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mercoledì 12 giugno 2013

Il Paese affonda nel silenzio delle urne

Mentre i media continuano la loro campagna diffamatoria contro Grillo e il M5S, con il fiancheggiamento dei cosiddetti costituzionalisti di regime che assistono inerti alla dissoluzione della repubblica parlamentare da parte di Re Giorgio II, la situazione economica del Paese, se è possibile, si fa di giorno in giorno più grave: ormai è un fiorire quotidiano di dati consuntivi che non lasciano dubbi sulla pericolosa spirale in cui si è avvitato il nostro sistema produttivo e sull'inerzia di un governo che ciurla nel manico, non essendo riuscito a tracciare in quasi due mesi di attività neppure una bozza di politica industriale. 
La Cgil ci ricorda che per recuperare la caduta del Pil del 2007, occorreranno 13 anni, addirittura 63 anni per ritrovare gli stessi livelli occupazionali.
A questo punto non si capisce come sia stato possibile nel luglio scorso che il professor Monti, l'economista osannato dalla partitocrazia PD-PDL, dichiarasse di aver scorto la luce fuori del tunnel
Ecco: l'unico tunnel che questi bocconiani hanno saputo costruire, e di lunghezza spropositata!, di certo superiore a quello che vogliono materialmente far scavare per il TAV, è proprio quello in cui hanno ficcato economicamente il Paese, facendolo letteralmente agonizzare.
Sarebbe interessante rileggersi le paginate di giornali come Repubblica, il Corriere della Sera e altri degni compari della disinformazione, qualche tempo fa dedicavano al grande Monti, al suo loden sobrio e imperturbabile, al suo gioco delle tre carte (rigore, crescita, equità) dove crescita e equità sono subito spariti, da bravo illusionista: ma, a differenza del grande Silvan, soltanto grazie a pacchiani trucchi televisivi.
Così il professor Monti ha lasciato dopo 17 mesi soltanto macerie, senza neppure essere riuscito a spuntare un solo risultato utile per l'Italia sulla scena europea: una débâcle così straordinaria che, probabilmente, nessuno potrà in futuro fare peggio di lui. 
Ma i media, così pronti a spedire squadre di giornalisti, ad auscultare in tempo reale i brontolii del movimento di Grillo, si sono lasciati sfuggire incredibilmente la ghiotta occasione di fare chiarezza sull'operato del professorone.
Ed oggi nessuno si azzarda a porgli questa semplicissima domanda: Illustrissimo Professor Montigrandissimo mago dell'economia (almeno secondo i suddetti compari), com'è possibile che Lei vedeva un anno fa la luce fuori dal tunnel mentre pure gli ultimi dati comunicati dall'Istat registrano per il primo trimestre del 2013 un tonfo del PIL del 2,4% annuo e un calo della produzione industriale nel mese di aprile 2013 addirittura del 4,6%???
Ma, come si sa, piove sempre sul bagnato: e adesso è il turno del governo Letta, che si sta distinguendo per il totale immobilismo.
Prima ancora che sui singoli provvedimenti, è proprio sul piano delle idee che mostra un deficit culturale sorprendente, tant'è che Berlusconi ha buon gioco con le sue sparate a sottolineare la necessità per il nipote Enrico di cotanto zio Gianni, di sbattere i pugni al prossimo vertice europeo di fine giugno. 
Purtroppo dietro il giovanilismo lettiano c'è un'assoluto vuoto mentale: non c'è nessuna idea forte che sappia trascinare via l'Italia dalle secche della sua disperazione, nulla a livello di politica degli investimenti, fiscale, industriale, bancaria. Niente di niente. 
Come pensa che si debba progettare il futuro di quella che solo pochi anni fa (a questo punto sembra impossibile!) era la quinta potenza industriale ed economica del mondo? Silenzio assordante.
Non a caso non la rivista dei grillini incazzati ma l'austero e autorevole Financial Times titola oggi  Letta's lethargy, accusando il giovane premier di totale inconcludenza.
Infatti, l'unica cosa a cui sta pensando, accanto ad un velleitario proclama di lotta alla disoccupazione giovanile magari demolendo la riforma Fornero (che la stessa OCSE ha da tempo bocciato), ovvero quello che fu il famoso fiore all'occhiello del governo Monti (W i professori...) e che ci ha portato in aprile la disoccupazione al record del 12%, è l'avvio del semipresidenzialismo.
Perché, giustamente, gli Italiani questo si raccontano preoccupati quando trovano il tempo di scambiarsi due parole: non di lavoro, non di sbarcare il lunario, non di mancanza di futuro per un'intera comunità nazionale... No, per Letta e c., si accapigliano per il semipresidenzialismo!!! Pure Maurizio Crozza non si è lasciato sfuggire questa ghiotta occasione di satira.
Ma in nome di chi e per cosa si avvia un processo di radicale trasformazione della forma di Stato senza aver ricevuto alcun mandato popolare, senza aver avviato un serio dibattito nell'opinione pubblica? 
Può la Casta partitocratica strappare la Carta del 1948 per nascondere la propria totale inettitudine e, peggio, il proprio degrado morale? 
Perché  scopo del semipresidenzialismo, come sostiene giustamente il giurista Paolo Becchi, è quello di mantenere in piedi un bipolarismo che le elezioni di febbraio hanno bocciato definitivamente. 
Una riforma costituzionale di ampissima portata verà sballottolata, tra Ferragosto e Capodanno, tra il Comitato dei 40 parlamentari e la Commissione dei 35 saggi: una procedura del tutto inedita e senza precedenti nella storia della repubblica.
Chi sarebbero i 35 seggi che dovrebbero emendare il testo della Costituzione? Chi conferisce loro tale autorità?
Come fa il Presidente della Repubblica ad avallare una procedura talmente anomala ed in palese contrasto con il dettato Costituzionale, tenuto conto che viene esclusa dalla concertazione una buona parte del Paese, in primis proprio quella forza parlamentare che ha espresso più intensamente l'istanza di cambiamento e di rinnovamento?
Attorno a noi stanno succedendo cose gravissime ma i media cercano di sviare l'attenzione di tutti celebrando quotidianamente il processo al M5S, reo per definizione, per partito preso (quello della Casta!), di tutte le colpe, di tutte le nefandezze e di tutte le infamie della I e II repubblica.
Ma colpevole di che? Forse di aver scoperchiato, almeno in parte, il verminaio della nostra vita pubblica.
Eppure anche tra i parlamentari del M5S non mancano carneadi che, forse non paghi dell'attacco furioso scatenato dai media in questi ultimi quattro mesi contro la nuova forza politica, se ne fanno a loro volta interpreti. 
E' il caso della senatrice Adele Gambaro che ieri, dai microfoni di Sky Tg24, ha accusato Beppe Grillo di essere il problema del M5S, responsabile dell'insuccesso elettorale delle amministrative, in cui un italiano su due non è andato a votare.
Poveretta, proiettata di punto in bianco a svolgere un compito decisamente superiore alle sue possibilità, la senatrice è andata in pochi mesi in tilt, forse neppure rendendosi conto fino in fondo di essersi messa lei stessa, con le sue stesse parole, fuori dal gruppo parlamentare.
La Gambaro, di cui fino a ieri ignoravamo insieme a milioni di Italiani l'esistenza, fino a quel momento non aveva capito che stava lì, non per le qualità personali, ma perché ha aderito ad una missione, quella di far entrare la voce dei cittadini nelle polverose ed oscure stanze dell'assemblea legislativa, occupate abusivamente dalla partitocrazia.
Se qualcosa non le fosse stato chiaro del suo compito avrebbe dovuto chiedere spiegazioni e aiuto ai suoi colleghi e magari rivolgersi personalmente a Grillo, senza lanciare accuse gratuite e velleitarie, che denotano, fra l'altro, labilità emotiva ed una evidente limitatezza culturale. 
Se sulla via di Roma è rimasta fogorata dalla partitocrazia ebbene si faccia da parte, senza gettare ulteriore discredito, prima ancora che sui suoi colleghi,  su se stessa: dimostra infatti che non è degna del ruolo che milioni di cittadini le hanno affidato e che al Senato di certo il M5S  non ha più bisogno di lei.
Se non altro perché l'evidente stato confusionale in cui versa non le consente più di lavorare con la necessaria serenità e coerenza. 
Se, si spera, mantiene un briciolo di dignità personale e di onestà intellettuale, dovrebbe dimettersi immediatamente da parlamentare passando senza indugio il testimone a chi potrebbe ricoprire quel ruolo con maggiore coerenza ed affidabilità. 
Ma dubitiamo che sia questa la sua scelta perché imboscarsi nel gruppo misto a stipendio pieno è una tentazione per molti versi irresistibile.
La situazione italiana è talmente drammatica, come testimoniato dall'odierna strigliata del più importante quotidiano economico del mondo  a Enrico Letta, che non ci possiamo comunque permettere, dall'unica forza di opposizione rimasta nel nostro Paese, neppure un attimo di distrazione dai compiti di cui il M5S è stato investito a furor di popolo.
Lo psicodramma personale di questa comparsa politica, unico ruolo che veramente le si attaglia, la sua crisi d'identità, il conclamato deficit culturale, li lasciamo infine alle cure ed alle premure di chi ne condivide i momenti privati.






domenica 24 febbraio 2013

L'inesperienza al potere? Scalfari... ma ci faccia il piacere!

