dei giornalisti italiani. Che poi si arrampica sugli specchi pur di gettare la sua quotidiana palata di fango contro Beppe Grillo che, da anni grazie al suo blog ed adesso attraverso il movimento politico di cui è leader, ha svelato anche ai più disattenti e smemorati il meccanismo totalitario su cui si fonda il circuito mediatico. 
Sì, perché accusarlo di far parte della Casta è un ossimoro. E poi, fino ad oggi non era per antonomasia il tribuno dell'antipolitica, il populista?
Questa virata di 180 gradi di Scalfari nell'invettiva contro Grillo dimostra chiaramente il disorientamento e la preoccupazione, l'affanno estremo,  con cui il tandem editoriale De Benedetti - Berlusconi e schiere di giornalisti embedded stanno seguendo e organizzando questa lunga campagna elettorale per le Europee temendo un risultato che potrebbe punire severamente proprio i due blocchi sociali di riferimento, Pd e Fi, insieme alla tappezzeria delle rispettive liste civetta, cuoè Scelta civica, Popolari per l'Italia, Sel, Ncd, Lega e chi più ne ha più ne metta.
L'articolo 67 a cui si richiama Scalfari, che prevede l'assenza di vincolo di mandato, è una norma del tutto anacronistica che ha consentito ai politicanti di lungo corso proprio di violare impunemente la Costituzione e il suo impianto democratico, infischiandosene del risultato elettorale. 
Perché, a prescindere dall'esito elettorale, prima di scendere in campo con la squadra di governo, basta fare campagna acquisti nelle fila avversarie per poter vincere a tavolino il campionato: dieci - cento Scilipoti e si getta alle ortiche qualsiasi risultato delle urne, in barba alla sovranità popolare. 
Altro non è che il famoso scouting di Bersani, riveduto e corretto alla luce dell'esperienza processuale del Pregiudicato (vedi caso De Gregorio). 
Ti mancano i numeri in Parlamento per dare la fiducia ad un tuo esecutivo? Semplice: porti dalla tua parte il parlamentare di campo avverso con le buone (guarnendo la pubblica solidarietà umana e la corrispondenza di politici intenti con la promessa, privata, di una serie di benefici per sè e la sua famiglia) o con le cattive (l'ascia del ricatto non è mai sotterrata!). 
Così dando luogo ad una maggioranza nuova di zecca, talmente nuova da non essere mai stata sottoposta in precedenza al giudizio degli elettori! 
Quello che Scalfari fa finta di non sapere è che se un elettore ha votato una lista (e non un candidato!, trattandosi di liste bloccate che rimarranno tali anche col Porcellum a quadrato griffato dalla premiata ditta Renzi&Verdini) sulla base di un programma politico prestabilito, pretende come minimo che l'eletto agisca nel rispetto di questo e che da tale gentlemen's agreement non possa allontanarsi a meno di non rinunciare, per legittimi motivi ideologici sopravvenuti, alla propria carica. 
Capiamoci! Il parlamentare può benissimo esprimere liberamente le proprie opinioni personali ma è giusto che, se queste disattendono gli obiettivi che lui stesso pubblicamente, con la propria firma autografa, si è impegnato  a perseguire insieme ai suoi colleghi all'atto della candidatura, getti la spugna, lasciando a qualcun altro (magari il primo dei non eletti) tale onere e onore.  
Anche se con un minimo di discernimento colui che è stato folgorato sulla via di Roma si dovrebbe pure domandare come mai il circuito mediatico semplicemente lo abbia ignorato per 364 giorni di seguito fino a quando, d'improvviso, lo strappa dall'oblìo e gli concede le accecanti e roboanti luci della ribalta. Guarda un po',  non appena spara ad alzo zero sul suo gruppo politico di appartenenza o dichiara di voler agire in fattuale violazione  del patto a suo tempo sottoscritto con gli elettori, di cui lui non è l'artefice ma si è comunque proposto di diventare uno degli esecutori, uscendo così dal rispettabilissimo buio del proprio anonimato.
Va da sè che all'interno del suo gruppo egli possa esprimere qualsiasi opinione e magari votare pure contro la linea politica maggioritaria che in esso si venga a formare ma, a decisione presa, è suo dovere comportarsi secondo le indicazioni collettive. 
Così come è evidente che, qualora le sue valutazioni personali fatte in pompa magna nell'agorà mediatica siano di chiara delegittimazione o aperta denigrazione dell'operato della forza politica e del vertice con cui ha sottoscritto volontariamente e alla luce del sole il predetto patto di fronte agli elettori, in quanto  rappresentante e  testimone di valori e obiettivi che la stessa si è impegnata a portare avanti in Parlamento, debba soggiacere ai voleri di quei cittadini che là lo avevano catapultato.
Che c'è di strano in simili considerazioni? 
E' la scoperta dell'acqua calda che, ciononostante, i colossi dell'informazione intendono occultare. 
Un esempio per tutti: forse che il "dissidente" Giuseppe Civati non sarebbe stato espulso dal PD se avesse votato contro la fiducia al governo Renzi e, dieci mesi prima, al governo Letta? Lui stesso dichiarò: se votassi contro, verrei cacciato. 
Come mai in quel caso nessuno osò eccepirgli nulla  nè si stracciò le vesti di fronte ad una dichiarazione, che secondo i pennuti di corte, sarebbe dovuta suonare eversiva proprio in base all'articolo 67? 
Il fatto è che i rappresentanti del popolo, nonostante la finta riforma elettorale del premier Renzi, vengono ancora nominati dalle segreterie di partito attraverso liste bloccate, su cui si sono concentrati gli strali della Corte Costituzionale che bocciò per questo motivo nel gennaio scorso il Porcellum.
Quindi, quando si attacca Grillo sull'articolo 67, si fa finta di dimenticare che esso è sistematicamente violato da sempre, in primis dal fatto che il parlamentare non viene eletto in quanto cittadino che aspira individualmente ad un incarico legislativo ma come membro di un partito alla cui disciplina è evidentemente tenuto. In secondo ordine, con il meccanismo delle liste bloccate dichiarato recentemente incostituzionale, egli viene nominato de facto dai segretari di partito, non certo scelto dai cittadini che possono apporre solo un segno sul simbolo della lista!
Di che cosa stiamo parlando allora? 
I soliti farisei: fanno finta di tenere l'articolo 67 in piedi per ammantarsi di un malinteso velo di democraticità, per poi irriderlo e violarlo sistematicamente ed in modo plateale.


