E' in atto da qualche giorno un pericoloso e astutissimo tentativo: costringere il M5S, influenzandone subdolamente i suoi simpatizzanti, a confluire nel gruppo dei Verdi nel Parlamento europeo.
A questo scopo, stanno tentando di demonizzare la figura di Nigel Farage, leader dell'UKIP, il trionfatore del test elettorale di domenica scorsa in Gran Bretagna, con cui Beppe Grillo ha recentemente avuto uno scambio di opinioni circa il possibile ingresso del suo movimento nell'EFD (Europe of Freedom and Democracy) che consente, a differenza degli altri gruppi presenti nel Parlamento di Bruxelles, di poter votare liberamente secondo le proprie convinzioni, rispecchiando cioè il proprio programma, le preferenze politiche e l'interesse nazionale. Cosa che invece non potrebbe accadere se il M5S confluisse nei Verdi, alla cui disciplina di gruppo dovrebbe rigorosamente attenersi.
Per intenderci, i Verdi sono, in campo politico-istituzionale, fautori dell'integrazione europea; sul piano economico, sostengono l'Euro così com'è; in politica estera, sono stati a favore di tutte le operazioni militari condotte dalla Nato negli ultimi anni (dall'Iraq, all'Afganistan, alla Libia) e pronti ad appoggiare la folle missione, scriteriata già dal punto di vista squisitamente strategico, di attacco missilistico contro la Siria, caldeggiata da Barack Obama.
Per farla breve, nel momento in cui i 5Stelle entrassero nel gruppo dei Verdi, sarebbe per loro impossibile mettere in discussione la moneta unica e la criminale politica di austerity della Commissione europea che sta riducendo sul lastrico milioni di persone, mietendo migliaia di vittime in mezza Europa.
Non a caso chi è il principale sponsor politico-mediatico di questo deragliamento del M5S fuori da gran parte della sua piattaforma programmatica?
Naturalmente il gruppo editoriale L'Espresso-Repubblica di Carlo De Benedetti, tessera n. 1 del PD .
Ma com'è possibile che, d'improvviso, dopo aver sparso palate di fango incessantamente da anni su Grillo e il suo Movimento, i 'repubblichini' avrebbero preso così a cuore le alleanze europee proprio del principale concorrente del PD?
Di solito, la storia repubblicana ci insegna che gli avversari non entrano a gamba tesa nel dibattito interno di una forza politica per almeno due ordini di motivi: sia per una sorta di correttezza deontolgica che vuole che ciascuno i propri panni sporchi se li possa lavare tranquillamente in famiglia. Ma soprattutto perché un'intromissione esplicita diverrebbe la prova inoppugnabile di un'indebita interferenza, cioè del tentativo di volerla fagocitare: il che non è certo il massimo della democraticità e della trasparenza, potendo infine rivelarsi un'arma a doppio taglio.
Ma in un clima talmente avvelenato come quello italiano dove la Casta, con la carta Renzi, ha giocato il tutto per tutto per non affondare e rispondere un domani delle nefandezze commesse ai danni dei cittadini, ormai ridotti alla disperazione, ciò era ampiamente prevedibile.
Inforcando all'occorrenza i paraocchi ideologici di cui un attimo dopo si sbarazzano con uguale disinvoltura, e grazie allo stato pietoso dell'informazione in Italia, ecco che, dopo Grillo, i piddini hanno preso di mira Nigel Farage, non solo dipingendolo come il nuovo Hitler ma, soprattutto, riuscendo a neutralizzare mediaticamente il suo trionfale successo elettorale.
Così l'abile tentativo di Grillo di portare la battaglia antisistema al livello più elevato e decisivo, quello delle istituzioni europee, con una convergenza su pochi punti qualificanti (in primis, il fronte antieuro) con le altre forze euroscettiche, che potrebbero così coabitare in una sorta di gruppo misto, trova il suo principale ostacolo proprio nella disinformazione di regime targata PD.
Gli attivisti e i simpatizzanti, gli elettori del M5S, stiano pertanto molto attenti!
Costringere il loro movimento nel gruppo dei Verdi, sulla base di riflessi pavloviani di ideologismo novecentesco instillati dai piddini con la complicità di qualche giornale, significherebbe farlo inevitabilmente accodare alle politiche affamatrici e distruttrici di ricchezza della Troika, con la conseguenza di perdere tutta la propia carica innovatrice e rivoluzionaria.
Perché senza sovranità monetaria, cioè senza sovranità economica, l'Italia da nazione-stato è diventata in dieci anni una sorta di maxicondominio dove, al più, chi amministra può solo cercare di ripartire le spese annue tra i cittadini.
Niente di male se non ci si rendesse conto che, proprio a causa di questa retrocessione, decisa dall'alto senza minimamente pensare di informare e magari interpellare i cittadini, questi hanno sempre meno soldi a disposizione.
Con l'ovvia conseguenza che anche il più formidabile degli amministratori, pure se fosse messo nelle condizioni di tagliare fino all'ultimo euro di spreco, non potrebbe assolutamente riportare i conti in ordine e restituire un po' di serenità ai suoi condòmini.
Insomma, nella gabbia dorata dell'euro a cui la nomenklatura piddina ci condanna, tradendo la Costituzione e il mandato popolare, la vita del M5S si fa veramente difficile e le aspettative per una politica onesta e leale nei confronti dei cittadini, una chimera; sempreché non si riesca a ribaltare con altre forze il tavolo europeo.
Ecco perché da Repubblica e dal mainstream, sfacciatamente eurista, sono cominciati di nuovo a risuonare quegli stessi ritornelli insulsi con cui l'anno scorso, all'indomani della grande vittoria del 24 febbraio, si voleva costringere Grillo a firmare una delega in bianco a Pierluigi Bersani, per dare un appoggio incondizionato ad un monocolore piddino: "ma uno non vale uno?", "gli italiani non hanno eletto Grillo", "Grillo? Chi è costui?" e falsità e idiozie simili.
Adesso nel mirino degli editorialisti di Repubblica c'è finito, c'era da aspettarselo, Nigel Farage.
Per capire a che livello di degrado intellettuale gli editorialisti sono disposti a scendere, basta riportare testualmente le parole di Michelle Serra in una sua recente Amaca che così lo descrive: "un tizio inglese che detesta gli immigrati e sogna il ritorno delle donne ai fornelli."
Ci sarebbe da ridere scuotendo contemporaneamente la testa se tutto ciò non fosse drammaticamente vero.
Ma ormai, e la vittoria del Pd di domenica scorsa ce lo conferma, una cosa è assodata: la menzogna, ripetuta all'inverosimile, paga alla grande.
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