L'ineffabile Scalfari, stamattina, domenica di Elezioni Politiche generali, si permette ancora una volta di consigliare  agli elettori la sua ricetta per i prossimi mesi: un bell'esecutivo PD - Monti che continui a fare, aggiungiamo noi, quella macelleria sociale che ha ridotto ad un deserto l'economia italiana.
Per di più, fatto tutto a tempo di record,  in soli tredici mesi di attività: onore al merito dell'illustre economista bocconiano, ha veramente realizzato qualcosa di ciclopico!
Il dato OCSE conferma: Pil -2,7% nell'intero 2012, addirittura -0,9% nell'ultimo trimestre, una bruciante accelerata alla crisi con la firma autografa di Mario Monti, strameritata maglia nera.
Ma stamattina, vogliamo replicare alle parole del fondatore di Repubblica punto per punto:
"Certo non infonde allegria sapere che un elettore su cinque o addirittura su quattro dia il suo suffragio a chi ipotizza l'uscita dell'Italia dall'euro, la cancellazione di tutti i debiti, lavoro e tutela per tutti senza indicare nessuna copertura finanziaria. Se queste ipotesi dovessero realizzarsi la speculazione internazionale giocherebbe a palla con la lira, col tasso di interesse, col sistema bancario, con gli investimenti, con l'occupazione e l'Unione europea ci imporrebbe un commissariamento che ci obblighi al rispetto del pareggio fiscale, pena l'intervento della Corte europea che commina in questi casi elevatissime sanzioni."
Scalfari dimentica (ma  lo scusiamo di buon grado, data l'età) che grazie ai servigi del suo Monti, che ha proseguito imperterrito l'opera demolitoria del governo Berlusconi (che non a caso ne ha approvato tutti i provvedimenti, a partire dall'IMU sulla prima casa), l'Italia è già virtualmente fuori dall'euro, come tutti gli indicatori economici e finanziari dimostrano.
La millantata credibilità acquisita dal nostro Paese agli occhi della Germania è vaneggiamento di certa pubblicistica di regime e del fatto, incontrovertibile, che francesi e tedeschi hanno in gran parte potuto disinvestire i loro capitali dai titoli di stato italiani, recuperando così i loro crediti, proprio imponendo agli Italiani, per opera del bocconiano, un'austerity suicida.
Al contrario, c'è la necessità impellente di ridiscutere al più presto il  fiscal compact, i famosi 40 miliardi all'anno per vent'anni di rimborso del nostro debito pubblico, i 100 miliardi spesi ogni anno per il solo pagamento degli interessi, l'impegno pazzesco al pareggio di bilancio entro il 2013: sono in ballo cifre stratosferiche, assolutamente fuori dalla nostra portata (e dalla grazia di Dio!).
E' così vero che lo spread bund-BTP è sensibilmente sceso non appena Monti ha mostrato l'intenzione di dimettersi, nel dicembre scorso: i cosiddetti mercati non badano neppure un istante alle chiacchiere alla Scalfari.
Valutano, al contrario, le nostre reali possibilità di uscita dal tunnel che con l'impegno verso l'Europa caricatoci dalla Invencible Armada  Berlusconi-Monti-Bersani-Casini sono ridotte al lumicino.
Altro che luce fuori dal tunnel, come cianciava il professorone già nel luglio scorso: quasi otto mesi dopo, grazie a lui ed ai tanti cialtroni in circolazione sulle pagine dei giornali, è ancora buio pesto!
Prosegue Scalfari:  
"Ma non credo che andrà così, per due ragioni: la prima è che Grillo non avrà la maggioranza dei seggi anzi ne sarà molto lontano (NdA: ma come? I grillini non dovevano essere quattro scalmanati? Adesso Scalfari dà quasi per scontato che questa nuova forza politica stia concorrendo addirittura per vincere le elezioni!); la seconda che un conto è quello che le sue concioni esaltate e demagogiche declamano e un conto saranno i parlamentari eletti nelle sue liste. Di politica quei deputati e senatori ne sanno poco o niente del tutto. Nel Sessantotto lo slogan era "l'immaginazione al potere", oggi si potrebbe dire l'inesperienza al potere.
È molto peggio perché l'inesperienza politica non è un pregio. Governare un paese non è certo facile ma è facilissimo sgovernarlo. Berlusconi l'ha sgovernato (non solo per inesperienza); il grillismo lo sgovernerebbe se avesse il potere. Il grillismo in Parlamento può essere una remora utile se la rabbia approderà ad una ragionevole proposta. È possibile che questo accada almeno per una parte degli eletti."
Il solito impenitente voltagabbana: i neodeputati e senatori del M5S sgovernerebbero il paese perché inesperti; al tempo stesso sprona Bersani, come lui stesso ha già spudoratamente preannunciato, di fare campagna acquisti tra di loro, una volta inaugurato il nuovo Parlamento.
Insomma il segretario piddino, anche su invito di Scalfari, si appresterebbe a fare la stessa cosa che due anni fa fece Berlusconi con i vari Scilipoti, Razzi, quando le truppe piddine gridavano, giustamente, allo scandalo.
L'equazione politica Berlusconi = Bersani, o meglio PDL = PDmenoL è quindi nuovamente dimostrata, al di là delle vicende giudiziare del Cavaliere, la cui attenzione di certa stampa di area piddina è, alla prova dei fatti, soltanto strumentale.
Il classico specchietto per le allodole dato in pasto alle truppe democratiche.
Sull'inesperienza al potere, il durissimo j'accuse di Scalfari ci fa scompisciare dalle risate.
Sì, perché la gestione esperta del Monte dei Paschi di Siena, la terza banca italiana, da parte del PD (su questo non ci piove, basta snocciolare i nomi della Fondazione che ne ha diretto in questi anni la governance) ha letteralmente distrutto una banca con oltre cinquecento anni di storia, come denunciava venerdì, in apertura, il New York Times. Questo è il link originale:
"Since the days of the Medici family in Florence, 40 miles to the north, the banking house of Monte dei Paschi has rained wealth on the people of Siena. For 541 years, it has endured war, plague and panic, and it stands today as the world’s oldest operating bank.
But beyond the arched entrance of the Salimbeni palace, inside the stately offices of Monte dei Paschi di Siena, a thoroughly modern fiasco has done what the centuries could not. Monte dei Paschi, founded in 1472, has been brought to its knees by 21st-century finance." 
I competentissimi amministratori del PD, per il quotidiano newyorkese, sono riusciti a realizzare un moderno fiasco (scrive proprio così!) quello che in 541 anni di storia non erano riusciti a fare guerre e pestilenze: non a caso Giuseppe Mussari, già presidente MPS, iscritto alla sezione di Siena del PD e suo grande benefattore (673'000 euro donati in pochi anni) , ha recentemente dichiarato di non capire nulla di derivati.
Caro Scalfari... ma ci faccia il piacere!


giovedì 21 febbraio 2013

E Monti preme sull'acceleratore dello spread...

Basta sfogliare i quotidiani di stamattina, navigare tra i siti delle principali testate giornalistiche, per avere una rappresentazione plastica del terrore che ha invaso la Casta fino al punto di violare elementari regole di correttezza costituzionale.
Così il Presidente del Consiglio in carica, Mario Monti, in tandem con Berlusconi, semina panico sui mercati finanziari additando Beppe Grillo e il Movimento 5 Stelle come un pericolo per l'Italia.
Questa non la possiamo liquidare come semplice polemica elettorale dai toni troppo accesi in corso di svolgimento nel cortile di casa nostra.
Qui abbiamo il presidente del Consiglio, a cui guarda con interesse la tecnocrazia europea ma che nessun Italiano ha mai votato, scendere nell'arena politica, premendo deliberatamente sull'acceleratore dello spread con le sue dichiarazioni tanto allarmistiche quanto ingiustificate, per turbare la vigilia della competizione elettorale e condizionare con la paura il voto degli Italiani.
Un comportamento gravissimo, che meriterebbe l'immediata sanzione solenne del Capo dello Stato, se non fosse che l'attuale inquilino del Colle, il novello Re Sole che nessuno può neppure più indirettamente intercettare, è il suo principale sostenitore.
Quel Giorgio Napolitano artefice del millantato governo tecnico che ci ha portato, in 13 mesi di austerity forsennata voluta dalla cancelliera tedesca Angela Merkel, al collasso dell'economia ed ad una situazione sociale esplosiva.
Purtroppo stanno facendo di tutto per sovvertire materialmente le regole della democrazia rappresentativa. 
Che chi vinca abbia il diritto di governare, per la Casta, è diventato un optional.
Nel senso che ciò è vero se, e soltanto se, le elezioni le vince la partitocrazia, oggi degnamente rappresentata proprio da Monti e dalla sua Lista Civica. 
Ma se, come è ormai si sta delineando, il movimento di Monti farà clamorosamente flop, nonostante l'occupazione militare del sistema dei media da parte del professore, ecco che costui non ha il minimo ritegno a far saltare il tavolo della partita elettorale, soffiando sul fuoco dello spread, anche a costo di danneggiare pesantemente e forse irreversibilmente il Paese.
Un comportamento vergognosamente ricattatorio: ecco a cosa si è ridotto il sobrio Monti!


sabato 16 febbraio 2013

Per il 25 febbraio è in programma la nuova Festa della Liberazione: quella dalla Partitocrazia