domenica 27 ottobre 2013

L'europeismo alla Scalfari, polpetta avvelenata per l'Italia

"Grillo minaccia l'impeachment. Sarei lieto che lo proponesse, si vedrebbe così la sua assoluta inconsistenza e il suo intento soltanto provocatorio. E si vedrebbe  -  ma questo è già del tutto palese  -  che finora i deputati Cinque stelle studiano e sono pieni di volontà del fare ma non sanno sottrarsi agli ordini dei due proprietari di quel movimento che ora si presenteranno alle elezioni europee sulle stesse posizioni della Lega separatista francese guidata dalla figlia del fondatore, su posizioni nazionaliste, anti-euro, anti-Europa federale. Posizioni di destra estrema, con i pericoli tremendi che ne conseguono.
Gli elettori italiani lo seguiranno? Spero di no, ma non ne sono affatto convinto. L'Europa non va bene così, ma un medico curante come il grillismo la porterebbe a rapida sepoltura e con essa, naturalmente, anche noi."
(Eugenio Scalfari, editoriale odierno su la Repubblica)
C'è da chiedersi come sia possibile che un giornalista scafato come Scalfari possa affastellare insieme così tante gratuite amenità, unite insieme solo da sentimenti di irritazione e di ripulsa nei confronti di chi, come Beppe Grillo, per la prima volta nella storia dell'Italia repubblicana, pone al centro della riflessione politica e del dibattito pubblico la centralità del cittadino nella determinazione delle scelte collettive.
In questo modo, accusando gli altri di populismo (ma dov'è l'infamia?) cerca furbescamente di sottrarsi all'inevitabile resa dei conti che prima o poi arriverà sulle gravissime responsabilità di questi anni della nostra classe dirigente, in primis la sciagurata scelta dell'ingresso nell'euro senza negoziare condizioni minime di permanenza e di sopravvivenza all'interno della gabbia della moneta unica. 
Perché il processo di integrazione monetaria europea è stato quanto di più antidemocratico si potesse concepire, già in partenza del tutto sottratto alla volontà popolare, con effetti devastanti ormai persino sulla tenuta del tessuto sociale. 
Perchè è stata proprio la scelta suicida di consegnare la sovranità monetaria e, conseguentemente, fiscale ed economica nelle mani di una burocrazia europea fatta di nominati (da chi? ma il borghese Scalfari non se lo chiede, preso com'è ad ammirare il proprio ombelico...) a spingere giù il nostro Paese in una spirale deflazionistica e recessiva che ha distrutto in pochi anni la seconda industria manifatturiera d'Europa, condannandoci ad una decadenza economica, finanziaria, poltica e morale mai vista in cinquecent'anni di storia, dal Rinascimento in poi.
Tanto per afferrare all'istante il grande imbroglio dell'Euro, basti pensare, come giustamente ha obiettato in tv l'economista Claudio Borghi, che da mesi le cosiddette 'larghe intese' hanno inscenato l'indecoroso teatrino, ad uso e consumo dei media per preparare il pastone quotidiano da dispensare dalla mattina alla sera al popolino (è così purtroppo che ci vedono i nostri politici di Pd e Pdl), dell'Imu sì e Imu no (che vale sulla prima casa non più di 2 miliardi e 700 milioni di euro), quando poi Bankitalia ci avverte che finora sono stati versati a fondo perduto dall'Italia al MES (il cosiddetto Fondo Salva Stati europeo), qualcosa come oltre 51 miliardi di euro!!! Evidentemente all'insaputa ma sulle spalle degli Italiani, brava gente... 
Scriveva Federico Fubini qualche giorno fa spudoratamente proprio sul giornale di Scalfari (che naturalmente non se ne accorge):
"Con l'Esm di fatto inservibile per le banche, l'Italia in recessione e indebitata inizia a sussidiare una Germania sana e in ripresa. Possibile?
L'Esm ha una forza di fuoco potenziale di 700 miliardi di euro, raccolti in gran parte emettendo bond sui mercati. La sua base però è il capitale versato direttamente dai governi dell'area euro. La settimana scorsa hanno tutti trasferito la quarta tranche, per un totale di 64 miliardi, e entro la prima metà del 2014 si arriverà a ottanta. Poiché la Germania è primo azionista con una quota del 27,14%, ha già pagato al fondo europeo 17,3 miliardi e alla fine dovrà versarne 21,7. L'Italia, che è terzo azionista con il 17,91% (secondo è la Francia), ha versato 11,4 miliardi e nel 2014 saranno 14,3.
Le risorse pagate dal governo di Roma, se solo fossero rimaste in Italia, probabilmente basterebbero a gestire i problemi delle banche. Invece sono immobilizzate nell'Esm a Lussemburgo. Ciò sarebbe utile nel caso in cui il fondo europeo potesse essere usato per le banche senza prima distruggere la fiducia degli investitori. Per ora però di quei soldi dell'Esm si fa un uso diverso: vengono investiti prevalentemente in titoli di Stato tedeschi. Ciò contribuisce, con i soldi dei contribuenti italiani, a ridurre i tassi sui Bund e su tutto il sistema finanziario in Germania, quindi ad allargare lo spread e lo svantaggio competitivo delle imprese in Italia.
L'Esm non comunica in dettaglio come gestisce il capitale affidatogli, ma i criteri sono chiari: non può comprare titoli con rating sotto la "doppia A" (dunque Italia e Spagna sono fuori) e compra "attività liquide di alta qualità". Dunque certamente in buona parte Bund tedeschi.
È una scelta comprensibile, ma di fatto ciò significa che l'Europa del Sud sta sussidiando la Germania, senza poi poter attingere all'Esm per sostenere le proprie banche.
C'è poi un secondo, sostanziale trasferimento di risorse da Sud a Nord. Nel 2011 la Banca centrale europea acquistò circa 100 miliardi di euro in Btp in una fase in cui i rendimenti arrivarono anche a toccare l'8%. Fu un rischio e una scelta provvidenziale. Ma da allora il valore di quei titoli italiano è salito, in certi casi, anche di più del 20%. E il governo italiano ha onorato alla Bce cedole per oltre dieci miliardi in tutto. La Bce non aveva mai guadagnato tanto con un solo investimento e la Bundesbank, suo primo socio, ne beneficia per circa un terzo. Anche quei soldi sono andati dall'Italia al contribuente tedesco. Peccato che nessuno gliel'abbia mai spiegato."
Chi è veramente antieuropeista? Grillo o Scalfari che si atteggia a suo fustigatore ma 'dimentica' quanto sta costando l'euro alle famiglie italiane: forse perché questa scelta sciagurata affonda nella carne viva di tanti operai, impiegati, pensionati, casalinghe, esodati, disoccupati, sottoccupati ma non di gente come Scalfari che continua a navigare nell'oro nello stesso momento in cui regge il moccolo alla Merkel...
Chi favorisce il nazionalismo, le destre, la xenofobia sono proprio questi personaggi che si dichiarano di sinistra ma che la sinistra hanno svenduto da tempo sull'altare dei grossi poteri finanziari internazionali.
Quanto a Napolitano, simbolo di questa sciagurata stagione in cui il governo non solo è nato ma resta a galla grazie alle promesse fatte al Pregiudiucato (adesso amnistia-indulto?), di fatto non rappresenta più gli Italiani, tanto meno è super partes ma agisce ormai come un premier in pectore di una parte politica, in palese  dispregio delle norme costituzionali: magari si fosse limitato a fare il notaio!
Dopo lo scivolone della convocazione al Quirinale di un vertice di maggioranza sulla legge elettorale ormai ha perso la necessaria autorevolezza istituzionale: bene hanno fatto i parlamentari del M5S a non partecipare alla farsa delle convocazione tardiva delle opposizioni al Colle.
L'impeachment chiesto dal M5S è politicamente un atto dovuto per l'opposizione.
E' chiaro che non passerà (a causa di questa classe politica di impresentabili di cui Napolitano, non a caso, è il  garante) ma in questo modo il Pd dimostra urbi et orbi che, per difendere pregiudizialmente un suo uomo, agisce proprio come ha fatto il Pdl  in questi anni,  secondo la stessa logica di clan. 
Non ci si può poi meravigliare, o ipocritamente scandalizzare, dei vari Brunetta, Fitto, Santanché, Gasparri che fanno guerriglia verbale h 24 per conto di Berlusconi.
Caro Scalfari, ma ci faccia il piacere!

