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domenica 1 giugno 2014

E' partita la campagna europea di Repubblica contro il M5S

E' in atto da qualche giorno un pericoloso e astutissimo tentativo: costringere il M5S, influenzandone subdolamente i suoi simpatizzanti, a confluire nel gruppo dei Verdi nel Parlamento europeo. 
A questo scopo, stanno tentando di demonizzare la figura di Nigel Farage, leader dell'UKIP, il trionfatore del test elettorale di domenica scorsa in Gran Bretagna, con cui Beppe Grillo ha recentemente avuto uno scambio di opinioni circa il possibile ingresso del suo movimento nell'EFD (Europe of Freedom and Democracy) che consente, a differenza degli altri gruppi presenti nel Parlamento di Bruxelles, di poter votare liberamente secondo le proprie convinzioni, rispecchiando cioè il proprio programma, le preferenze politiche e l'interesse nazionale. Cosa che invece non potrebbe accadere se il M5S confluisse nei Verdi, alla cui disciplina di gruppo dovrebbe rigorosamente attenersi.
Per intenderci, i Verdi sono, in campo politico-istituzionale, fautori dell'integrazione europea; sul piano economico, sostengono l'Euro così com'è; in politica estera, sono stati a favore di tutte le operazioni militari condotte dalla Nato negli ultimi anni (dall'Iraq, all'Afganistan, alla Libia) e pronti ad  appoggiare la folle missione, scriteriata già dal punto di vista squisitamente strategico, di attacco missilistico contro la Siria, caldeggiata da Barack Obama.
Per farla breve, nel momento in cui i 5Stelle entrassero nel gruppo dei Verdi, sarebbe per loro impossibile mettere in discussione la moneta unica e la criminale politica di austerity della Commissione europea che sta riducendo sul lastrico milioni di persone, mietendo migliaia di vittime in mezza Europa.
Non a caso chi è il principale sponsor politico-mediatico di questo deragliamento del M5S fuori da gran parte della sua piattaforma programmatica? 
Naturalmente il gruppo editoriale L'Espresso-Repubblica di Carlo De Benedetti, tessera n. 1 del PD . 
Ma com'è possibile che, d'improvviso, dopo aver sparso palate di fango incessantamente da anni su Grillo e il suo Movimento, i 'repubblichini' avrebbero preso così a cuore le alleanze europee proprio del principale concorrente del PD? 
Di solito, la storia repubblicana ci insegna che gli avversari non entrano a gamba tesa nel dibattito interno di una forza politica per almeno due ordini di motivi: sia per una sorta di correttezza deontolgica che vuole che ciascuno i propri panni sporchi se li possa lavare tranquillamente in famiglia. Ma soprattutto perché un'intromissione  esplicita diverrebbe la prova inoppugnabile di un'indebita interferenza, cioè del tentativo di volerla fagocitare: il che non è certo il massimo della democraticità e della trasparenza, potendo infine rivelarsi un'arma a doppio taglio.
Ma in un clima talmente avvelenato come quello italiano dove la Casta, con la carta Renzi, ha giocato il tutto per tutto per non affondare e rispondere un domani delle nefandezze commesse ai danni dei cittadini, ormai ridotti alla disperazione, ciò era ampiamente prevedibile. 