Nelle redazioni dei nostri due massimi quotidiani italiani, Repubblica e Corriere della Sera, si respira un'aria pesante mentre nei Palazzi romani dilaga lo sconforto.
Possibile che, dopo aver messo su un'organizzazione mastodontica che segue il leader del M5S dappertutto, in perfetto silenzio, come un'ombra, in attesa del tanto sospirato passo falso, non si riesca a lanciargli addosso una qualche accusa infamante, che gli possa far perdere di colpo qualche migliaio di voti, abbassando l'onda lunga del suo Tsunami Tour che rischia seriamente di travolgere il prossimo 25 febbraio una buona fetta di partitocrazia? 
Ormai mancano solo 8 giorni al voto e qualcosa si deve pur fare: non è possibile accontentarsi del niente raccolto finora contro di lui!
Mentre la magistratura di tutta Italia sta demolendo, pezzo a pezzo, l'intera classe dirigente del nostro Paese, politici, burocrati, manager, boiardi di Stato, mentre  Bersani, Casini, Berlusconi, persino lo stesso Monti, si fanno vedere in giro il meno possibile per non ricevere dai passanti salve di fischi e boati di disapprovazione, Grillo raccoglie consensi crescenti e trasversali, riempiendo, nonostante le temperature polari, le piazze dello stivale, da Catania a Bolzano, da Bari a Novara, di un pubblico attento, caloroso, entusiasta.
E' l'unico che dice cose di buon senso, che non usa slogan tanto per nascondere il vuoto culturale, programmatico ma soprattutto morale dei suoi avversari politici.
Mentre tra Monti e Berlusconi si è ormai ingaggiata la gara a chi scende più in basso nell'insulto all'altro ma anche nel consenso elettorale (il sobrio bocconiano, con un'evidente e ormai ripetuta caduta di stile, adesso rimprovera al Cavaliere addirittura di comprarsi i voti ma, fino ad un mese fa, non aveva proprio nel Cavaliere il suo azionista di riferimento?), Pierluigi Bersani indugia nell'aria fritta, vagheggiando di un'alleanza a doppio filo con il premier uscente e la necessità di riconoscere almeno un premio di testimonianza al fido scudiero Niki Vendola. Quest'ultimo non se la passa per niente bene, dato che i suoi potenziali elettori hanno ormai capito che votare Sel è come votare Pd, che è poi come votare Monti girandosi dall'altra parte, mentre si fischietta l'inno dell'Internazionale...
Indubbiamente, votare un partito che si dichiara di sinistra per ritrovarsi poi lo stesso esecutivo di centro destra che ci sta sgovernando, con brevi interruzioni, da 20 anni grazie all'appoggio decisivo ed ai soldi di Silvio Berlusconi, non è propriamente una prospettiva eccitante per i fan del governatore della Puglia.
Anche perché con la discesa in campo dell'ex pm di Palermo Antonio Ingroia con la sua Rivoluzione Civile che conta sull'apparato organizzativo dell'Idv e di Rifondazione, qualcuno ci dovrebbe spiegare perché mai un elettore di sinistra, che non sia masochista,  dovrebbe votare Sel...
Ecco perché quella volpe di Bersani che, da quando ha vinto le primarie su Matteo Renzi, non ha detto una cosa, che sia una, di sinistra, peggio, non ha detto una cosa (di numero!), proprio oggi se ne è uscito con l'impegno di varare a tempo di record una legge contro l'omofobia.
Infatti milioni di italiani, cassintegrati, disoccupati, pensionati che non arrivano alla seconda settimana, imprenditori a rischio fallimento, giovani precari, studenti, esodati, sessantenni a cui la ministra Fornero chiede di lavorare dieci anni di più, malati buttati giù dai letti d'ospedale per i tagli della spending review ed invalidi lasciati senza assistenza domiciliare, giovani talenti costretti a cercare fortuna all'estero, insegnanti mandati a casa o costretti a lavorare in condizioni impossibili, liberi professionisti senza più una professione, gente sbattuta fuori di casa perché indigente, nient'altro che questo chiedevano da anni cronicamente inascoltati al PD di Pierluigi Bersani: finalmente una legge contro l'omofobia!!!
La nullità politica del leader piddino è confermata pure dalla posizione che egli ha assunto in merito alla questione Euro: ormai, pure i sassi sanno che l'ingresso dell'Italia nelle moneta unica è stata un vero disastro e le statistiche confermano in modo inoppugnabile che il declino economico italiano data 15 anni fa, guarda caso l'inizio della stagione dell'Euro.
L'aver perso la sovranità monetaria, senza prevedere a livello europeo i necessari meccanismi di compensazione, ha significato condannare l'Italia ad una lunga e tormentata decadenza di cui Romano Prodi e Carlo Azeglio Ciampi sono i principali responsabili ma, più in generale, è l'intero centrosinistra che, in ragione di ciò, dovrebbe cospargersi il capo di cenere.
E invece cosa avviene? Bersani confonde deliberatamente l'adozione della moneta europea con il sogno di un'Europa più unita e solidale, senza pronunciare l'unica parola di verità: ovvero che proprio l'adesione cieca all'Euro ha reso più lontano e sbiadito il sogno europeo, l'esatto contrario di quello che i media e la Casta ci vogliono ogni giorno far credere, anzi ci hanno sbolognato a carissimo prezzo in questi anni.
Ecco perché il Movimento 5 Stelle, che restituisce la democrazia ai cittadini, è un'inattesa e irripetibile opportunità: mandare a casa una classe politica che è vissuta, nella più elitaria depravazione morale ed incompetenza professionale, alle spalle dei cittadini e che, divorando la cosa pubblica in modo famelico, ha ridotto alla fame quella che ancora dieci anni fa era la quinta potenza economica del mondo.
E gli autori di tanto scempio, non solo non chiedono pubblicamente scusa per i danni arrecati al Paese impegnandosi solennemente a risarcirli almeno parzialmente, magari restituendo il bottino frutto di infinite ruberie, ma si ergono ancora a protagonisti della scena politica prossima ventura, con la spocchia di voler ancora distribuire ai leader della rivoluzione di velluto italiana, in primis Beppe Grillo ed Antonio Ingroia, le carte della partita che sta per cominciare.
Ecco perché, in queste giornate frenetiche, è necessaria da parte di tutti i cittadini massima attenzione e partecipazione, perchè il colpo di coda della Casta partitocratica non solo è possibile ma è anzi assai probabile.
E può manifestarsi nelle forme più diverse e, contemporaneamente, in più ambiti e direzioni: mobilitazione capillare e consapevole, quindi.
Massima vigilanza, infine, nei seggi elettorali  per tutte le operazioni di voto e di spoglio successivo per limitare al massimo il più che concreto rischio di brogli e far sì che il tanto atteso miracolo italiano trovi finalmente la sua definitiva consacrazione nell'urna elettorale.
Perchè quale che sia il risultato che riuscirà a realizzare il Movimento 5 Stelle, dopo le elezioni la vita istituzionale del nostro Paese subirà un forte e positivo cambiamento.
Con una pattuglia colorata, giovane e vivace di 100-200 cittadini incensurati, senatori e deputati nuovi di zecca, la Casta non potrà più fare il bello e il cattivo tempo come prima, quand'anche dovesse restare ancora per un po' nella stanza dei bottoni e continuare ad esprimere, a causa della legge elettorale porcata, una raffazzonata ed inaffidabile maggioranza di governo.
Il 25 febbraio sarà per tutti gli Italiani, anche per chi non ci ha mai creduto, il Giorno della nostra Seconda Liberazione. Questa volta dalla Casta partitocratica.


martedì 5 febbraio 2013

Gli F35 e la lucida follia del trio Berlusconi, Bersani & Monti

Nella puntata di Presa Diretta, la bellissima trasmissione su RaiTre di Riccardo Iacona (a quando un nuovo riconoscimento per il suo prezioso contributo al giornalismo d'inchiesta?), domenica sera 3 febbraio, il tema trattato è stato quello delle spese militari, in particolare dell'acquisto dei chiacchieratissimi F35, i cacciabombardieri prodotti negli Stati Uniti.
Vediamo come è andata.