mercoledì 12 giugno 2013

Il Paese affonda nel silenzio delle urne

Mentre i media continuano la loro campagna diffamatoria contro Grillo e il M5S, con il fiancheggiamento dei cosiddetti costituzionalisti di regime che assistono inerti alla dissoluzione della repubblica parlamentare da parte di Re Giorgio II, la situazione economica del Paese, se è possibile, si fa di giorno in giorno più grave: ormai è un fiorire quotidiano di dati consuntivi che non lasciano dubbi sulla pericolosa spirale in cui si è avvitato il nostro sistema produttivo e sull'inerzia di un governo che ciurla nel manico, non essendo riuscito a tracciare in quasi due mesi di attività neppure una bozza di politica industriale. 
La Cgil ci ricorda che per recuperare la caduta del Pil del 2007, occorreranno 13 anni, addirittura 63 anni per ritrovare gli stessi livelli occupazionali.
A questo punto non si capisce come sia stato possibile nel luglio scorso che il professor Monti, l'economista osannato dalla partitocrazia PD-PDL, dichiarasse di aver scorto la luce fuori del tunnel
Ecco: l'unico tunnel che questi bocconiani hanno saputo costruire, e di lunghezza spropositata!, di certo superiore a quello che vogliono materialmente far scavare per il TAV, è proprio quello in cui hanno ficcato economicamente il Paese, facendolo letteralmente agonizzare.
Sarebbe interessante rileggersi le paginate di giornali come Repubblica, il Corriere della Sera e altri degni compari della disinformazione, qualche tempo fa dedicavano al grande Monti, al suo loden sobrio e imperturbabile, al suo gioco delle tre carte (rigore, crescita, equità) dove crescita e equità sono subito spariti, da bravo illusionista: ma, a differenza del grande Silvan, soltanto grazie a pacchiani trucchi televisivi.
Così il professor Monti ha lasciato dopo 17 mesi soltanto macerie, senza neppure essere riuscito a spuntare un solo risultato utile per l'Italia sulla scena europea: una débâcle così straordinaria che, probabilmente, nessuno potrà in futuro fare peggio di lui. 
Ma i media, così pronti a spedire squadre di giornalisti, ad auscultare in tempo reale i brontolii del movimento di Grillo, si sono lasciati sfuggire incredibilmente la ghiotta occasione di fare chiarezza sull'operato del professorone.
Ed oggi nessuno si azzarda a porgli questa semplicissima domanda: Illustrissimo Professor Montigrandissimo mago dell'economia (almeno secondo i suddetti compari), com'è possibile che Lei vedeva un anno fa la luce fuori dal tunnel mentre pure gli ultimi dati comunicati dall'Istat registrano per il primo trimestre del 2013 un tonfo del PIL del 2,4% annuo e un calo della produzione industriale nel mese di aprile 2013 addirittura del 4,6%???
Ma, come si sa, piove sempre sul bagnato: e adesso è il turno del governo Letta, che si sta distinguendo per il totale immobilismo.
Prima ancora che sui singoli provvedimenti, è proprio sul piano delle idee che mostra un deficit culturale sorprendente, tant'è che Berlusconi ha buon gioco con le sue sparate a sottolineare la necessità per il nipote Enrico di cotanto zio Gianni, di sbattere i pugni al prossimo vertice europeo di fine giugno. 
Purtroppo dietro il giovanilismo lettiano c'è un'assoluto vuoto mentale: non c'è nessuna idea forte che sappia trascinare via l'Italia dalle secche della sua disperazione, nulla a livello di politica degli investimenti, fiscale, industriale, bancaria. Niente di niente. 
Come pensa che si debba progettare il futuro di quella che solo pochi anni fa (a questo punto sembra impossibile!) era la quinta potenza industriale ed economica del mondo? Silenzio assordante.
Non a caso non la rivista dei grillini incazzati ma l'austero e autorevole Financial Times titola oggi  Letta's lethargy, accusando il giovane premier di totale inconcludenza.
Infatti, l'unica cosa a cui sta pensando, accanto ad un velleitario proclama di lotta alla disoccupazione giovanile magari demolendo la riforma Fornero (che la stessa OCSE ha da tempo bocciato), ovvero quello che fu il famoso fiore all'occhiello del governo Monti (W i professori...) e che ci ha portato in aprile la disoccupazione al record del 12%, è l'avvio del semipresidenzialismo.
Perché, giustamente, gli Italiani questo si raccontano preoccupati quando trovano il tempo di scambiarsi due parole: non di lavoro, non di sbarcare il lunario, non di mancanza di futuro per un'intera comunità nazionale... No, per Letta e c., si accapigliano per il semipresidenzialismo!!! Pure Maurizio Crozza non si è lasciato sfuggire questa ghiotta occasione di satira.
Ma in nome di chi e per cosa si avvia un processo di radicale trasformazione della forma di Stato senza aver ricevuto alcun mandato popolare, senza aver avviato un serio dibattito nell'opinione pubblica? 
Può la Casta partitocratica strappare la Carta del 1948 per nascondere la propria totale inettitudine e, peggio, il proprio degrado morale? 
Perché  scopo del semipresidenzialismo, come sostiene giustamente il giurista Paolo Becchi, è quello di mantenere in piedi un bipolarismo che le elezioni di febbraio hanno bocciato definitivamente. 
Una riforma costituzionale di ampissima portata verà sballottolata, tra Ferragosto e Capodanno, tra il Comitato dei 40 parlamentari e la Commissione dei 35 saggi: una procedura del tutto inedita e senza precedenti nella storia della repubblica.
Chi sarebbero i 35 seggi che dovrebbero emendare il testo della Costituzione? Chi conferisce loro tale autorità?
Come fa il Presidente della Repubblica ad avallare una procedura talmente anomala ed in palese contrasto con il dettato Costituzionale, tenuto conto che viene esclusa dalla concertazione una buona parte del Paese, in primis proprio quella forza parlamentare che ha espresso più intensamente l'istanza di cambiamento e di rinnovamento?
Attorno a noi stanno succedendo cose gravissime ma i media cercano di sviare l'attenzione di tutti celebrando quotidianamente il processo al M5S, reo per definizione, per partito preso (quello della Casta!), di tutte le colpe, di tutte le nefandezze e di tutte le infamie della I e II repubblica.
Ma colpevole di che? Forse di aver scoperchiato, almeno in parte, il verminaio della nostra vita pubblica.
Eppure anche tra i parlamentari del M5S non mancano carneadi che, forse non paghi dell'attacco furioso scatenato dai media in questi ultimi quattro mesi contro la nuova forza politica, se ne fanno a loro volta interpreti. 
E' il caso della senatrice Adele Gambaro che ieri, dai microfoni di Sky Tg24, ha accusato Beppe Grillo di essere il problema del M5S, responsabile dell'insuccesso elettorale delle amministrative, in cui un italiano su due non è andato a votare.
Poveretta, proiettata di punto in bianco a svolgere un compito decisamente superiore alle sue possibilità, la senatrice è andata in pochi mesi in tilt, forse neppure rendendosi conto fino in fondo di essersi messa lei stessa, con le sue stesse parole, fuori dal gruppo parlamentare.
La Gambaro, di cui fino a ieri ignoravamo insieme a milioni di Italiani l'esistenza, fino a quel momento non aveva capito che stava lì, non per le qualità personali, ma perché ha aderito ad una missione, quella di far entrare la voce dei cittadini nelle polverose ed oscure stanze dell'assemblea legislativa, occupate abusivamente dalla partitocrazia.
Se qualcosa non le fosse stato chiaro del suo compito avrebbe dovuto chiedere spiegazioni e aiuto ai suoi colleghi e magari rivolgersi personalmente a Grillo, senza lanciare accuse gratuite e velleitarie, che denotano, fra l'altro, labilità emotiva ed una evidente limitatezza culturale. 
Se sulla via di Roma è rimasta fogorata dalla partitocrazia ebbene si faccia da parte, senza gettare ulteriore discredito, prima ancora che sui suoi colleghi,  su se stessa: dimostra infatti che non è degna del ruolo che milioni di cittadini le hanno affidato e che al Senato di certo il M5S  non ha più bisogno di lei.
Se non altro perché l'evidente stato confusionale in cui versa non le consente più di lavorare con la necessaria serenità e coerenza. 
Se, si spera, mantiene un briciolo di dignità personale e di onestà intellettuale, dovrebbe dimettersi immediatamente da parlamentare passando senza indugio il testimone a chi potrebbe ricoprire quel ruolo con maggiore coerenza ed affidabilità. 
Ma dubitiamo che sia questa la sua scelta perché imboscarsi nel gruppo misto a stipendio pieno è una tentazione per molti versi irresistibile.
La situazione italiana è talmente drammatica, come testimoniato dall'odierna strigliata del più importante quotidiano economico del mondo  a Enrico Letta, che non ci possiamo comunque permettere, dall'unica forza di opposizione rimasta nel nostro Paese, neppure un attimo di distrazione dai compiti di cui il M5S è stato investito a furor di popolo.
Lo psicodramma personale di questa comparsa politica, unico ruolo che veramente le si attaglia, la sua crisi d'identità, il conclamato deficit culturale, li lasciamo infine alle cure ed alle premure di chi ne condivide i momenti privati.






giovedì 28 marzo 2013

Il fallimento di Bersani auspicio per un nuovo inizio

Interessante scambio di battute l'altra sera a Ballarò tra il vicedirettore di Repubblica Massimo Giannini e l'economista Lidia Undiemi, esperta  in problemi inerenti la crisi del debito sovrano in Europa, su cui è da tempo viva l'attenzione dei sostenitori del Movimento 5 Stelle.
In particolare sul meccanismo del fondo salva stati (ESM) e del fiscal compact che impegnerà l'Italia in un esborso finanziario complessivo di 125 miliardi sul quale il silenzio dei media è stato sin dall'inizio  assordante, praticamente facendo trovare gli Italiani con le spalle al muro, di fronte al fatto compiuto.
In primis, la reticenza di Repubblica che pure avrebbe potuto svolgere nell'occasione un insostituibile ruolo informativo, come ha subito sottolineato l'economista aggiungendo che è stato proprio il blog di Beppe Grillo a veicolare questo tipo di informazioni al grande pubblico.
125 miliardi per i quali l'Italia ha già iniziato a pagare le prime quote di adesione: siamo già a 43 miliardi di euro, fuoriusciti dall'Italia. Altro che IMU!
Giannini ha cercato inizialmente di contrastare la Undiemi dicendo che si trattava di una bugia ma è dovuto ritornare sui suoi passi e cambiare tono nel momento in cui la stessa economista ha insistito sulla fondatezza e giustezza delle sue osservazioni, avendo studiato a lungo il documento europeo istitutivo di tale fondo e per averci realizzato sopra un apposito dossier e varie altre pubblicazioni.
A smentire sfortunatamente Giannini, il Corriere della Sera, in un pezzo a firma di Antonella Baccaro del 16 marzo a pagina 51, che così titolava a cinque colonne: «Debito oltre quota duemila miliardi / Il conto (salato) del fondo salva Stati»; dove ad un certo punto si dice: «Sempre nel mese di gennaio, il sostegno dei Paesi dell'area dell'Euro in difficoltà, cioè la quota di competenza dell'Italia dei prestiti erogati dall'Efsf (fondo salvaStati) è costata 0,4 miliardi, portando complessivamente tale contributo a 43 miliardi
Ma rivelatrici dell'assoluta inconsistenza e labilità, persino sul piano ideologico e programmatico, dell'attacco forsennato che la corazzata mediatica Repubblica-L'Espresso muove da sempre al M5S sono proprio le ultime parole di Giannini. Ve le riportiamo sia per iscritto che in video:
«Tanto per essere chiaro io penso che il M5S ha avuto un ruolo importantissimo anche in questo ultimo passaggio politico così delicato. 
Faccio un esempio: Piero Grasso e Laura Boldrini non sarebbero mai stati eletti se non ci fosse stata la spinta del M5S. Oggi avremmo probabilmente in quei due posti due esponenti della, tra virgolette, vecchia politica, rispettabilissimi ma comunque non nuovi come sono stati quei due. Da questo punto di vista io non mi sogno di criticare assolutamente il ruolo positivo del M5S. 
Dove però non ci siamo proprio, non ci siamo proprio, è quando questo movimento, pur essendo così innovativo e così utile da questo punto di vista, assume atteggiamenti spocchiosi rispetto all'esistente. D'accordo?
Allora, benissimo che ci sia questo rinnovamento in Parlamento, lo chiediamo da tempo tutti quanti e ci fa piacere che ora ci sia, però vedere persone che entrano in Parlamento e intanto trattano i giornalisti dicendo: "Voi siete spalamerda", organizzano conferenze stampa la cui premessa è: "Però non si possono fare domande", poi.. una deputata non stringe la mano a Rosy Bindi, perché non ha piacere di stringere la mano a Rosy Bindi: quando avessimo avuto tutti i politici... Poi la si può pensare in maniera diversa da Rosy Bindi, io la penso in modo diverso su tante cose, ma avessimo avuto in questi decenni politici con la passione di Rosy Bindi, oggi non ci troveremmo dove ci troviamo. Tanto per dirne una. 
Ma vado avanti, vado avanti. Poi sentiamo le critiche al sistema bancario ed abbiamo deputate grilline che, di fronte alla Camera, interrogate dalle Iene, non sanno che cos'è la BCE, non sanno chi è Mario Draghi...».
Interviene Floris: "Quello diciamo... purtroppo succede in tutto lo spettro parlamentare compreso [...]" .
Prosegue Giannini:    «Però dov'è  la differenza? Se poi arrivano con l'atteggiamento di chi dice:  "La ricreazione è finita, adesso levatevi tutti di mezzo perché ci siamo noi", allora lì c'è un cortocircuito. Io dico umiltà, perché l'umiltà la dobbiamo avere tutti, e senso di responsabilità perché c'è un paese da governare.... facciamoci carico di questi problemi, tutti quanti.».