Inforcando all'occorrenza i paraocchi ideologici di cui un attimo dopo si sbarazzano con uguale disinvoltura, e grazie allo stato pietoso dell'informazione in Italia, ecco che, dopo Grillo, i piddini hanno preso di mira Nigel Farage, non solo dipingendolo come il nuovo Hitler ma, soprattutto, riuscendo a neutralizzare mediaticamente il suo trionfale successo elettorale.
Così l'abile tentativo di Grillo di portare la battaglia antisistema al livello più elevato e decisivo, quello delle istituzioni europee, con una convergenza su pochi punti qualificanti (in primis, il fronte antieuro) con le altre forze euroscettiche, che potrebbero così coabitare in una sorta di gruppo misto, trova il suo principale ostacolo proprio nella disinformazione di regime targata PD.
Gli attivisti e i simpatizzanti, gli elettori del M5S, stiano pertanto molto attenti!
Costringere il loro movimento nel gruppo dei Verdi, sulla base di riflessi pavloviani di ideologismo novecentesco instillati dai piddini con la complicità di qualche giornale, significherebbe farlo inevitabilmente accodare alle politiche affamatrici e distruttrici di ricchezza della Troika, con la conseguenza di perdere tutta la propia carica innovatrice e rivoluzionaria.
Perché senza sovranità monetaria, cioè senza sovranità economica, l'Italia da nazione-stato è diventata in dieci anni una sorta di maxicondominio dove, al più, chi amministra può solo cercare di ripartire le spese annue tra i cittadini. 
Niente di male se non ci si rendesse conto che, proprio a causa di questa retrocessione, decisa dall'alto senza minimamente pensare di informare e magari interpellare i cittadini, questi hanno sempre meno soldi a disposizione.
Con l'ovvia conseguenza che anche il più formidabile degli amministratori, pure se fosse messo nelle condizioni di tagliare fino all'ultimo euro di spreco, non potrebbe assolutamente riportare i conti in ordine e restituire un po' di serenità ai suoi condòmini.
Insomma, nella gabbia dorata dell'euro a cui la nomenklatura piddina ci condanna, tradendo la Costituzione e il mandato popolare, la vita del M5S si fa veramente difficile e le aspettative per una politica onesta e leale nei confronti dei cittadini, una chimera; sempreché non si riesca a ribaltare con altre forze il tavolo europeo.
Ecco perché da Repubblica e dal mainstream, sfacciatamente eurista, sono cominciati di nuovo a  risuonare quegli stessi ritornelli insulsi con cui l'anno scorso, all'indomani della grande vittoria del 24 febbraio, si voleva costringere Grillo a firmare una delega in bianco a Pierluigi Bersani, per dare un appoggio incondizionato ad un monocolore piddino: "ma uno non vale uno?", "gli italiani non hanno eletto Grillo", "Grillo? Chi è costui?" e falsità e idiozie simili. 
Adesso nel mirino degli editorialisti di Repubblica c'è finito, c'era da aspettarselo, Nigel Farage. 
Per capire a che livello di degrado intellettuale gli editorialisti sono disposti a scendere, basta riportare testualmente le parole di Michelle Serra in una sua recente Amaca che così  lo descrive:  "un tizio inglese che detesta gli immigrati e sogna il ritorno delle donne ai fornelli."
Ci sarebbe da ridere scuotendo contemporaneamente la testa se tutto ciò non fosse drammaticamente vero.
Ma ormai, e la vittoria del Pd di domenica scorsa ce lo conferma, una cosa è assodata: la menzogna, ripetuta all'inverosimile, paga alla grande.