L'F35, il caccia di attacco prodotto dall'americana Lockheed Martin, si profila come un vero e proprio pozzo di San Patrizio per le dissestate casse dello Stato italiano.
Con clamorosi errori di progettazione, tanto che le ripetute correzioni in corso d'opera non bastano a salvare la validità di un progetto malconcepito (il pretendere insieme un cacciabombardiere d'attacco ed un intercettore da difesa), doveva costare 45 milioni di dollari ad esemplare e già ne costa oltre 200 milioni, tra l'altro nella versione più semplice: già adesso il più costoso sistema d'arma mai prodotto negli USA.
E nel complesso, tra costi di manutenzione e d'esercizio, l'F35 costerà 700 milioni di dollari a pezzo, un'emorragia inarrestabile da qui al 2050 per l'Italia: 40 miliardi di euro!
Ma analizziamo gli errori di progettazione più clamorosi.
Il gancio per permetterne l'atterraggio sulle portaerei è stato realizzato troppo vicino alle ruote tanto che l'aereo manca sistematicamente l'ancoraggio al cavo d'acciaio; difettoso è pure l'attacco per la catapulta per il decollo rapido.
Nonostante debba essere un aereo supersonico, dovendo essere il più rapido possibile come intercettore, c'è addirittura la necessità di non superare mai la velocità di 1,6 mach per non correre il rischio di mandare in fiamme la coda.
Di pessima manovrabilità (che per un velivolo militare d'attacco suona come una bestemmia) ed un'aerodinamica pessima (vibra esageratamente), è pure a rischio di esplosioni, sia perché il carburante è posizionato tutto attorno al motore, sia perché il suo sistema elettrico va a 270 volt contro i 48 volt di un caccia normale per cui, se colpito da un proiettile persino sparato da terra con un kalashnikov, si può innescare un corto circuito devastante.
Ancora: se costretto a rientrare all'improvviso ed a scaricare il carburante prima dell'atterraggio, data la sua eccessiva pesantezza, rischia l'esplosione.
Non parliamo poi del software gigantesco, oltre 9 milioni di righe di codice contro i già abbondanti 1,7 milioni dell'F22 (che pure aveva presentato gravissimi problemi di funzionamento), che si presta ad errori di programmazione praticamente certi e impossibili da risolvere.
Non solo:  la strumentazione dell'apparecchio è assai limitata in quanto ci si affida ad un apposito casco per il pilota con un visore interno complicatissimo che riporta le segnalazioni con un ritardo di 1/8 di secondo:  nel corso di un duello aereo, è un'eternità!
Senza neanche prendere in considerazione che se si rompe il casco (che da solo costa 2 milioni di euro!), l'aereo non può neppure decollare.
Dulcis in fundo, consuma in modo esagerato e richiede una continua manutenzione. Tanto da far ritenere che, utlizzato per semplici esercitazioni, non potrebbe restare in volo più di 15 ore la settimana; ma un buon pilota ha bisogno almeno di 35-40 ore di addestramento settimanale... 
A detta di autorevoli esperti, un vero bidone che vedrà la luce pure con due anni di ritardo, non prima del 2015, su cui si sono incaponiti, inspiegabilmente, i vertici dell'aeronautica e i governi italiani degli ultimi 15 anni: a cominciare da quello di D'Alema del 1999 per finire, ci mancherebbe altro!, con il governo Monti.
Per giunta, sacrificando la contemporanea partecipazione italiana al consorzio Eurofighter per la costruzione del cacciabombardiere europeo  Typhoon che vede l'Italia protagonista, con Alenia, anche sotto il profilo tecnologico in partnership con Germania, Inghilterra, Spagna: qui l'Alenia, controllata da Finmeccanica, assume il ruolo non di oscuro subfornitore degli americani ma di progettatore, produttore, esportatore. Inoltre tutti soldi investiti nel progetto europeo dal governo italiano restano in Italia a finanziare manutenzione, produzione e sviluppo del caccia. 
A confronto, l'F35 è una scelta fallimentare a livello industriale, tecnologico e occupazionale.
Perché la ricaduta tecnologica per l'industria italiana di questo investimento di guerra è praticamente zero.
In cambio di un ordine così esagerato (90 esemplari), l'Italia ha ricevuto dagli USA il contratto per l'assemblaggio finale degli F35 destinati anche all'Olanda, in tutto 165, e per la costruzione del 70% delle ali.
Ciò avverrà nello stabilimento di Cameri, vicino Malpensa, in una fabbrica nuova costruita a tempo di record e costata allo Stato italiano 800 milioni di euro, dove già lavorano 130 operai; a regime ne dovrebbe impiegare 3'000.
Ovvero, ogni posto di lavoro viene a costare 10 milioni di euro: un'enormità se si tiene conto che nell'industria civile, anche avanzata, tale costo scende a 200.000 euro, 50 volte di meno!
Dettaglio non trascurabile: posti di lavoro a basso contenuto tecnologico, per un'attività di mero assemblaggio.
Non  a caso il Canada, l'Australia, la Turchia e l'Olanda (a Cameri l'assemblaggio riguarderebbe, a questo punto, solo i 90 pezzi italiani) hanno deciso di sospenderne l'acquisto perché i caccia costano troppo e perché, come abbiamo visto, hanno enormi problemi tecnici, praticamente irrisolvibili.
Ma qui in Italia, il ministro della Difesa, l'ammiraglio Gabriele Di Paola, e il Capo di Stato Maggiore dell'Aeronautica Giuseppe Bernardis, pur decidendo di ridurne il numero da ordinare da 131 a 90, con il consenso di tutto il Parlamento (salvo IDV e radicali), ne confermano l'acquisto.
L'11 dicembre scorso, mentre fuori del Parlamento si manifestava contro l'acquisto degli F35, i nostri deputati approvavano la legge delega di revisione dello strumento militare, stanziando per la difesa 230 miliardi di euro per i prossimi 12 anni e stabilendo libertà di spesa per i militari all'interno di questo budget. Tutti i partiti si sono espressi a favore tranne Italia dei Valori, radicali e i leghisti (che si sono astenuti), lasciando quindi al ministero della Difesa carta bianca nello spendere circa 20 miliardi all'anno in barba ai tagli inflitti agli altri ministeri (scuola, sanità, previdenza, ecc.) in cupissimi tempi di spending review.
Particolare curioso ma significativo: coloro che tra i partiti di maggioranza hanno votato contro, Savino Pezzotta (Udc), Andrea Sarubbi (Pd), non sono stati ricandidati per le prossime elezioni.
Conclusione: la lobby dei militari è sicuramente più forte della politica.
Interpellati sulla questione, i politici e aspiranti premier della strana maggioranza uscente non si sono smentiti nella loro doppiezza e mediocrità.
Silvio Berlusconi rinnega il progetto, pur portato avanti dai suoi governi, ma è d'accordo sul continuarlo perché, udite udite, gli impegni presi vanno rispettati.
Finalmente un po' di coerenza!
Mario Monti, che ha premuto sull'acceleratore della riforma militare, accusa i detrattori del progetto di  populismo  (e ti pareva!...) e ritiene che, sia pure ridimensionato a 90 unità, l'acquisto vada comunque fatto.
Onestamente, da loro due non ci si poteva attendere altro!
Beppe Grillo e Antonio Ingroia sono, invece, nettamente contrari.
E Pierluigi Bersani? Cosa ne pensa?
Ecco il resoconto dattiloscritto dell'intervista concessa a Presa Diretta:
Bersani: Le priorità adesso sono altre e quindi vedremo come assieme naturalmente alle nostre forze armate, come questo programma possa essere rivisto a riduzione. E credo anche una riduzione significativa. Certamente bisogna, pur in un programma ridotto, alcune nostre presenze industriali bisogna garantirle.
Giornalista: Voi al governo non fareste come il Canada?
Bersani: No, credo adesso io diciamo non conosco nei dettagli la situazione dei canadesi… Sì, c’è stato… grossi problemi su copertura, investimenti, ecc
No, se la domanda significa noi proponiamo di cancellare la cosa. Non si può dirlo perché ci esporremo alla domanda: da qui a 5 anni che cosa fate?
Ecco..il vero risparmio nella prospettiva è creare un modello europeo di difesa…
Quello è il vero grande risparmio che potremo fare, via via… e bisogna lavorare su questo.
Io credo che già un gesto di questo genere possa indurre ad una riflessione anche dal punto di vista di impostazione del modello di difesa.
Giornalista: Cifre di riduzione non ne possiamo dare, cioè siamo a 90. E’ sensato dire…
Bersani: E’ sensato dire che li ridurremo… naturalmente quando avremo la possibilità, anche perché adesso si ragiona fuori dalla stanza dei bottoni, come si dice.
Giornalista: E chi continua a darvi dei guerrafondai per una scelta troppo filo…
Bersani: E ho capito sui guerrafondai, e purtroppo il mondo… O ci arrendiamo al fatto che poi chi avrà in mano un fucile potrà fare quel che vuole, possiamo anche arrenderci a questa logica, possiamo anche dire che noi, per l’amor di Dio, faccia la Francia se vuole, il Mali non ci interessa… Dopodiché siamo lì noi, no?
E quindi un meccanismo di difesa che svolga, naturalmente ripeto sempre sotto l’egida dell’organizzazione internazionale, sempre ai fini di pacificazione e quindi anche come deterrenza, io credo che nel mondo di oggi sia ancora necessario. Purtroppo. Ma è ancora necessario.

Un inutile giro di parole, ammiccando a coloro che criticano l'acquisto dei caccia, per ammettere di essere comunque d'accordo con l'operazione.
Ecco l'identità del Pd: rispetto alla politica di Berlusconi e della destra italiana, posizionarsi solo un millimetro prima...
Il massimo dell'inadeguatezza e della doppiezza: non una sola idea, un solo valore non negoziabile, su cui i piddini sentano il dovere morale di spendersi con tutte le proprie energie!
E' forse un caso che Bersani, da Berlino, ha lanciato oggi  la proposta di collaborazione a Mario Monti?


 

martedì 29 gennaio 2013

Crack MPS: la Casta saccheggia lo Stato. Però è antifascista...

Ormai è chiaro (e i loro lettori se ne devono fare una ragione...).
RepubblicaCorriere della Sera in tandem stanno tirando la volata a PD e a Mario Monti e, giorno dopo giorno, spargono a mani basse disinformazione contro l'unica vera novità di questa campagna elettorale: il Movimento 5 Stelle  di Beppe Grillo.
Lo seguono come un'ombra in quello che sempre più si sta profilando come un autentico bagno di folla nelle mille piazze italiane, lo TsunamiTour, restando  in imbarazzato silenzio per settimane data l'accoglienza  trionfale che la gente dovunque gli tributa.
Sperando vivamente in un incidente di percorso ovvero che, preso dalla foga di uno dei tanti discorsi che tiene ogni giorno completamente a braccio, incespichi in qualche iperbole, su cui plotoni di pennivendoli sono lì pronti ad impiccarlo.
Ma nell'attesa dello sfondone che non arriva (quel Grillo si sta rivelando sempre più accorto!), si allestisce una qualche carnevalata.
Così, al soldo della Casta, di fronte al palco, entrano in scena sedicenti antifascisti, uno sparuto gruppo di ragazzotti che, senza sapere di maneggiare parole molto più grosse di loro, in deficit spesso dei più elementari strumenti culturali e di un'accettabile capacità dialettica, inscenano  all'improvviso, ad un preciso ordine di scuderia, una vera e propria gazzarra alzando striscioni vaneggianti accuse di fascismo contro il leader del M5S. Il quale li invita subito dopo a salire sul palco per argomentare il loro dissenso: ma il tentativo va a vuoto, finché la piazza, intuendo che si tratta dell'ennesima provocazione, non li sommerge di fischi.
Ma ciò basta a Corriere e Repubblica, dopo giorni di estenuanti appostamenti a vuoto, di titolare, nuntio vobis gaudium magnum:  "Contestazioni contro Beppe Grillo", facendo assurgere il gesto telecomandato del minuscolo drappello di scalmanati a  notizia del giorno.
E così proprio colui che, unico nel terremotato panorama politico italiano, in questo gelido inverno riempie le piazze, sommerso dal calore e l'entusiasmo di una moltitudine di studenti, lavoratori, pensionati, casalinghe, cassintegrati, ovvero semplici cittadini, (quando non è lui stesso che vi nuota sopra!), ed al quale vengono riservate ovazioni da rockstar, proprio il Beppe nazionale, che va in giro goliardicamente in mezzo ai ragazzi senza scorta alcuna né bisogno di un agguerrito servizio d'ordine, viene additato dai media di regime a parafulmine della Casta.
Tentativo talmente scoperto e maldestro da naufragare miseramente, anzi da rivelarsi un boomerang.
Ma perché tanta animosità contro di lui?
Semplice: con il suo movimento di cittadini, nato per superare vecchi steccati, planando sopra le ideologie con nuove idee processate dalla rete,  il leader del M5S costringe i leader politici come Bersani, Casini, lo stesso Berlusconi, a fare una campagna elettorale su un terreno impervio, per niente congeniale, basato com'è sui contenuti piuttosto che sulle logiche di schieramento.
Ma questi qui contenuti non ne hanno, preoccupati soltanto di mantenere la poltrona  e di continuare a gestire il potere come sempre hanno fatto in passato, attraverso accordi sottobanco, reciproci ricatti, scambio di piaceri, cooptazioni, patetici teatrini televisivi.