Insomma, dopo un inaspettato e sperticato elogio al movimento di Grillo, Giannini gli avanza critiche, tutto sommato, assai deboli. Riassumiamole: 

1. la 'spocchia' dei nuovi parlamentari. La critica ci può stare, da parte di chi per carriera ha più dimestichezza e confidenza con la vecchia Casta, ma è evidentemente un rilievo di carattere meramente stilistico, insomma più di forma che di sostanza. Fra l'altro, con un'attenuante enorme: l'attenzione aggressiva e morbosa dei media verso questi nuovi deputati e senatori, osservati e descritti con circospezione quasi se su Montecitorio e Palazzo Madama fossero calati i marziani;

2. il linguaggio scurrile e l'atteggiamento di diffidenza nei confronti dei giornalisti italiani i quali, ad onore del vero, se lo sono meritato pienamente per essersi distinti in queste settimane proprio per la faziosità dei loro resoconti, spargendo disinformazione a mani basse anche quando si trattava semplicemente di riportare le parole pronunciate da Beppe Grillo in interviste a testate straniere, travisando pesantemente e sistematicamente il suo pensiero. 
Tant'è che in più di un'occasione è dovuta addirittura intervenire la rettifica dell'intervistatore per smentire il senso delle affermazioni che gli venivano attribuite dalla stampa di casa nostra. 
Insomma una costante e per certi versi inspiegabile delegittimazione del Movimento 5 Stelle ed in particolare del suo leader da parte dei principali organi di informazione, soprattutto non di partito;

3. la presunta 'ignoranza' dei nuovi parlamentari a 5 stelle. Se ci riferiamo alla conoscenza del diritto parlamentare, ciò è vero analogamente alle new entry degli altri partiti: si tratta di una normale e prevedibile iniziale difficoltà legata al nuovo ruolo acquisito che, evidentemente, non deve far gridare allo scandalo. Tanto più se coinvolge i neoeletti di tutti gli schieramenti.
Quanto alla presunta incompetenza tecnica o alla scarsa cultura generale dei neoeletti, l'88% dei 5 Stelle è laureato, molto di più delle altre forze politiche. Circa l'intervista delle Iene di qualche giorno fa, basta andarsi a rivedere il video completo per rendersi conto di chi ha fatto la figura più barbina: non a caso Repubblica.it ha inizialmente pubblicato, provocando clamore nella rete, un video che tagliava proprio le risposte imbarazzanti dei parlamentari del PD.
Possibile quindi che Massimo Giannini, in un'occasione ghiotta come quella di Ballarò in cui avrebbe potuto squadernare di tutto contro il M5S, particolarmente in un momento tanto cruciale per la vita istituzionale del nostro Paese, si sia limitato a rilievi di dettaglio, solo di natura estetica? 
Come fa a giustificare allora una linea editoriale del giornale che dirige tanto aggressiva e negativa contro Beppe Grillo e il suo movimento?

Perché essere così a corto di argomenti fa sorgere più di un sospetto; cioè che, in fondo, dietro la guerriglia mediatica di Repubblica, ci sia probabilmente solo una bassa questione di potere, intesa non come disputa sui massimi sistemi ma come opaca questione di poltrone e di assetti organizzativi. 
Probabilmente quello che più spaventa almeno una parte dell'intelligentia che fa riferimento al Partito Democratico è di restare fuori dai giochi, dalle spartizioni prossime venture, dalle future cordate, dai nuovi business, da inedite aree di influenza. 
Insomma un problema di ricambio della vecchia nomenklatura democratica che verrebbe spazzata via dall'onda d'urto degli attivisti di Grillo e che impone ai vecchi centri di potere una ricompattazione immediata.
Ad esempio sulla questione Tav, la preoccupazione sembra essere non quella di rinunciare ad una infrastruttura strategica per l'Italia (a cui, ormai è chiaro, non crede più nessuno), ma di vedersi mancare gli  appalti per le cooperative e le imprese amiche col conseguente inaridirsi di una preziosa fonte di consenso, così necessario in tempi di emorragia di voti!
Il problema cioè non è la politica ma è il binomio politica-affari, non è la buona amministrazione, lo sviluppo economico, uno stato che funziona bene, offrire servizi sociali di avanguardia, un fisco equo, una giustizia giusta: no, ciò che conta è piazzare i propri uomini nei gangli del potere.
Se poi questi politici, come è successo negli ultimi vent'anni, fanno il contrario di quello che hanno promesso al loro elettorato, per Giannini e c. la cosa è irrilevante: l'importante è che restino dei referenti affidabili per le esigenze dei gruppi di potere, per le lobby multicolore.
Lasciare che della cosa pubblica si occupino direttamente i cittadini senza cooptazioni di sorta, senza debiti di riconoscenza verso chicchessia, ecco questo è un grosso pericolo da evitare. 
La riorganizzazione della democrazia prefigurata dal movimento di Grillo attraverso la partecipazione diretta dei cittadini, senza l'intermediazione organica e strutturata dei vecchi partiti, significa la ristrutturazione di tutte, ma proprio tutte, le strutture di formazione, concentrazione e conservazione del consenso: dalle banche alle municipalizzate, dai giornali agli apparati ministeriali, ai partiti, agli enti locali, ai sindacati.
Ecco perché la ricetta di Pierluigi Bersani, uomo dell'apparato partitocratico che si candida a guidare un millantatato governo del cambiamento,  è quella tipicamente del Gattopardo: cambiare tutto per non cambiare nulla.
Non si capirebbe altrimenti come egli stia insistendo tanto, malgrado l'evidenza dei numeri, a voler ancora tentare di costruire un'improbabile alleanza di governo, dopo ben sei giorni di consultazioni infruttuose.
E' invece cruciale che Giorgio Napolitano già stamane gli ritiri il mandato esplorativo e proponga finalmente un nome di vero cambiamento: a quel punto, una volta che la partitocrazia targata PD-PDL avrà fatto il sospirato (da tanti Italiani) fatidico passo indietro, i giochi si riapriranno.
E forse tutti gli Italiani, anche quelli che si sono spinti in questi giorni a formulare accuse tremende e isteriche contro Grillo, lo dovranno ringraziare perché lui e il suo movimento, con la loro trasparente inflessibilità, avranno reso possibile finalmente l'avvio della rottamazione della vecchia classe dirigente di destra e di sinistra.
E l'Italia potrà finalmente ripartire.