sabato 9 marzo 2013

La petizione-civetta di Repubblica: un'OPA ostile contro Grillo

Che il gruppo L'Espresso-Repubblica si sia trasformato in una formidabile macchina del fango puntata contro Beppe Grillo e il suo movimento è ormai cosa nota: non c'è giorno in cui non compaia un pezzo di carattere diffamatorio e di odio viscerale nei confronti del leader o degli attivisti del M5S. 
Non staremo qui a ripercorrere la lunga sequela di ingiurie nei suoi confronti, molte delle quali troveranno soddisfazione evidentemente soltanto in Tribunale. O i mille tentativi, ancora in corso in queste ore, per sbatterlo fuori dal movimento di cui è primo fondatore, capo carismatico, garante, portavoce, anima.
L'obiettivo dichiarato è infatti, per dirla alla Bersani, quello di fare scouting cioè di fare campagna acquisti tra i  neoeletti del movimento per permettere ai trombati del PD, dal suo segretario a Veltroni, a D'Alema, a Fassino, alla Finocchiaro, alla Bindi e compagnia perdente, di dettare ancora le regole del gioco e di piazzare i propri uomini nelle istituzioni e nei gangli vitali della pubblica amministrazione, proprio come se il 24-25 febbraio non ci fossero mai stati.
E' evidente, che con questo po' po' di pedigree, il gruppo editoriale di Carlo De Benedetti, tessera n. 1 del PD e residenza fiscale in Svizzera (W l'Italia...), sia il pulpito meno indicato per analizzare le dinamiche dell'unica forza politica uscita vittoriosa dalle ultime consultazioni con un risultato, qualcuno fa finta di non ricordarlo, assolutamente straordinario. Né tanto meno per dispensare suggerimenti e moniti sulla linea politica che il M5S dovrà tenere di qui alle prossime settimane. 
Ci mancherebbe altro che proprio coloro che contro Grillo hanno abbracciato su scala industriale il metodo Boffo, ovvero l'intimidazione e la delegittimazione come pratica di informazione quotidiana, possano farsi paladini di una qualche battaglia civile. Meno che meno di una petizione indirizzata agli attivisti e ai parlamentari del M5S per costringerli ad appoggiare nei prossimi giorni un governo a guida PD. 
Eppure Repubblica, in una fase di passaggio istituzionale così difficile e senza precedenti, dà fuoco alle polveri di una lampante e gravissima scorrettezza costituzionale, interferendo pesantemente con la fisiologica dialettica in corso tra le forze politiche prima ancora che si apra il Parlamento, per lanciare una petizione trappola, una vera e propria OPA ostile contro il movimento di Grillo.
Parecchi cittadini, non conoscendo la posta in gioco e i veri obiettivi di Scalfari & c., potrebbero ingenuamente abboccare, apponendo la propria firma su un'iniziativa apparentemente meritoria. 
Trattasi, però, di una gigantesca operazione di manipolazione del consenso che, carpendo la buona fede di quanti, legittimamente, pretendono di avere a breve finalmente un governo che affronti le grandi emergenze del paese, punta alla più spudorata delle operazioni gattopardesche: dichiarare di voler cambiare tutto per non cambiare nulla, così che quegli stessi politici che i cittadini, non solo Grillo, hanno cacciato dalla porta possano comodamente rientrare dalla finestra, magari proprio  grazie al montacarichi messo gentilmente e gratuitamente a disposizione dal gruppo L'Espresso-Repubblica.
Che nel frattempo, prosegue senza soste, la guerra contro il Movimento 5 Stelle, cercando di demolirne mediaticamente non solo i nuovi quadri dirigenti ma la stessa onorabilità del suo leader. 
L'inchiesta farlocca sugli investimenti dell'autista di Grillo in Costarica è quanto di più squallido e vergognoso, nella sua insulsa e totale inconsistenza, sia potuto uscire dalla penna di un giornalista e fatto deragliare  inopinatamente in edicola, senza neanche prendersi la briga di cercare più di tanto dei riscontri. 
Eppure il settimanale di via Colombo vi  dedica a tambur battente la copertina.
Forse s'illudono che Grillo possa essere combattuto con gli stessi mezzi usati in questi anni con Berlusconi, ovvero con una sistematica denigrazione non della sua politica (che in fondo hanno sempre largamente condiviso, tanto da appoggiare con entusiasmo il governo Monti),  ma accendendo i fari sul suo corposo curriculum giudiziario. 
Questa volta, però, sfortunatamente per loro, con il leader genovese  cascano male e il tanto strombazzato scoop rischia di rivelarsi un pericoloso boomerang.
Staremo a vedere.
Per cogliere all'istante il frutto avvelenato di questa torbida operazione di Palazzo, basta comunque osservare che la petizione non è rivolta al gruppo dirigente del PD, vero sconfitto di queste elezioni, a cui il buon senso prima ancora che l'analisi dettagliata del voto avrebbe già dovuto suggerire le immediate e irrevocabili dimissioni collettive per giungere al più presto ad un  Congresso straordinario che sancisca il totale rinnovamento della sua Direzione nazionale, a cominciare dal segretario Bersani. 
Eppure sarebbe stato auspicabile che qualcuno, vicino al patetico  smacchiatore di giaguari, gli consigliasse prudenza e di astenersi dall'intimare ultimatum allegando una risibile lista di 8 punti, che tanto rassomiglia ad un pessimo abbozzo di sceneggiatura per una futura commedia degli equivoci.
Né l'iniziativa di Largo Fochetti è rivolta  genericamente ai rappresentanti di tutte le forze politiche perché diano, in questo difficile momento, prova di moderazione e di responsabilità, iniziando ad anteporre gli interessi del Paese ai propri. No! 
La petizione-civetta è rivolta espressamente ed unicamente al Movimento 5 Stelle ed ospitata sulle pagine proprio di quel giornale che in questi anni si è contraddistinto, nel panorama editoriale italiano già così plumbeo e dilaniato da lotte intestine, per la virulenza degli attacchi contro Grillo e i suoi ragazzi, con lo scopo dichiarato di tentare in qualche maniera di  fargli  terra bruciata.
Ci dispiace che personalità come Salvatore Settis, Roberta De Monticelli, Barbara Spinelli, pure nella sicura generosità del gesto e del sincero interesse per il bene comune, animati come immaginiamo dalle migliori intenzioni, prestino la loro firma ad un'operazione così profondamente di parte e antidemocratica.
Perché lasciare che questa petizione sia usata come una clava  da un gruppo di oligarchi contro quella che è diventata la prima forza politica italiana, significa non solo non aver compreso intimamente il significato del voto popolare ma di tentare prepotentemente di deviarne, se non proprio di sovvertirne, l'esito.