Ecco che col suo modo scanzonato di interpretare la politica, sconvolgendo la vecchia liturgia della campagna elettorale, Grillo ha messo in crisi la spartizione del consenso elettorale siglato da sempre dagli uomini della Casta, al riparo delle ideologie.
Perché proprio agitando a comando la bandiera di un'appartenenza ormai fine a se stessa, una generazione di politici è vissuta di rendita alle spalle dei cittadini, che ingenuamente li hanno sostenuti abboccando alle loro vuote parole d'ordine, a cui proprio chi le pronunciava era il primo a non credere.
Vi ricordate l'ex segretario del PD Walter Veltroni, già capolista del vecchio PCI, dichiarare apertamente di non essere mai stato comunista? O Gianfranco Fini, una vita nel MSI, dichiarare che il fascismo è stato il male assoluto.
Per due leader che hanno dovuto fare outing, ce ne sono stati molti altri che hanno fatto finta di niente, usando l'ideologia come un tram su cui salire e scendere alla fermata più vicina, magari col bavero alzato e gli occhiali scuri per non essere riconoscibili.
E' così che si possono mandare in fumo 14 miliardi di euro, secondo una strategia degna non di un management ma di una banda terroristica, mettendo in ginocchio buona parte dell'economia italiana, continuando a fare finta di nulla.
In fondo si tratta solo di compagni che sbagliano, ma che tutti restino tranquilli: sono antifascisti certificati al 100%.
La gente però piano piano si sta svegliando e non gradisce più di essere presa per il naso in questo modo.
Il gioco è ormai così scoperto che i galoppini dei due principali quotidiani sono costretti a confondersi tra la folla mischiandosi proprio con i contestatori.
Le immagini del video girato a Livorno che i due quotidiani esibiscono come un trofeo dimostrano infatti come il punto di osservazione delle riprese fosse proprio a fianco di chi alzava lo striscione: una contiguità più che sospetta!
Nel frattempo Bersani e Monti negano qualsiasi coinvolgimento nello scandalo MPS e Berlusconi preferisce tacere.
Va a finire che la colpa se il Monte dei Paschi sta per saltare per aria è dei correntisti o di coloro che hanno in questi anni preso il mutuo per la prima casa? O dell'artigiano che chiede l'anticipo su fatture?
Nell'attesa che la buriana si plachi, il salvataggio è stato affidato, guarda caso, ancora una volta alle casse dello Stato: e visto che parliamo di qualcosa come 4 miliardi di euro, praticamente all'IMU sulla prima casa, finita di versare dai cittadini appena un mese fa. 
E proprio chi inveisce contro lo Stato sprecone, improduttivo, pieno di debiti, da ridimensionare, (l'opposto del privato che brillerebbe per efficienza e competitività, serietà...) gli assesta il colpo di grazia.
Il ritornello è sempre lo stesso, anche se ci vuole un gran fegato per ripeterlo: socializzare le perdite, privatizzare i profitti ma scagliarsi contro la spesa pubblica improduttiva...
Prima o poi questi cialtroni qualcuno li dovrà pur mandare a casa! 

venerdì 18 gennaio 2013

L'inverno televisivo: ghiacci eterni, cabaret o aria fritta, a voi la scelta!

La campagna elettorale su radio e tv va avanti con il solito tormentone di Monti, Berlusconi e Bersani che fanno la staffetta da un talk show all'altro senza praticamente soluzione di continuità.
L'uno rinfaccia le responsabilità dell'abisso in cui siamo precipitati, l'altro gli risponde per le rime sbattendogli in faccia i numeri del disastro economico degli ultimi dodici mesi, l'altro ancora riempie il suo straripante accento emiliano di frasi spezzate, con cui attacca il secondo e sembra prendere  le distanze dal primo, benché finora lo abbia sempre sostenuto ed ancora insista nel proporgli un percorso comune per il dopo elezioni.
Insomma, tutti insieme appassionatamente,  a chiacchiere rinfacciandosene di tutti i colori, nei fatti senza dire un bel niente.
L'effetto complessivo di questo continuo teatrino è di disagio, avvilimento,  irritazione: per lo spettatore, finita la disillusione, resta solo il rifiuto.
Sequestrano da settimane radio e televisione, che nel frattempo attrezza uno spot tra il serio e il faceto per intimarci  di  pagare il canone, sgomitano per essere sempre lì, in favore di telecamera, per poi non dire una sola parola sul deserto economico che ci circonda, men che meno su come uscire dal baratro in cui ci dimeniamo quotidianamente, atteggiandosi ancora a medici di una patologia che proprio loro hanno causato.
Uno spettacolo deplorevole.
Mario Monti, parla come un libro (mal)stampato, rivolgendosi non si sa bene a chi né perché. Il suo discorso è spento, distaccato, inquietante. Preannuncia ghiacci eterni, ovvero sacrifici solo per i poveracci, il suo strabico rigore lacrime e sangue, senza battere ciglio; mentre ne parla, i suoi lineamenti sembrano paralizzati. Non si sa più quando sia dottor Jekyll o mister Hyde... ma è mai stato dottor Jekyll?
Berlusconi è ormai la maschera di se stesso. Con l'asfalto sulla testa e doppio strato di cerone che letteralmente si scioglie sotto i riflettori, è diventato personaggio da commedia dell'arte: neppure lui si prende più sul serio, è tornato alla sua prima identità di simpatica canaglia. Insomma è Berluscone, ennesima maschera italiana.
Pierluigi Bersani da Bettola è invece vittima del suo modo sconclusionato di parlare: non sa mai bene quello che dice, la sua specialità è l'aria fritta. Riesce a parlare per ore, persino litigando con la poltrona su cui siede, con espressione infastidita tendente al disgusto, su cui ogni tanto tracima un sorriso istrionico: il suo pezzo forte è recitare la parte dell'eterno incompreso. Impossibile resistergli... senza fare zapping.
Che qualcosa nella sua campagna di comunicazione non funzioni se ne è accorto  pure Massimo Giannini,  vicedirettore del quotidiano la Repubblica, da sempre schierato con il PD, che di fronte al vuoto pneumatico della proposta politica bersaniana, invoca il cosiddetto colpo d'ala:  non più dire qualcosa di sinistra, semplicemente dire qualcosa.
Le parole, nella sostanza durissime, sono scelte con grande cautela, come si fa con le persone amiche, eppure non lasciano adito a dubbi:

"[...]in tutte queste settimane se c'è stato un limite nella comunicazione politica di Bersani è stato proprio questo: sull'onda del vantaggio elettorale che i sondaggi gli attribuiscono, il segretario del PD è stato un passo indietro rispetto agli scontri molto aspri e alle polemiche in prima linea che nel frattempo si moltiplicavano tra Berlusconi e Monti [...] E' chiaro che man man che andiamo  avanti con i giorni e si avvicina la scadenza del 24-25 febbraio anche Bersani deve riempire di contenuti questa campagna elettorale. E' vero che lui non fa cabaret, ma chi si presenta e si candida alla guida del Paese deve mettere elementi concreti, deve richiamare soprattutto i suoi elettori ma anche gli elettori indecisi su contenuti molto concreti. Ecco, su questo forse Bersani deve fare uno sforzo in più, di qui alle prossime tre settimane, perché finora il Partito Democratico proprio sotto il profilo dei programmi, per esempio sulle materie che riguardano il lavoro, il fisco, la scuola, è stato un pochino ambiguo per non dire a tratti evanescente... Quindi spetta al segretario mettere carne al fuoco e dare finalmente l'impressione non soltanto all'establishment, alle cancellerie, ai mercati internazionali, ma prima di tutto all'opinione pubblica italiana che il centrosinistra si candida a governare questo paese e che ha idee molto chiare su come può e deve farlo [...] Insomma il colpo d'ala ci vuole e ancora il colpo d'ala da Bersani non lo abbiamo avuto".
 