sabato 9 marzo 2013

La petizione-civetta di Repubblica: un'OPA ostile contro Grillo

Che il gruppo L'Espresso-Repubblica si sia trasformato in una formidabile macchina del fango puntata contro Beppe Grillo e il suo movimento è ormai cosa nota: non c'è giorno in cui non compaia un pezzo di carattere diffamatorio e di odio viscerale nei confronti del leader o degli attivisti del M5S. 
Non staremo qui a ripercorrere la lunga sequela di ingiurie nei suoi confronti, molte delle quali troveranno soddisfazione evidentemente soltanto in Tribunale. O i mille tentativi, ancora in corso in queste ore, per sbatterlo fuori dal movimento di cui è primo fondatore, capo carismatico, garante, portavoce, anima.
L'obiettivo dichiarato è infatti, per dirla alla Bersani, quello di fare scouting cioè di fare campagna acquisti tra i  neoeletti del movimento per permettere ai trombati del PD, dal suo segretario a Veltroni, a D'Alema, a Fassino, alla Finocchiaro, alla Bindi e compagnia perdente, di dettare ancora le regole del gioco e di piazzare i propri uomini nelle istituzioni e nei gangli vitali della pubblica amministrazione, proprio come se il 24-25 febbraio non ci fossero mai stati.
E' evidente, che con questo po' po' di pedigree, il gruppo editoriale di Carlo De Benedetti, tessera n. 1 del PD e residenza fiscale in Svizzera (W l'Italia...), sia il pulpito meno indicato per analizzare le dinamiche dell'unica forza politica uscita vittoriosa dalle ultime consultazioni con un risultato, qualcuno fa finta di non ricordarlo, assolutamente straordinario. Né tanto meno per dispensare suggerimenti e moniti sulla linea politica che il M5S dovrà tenere di qui alle prossime settimane. 
Ci mancherebbe altro che proprio coloro che contro Grillo hanno abbracciato su scala industriale il metodo Boffo, ovvero l'intimidazione e la delegittimazione come pratica di informazione quotidiana, possano farsi paladini di una qualche battaglia civile. Meno che meno di una petizione indirizzata agli attivisti e ai parlamentari del M5S per costringerli ad appoggiare nei prossimi giorni un governo a guida PD. 
Eppure Repubblica, in una fase di passaggio istituzionale così difficile e senza precedenti, dà fuoco alle polveri di una lampante e gravissima scorrettezza costituzionale, interferendo pesantemente con la fisiologica dialettica in corso tra le forze politiche prima ancora che si apra il Parlamento, per lanciare una petizione trappola, una vera e propria OPA ostile contro il movimento di Grillo.
Parecchi cittadini, non conoscendo la posta in gioco e i veri obiettivi di Scalfari & c., potrebbero ingenuamente abboccare, apponendo la propria firma su un'iniziativa apparentemente meritoria. 
Trattasi, però, di una gigantesca operazione di manipolazione del consenso che, carpendo la buona fede di quanti, legittimamente, pretendono di avere a breve finalmente un governo che affronti le grandi emergenze del paese, punta alla più spudorata delle operazioni gattopardesche: dichiarare di voler cambiare tutto per non cambiare nulla, così che quegli stessi politici che i cittadini, non solo Grillo, hanno cacciato dalla porta possano comodamente rientrare dalla finestra, magari proprio  grazie al montacarichi messo gentilmente e gratuitamente a disposizione dal gruppo L'Espresso-Repubblica.
Che nel frattempo, prosegue senza soste, la guerra contro il Movimento 5 Stelle, cercando di demolirne mediaticamente non solo i nuovi quadri dirigenti ma la stessa onorabilità del suo leader. 
L'inchiesta farlocca sugli investimenti dell'autista di Grillo in Costarica è quanto di più squallido e vergognoso, nella sua insulsa e totale inconsistenza, sia potuto uscire dalla penna di un giornalista e fatto deragliare  inopinatamente in edicola, senza neanche prendersi la briga di cercare più di tanto dei riscontri. 
Eppure il settimanale di via Colombo vi  dedica a tambur battente la copertina.
Forse s'illudono che Grillo possa essere combattuto con gli stessi mezzi usati in questi anni con Berlusconi, ovvero con una sistematica denigrazione non della sua politica (che in fondo hanno sempre largamente condiviso, tanto da appoggiare con entusiasmo il governo Monti),  ma accendendo i fari sul suo corposo curriculum giudiziario. 
Questa volta, però, sfortunatamente per loro, con il leader genovese  cascano male e il tanto strombazzato scoop rischia di rivelarsi un pericoloso boomerang.
Staremo a vedere.
Per cogliere all'istante il frutto avvelenato di questa torbida operazione di Palazzo, basta comunque osservare che la petizione non è rivolta al gruppo dirigente del PD, vero sconfitto di queste elezioni, a cui il buon senso prima ancora che l'analisi dettagliata del voto avrebbe già dovuto suggerire le immediate e irrevocabili dimissioni collettive per giungere al più presto ad un  Congresso straordinario che sancisca il totale rinnovamento della sua Direzione nazionale, a cominciare dal segretario Bersani. 
Eppure sarebbe stato auspicabile che qualcuno, vicino al patetico  smacchiatore di giaguari, gli consigliasse prudenza e di astenersi dall'intimare ultimatum allegando una risibile lista di 8 punti, che tanto rassomiglia ad un pessimo abbozzo di sceneggiatura per una futura commedia degli equivoci.
Né l'iniziativa di Largo Fochetti è rivolta  genericamente ai rappresentanti di tutte le forze politiche perché diano, in questo difficile momento, prova di moderazione e di responsabilità, iniziando ad anteporre gli interessi del Paese ai propri. No! 
La petizione-civetta è rivolta espressamente ed unicamente al Movimento 5 Stelle ed ospitata sulle pagine proprio di quel giornale che in questi anni si è contraddistinto, nel panorama editoriale italiano già così plumbeo e dilaniato da lotte intestine, per la virulenza degli attacchi contro Grillo e i suoi ragazzi, con lo scopo dichiarato di tentare in qualche maniera di  fargli  terra bruciata.
Ci dispiace che personalità come Salvatore Settis, Roberta De Monticelli, Barbara Spinelli, pure nella sicura generosità del gesto e del sincero interesse per il bene comune, animati come immaginiamo dalle migliori intenzioni, prestino la loro firma ad un'operazione così profondamente di parte e antidemocratica.
Perché lasciare che questa petizione sia usata come una clava  da un gruppo di oligarchi contro quella che è diventata la prima forza politica italiana, significa non solo non aver compreso intimamente il significato del voto popolare ma di tentare prepotentemente di deviarne, se non proprio di sovvertirne, l'esito.


giovedì 7 marzo 2013

Ma perché PD e PDL non continuano a governare insieme??

Nel totale caos politico di queste ore, con i due grandi sconfitti PD e PDL che cercano di esorcizzare la débacle elettorale, sparlando a vanvera contro i cittadini eletti nelle fila del M5S e addirittura rilanciandosi loro stessi per guidare il prossimo esecutivo,  proprio come niente fosse, ancora una volta è Beppe Grillo a pronunciare parole di verità. Infatti sul suo blog un attivista del M5S si domanda:

"pdl e pdmenoelle hanno più punti programmatici in comune tra loro:
1) entrambi vogliono la TAV

2) entrambi sono per il MES
(nda: cioè il fondo salva stati europeo che l'Italia ha alimentato con 20 miliardi di euro, l'importo totale dell'IMU, per consentire alle banche greche e spagnole di restituire i prestiti ottenuti da Francia e Germania)
3) entrambi per il Fiscal Compact
4) entrambi per il pareggio di bilancio
5) entrambi per le "missioni di pace"
6) entrambi per l'acquisto degli F-35
7) entrambi per lo smantellamento dell'art.18
8) entrambi per la perdita della sovranità monetaria
9) entrambi per il finanziamento della scuola privata
10) entrambi per i rimborsi elettorali
Quanti punti programmatici comuni ho trovato così su due piedi??? DIECI. Ne hanno più loro che quello che afferma Bersani con il M5S (lui dice 8). Non per niente hanno governato per un anno e più insieme".
 
