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domenica 25 novembre 2012

La sera scrivevamo (on line) per largo Fochetti

La notizia più ghiotta della settimana, ma nessuno dei media ad eccezione del Fatto Quotidiano ci ha posto attenzione, sono le dimissioni improvvise da blogger embedded della corazzata la Repubblica di Piergiorgio Odifreddi, matematico, divulgatore scientifico, intellettuale spesso controcorrente.
Che qualche giorno fa, accendendo il computer e aprendo il suo blog sulla piattaforma mediatica di Largo Fochetti, si è accorto che il suo ultimo post "Dieci volte peggio dei nazisti" era sparito, o meglio era stato rimosso. 
L'intervento, esorcizzato in punta di mouse dalla direzione del giornale, conteneva una dura critica al comportamento del governo israeliano che, prendendo spunto da alcuni razzi lanciati sul proprio territorio dai guerriglieri di Hamas, un paio di settimane fa ha scatenato l'ennesima guerra asimmetrica contro la Striscia di Gaza, con ripetute indisturbate incursioni dei suoi caccia a suon di missili e bombe contro la popolazione palestinese che hanno provocato, accanto ad enormi devastazioni,  almeno un centinaio di morti, in prevalenza donne e bambini; quelli che le autorità militari israeliane si sono subito affrettate a definire "scudi umani".
Insomma per Tel Aviv non sono le bombe israeliane ad ucciderli, sono le donne e i bambini palestinesi in cerca di guai, sommamente colpevoli di vivere nei quartieri densamente popolati dove dall'alto i caccia e gli elicotteri con la stella di David  hanno licenza di strage per portare a termine le condanne a morte pronunciate del governo Netanyahu contro gli esponenti della resistenza palestinese.
Ed a questo pensiero unico, irradiato dai network occidentali senza risparmio di energie, si sono omologati pure i nostri media anche a costo di andare contro cultura, logica e buon senso, non prima di ignorare, anzi di rimuovere, compassione e solidarietà umane.
E' così che un intervento come quello di Odifreddi non solo non può essere neppure lontanamente condivisibile per gli ideologi del pensiero liberale di Repubblica, ma neanche semplicemente tollerato in nome di Voltaire.
Al contrario,  va prontamente disinnescato perché mina alla base il pluralismo di facciata così pilatescamente messo su in decenni di edicola, declinando ideologicamente il lib-lab a giorni alterni, secondo le convenienze oligarchiche che questo giornale intimamente esprime.
Ecco perché non si può permettere neppure all'intellettuale Odifreddi di dire sommessamente, non dalle colonne del giornale ma dalla sua stanza virtuale presa in comodato d'uso, verità scomode per il mainstream e che suonano malissimo per l'establishment nostrano.
Finché ostenta il suo laicismo, lanciando strali contro le interferenze nella vita pubblica di Oltretevere, dalla cabina di regia è ben accetto.
Anzi,  per Ezio Mauro & c.,  è cosa buona e giusta che se la sia presa in un recentissimo post con  Beppe Grillo,  vomitandogli convulsamente addosso di tutto, senza un minimo di discernimento e di cautela, affibbiandogli, in una sorta di offerta speciale "tre per uno", contemporaneamente del neofascista, del neoleghista e del neoberlusconista, dopo aver equivocato goffamente l'uso del termine dummies, quando sarebbe bastato wikipedia per evitare di aprire bocca e dargli fiato.
In un caso del genere gli si dà pure l'onore dell'apertura in prima pagina!
Ugualmente, val bene Odifreddi quando fa, del tutto a sproposito, la difesa d'ufficio della pseudoscienza a seguito del pronunciamento del Tribunale dell'Aquila che ha condannato gli esperti della Commissione Grandi Rischi a sei anni di reclusione per omicidio colposo plurimo e lesioni colpose, rei di aver messo in piedi un'operazione mediatica tesa esplicitamente e unicamente a tranquillizzare la popolazione proprio alla vigilia della scossa micidiale di 6.3 punti della scala Richter, senza una effettiva valutazione del rischio.
Non si trattava, evidentemente, di prevedere la scossa fatale ma di evitare la monumentale negligenza di diffondere informazioni rassicuranti ma fasulle, che hanno finito per vanificare la più elementare attività di tutela delle persone, inducendole a restare a dormire nelle loro case.
Superficialità e inganno, altro che non aver previsto il terremoto!
Eppure le parole di Odifreddi erano queste: "La ragione, o anche solo il buon senso, dovrebbero portare a ringraziare gli scienziati per ciò che sanno e riescono a fare, e non a condannarli per ciò che non sanno e non possono fare: come le previsioni dei terremoti gli esperti sono responsabili dei pareri che hanno dato. Non sono responsabili dei suggerimenti che la protezione civile ha ritenuto di dover dare alla popolazione, in seguito a questi pareri".