E' un de profundis...
Proprio oggi, La Stampa di Torino misura il tempo di apparizione in tv dei tre principali competitor per la poltrona di premier. Secondo la ricerca del quotidiano, nel periodo 24 dicembre-14 gennaio, un periodo costellato di festività, Berlusconi ha totalizzato oltre 63 ore di presenza sul piccolo schermo. Il presidente del Consiglio uscente, Mario Monti, si è fermato poco sotto, a 62 ore. Mentre l'esposizione di Pier Luigi Bersani è stata quantificata in sole 28 ore, pur sempre un'enormità rispetto alle altre forze politiche, praticamente assenti dai palinsesti, in barba alla par condicio.
Ebbene, accanto all'inesauribile vecchietto, come il giornale torinese battezza scherzosamente il Berlusconi che imperversa per l'etere insieme al Professore, a presidiare lo spazio radiotelevisivo c'è Bersani, che in quasi trenta ore di permanenza davanti alle telecamere, a detta del giornale amico, è stato un pochino ambiguo, a tratti evanescente...
Com'è possibile che si riesca a stare sulla scena mediatica per tanto tempo in questo modo?
La domanda è volutamente retorica, visto lo stato di degrado del sistema dell'informazione radiotelevisiva in Italia, dove  i giornalisti, più che il loro mestiere, fanno da spalla al politico di turno, permettendogli di parlare a ruota libera.
Se Bersani critica giustamente Berlusconi, il cabarettista, come fa a non accorgersi che lui stesso mena sistematicamente il can per l'aia?
Dovrà pur convincersi che chi di cabaret ferisce, di aria fritta perisce...

sabato 12 gennaio 2013

Neppure i Professori ci risparmiano la vergogna delle liste civetta

Si stenta a credere che ancora nel 2013, la (fu) settima potenza industriale del mondo, per disciplinare le procedure di svolgimento delle consultazioni elettorali, si affidi a leggi  e regolamenti talmente farraginosi, inconcludenti e anacronistici,  da far invidia alle grida manzoniane.
Al punto che i simboli dei movimenti politici in lizza per le prossime elezioni legislative debbano essere depositati di persona, allo sportello, dopo aver bivaccato per giorni in coda davanti al portone del Viminale, per non farsi soffiare il posto o taroccare il logo.
E che dei malintenzionati possano sabotare alla luce del sole e con piena legittimità uno dei momenti più delicati della vita democratica di un Paese danneggiando indisturbati alcune liste. Questa volta oltre il Movimento 5S a farne le spese sono proprio la lista del premier uscente e quella del pm Antonio Ingroia.
Evidentemente la famosa agenda digitale di Monti deve essere stata subito spedita in soffitta, visto che in un anno e più di governo, i cosiddetti tecnici non sono riusciti neppure ad organizzare uno straccio di presentazione telematica dei simboli elettorali.
Si indicono le elezioni in fretta e furia sotto Natale ma non ci si prende la briga, se non di riformare la legge elettorale porcata (troppa grazia!), neppure di introdurre minimi accorgimenti tecnici, magari tramite un semplice regolamento, per evitare il pasticcio, o meglio la vergogna, delle liste civetta, create apposta per disorientare l'elettore e ingannarlo al momento del voto.
Così ha finito per prevalere chi, in un'estenuante e assurda guerra di posizione, ha prima guadagnato la testa della fila, difendendola fisicamente, e poi,  senza dare nell'occhio, è riuscito a registrare i simboli di liste fasulle, praticamente identici a quelli di altre più popolari, giusto per scipparne i voti.
Il tutto, dopo essere stati all'addiaccio per giorni, senza che nessuno dal palazzo abbia pensato di distribuire, se non generi di conforto, almeno un semplice numerino per regolare la coda, tutti appassionatamente al freddo per allinearsi ad una transenna fatta comparire all'improvviso lunedì scorso: il racconto che ne fa Beppe Grillo sul suo blog è surreale, peggio, kafkiano.
Eppure, in questi stessi giorni il governo ha disposto per le famiglie italiane che l'iscrizione dei loro figli a scuola debba avvenire inderogabilmente in forma telematica, facendo finta di non sapere che buona parte di loro non dispone dell'indispensabile accesso a internet.
E' così che i Professori, così bravi a rivoltare le tasche degli Italiani e ad esasperarli, quando pure si tratti soltanto di mandare i propri ragazzi a scuola, non sono stati altrettanto abili ad evitare la ressa davanti allo sportello ministeriale, garantendo uno svolgimento ispirato al buon senso di essenziali ma consueti adempimenti amministrativi. 
Non è la prima volta che il grande Monti, quello che (a detta dei media di casa nostra) l'Europa ci invidia (non Samuele Monti dell'omonima lista civetta!) non ci fa una gran bella figura.
All'estero staranno di nuovo ridendo di noi.
Pare proprio che, questa volta, il sorrisino della Merkel se lo sia conquistato lui.

domenica 30 dicembre 2012

PD alla deriva: se l'agenda Monti è l'agenda Bersani...

Insomma, dopo 13 mesi di cieco appiattimento sul governo dei tecnici e sulla sua politica di tasse e tagli alla spesa sociale da parte del segretario piddino Pierluigi Bersani all'irresistibile grido Ragasssi,  votiam tutto ma vogliam mantenere il diritto di critica... Ragasssi!, si scopre che il beniamino dei democratici, Mario Monti,  tale per aver, in fretta e furia e senza veramente capirci un'acca varato la riforma delle pensioni per il tramite della surreale ministra Elsa Fornero (tanto da provocare il mostruoso errore tecnico degli esodati), introdotto l'Imu sulla prima casa, nonché pianificato il licenziamento indiscriminato per tutti, scende in campo capeggiando, ancora non si sa bene come, una lista elettorale dove militeranno i vari Casini, Fini, Montezemolo, per giunta con l'investitura solenne del Vaticano, in aperta competizione proprio con il Partito Democratico.
Un colpo basso che metterebbe al tappeto chiunque.
Se poi ci mettiamo pure che scendono in lizza gli arancioni di De Magistris dentro al movimento del pm antimafia Antonio Ingroia Rivoluzione Civile, insieme a quel che resta dell'Italia dei Valori di Di Pietro, ai Verdi, ai comunisti ed al movimento civico che fa capo al sociologo Marco Revelli, per non parlare dell'incombente presenza in Parlamento del Movimento 5S di Beppe Grillo, si capisce immediatamente che gli spazi a sinistra e a destra del PD si restringono pericolosamente, tanto da preannunciare una clamorosa, assolutamente imprevista e per questo ancora più bruciante sconfitta elettorale prossima ventura.
Per l'oligarchia bersaniana un'autentica Waterloo. 
Roba da far rimpiangere la famigerata gioiosa macchina da guerra di occhettiana memoria ma anche, come chioserebbe l'impareggiabile Walter Veltroni, la vocazione maggioritaria del PD del 2008, quando il suo inimitabile acume politico portò alla più sonora sconfitta elettorale di tutti i tempi per la sinistra italiana.
Ma adesso Bersani potrebbe dimostrare che, anche contro il calcolo delle probabilità, peggio di Walter se po' ffà!
Che non si passino più notti tranquille al quartier generale di Largo del Nazzareno e che si stia cercando febbrilmente una via d'uscita dal vicolo cieco in cui il segretario ha ficcato a spron battuto l'invincible armada dei piddini, è cosa arcinota.
Ma il tradimento del premier uscente, dopo che Bersani in queste settimane si era spinto a dire che l'Agenda Monti andrebbe proseguita anche per la prossima legislatura, è veramente difficile da mandare giù.
Perché lo stesso stratega del segretario, il fondatore di Repubblica Eugenio Scalfari, oggi deve riconoscere nel suo tradizionale sermone che l'agenda Monti e quella Bersani coincidono: "Tra l'agenda Bersani e quella Monti non vedo grandi differenze, anzi non ne vedo quasi nessuna salvo forse alcune diverse priorità e un diverso approccio alla ridistribuzione del reddito e alle regole d'ingresso e di permanenza nel lavoro dei precari. E salvo che l'agenda Bersani è stata formulata prima di quella Monti e in alcune parti avrebbe potuto utilizzarla anche l'attuale governo se avesse posto la fiducia su quei provvedimenti."
Ma a questo punto una domanda è d'obbligo.
Perché mai un potenziale simpatizzante del PD che, in questi lunghi mesi di passione, ha imparato proprio dal suo segretario Bersani ad apprezzare la guida gelida di Mario Monti, dovrebbe oggi votare la sua patacca di Bettola,  quando sulla scheda elettorale gli viene proposto l'originale old british style dell'ex preside della Bocconi?
Anche ripetendosi fino allo stremo non capisco ma mi adeguo, da ultimo dei mohicani in salsa emiliana, il malcapitato non riuscirà verosimilmente tra due mesi a inserire nell'urna elettorale la scheda griffata PD.
Ecco perché Bersani oggi affronta il Professore con un tono improvvisamente duro, del tutto imprevedibile soltanto fino alla vigilia di Natale:
"Non mi aspettavo uno scenario simile, non possiamo di nuovo affidarci a leader solitari. Monti deve dirci con chi sta, quali scelte intende fare, cosa pensa sui diritti civili. Non bastano un'agenda e un simbolo".
E criticando la discesa in campo di Monti al comando di una lista di centro, gli urla: "Questa cosa del centro nasce nel chiuso di una stanza...é una cosa che parte già vecchia, superata. Ricorda riti superati".
E, con un lapsus freudiano, sbotta: "vedo il rischio  che ci si affidi ancora a criteri che hanno già portato al fallimento".
Innanzitutto, il fallimento della strategia politica del PD.
Perché era impossibile pronosticare che il partito di centro sinistra, che da un anno a questa parte brilla di luce riflessa grazie all'incendio incontrollato nel PDL, e che la matematica prima che i sondaggi danno per favorito alla prossime Politiche del 2013, abbia senza indugio levato le ancore per dirigersi a vele spianate verso destra (rinnegando senza batter ciglio la propria più schietta anima popolare e  laburista), finendo poi per entrare in rotta di collisione proprio con la corazzata Monti di cui finora ha pattugliato il mare, assicurandone una tranquilla navigazione nonostante le acque tempestose.
Roba da autentici kamikaze!



giovedì 20 dicembre 2012

La gioiosa macchina da guerra di Bersani: l'occhetto d'oro è già suo!