Effettivamente l'osservazione non fa una piega: perché Bersani e Berlusconi, nel tempo necessario a cambiare la loro legge elettorale porcata e magari fino alla primavera del 2014 (quando si svolgeranno le elezioni Europee), non continuano a governare insieme, magari con la guida 'esperta' dello stesso Mario Monti, visto che condividono lo stesso programma in quelli che sono dieci punti altamente qualificanti di una possibile azione di governo?
Non saranno solo le cene di Arcore o il caso Ruby a dividerli!
Anche perché se fossero sinceramente intenzionati ad imprimere una svolta nella politica italiana avrebbero entrambi già fatto un  passo indietro, dopo essersi reciprocamente e pubblicamente cosparso il capo di cenere.
Invece, come due sfingi, additano Grillo come il responsabile dell'ingovernabilità e continuano per la loro strada.
Berlusconi che tenta l'inciucio, terrorizzato di restare fuori dalla stanza dei bottoni; Bersani che riunisce una direzione nazionale di impresentabili (ci sono tutti, da D'Alema a Veltroni, anche se quest'ultimo ha almeno la dignità di non parlare) per dettare agli italiani gli otto punti di un'improbabile agenda di governo. Tra questi, ancora una volta, la legge anticorruzione, pure licenziata dall'allegra brigata PD-PDL-Centro nel dicembre scorso e balzata agli onori della cronaca sotto il nome di legge Severino.
"Che cos'è, è uno scherzo?" si domandava ieri Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano, dopo aver preso atto, dal gip di Monza, proprio di quello che era il prevedibile effetto della suddetta legge: perché derubricando il reato di concussione per induzione a reato minore, con pene dimezzate e prescrizione più breve, sono saltate (perché prescritte!) le accuse alle coop rosse nel processo a Filippo Penati, già braccio destro di Bersani, cioè le tangenti che secondo l'accusa sono finite ai DS per il recupero delle aree ex Falck e Marelli. Così come accadrà tra poco per il grosso delle accuse allo stesso Penati.
Come si vede, PD e PDL vanno d'accordo pure in materia di giustizia, avendo ognuno  le proprie belle gatte da pelare. 
Pertanto, cosa c'è di meglio di riproporre l'ennesima legge anticorruzione, dietro la cui foglia di fico nascondere definitivamente altre questioni scottanti, per esempio l'affaire Monte Paschi di Siena? 
In fondo la legge anticorruzione serve proprio a questo, ad eliminare all'istante la corruzione, nel senso di far sparire  corrotti e corruttori dalle aule giudiziarie, con il più classico dei colpi di spugna.
E allora ci si accorge che il programma dal PD e quello del PDL sono due gocce d'acqua: in materia di politica economica, giustizia, scuola, beni culturali, difesa, non-tagli alla Casta, esteri. 
Alzi la mano chi vi riscontra differenze sostanziali!
L'unico vero motivo di frizione tra i due partiti, dal punto di vista strettamente mediatico, resta ancora la figura di Silvio Berlusconi che rappresenta per i piddini il simbolo della loro inadeguatezza, essendo riusciti a farlo risorgere più volte dalle sue ceneri.
E' vero, quelli del PD temono che l'abbraccio con il Cavaliere a favore di telecamere si possa rivelare mortale e tradursi alle prossime elezioni in un'ulteriore emorragia di voti, quella definitiva. Con il rischio di lasciare al Movimento 5 Stelle l'intera scena e la maggioranza assoluta dei consensi. 
Ecco perché Bersani vuole sì arrivare a tanto ma solo dopo essere riuscito ad inguaiare Beppe Grillo con un ricatto del tipo: o appoggi dall'esterno il nostro governo oppure faremo credere alla gente che la responsabilità di tornare alle urne tra tre mesi sarà esclusivamente tua. Infatti, checché tu sbraiti, il sistema dei media tradizionali è ancora a nostro completo servizio: in questi giorni ti abbiamo dimostrato che, pur vantando il M5S la pattuglia dei parlamentari più preparati perché quasi tutti laureati, grazie ai nostri giornalisti, siamo stati in grado di metterli alla gogna facendoli passare non solo come degli ignoranti ma, peggio, degli emeriti cretini.

Beppe Grillo ha quindi ragioni da vendere quando proprio oggi sul suo blog mette in guardia deputati e senatori dal cedere alle lusinghe dei conduttori televisivi avvisandoli: Attenti ai lupi!.
"Il loro obiettivo è, con voce suadente, sbranare pubblicamente ogni simpatizzante o eletto del M5S e dimostrare al pubblico a casa che l'intervistato è, nell'ordine, ignorante, impreparato, fuori dalla realtà, sbracato, ingenuo, incapace di intendere e di volere, inaffidabile, incompetente. Oppure va dimostrato il teorema che l'intervistato è vicino al pdmenoelle, governativo, ribelle alla linea sconclusionata di Grillo, assennato, bersaniano. In entrambi i casi, il conduttore si succhia come un ghiacciolo il movimentista a cinque stelle, vero o presunto (più spesso presunto), lo mastica come una gomma americana e poi lo sputa, soddisfatto del suo lavoro di sputtanamento. E' pagato per quello dai partiti.
L'accanimento delle televisioni nei confronti del M5S ha raggiunto limiti mai visti nella storia repubblicana, è qualcosa di sconvolgente, di morboso, di malato, di mostruoso, che sta sfuggendo forse al controllo dei mandanti, come si è visto nel folle assalto all'albergo Universo a Roma dove si sono incontrati lunedì scorso i neo parlamentari del M5S. Scene da delirio. Questa non è più informazione, ma una forma di vilipendio continuato, di diffamazione, di attacco, anche fisico, a una nuova forza politica incorrotta e pacifica. Le televisioni sono in mano ai partiti, questa è un'anomalia da rimuovere al più presto. Le Sette Sorellastre televisive non fanno informazione, ma propaganda."
Emblematico il caso di Barbara d'Urso che su Canale 5 ha invitato a parlare a nome del M5S, guarda caso, un signor nessuno, che si era iscritto via internet al Movimento di Beppe Grillo appena il giorno stesso delle elezioni, invitandolo a dialogare con deputati della Lega e facendo così fare al movimento stesso una pessima figura.
Si può pensare di aprire una trattativa politica con partiti che ricorrono a qualsiasi nefandezza pur di screditare quella che dovrebbe essere la loro controparte politica??
Intanto la macchina del fango di Repubblica - L'Espresso continua a vomitare contro il leader del M5S di tutto, prendendo di mira qualunque cosa o chiunque semplicemente sia a lui vicino, persino il suo autista...
Ma questa non ha più nulla a che vedere con l'informazione  nè con il giornalismo, è semplicemente guerriglia  mediatica: vergogna!



sabato 2 marzo 2013

Appello al M5S per la libertà di stampa: urge abolire il contributo pubblico all'editoria

E' di questi giorni il tentativo portato avanti da Repubblica, il quotidiano di Carlo De Benedetti, tessera n. 1 del PD con residenza fiscale in Svizzera, di intorbidare la fisiologica dialettica in corso tra le forze politiche in vista dell'inizio della legislatura, dando notizia con grande enfasi di presunte petizioni di imprecisati sostenitori del M5S che chiederebbero al suo leader di appoggiare un governo a guida Bersani, dopo che Beppe Grillo lo ha sbrigativamente liquidato con una delle sue tipiche battute al vetriolo: è un "morto che parla" e, con quel barlume di dignità che gli rimane, invece di fare lo "stalker politico", prendendo atto del suo fallimento, dovrebbe rimettere il suo mandato di segretario del PD.
Perché una cosa è certa: se stiamo all'ingovernabilità, non è certamente colpa del M5S; ma di una classe politica, ormai decrepita e il cui prestigio è da tempo sotto le scarpe, responsabile di mille misfatti, non ultimo l'aver varato una legge elettorale folle, con meccanismi, chissà perché, diversi per le due camere, nonostante in Italia esista un bicameralismo perfetto, con Camera e Senato che fanno esattamente le stesse cose. 
Ne consegue che, per poter funzionare, i due rami del Parlamento devono essere giocoforza espressione della stessa maggioranza: cosa tutt'altro che scontata con la legge attualmente in vigore, il famigerato porcellum.
Eppure la vecchia partitocrazia, dopo averla ignobilmente emanata, non si è presa la briga di modificarla, pur avendo avuto a disposizione l'intera ultima legislatura.
Bersani, Berlusconi, Bossi, Casini, Fini, possono quindi a pieno titolo rivendicare il primato di essere i principali responsabili di questo sfascio!
Che adesso Bersani se ne voglia tirar fuori, caricando su Grillo quello che già da tempo sarebbe dovuto essere un suo preciso dovere, cancellare l'ennesima legge vergogna della gestione Berlusconi, la dice lunga su che politico consumato (nel senso letterale della parola!) sia il segretario PD.
A questo punto, abbia finalmente il coraggio di fare un passo indietro, garantendo al partito democratico quel rinnovamento che ora è diventato inderogabile, pena la perdita anche di quel residuo 25% che ancora insiste a votare simili mummie.
Del resto la base del PD è spaccata, anche se Repubblica fa finta di non accorgersene.
E' così che Largo Fochetti,  invece di raccontarci la diaspora in corso all'interno del PD, preferisce soffiare sul fuoco fatuo di una protesta, organizzata a tavolino, di sedicenti simpatizzanti del Movimento 5 Stelle che, guarda caso, non troverebbero di meglio che sfogarsi proprio dalle colonne di Repubblica.
Quasi che, provenendo da un pianeta sconosciuto, ritengano che il quotidiano diretto da Ezio Mauro in questi mesi abbia trattato Beppe Grillo con i guanti bianchi, non sospettando minimamente della continua aggressione mediatica nei suoi confronti, degenerata in una vera e propria caccia all'uomo che gli hanno scatenato in concomitanza con l'avvio di questa campagna elettorale, lasciando carta bianca a chiunque gli indirizzasse contro una qualunque ingiuria.
C'è mancato poco che Repubblica, notorio quotidiano liberale che ammicca al laburismo, non pubblicasse annunci di questo genere: 
A.A.A. Cercasi persona referenziatissima, disposta ad accusare noto comico genovese di qualsiasi cosa, anche la più inverosimile, purché disponibile a ripeterlo davanti alle telecamere ed ad allenarsi per superare test della macchina della verità. Si offre, accanto a lauta ricompensa, rubrica fissa sul giornale.
Ecco perché, in un futuribile governo a 5 stelle, al primo posto è necessario che ci sia, insieme al tanto invocato taglio ai costi della politica, l'eliminazione del contributo pubblico all'editoria.
Perché, se è giusto che possa essere pubblicato di tutto (ne va evidentemente della libertà di stampa), è altrettanto sacrosanto che non si sancisca un diritto materiale alla libertà di diffamazione, per giunta  a carico del contribuente!

