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domenica 30 marzo 2014

Rivelazione shock di Scalfari: per paura di Grillo, i media censurano Papa Francesco

"Gesù che bastona è stato riportato d’attualità alle sette del mattino del giorno in cui Obama è arrivato a Roma per la sua breve ma intensa visita in Vaticano, al Quirinale e a Villa Madama con Renzi. Alle sette del mattino Papa Francesco aveva convocato a messa in San Pietro 500 membri del Parlamento e tutti i ministri del governo e li ha bistrattati di santa ragione. Non li ha abbracciati, non li ha perdonati, non li ha salutati. Li ha soltanto bastonati.

Il circuito mediatico giornalistico e televisivo, con l’eccezione di pochissimi giornali e di Enrico Mentana, ha sottovalutato quella messa molto particolare di Papa Francesco. Il motivo credo sia quello che le parole del Papa potevano esser ritenute simili agli slogan di Grillo, ma non è così. Grillo straparla contro la casta ma ne fa sostanzialmente parte specie quando si impegna ad abolire la libertà di mandato dei parlamentari per meglio tenerli in pugno impedendo proprio a loro la libertà d’opinione. Il Papa invece parlava ai politici italiani di una battaglia che Lui a sua volta sta combattendo in Vaticano contro tutte le forme di temporalismo."
(Eugenio Scalfari, editoriale odierno su la Repubblica).