Dopo la decisione di Mario Monti di scendere in campo capitanando una lista o un cartello di liste che in qualche modo, più o meno dichiaratamente, si rifaranno al suo nome, a Largo del Nazzareno, quartier generale del Pd, l'atmosfera si fa di ora in ora più pesante.
Pierluigi Bersani, dopo un anno di appassionati dibattiti su quant'è di sinistra il Mario ed aver messo la mano sul fuoco sull'agenda Monti anche per i prossimi cinque anni, si ritrova di punto in bianco a mangiare la polvere di una discesa in campo che proprio proprio non si aspettava.
Perché in Italia, solo lui non si era accorto di quanto politico fosse il sedicente governo tecnico, per giunta di quanto il suo baricentro fosse spostato a destra.
C'ha dovuto pensare lo stesso professorone a ricordarglielo ed a somministrargli per via parenterale la ferale notizia: una puntura che oltre ad essere risultata dolorosissima adesso sta diventando purulenta.
Aspettiamo ormai soltanto le reti unificate che lo facciano capire persino ai sassi.
Poverino, il trionfatore delle primarie del Pd, troppo impegnato a fare lo sgambetto a Renzi, non lo aveva ancora afferrato.
Ma adesso sa che, sfilatosi Monti e presumibilmente tutta l'ala renziana, sarà già tanto se l'irresistibile Pd, spostatosi inopinatamente a destra seguendo l'ombra del bocconiano grazie a quel genio del suo segretario, riuscirà a raggranellare alle prossime elezioni un misero 25%.
Però l'occhetto d'oro alla carriera, Pierluigi da Bettola se l'è ormai guadagnato ampiamente.
Onore al merito!

mercoledì 19 dicembre 2012

La profezia Maya e lo scioglimento delle Camere: il semestre bianco di Re Giorgio

Mentre da settimane  si sta istruendo sul niente un processo mediatico a Beppe Grillo e a Casaleggio, in fondo colpevoli soltanto di rovinare i sonni della Casta con il loro movimento politico che promette di fare il pieno di voti alle prossime elezioni, l'opinione pubblica assiste indifferente all'accelerazione impressa alla crisi del governo tecnico proprio da parte dei suoi coautori, il duo Monti-Napolitano, che si sono inventati dal niente una crisi di governo extraparlamentare in ventiquattro ore, pur di mandare gli Italiani alle urne presumibilmente a metà febbraio, cioè sotto la neve: una cosa mai vista nella storia repubblicana!

All'origine dell'improvvisa decisione di Monti di dimettersi ci sarebbero state le parole pronunciate dal segretario Pdl Angelino Alfano durante il ponte dell'Immacolata: "Consideriamo conclusa l’esperienza di questo governo", subito dopo l'astensione del Pdl sulla fiducia sul decreto sviluppo al Senato e sul decreto costi della politica alla Camera.
Ma il Governo ha continuato a governare nelle ultime due settimane come niente fosse; anzi, meglio di prima, data l'inattesa investitura fatta al premier Mario Monti proprio da Silvio Berlusconi in persona.
Adesso, quali possano essere le ragioni di far chiudere la legislatura così precipitosamente, per giunta con lo spread che ha oggi toccato un minimo di 290 punti, non è dato sapere.

Eppure Napolitano insiste: "Al voto al più presto".
Nè la nota diramata in mattinata dal Quirinale fuga i dubbi sui veri obiettivi di questa scelta: «Come è noto, il Presidente Napolitano ha ripetutamente auspicato che le elezioni si svolgessero alla scadenza naturale entro la prima metà di aprile; altrettanto noti sono i fatti politici che hanno vanificato questa possibilità. Già prima di quei fatti nuovi, la Conferenza dei Capigruppo del Senato aveva calendarizzato la discussione in Aula della legge di stabilità per il 18 dicembre. Avendo il Presidente del Consiglio preannunciato la formalizzazione delle sue irrevocabili dimissioni all'indomani dell'approvazione di questa legge, è interesse del paese evitare un prolungamento di siffatta condizione di incertezza istituzionale».
In una situazione come l'attuale di imprevista bonaccia sui mercati finanziari, quale possa essere il senso di mandare a votare gli Italiani in pieno inverno, probabilmente sotto allerta meteo, non è assolutamente comprensibile.

Che con la scusa dell'incertezza istituzionale, il nostro sovrano assoluto Re Giorgio,  malgrado si trovi in pieno semestre bianco, voglia mettere la sua ipoteca pure sul prossimo esecutivo?
E' vero che l'articolo 88 della Costituzione al 2° comma gli attribuisce tale potere, ma questo è nell'odierno scenario un potere di scioglimento tecnico, cioè di fine legislatura, nulla a che vedere con le altre fattispecie individuate in dottrina:
  1. insanabile contrasto tra Governo e Parlamento;
  2. impossibilità di formare una maggioranza;
  3. autoscioglimento delle camere;
  4. insanabile contrasto tra le due camere;
  5. venir meno della corrispondenza tra eletti e elettori;
  6. inerzia nell'attuazione della Costituzione;
  7. tentativo di sovvertimento legale della Costituzione.
Tra queste, soltanto la prima e la quinta ipotesi possono essere prese ragionevolmente in considerazione, le altre essendo completamente da escludere, del tutto fuori contesto.
Ma la prima va subito accantonata, visto che la strana maggioranza in Parlamento sta tenendo meglio di quanto i media non vogliano far credere, arrivando persino ad approvare quasi tutta d'un fiato una legge fondamentale e di alto profilo politico qual è la legge di stabilità.
  
Più verosimile la quinta ipotesi ma è almeno un anno (dall'atto dell'insediamento del governo Monti, il 16 novembre 2011) che si può asserire con certezza che non ci sia più corrispondenza tra eletti e elettori, specie dopo che il bipolarismo all'italiana è naufragato miseramente, sotto i colpi della speculazione internazionale, nel partito unico targato Monti, con Lega e Idv a fare ormai opposizione di testimonianza. 
 
Ma allora perché Napolitano vuole chiudere Camera e Senato, prima di Natale, forse già venerdì prossimo, il famigerato 21 dicembre 2012?
Qualcosa a che fare con la profezia Maya?
Se la faccenda non fosse tremendamente seria, sarebbe da scherzarci su.
Che qualcuno si voglia prendere la briga di spiegarlo una buona volta agli Italiani? 