Prima che Repubblica ne scovi un'altra delle sue, il suo compare Corriere della Sera, non volendo essere da meno, dedica un intero paginone con illustrazione a colori, ad uno dei nostri nuovi padri della Patria, autentico guru della politica piddina, un vasto intelletto, un cuore nobilissimo: udite, udite, l'impareggiabile, inossidabile Se po' ffà, al secolo Walter Veltroni. 
Alzi la mano chi non ha provato in queste ore l'esigenza spasmodica di ascoltare il suo Verbo!
L'emerito Aldo Cazzullo ci ha accontentato, riuscendolo a scovare chissà dove (forse in Africa?, dove aveva promesso pubblicamente di risiedere...) per farci spiegare finalmente i nuovi scenari politici e magari dispensarci qualche dritta per preparare la sconfitta prossima ventura. 
Del resto è passato solo un anno da quando, intervistato da Curzio Maltese, dichiarava:
Veltroni, non è un po' eccessivo definire riformismo la stagione di Mario Monti?
"No. Sono bastati tre mesi per capire che non si tornerà indietro. Circola nel Pd, ancor più nel Pdl, l'idea che questo sia solo un governo d'emergenza, una parentesi dopo la quale si tornerà ai riti e ai giochi della seconda repubblica o peggio della prima. Qualcuno dà giudizi tali da rischiare il paradosso di consegnare al centro o al nuovo centro destra il lavoro del governo. È un errore grave. Questo governo tecnico ha fatto in tre mesi più di quanto governi politici abbiano fatto in anni. Ha dimostrato non solo di voler risanare i conti, ma di voler cambiare molto del paese e vi sta riuscendo, con il consenso dei cittadini e dell'opinione pubblica internazionale. La copertina di Time o l'ovazione al Parlamento europeo sono un tributo ad un paese che solo qualche mese fa era guidato da Berlusconi e deriso".  
È d'accordo con il governo anche sull'articolo 18?
"Sono d'accordo col non fermarsi di fronte ai santuari del no che hanno paralizzato l'Italia per decenni. Il nostro è un paese rissoso e immobile e perciò a rischio. Credo che finora il governo Monti stia realizzando una sintesi fra il rigore dei governi Ciampi e Amato e il riformismo del primo governo Prodi". 
Parole profetiche... 
Oggi Veltroni, da inaffondabile predicatore, ammonisce:  
"Un partito democratico non è semplicemente progressista, è qualcosa di molto più aperto e radicale: è un partito che assume su di sè elementi di rottura con il passato, che si batte per una politica lieve [...]".
E conclude abbandonandosi al sogno: "Il centrosinistra deve rialzare lo sguardo e seguire il suggerimento di uno scrittore che amo molto, Saint-Exupéry: « Se vuoi costruire una nave, non radunare uomini per tagliare legna, dividere i compiti, impartire ordini; ma insegna loro la nostalgia per il mare vasto e infinito»".
Ha ragione Walter Se po' ffà, già promotore dello spot costruito sulle immagini della grande  Anna Magnani in "Roma città aperta": Non si può interrompere un'emozione...
Ma prima ancora, non ci possiamo più permettere giornali e tv che continuano a fare, come niente fosse, da grancassa alla Casta. 
In modo inverecondo. Per giunta a nostre spese. 





domenica 24 febbraio 2013

L'inesperienza al potere? Scalfari... ma ci faccia il piacere!

L'ineffabile Scalfari, stamattina, domenica di Elezioni Politiche generali, si permette ancora una volta di consigliare  agli elettori la sua ricetta per i prossimi mesi: un bell'esecutivo PD - Monti che continui a fare, aggiungiamo noi, quella macelleria sociale che ha ridotto ad un deserto l'economia italiana.
Per di più, fatto tutto a tempo di record,  in soli tredici mesi di attività: onore al merito dell'illustre economista bocconiano, ha veramente realizzato qualcosa di ciclopico!
Il dato OCSE conferma: Pil -2,7% nell'intero 2012, addirittura -0,9% nell'ultimo trimestre, una bruciante accelerata alla crisi con la firma autografa di Mario Monti, strameritata maglia nera.
Ma stamattina, vogliamo replicare alle parole del fondatore di Repubblica punto per punto:
"Certo non infonde allegria sapere che un elettore su cinque o addirittura su quattro dia il suo suffragio a chi ipotizza l'uscita dell'Italia dall'euro, la cancellazione di tutti i debiti, lavoro e tutela per tutti senza indicare nessuna copertura finanziaria. Se queste ipotesi dovessero realizzarsi la speculazione internazionale giocherebbe a palla con la lira, col tasso di interesse, col sistema bancario, con gli investimenti, con l'occupazione e l'Unione europea ci imporrebbe un commissariamento che ci obblighi al rispetto del pareggio fiscale, pena l'intervento della Corte europea che commina in questi casi elevatissime sanzioni."
Scalfari dimentica (ma  lo scusiamo di buon grado, data l'età) che grazie ai servigi del suo Monti, che ha proseguito imperterrito l'opera demolitoria del governo Berlusconi (che non a caso ne ha approvato tutti i provvedimenti, a partire dall'IMU sulla prima casa), l'Italia è già virtualmente fuori dall'euro, come tutti gli indicatori economici e finanziari dimostrano.
La millantata credibilità acquisita dal nostro Paese agli occhi della Germania è vaneggiamento di certa pubblicistica di regime e del fatto, incontrovertibile, che francesi e tedeschi hanno in gran parte potuto disinvestire i loro capitali dai titoli di stato italiani, recuperando così i loro crediti, proprio imponendo agli Italiani, per opera del bocconiano, un'austerity suicida.
Al contrario, c'è la necessità impellente di ridiscutere al più presto il  fiscal compact, i famosi 40 miliardi all'anno per vent'anni di rimborso del nostro debito pubblico, i 100 miliardi spesi ogni anno per il solo pagamento degli interessi, l'impegno pazzesco al pareggio di bilancio entro il 2013: sono in ballo cifre stratosferiche, assolutamente fuori dalla nostra portata (e dalla grazia di Dio!).
E' così vero che lo spread bund-BTP è sensibilmente sceso non appena Monti ha mostrato l'intenzione di dimettersi, nel dicembre scorso: i cosiddetti mercati non badano neppure un istante alle chiacchiere alla Scalfari.
Valutano, al contrario, le nostre reali possibilità di uscita dal tunnel che con l'impegno verso l'Europa caricatoci dalla Invencible Armada  Berlusconi-Monti-Bersani-Casini sono ridotte al lumicino.
Altro che luce fuori dal tunnel, come cianciava il professorone già nel luglio scorso: quasi otto mesi dopo, grazie a lui ed ai tanti cialtroni in circolazione sulle pagine dei giornali, è ancora buio pesto!
Prosegue Scalfari:  
"Ma non credo che andrà così, per due ragioni: la prima è che Grillo non avrà la maggioranza dei seggi anzi ne sarà molto lontano (NdA: ma come? I grillini non dovevano essere quattro scalmanati? Adesso Scalfari dà quasi per scontato che questa nuova forza politica stia concorrendo addirittura per vincere le elezioni!); la seconda che un conto è quello che le sue concioni esaltate e demagogiche declamano e un conto saranno i parlamentari eletti nelle sue liste. Di politica quei deputati e senatori ne sanno poco o niente del tutto. Nel Sessantotto lo slogan era "l'immaginazione al potere", oggi si potrebbe dire l'inesperienza al potere.
È molto peggio perché l'inesperienza politica non è un pregio. Governare un paese non è certo facile ma è facilissimo sgovernarlo. Berlusconi l'ha sgovernato (non solo per inesperienza); il grillismo lo sgovernerebbe se avesse il potere. Il grillismo in Parlamento può essere una remora utile se la rabbia approderà ad una ragionevole proposta. È possibile che questo accada almeno per una parte degli eletti."
Il solito impenitente voltagabbana: i neodeputati e senatori del M5S sgovernerebbero il paese perché inesperti; al tempo stesso sprona Bersani, come lui stesso ha già spudoratamente preannunciato, di fare campagna acquisti tra di loro, una volta inaugurato il nuovo Parlamento.
Insomma il segretario piddino, anche su invito di Scalfari, si appresterebbe a fare la stessa cosa che due anni fa fece Berlusconi con i vari Scilipoti, Razzi, quando le truppe piddine gridavano, giustamente, allo scandalo.
L'equazione politica Berlusconi = Bersani, o meglio PDL = PDmenoL è quindi nuovamente dimostrata, al di là delle vicende giudiziare del Cavaliere, la cui attenzione di certa stampa di area piddina è, alla prova dei fatti, soltanto strumentale.
Il classico specchietto per le allodole dato in pasto alle truppe democratiche.
Sull'inesperienza al potere, il durissimo j'accuse di Scalfari ci fa scompisciare dalle risate.
Sì, perché la gestione esperta del Monte dei Paschi di Siena, la terza banca italiana, da parte del PD (su questo non ci piove, basta snocciolare i nomi della Fondazione che ne ha diretto in questi anni la governance) ha letteralmente distrutto una banca con oltre cinquecento anni di storia, come denunciava venerdì, in apertura, il New York Times. Questo è il link originale:
"Since the days of the Medici family in Florence, 40 miles to the north, the banking house of Monte dei Paschi has rained wealth on the people of Siena. For 541 years, it has endured war, plague and panic, and it stands today as the world’s oldest operating bank.
But beyond the arched entrance of the Salimbeni palace, inside the stately offices of Monte dei Paschi di Siena, a thoroughly modern fiasco has done what the centuries could not. Monte dei Paschi, founded in 1472, has been brought to its knees by 21st-century finance." 
I competentissimi amministratori del PD, per il quotidiano newyorkese, sono riusciti a realizzare un moderno fiasco (scrive proprio così!) quello che in 541 anni di storia non erano riusciti a fare guerre e pestilenze: non a caso Giuseppe Mussari, già presidente MPS, iscritto alla sezione di Siena del PD e suo grande benefattore (673'000 euro donati in pochi anni) , ha recentemente dichiarato di non capire nulla di derivati.
Caro Scalfari... ma ci faccia il piacere!