Se si fosse minimamente informato si sarebbe risparmiato una simile figuraccia.
Ma tanto è bastato per coprire culturalmente, si fa per dire,  la castroneria mediatica del ministro dell'Ambiente, Corrado Clini (lo stesso che contestava negli stessi giorni inopinatamente i dati sull' inquinamento ambientale causati dall'Ilva di Taranto), che ha avuto la spudoratezza di criticare la sentenza parlando di processo a Galileo. E con lui, l'intoccabile governo dei tecnici.
In un Paese serio, un ministro del genere avrebbe già dovuto fare le valigie.
Ora Odifreddi ha deciso di prendersi una pausa di riflessione, cioè di ritirarsi in buon ordine a "coltivare il proprio giardino", nel frattempo tracciando un bilancio più che positivo della sua esperienza tra i blogger del gruppo De Benedetti.
Gli è stata lasciata carta bianca, dice lui, e delle lagnanze ricevute, magari in latino, l'editore non gli avrebbe fatto trasparire se non un vago sentore condividendo in pieno la massima spesso (erroneamente) attribuita a Voltaire "detesto ciò che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto di dirlo".
Ma quando le critiche sono pervenute in ebraico, apriti cielo!
Quello che neppure a qualche alto esponente della Chiesa cattolica era riuscito, magari quando l'opinionista sfotteva Mario Monti e Corrado Passera, Santi subito!,  per via dell'IMU inspiegabilmente abbuonata dai rigorosissimi tecnici al Vaticano, è divenuto realtà non appena la critica si è diretta, senza troppi peli sulla lingua ma con ben altre ragioni da vendere, contro l'iniziativa militare israeliana sui cieli di Gaza.
A quel punto la rappresaglia direzionale ha, pure stilisticamente, ricalcato la reazione israeliana.
Odifreddi è stato messo a tacere, senza troppi complimenti, e il suo post cancellato: mediaticamente, un'esecuzione mirata.
Ora, è vero  che in rete vige una sorta di primo principio della termodinamica secondo il quale in natura "nulla si crea, nulla si distrugge e tutto si trasforma", per cui il suo post rimosso dai censori, si può replicare infinite volte in altrettanti siti, com'egli sostiene nel post di commiato: "Cancellare un post non è, di per sè, un grande problema: soprattutto nell’era dell’informatica, quando tutto ciò che si mette in rete viene clonato e continua comunque a esistere e circolare"; tant'è che anche noi ne siamo venuti in tal modo a conoscenza.
Il fatto è che, proprio in ragione dell'inutilità e velleità di questa censura, un comportamento del genere, tanto più in un quotidiano che si fregia di rappresentare il pensiero liberale di sinistra e di essere un crocevia  ed una fucina di idee anche in contrasto tra di loro, dimostra che anche qui le grandi dichiarazioni di libertà lasciano il passo in concreto ad una gestione assai più prosaica ed opaca, oseremmo dire squadristica, del quotidiano.
Per cui chi tocca i fili (la questione israeliano-palestinese, la trattativa Stato mafia, le imbarazzanti conversazioni telefoniche tra Giorgio Napolitano e Nicola Mancino, l'appoggio senza se e senza ma al governo Monti, eccetera eccetera), virtualmente muore.
E alle ortiche il dibattito delle idee!
Questa volta ne fa le spese Piergiorgio Odifreddi ma è semplicemente l'ultimo della lista, preceduto soltanto di qualche settimana da Gustavo Zagrebelsky, l'insigne costituzionalista, svillaneggiato sulla carta stampata da un iroso Eugenio Scalfari soltanto per aver chiesto pubblicamente al Capo dello Stato una prova di buona volontà e correttezza costituzionale, rimettendo il conflitto di attribuzione contro la Procura di Palermo che ha di fatto da mesi impantanato l'indagine sulla trattativa Stato mafia.
Fra l'altro, si tratta di personalità con un pedigree di primo livello.
Figuriamoci cosa possa capitare a chi, pur nella legittimità e onesta intellettuale del proprio punto di vista, non possa vantare altrettanta certificata autorevolezza.
Ecco perché quando Odifreddi rivendica, per il tempo di permanenza del suo blog a Largo Fochetti "809 giorni di libertà", teniamo a fargli sapere, anche a costo di sconvolgerlo, che questa sua libertà è sempre stata vigilata e che, nei giorni buoni, lui stesso ha finito per essere senza saperlo (o magari senza volerlo) uno dei Masaniello mandati in avanscoperta dal duo Scalfari-Mauro & c.
Premiata ditta che, finito il tuo lavoro, sporco o pulito che sia, ben prima che tu possa profferire parola, ti spedisce il ben servito con un semplice click.
Possibile che lo scaltro Odifreddi non se ne fosse mai accorto?
Difficile pensarlo, a meno di non sentirsi Alice in Wonderland.
Ma a volte barattare la propria scapigliata curiosità intellettuale con una "invidiabile visibilità" mediatica finisce,  come si sa, per renderci piccini piccini...