domenica 25 novembre 2012

La sera scrivevamo (on line) per largo Fochetti

La notizia più ghiotta della settimana, ma nessuno dei media ad eccezione del Fatto Quotidiano ci ha posto attenzione, sono le dimissioni improvvise da blogger embedded della corazzata la Repubblica di Piergiorgio Odifreddi, matematico, divulgatore scientifico, intellettuale spesso controcorrente.
Che qualche giorno fa, accendendo il computer e aprendo il suo blog sulla piattaforma mediatica di Largo Fochetti, si è accorto che il suo ultimo post "Dieci volte peggio dei nazisti" era sparito, o meglio era stato rimosso. 
L'intervento, esorcizzato in punta di mouse dalla direzione del giornale, conteneva una dura critica al comportamento del governo israeliano che, prendendo spunto da alcuni razzi lanciati sul proprio territorio dai guerriglieri di Hamas, un paio di settimane fa ha scatenato l'ennesima guerra asimmetrica contro la Striscia di Gaza, con ripetute indisturbate incursioni dei suoi caccia a suon di missili e bombe contro la popolazione palestinese che hanno provocato, accanto ad enormi devastazioni,  almeno un centinaio di morti, in prevalenza donne e bambini; quelli che le autorità militari israeliane si sono subito affrettate a definire "scudi umani".
Insomma per Tel Aviv non sono le bombe israeliane ad ucciderli, sono le donne e i bambini palestinesi in cerca di guai, sommamente colpevoli di vivere nei quartieri densamente popolati dove dall'alto i caccia e gli elicotteri con la stella di David  hanno licenza di strage per portare a termine le condanne a morte pronunciate del governo Netanyahu contro gli esponenti della resistenza palestinese.
Ed a questo pensiero unico, irradiato dai network occidentali senza risparmio di energie, si sono omologati pure i nostri media anche a costo di andare contro cultura, logica e buon senso, non prima di ignorare, anzi di rimuovere, compassione e solidarietà umane.
E' così che un intervento come quello di Odifreddi non solo non può essere neppure lontanamente condivisibile per gli ideologi del pensiero liberale di Repubblica, ma neanche semplicemente tollerato in nome di Voltaire.
Al contrario,  va prontamente disinnescato perché mina alla base il pluralismo di facciata così pilatescamente messo su in decenni di edicola, declinando ideologicamente il lib-lab a giorni alterni, secondo le convenienze oligarchiche che questo giornale intimamente esprime.
Ecco perché non si può permettere neppure all'intellettuale Odifreddi di dire sommessamente, non dalle colonne del giornale ma dalla sua stanza virtuale presa in comodato d'uso, verità scomode per il mainstream e che suonano malissimo per l'establishment nostrano.
Finché ostenta il suo laicismo, lanciando strali contro le interferenze nella vita pubblica di Oltretevere, dalla cabina di regia è ben accetto.
Anzi,  per Ezio Mauro & c.,  è cosa buona e giusta che se la sia presa in un recentissimo post con  Beppe Grillo,  vomitandogli convulsamente addosso di tutto, senza un minimo di discernimento e di cautela, affibbiandogli, in una sorta di offerta speciale "tre per uno", contemporaneamente del neofascista, del neoleghista e del neoberlusconista, dopo aver equivocato goffamente l'uso del termine dummies, quando sarebbe bastato wikipedia per evitare di aprire bocca e dargli fiato.
In un caso del genere gli si dà pure l'onore dell'apertura in prima pagina!
Ugualmente, val bene Odifreddi quando fa, del tutto a sproposito, la difesa d'ufficio della pseudoscienza a seguito del pronunciamento del Tribunale dell'Aquila che ha condannato gli esperti della Commissione Grandi Rischi a sei anni di reclusione per omicidio colposo plurimo e lesioni colpose, rei di aver messo in piedi un'operazione mediatica tesa esplicitamente e unicamente a tranquillizzare la popolazione proprio alla vigilia della scossa micidiale di 6.3 punti della scala Richter, senza una effettiva valutazione del rischio.
Non si trattava, evidentemente, di prevedere la scossa fatale ma di evitare la monumentale negligenza di diffondere informazioni rassicuranti ma fasulle, che hanno finito per vanificare la più elementare attività di tutela delle persone, inducendole a restare a dormire nelle loro case.
Superficialità e inganno, altro che non aver previsto il terremoto!
Eppure le parole di Odifreddi erano queste: "La ragione, o anche solo il buon senso, dovrebbero portare a ringraziare gli scienziati per ciò che sanno e riescono a fare, e non a condannarli per ciò che non sanno e non possono fare: come le previsioni dei terremoti gli esperti sono responsabili dei pareri che hanno dato. Non sono responsabili dei suggerimenti che la protezione civile ha ritenuto di dover dare alla popolazione, in seguito a questi pareri".
Se si fosse minimamente informato si sarebbe risparmiato una simile figuraccia.
Ma tanto è bastato per coprire culturalmente, si fa per dire,  la castroneria mediatica del ministro dell'Ambiente, Corrado Clini (lo stesso che contestava negli stessi giorni inopinatamente i dati sull' inquinamento ambientale causati dall'Ilva di Taranto), che ha avuto la spudoratezza di criticare la sentenza parlando di processo a Galileo. E con lui, l'intoccabile governo dei tecnici.
In un Paese serio, un ministro del genere avrebbe già dovuto fare le valigie.
Ora Odifreddi ha deciso di prendersi una pausa di riflessione, cioè di ritirarsi in buon ordine a "coltivare il proprio giardino", nel frattempo tracciando un bilancio più che positivo della sua esperienza tra i blogger del gruppo De Benedetti.
Gli è stata lasciata carta bianca, dice lui, e delle lagnanze ricevute, magari in latino, l'editore non gli avrebbe fatto trasparire se non un vago sentore condividendo in pieno la massima spesso (erroneamente) attribuita a Voltaire "detesto ciò che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto di dirlo".
Ma quando le critiche sono pervenute in ebraico, apriti cielo!
Quello che neppure a qualche alto esponente della Chiesa cattolica era riuscito, magari quando l'opinionista sfotteva Mario Monti e Corrado Passera, Santi subito!,  per via dell'IMU inspiegabilmente abbuonata dai rigorosissimi tecnici al Vaticano, è divenuto realtà non appena la critica si è diretta, senza troppi peli sulla lingua ma con ben altre ragioni da vendere, contro l'iniziativa militare israeliana sui cieli di Gaza.
A quel punto la rappresaglia direzionale ha, pure stilisticamente, ricalcato la reazione israeliana.
Odifreddi è stato messo a tacere, senza troppi complimenti, e il suo post cancellato: mediaticamente, un'esecuzione mirata.
Ora, è vero  che in rete vige una sorta di primo principio della termodinamica secondo il quale in natura "nulla si crea, nulla si distrugge e tutto si trasforma", per cui il suo post rimosso dai censori, si può replicare infinite volte in altrettanti siti, com'egli sostiene nel post di commiato: "Cancellare un post non è, di per sè, un grande problema: soprattutto nell’era dell’informatica, quando tutto ciò che si mette in rete viene clonato e continua comunque a esistere e circolare"; tant'è che anche noi ne siamo venuti in tal modo a conoscenza.
Il fatto è che, proprio in ragione dell'inutilità e velleità di questa censura, un comportamento del genere, tanto più in un quotidiano che si fregia di rappresentare il pensiero liberale di sinistra e di essere un crocevia  ed una fucina di idee anche in contrasto tra di loro, dimostra che anche qui le grandi dichiarazioni di libertà lasciano il passo in concreto ad una gestione assai più prosaica ed opaca, oseremmo dire squadristica, del quotidiano.
Per cui chi tocca i fili (la questione israeliano-palestinese, la trattativa Stato mafia, le imbarazzanti conversazioni telefoniche tra Giorgio Napolitano e Nicola Mancino, l'appoggio senza se e senza ma al governo Monti, eccetera eccetera), virtualmente muore.
E alle ortiche il dibattito delle idee!
Questa volta ne fa le spese Piergiorgio Odifreddi ma è semplicemente l'ultimo della lista, preceduto soltanto di qualche settimana da Gustavo Zagrebelsky, l'insigne costituzionalista, svillaneggiato sulla carta stampata da un iroso Eugenio Scalfari soltanto per aver chiesto pubblicamente al Capo dello Stato una prova di buona volontà e correttezza costituzionale, rimettendo il conflitto di attribuzione contro la Procura di Palermo che ha di fatto da mesi impantanato l'indagine sulla trattativa Stato mafia.
Fra l'altro, si tratta di personalità con un pedigree di primo livello.
Figuriamoci cosa possa capitare a chi, pur nella legittimità e onesta intellettuale del proprio punto di vista, non possa vantare altrettanta certificata autorevolezza.
Ecco perché quando Odifreddi rivendica, per il tempo di permanenza del suo blog a Largo Fochetti "809 giorni di libertà", teniamo a fargli sapere, anche a costo di sconvolgerlo, che questa sua libertà è sempre stata vigilata e che, nei giorni buoni, lui stesso ha finito per essere senza saperlo (o magari senza volerlo) uno dei Masaniello mandati in avanscoperta dal duo Scalfari-Mauro & c.
Premiata ditta che, finito il tuo lavoro, sporco o pulito che sia, ben prima che tu possa profferire parola, ti spedisce il ben servito con un semplice click.
Possibile che lo scaltro Odifreddi non se ne fosse mai accorto?
Difficile pensarlo, a meno di non sentirsi Alice in Wonderland.
Ma a volte barattare la propria scapigliata curiosità intellettuale con una "invidiabile visibilità" mediatica finisce,  come si sa, per renderci piccini piccini...

domenica 11 novembre 2012

Fuori dal tunnel, lucciole per lanterne

Altra brillantissima performance di Eugenio Scalfari nel suo solito sermone domenicale.
Questa volta cerca disperatamente di dare concretezza alla sensazione di Monti che vede una luce fuori dal tunnel per l'economia italiana.
Ciò in evidente contraddizione con le previsioni del PIL italico, che l'Istat vede al -2,3% per quest'anno ed ancora ad un -0,5% per il 2013. Leggermente migliore è la previsione fatta dalla Commissione Europea che, confermando lo stesso dato per l'anno in corso, vede un -0,3% per l'anno prossimo.
Almeno altri 15 mesi ancora di recessione, con il PIL che resta in calo e il fronte lavoro che va ulteriormente peggiorando con il tasso di disocupazione che scende dal previsto 10,6% di fine anno all'11,4% dell'anno prossimo.
Ma lo scenario è ammantato da una fitta coltre di nebbia visto che i suddetti dati dipendono molto dalla prevista ripresa della domanda estera, in linea con l'incremento del commercio mondiale e del ciclo economico internazionale. Se questo però tardasse a ripartire, il vaticinio crollerebbe come un castello di carte e la situazione italiana sprofonderebbe inaspettatamente nel dramma.
Con buona pace della cancelliera tedesca Angela Merkel che, non più tardi di lunedì scorso, ha affermato al congresso regionale della Cdu che ci vorranno almeno 5 anni per superare l'attuale crisi economica.

Ammette l'Istat: "Le difficoltà finanziarie delle famiglie e la crescita della disoccupazione associate alla lunghezza della fase recessiva potrebbero amplificare i rischi al ribasso della previsione".
Ma l'impareggiabile Scalfari concorda con quello stravagante di Mario Monti nel vedere rosa: "Monti continua a segnalare una luce in fondo al tunnel e lo prendono per matto. La sua mattana sarebbe infatti contraddetta sia dalle previsioni dell'Istat sul Pil sia da quelle analoghe della Commissione di Bruxelles. Eppure - oltreché da Monti - quella luce in fondo al tunnel la vedono anche Draghi e il Fondo monetario internazionale. Come si spiega questo così netto contrasto di opinioni?
A parte una legittima differenza di punti di vista sull'andamento delle cose, c'è una cifra condivisa da tutti gli interlocutori di questo dibattito: l'andamento del Pil in Italia. Sarà del meno 2,4 o meno 2,3 quest'anno e meno 0,2 o addirittura in pareggio nel 2013. Il segno meno permane in tutti e due gli anni considerati ma tra l'uno e l'altro si registra un miglioramento di tre punti il che significa un aumento di circa 50 miliardi in cifre assolute. Non è molto ma neppure poco. Tre punti di Pil non sono una luce? "
Ma come? meno 2,3% a cui si aggiunge un ulteriore meno 0,2% per il 2013 al paese nostro fa complessivamente meno 2,5%: più recessione di così! 
Per Scalfari è invece la conferma di un miglioramento del Pil, udite udite, addirittura di 3 punti percentuali!
Cioè il minore decremento del Pil previsto per il 2013 rispetto al 2012 si trasfigura addirittura in un suo incremento del 3%!
Dove se li sarà andati a procurare questi tre punti da 50 miliardi di dollari, pardon di euro?
Se la matematica diventa un'opinione, è chiaro che da dentro al tunnel possiamo pure restare accecati dal solleone!
Basta preventivamente impasticcarsi per bene: Lucy in the Sky with Diamonds...