sabato 16 febbraio 2013

Per il 25 febbraio è in programma la nuova Festa della Liberazione: quella dalla Partitocrazia

Nelle redazioni dei nostri due massimi quotidiani italiani, Repubblica e Corriere della Sera, si respira un'aria pesante mentre nei Palazzi romani dilaga lo sconforto.
Possibile che, dopo aver messo su un'organizzazione mastodontica che segue il leader del M5S dappertutto, in perfetto silenzio, come un'ombra, in attesa del tanto sospirato passo falso, non si riesca a lanciargli addosso una qualche accusa infamante, che gli possa far perdere di colpo qualche migliaio di voti, abbassando l'onda lunga del suo Tsunami Tour che rischia seriamente di travolgere il prossimo 25 febbraio una buona fetta di partitocrazia? 
Ormai mancano solo 8 giorni al voto e qualcosa si deve pur fare: non è possibile accontentarsi del niente raccolto finora contro di lui!
Mentre la magistratura di tutta Italia sta demolendo, pezzo a pezzo, l'intera classe dirigente del nostro Paese, politici, burocrati, manager, boiardi di Stato, mentre  Bersani, Casini, Berlusconi, persino lo stesso Monti, si fanno vedere in giro il meno possibile per non ricevere dai passanti salve di fischi e boati di disapprovazione, Grillo raccoglie consensi crescenti e trasversali, riempiendo, nonostante le temperature polari, le piazze dello stivale, da Catania a Bolzano, da Bari a Novara, di un pubblico attento, caloroso, entusiasta.
E' l'unico che dice cose di buon senso, che non usa slogan tanto per nascondere il vuoto culturale, programmatico ma soprattutto morale dei suoi avversari politici.
Mentre tra Monti e Berlusconi si è ormai ingaggiata la gara a chi scende più in basso nell'insulto all'altro ma anche nel consenso elettorale (il sobrio bocconiano, con un'evidente e ormai ripetuta caduta di stile, adesso rimprovera al Cavaliere addirittura di comprarsi i voti ma, fino ad un mese fa, non aveva proprio nel Cavaliere il suo azionista di riferimento?), Pierluigi Bersani indugia nell'aria fritta, vagheggiando di un'alleanza a doppio filo con il premier uscente e la necessità di riconoscere almeno un premio di testimonianza al fido scudiero Niki Vendola. Quest'ultimo non se la passa per niente bene, dato che i suoi potenziali elettori hanno ormai capito che votare Sel è come votare Pd, che è poi come votare Monti girandosi dall'altra parte, mentre si fischietta l'inno dell'Internazionale...
Indubbiamente, votare un partito che si dichiara di sinistra per ritrovarsi poi lo stesso esecutivo di centro destra che ci sta sgovernando, con brevi interruzioni, da 20 anni grazie all'appoggio decisivo ed ai soldi di Silvio Berlusconi, non è propriamente una prospettiva eccitante per i fan del governatore della Puglia.
Anche perché con la discesa in campo dell'ex pm di Palermo Antonio Ingroia con la sua Rivoluzione Civile che conta sull'apparato organizzativo dell'Idv e di Rifondazione, qualcuno ci dovrebbe spiegare perché mai un elettore di sinistra, che non sia masochista,  dovrebbe votare Sel...
Ecco perché quella volpe di Bersani che, da quando ha vinto le primarie su Matteo Renzi, non ha detto una cosa, che sia una, di sinistra, peggio, non ha detto una cosa (di numero!), proprio oggi se ne è uscito con l'impegno di varare a tempo di record una legge contro l'omofobia.
Infatti milioni di italiani, cassintegrati, disoccupati, pensionati che non arrivano alla seconda settimana, imprenditori a rischio fallimento, giovani precari, studenti, esodati, sessantenni a cui la ministra Fornero chiede di lavorare dieci anni di più, malati buttati giù dai letti d'ospedale per i tagli della spending review ed invalidi lasciati senza assistenza domiciliare, giovani talenti costretti a cercare fortuna all'estero, insegnanti mandati a casa o costretti a lavorare in condizioni impossibili, liberi professionisti senza più una professione, gente sbattuta fuori di casa perché indigente, nient'altro che questo chiedevano da anni cronicamente inascoltati al PD di Pierluigi Bersani: finalmente una legge contro l'omofobia!!!
La nullità politica del leader piddino è confermata pure dalla posizione che egli ha assunto in merito alla questione Euro: ormai, pure i sassi sanno che l'ingresso dell'Italia nelle moneta unica è stata un vero disastro e le statistiche confermano in modo inoppugnabile che il declino economico italiano data 15 anni fa, guarda caso l'inizio della stagione dell'Euro.
L'aver perso la sovranità monetaria, senza prevedere a livello europeo i necessari meccanismi di compensazione, ha significato condannare l'Italia ad una lunga e tormentata decadenza di cui Romano Prodi e Carlo Azeglio Ciampi sono i principali responsabili ma, più in generale, è l'intero centrosinistra che, in ragione di ciò, dovrebbe cospargersi il capo di cenere.
E invece cosa avviene? Bersani confonde deliberatamente l'adozione della moneta europea con il sogno di un'Europa più unita e solidale, senza pronunciare l'unica parola di verità: ovvero che proprio l'adesione cieca all'Euro ha reso più lontano e sbiadito il sogno europeo, l'esatto contrario di quello che i media e la Casta ci vogliono ogni giorno far credere, anzi ci hanno sbolognato a carissimo prezzo in questi anni.
Ecco perché il Movimento 5 Stelle, che restituisce la democrazia ai cittadini, è un'inattesa e irripetibile opportunità: mandare a casa una classe politica che è vissuta, nella più elitaria depravazione morale ed incompetenza professionale, alle spalle dei cittadini e che, divorando la cosa pubblica in modo famelico, ha ridotto alla fame quella che ancora dieci anni fa era la quinta potenza economica del mondo.
E gli autori di tanto scempio, non solo non chiedono pubblicamente scusa per i danni arrecati al Paese impegnandosi solennemente a risarcirli almeno parzialmente, magari restituendo il bottino frutto di infinite ruberie, ma si ergono ancora a protagonisti della scena politica prossima ventura, con la spocchia di voler ancora distribuire ai leader della rivoluzione di velluto italiana, in primis Beppe Grillo ed Antonio Ingroia, le carte della partita che sta per cominciare.
Ecco perché, in queste giornate frenetiche, è necessaria da parte di tutti i cittadini massima attenzione e partecipazione, perchè il colpo di coda della Casta partitocratica non solo è possibile ma è anzi assai probabile.
E può manifestarsi nelle forme più diverse e, contemporaneamente, in più ambiti e direzioni: mobilitazione capillare e consapevole, quindi.
Massima vigilanza, infine, nei seggi elettorali  per tutte le operazioni di voto e di spoglio successivo per limitare al massimo il più che concreto rischio di brogli e far sì che il tanto atteso miracolo italiano trovi finalmente la sua definitiva consacrazione nell'urna elettorale.
Perchè quale che sia il risultato che riuscirà a realizzare il Movimento 5 Stelle, dopo le elezioni la vita istituzionale del nostro Paese subirà un forte e positivo cambiamento.
Con una pattuglia colorata, giovane e vivace di 100-200 cittadini incensurati, senatori e deputati nuovi di zecca, la Casta non potrà più fare il bello e il cattivo tempo come prima, quand'anche dovesse restare ancora per un po' nella stanza dei bottoni e continuare ad esprimere, a causa della legge elettorale porcata, una raffazzonata ed inaffidabile maggioranza di governo.
Il 25 febbraio sarà per tutti gli Italiani, anche per chi non ci ha mai creduto, il Giorno della nostra Seconda Liberazione. Questa volta dalla Casta partitocratica.