Dal fondatore di Repubblica oggi apprendiamo una cosa tanto spudorata quanto evidente, voce dal sen fuggita: il circuito mediatico giornalistico e televisivo seleziona e fa filtrare le sole notizie funzionali alle proprie strategie di comunicazione; fa insomma attività di gatekeeping
Purtroppo niente di nuovo (siamo abituati al peggio) se non fosse che in questo caso riescono persino a mettere la sordina alle parole del Papa (e che Papa!): Papa Francesco. Ciò per timore che le sue parole possano essere accomunate in qualche modo a quelle di Beppe Grillo e che qualche pecorella possa sfuggire dal recinto dove la Casta tiene rinchiuso il popolo sovrano. 
Se volevamo una riprova del livello di degrado a cui è giunto lo stato dell'informazione in Italia, questa ci è stata servita su un vassoio d'argento inopinatamente proprio dal decano dei giornalisti italiani. Che poi si arrampica sugli specchi pur di gettare la sua quotidiana palata di fango contro Beppe Grillo che, da anni grazie al suo blog ed adesso attraverso il movimento politico di cui è leader, ha svelato anche ai più disattenti e smemorati il meccanismo totalitario su cui si fonda il circuito mediatico. 
Sì, perché accusarlo di far parte della Casta è un ossimoro. E poi, fino ad oggi non era per antonomasia il tribuno dell'antipolitica, il populista?
Questa virata di 180 gradi di Scalfari nell'invettiva contro Grillo dimostra chiaramente il disorientamento e la preoccupazione, l'affanno estremo,  con cui il tandem editoriale De Benedetti - Berlusconi e schiere di giornalisti embedded stanno seguendo e organizzando questa lunga campagna elettorale per le Europee temendo un risultato che potrebbe punire severamente proprio i due blocchi sociali di riferimento, Pd e Fi, insieme alla tappezzeria delle rispettive liste civetta, cuoè Scelta civica, Popolari per l'Italia, Sel, Ncd, Lega e chi più ne ha più ne metta.
L'articolo 67 a cui si richiama Scalfari, che prevede l'assenza di vincolo di mandato, è una norma del tutto anacronistica che ha consentito ai politicanti di lungo corso proprio di violare impunemente la Costituzione e il suo impianto democratico, infischiandosene del risultato elettorale. 
Perché, a prescindere dall'esito elettorale, prima di scendere in campo con la squadra di governo, basta fare campagna acquisti nelle fila avversarie per poter vincere a tavolino il campionato: dieci - cento Scilipoti e si getta alle ortiche qualsiasi risultato delle urne, in barba alla sovranità popolare. 
Altro non è che il famoso scouting di Bersani, riveduto e corretto alla luce dell'esperienza processuale del Pregiudicato (vedi caso De Gregorio). 
Ti mancano i numeri in Parlamento per dare la fiducia ad un tuo esecutivo? Semplice: porti dalla tua parte il parlamentare di campo avverso con le buone (guarnendo la pubblica solidarietà umana e la corrispondenza di politici intenti con la promessa, privata, di una serie di benefici per sè e la sua famiglia) o con le cattive (l'ascia del ricatto non è mai sotterrata!). 
Così dando luogo ad una maggioranza nuova di zecca, talmente nuova da non essere mai stata sottoposta in precedenza al giudizio degli elettori! 
Quello che Scalfari fa finta di non sapere è che se un elettore ha votato una lista (e non un candidato!, trattandosi di liste bloccate che rimarranno tali anche col Porcellum a quadrato griffato dalla premiata ditta Renzi&Verdini) sulla base di un programma politico prestabilito, pretende come minimo che l'eletto agisca nel rispetto di questo e che da tale gentlemen's agreement non possa allontanarsi a meno di non rinunciare, per legittimi motivi ideologici sopravvenuti, alla propria carica. 
Capiamoci! Il parlamentare può benissimo esprimere liberamente le proprie opinioni personali ma è giusto che, se queste disattendono gli obiettivi che lui stesso pubblicamente, con la propria firma autografa, si è impegnato  a perseguire insieme ai suoi colleghi all'atto della candidatura, getti la spugna, lasciando a qualcun altro (magari il primo dei non eletti) tale onere e onore.  
Anche se con un minimo di discernimento colui che è stato folgorato sulla via di Roma si dovrebbe pure domandare come mai il circuito mediatico semplicemente lo abbia ignorato per 364 giorni di seguito fino a quando, d'improvviso, lo strappa dall'oblìo e gli concede le accecanti e roboanti luci della ribalta. Guarda un po',  non appena spara ad alzo zero sul suo gruppo politico di appartenenza o dichiara di voler agire in fattuale violazione  del patto a suo tempo sottoscritto con gli elettori, di cui lui non è l'artefice ma si è comunque proposto di diventare uno degli esecutori, uscendo così dal rispettabilissimo buio del proprio anonimato.
Va da sè che all'interno del suo gruppo egli possa esprimere qualsiasi opinione e magari votare pure contro la linea politica maggioritaria che in esso si venga a formare ma, a decisione presa, è suo dovere comportarsi secondo le indicazioni collettive. 
Così come è evidente che, qualora le sue valutazioni personali fatte in pompa magna nell'agorà mediatica siano di chiara delegittimazione o aperta denigrazione dell'operato della forza politica e del vertice con cui ha sottoscritto volontariamente e alla luce del sole il predetto patto di fronte agli elettori, in quanto  rappresentante e  testimone di valori e obiettivi che la stessa si è impegnata a portare avanti in Parlamento, debba soggiacere ai voleri di quei cittadini che là lo avevano catapultato.
Che c'è di strano in simili considerazioni? 
E' la scoperta dell'acqua calda che, ciononostante, i colossi dell'informazione intendono occultare. 
Un esempio per tutti: forse che il "dissidente" Giuseppe Civati non sarebbe stato espulso dal PD se avesse votato contro la fiducia al governo Renzi e, dieci mesi prima, al governo Letta? Lui stesso dichiarò: se votassi contro, verrei cacciato. 
Come mai in quel caso nessuno osò eccepirgli nulla  nè si stracciò le vesti di fronte ad una dichiarazione, che secondo i pennuti di corte, sarebbe dovuta suonare eversiva proprio in base all'articolo 67? 
Il fatto è che i rappresentanti del popolo, nonostante la finta riforma elettorale del premier Renzi, vengono ancora nominati dalle segreterie di partito attraverso liste bloccate, su cui si sono concentrati gli strali della Corte Costituzionale che bocciò per questo motivo nel gennaio scorso il Porcellum.
Quindi, quando si attacca Grillo sull'articolo 67, si fa finta di dimenticare che esso è sistematicamente violato da sempre, in primis dal fatto che il parlamentare non viene eletto in quanto cittadino che aspira individualmente ad un incarico legislativo ma come membro di un partito alla cui disciplina è evidentemente tenuto. In secondo ordine, con il meccanismo delle liste bloccate dichiarato recentemente incostituzionale, egli viene nominato de facto dai segretari di partito, non certo scelto dai cittadini che possono apporre solo un segno sul simbolo della lista!
Di che cosa stiamo parlando allora? 
I soliti farisei: fanno finta di tenere l'articolo 67 in piedi per ammantarsi di un malinteso velo di democraticità, per poi irriderlo e violarlo sistematicamente ed in modo plateale.