venerdì 16 ottobre 2009

Emergenza democratica

Quello trasmesso da Canale 5 ieri mattina non è un servizio giornalistico, magari rosa, di gossip o trash, è un’intimidazione bella e buona contro il giudice Raimondo Mesiano, autore della sentenza che ha condannato la Finivest a pagare un maxirisarcimento alla Cir di Carlo De Benedetti.
Le telecamere che occupano l’etere pubblico, cioè che appartiene a noi tutti, riprendono momenti di vita privata del giudice, a passeggio, dal barbiere, seduto ai giardini pubblici, con l’aggiunta di un commento fuori campo, infarcito di giudizi ironici sul suo modo di vestire e sulle sue abitudini di privato cittadino.
Un linciaggio mediatico che, dal minaccioso "ne vedrete delle belle" pronunciato da Silvio Berlusconi contro il magistrato, arriva adesso ad organizzare un vero e proprio pedinamento ai suoi danni nell’intento ignobile e disperato di denigrarne in qualche modo la figura, umana prima ancora che professionale.
Qui, come è chiaro a chiunque, non è in gioco la privacy di un cittadino, che del suo tempo libero può fare chiaramente quello che vuole senza dover rendere conto a nessuno, ma l’attacco sferrato sul piano personale contro colui che ha pronunciato una sentenza non gradita a Silvio Berlusconi, proprietario della Fininvest.
Un fatto gravissimo, una vera porcheria: in tanti anni di scadente tv commerciale mai si era vista una cosa del genere.
A questo punto, chiamato in causa non è il Garante della Privacy, è la Procura di Roma che deve aprire immediatamente un’inchiesta; così come è l’Ordine dei giornalisti che deve agire contro il conduttore del programma nel corso del quale è stato proposto simile obbrobrio, il giornalista Claudio Brachino; il quale, a secco di qualsiasi codice deontologico, riesce solo a dire: "Non c'era alcuna malizia ma solo il senso televisivo di dare un volto a un personaggio che la gente non conosceva di persona".
Se a questo si aggiunge il furioso attacco portato dal premier Berlusconi, ancora una volta, alla trasmissione di Michele Santoro e la sua ultima uscita minacciosa: "Penso che ci saranno brutte sorprese per il bilancio della Rai. Faccio una previsione: il 50% degli italiani non pagherà più il canone", si delinea un quadro politico-istituzionale da vera emergenza nazionale.
Che la Casta dei politici ancora non si voglia rendere conto della drammatica accelerazione che stanno prendendo gli eventi, con possibili sviluppi incontrollabili, è l’ennesimo schiaffo, forse il più micidiale, alla nostra democrazia malata.