giovedì 25 ottobre 2012

Il boom di Napolitano & Monti: debito pubblico al 126,1%!

I giornali praticamente rimuovono la notizia ma i dati certificati da Eurostat sono impietosi: la cura Monti, con il beneplacito di Napolitano, ha portato il rapporto Debito pubblico/Prodotto interno lordo in Italia alla quota straordinaria del 126,1%, come risulta nel rapporto pubblicato ieri. 
La sciagurata serie di ripetute manovre lacrime e sangue, s'intende per lavoratori e pensionati, che il governo dei bocconiani testardamente insiste a proseguire, ha portato paradossalmente l'Italia sull'orlo della catastrofe economica e finanziaria.
L'ultima perla, il disegno di legge di Stabilità (la Finanziaria di una volta!) è così demenzialmente iniquo, spostando il carico fiscale dall'imposizione diretta a quella indiretta proprio nel corso di una recessione pesantissima, con l'effetto inevitabile di danneggiare ancora una volta le fasce più deboli della popolazione, che viene da pensare che questi tecnici oltre che seguire pedissequamente i diktat tedeschi abbiano inforcato i paraocchi ideologici del liberismo più becero e, con la scusa della crisi, vogliano portare a compimento, per conto dell'élite tenocratica, una loro personalissima lotta di classe.
Del resto, la tanto decantata fiducia che Mario Monti avrebbe fatto riconquistare all'Italia sulla scena europea, grazie alla sua 'serietà' e a quel suo personalissimo aplomb cibernetico significa nella sostanza adottare brutalmente le ricette economiche dei tedeschi e dei paesi nordici che impongono ai paesi mediterranei enormi quanto inutili sacrifici. E' stato lo stesso premier ad ammetterlo: «Per evitare la catastrofe, abbiamo dovuto compiere un’operazione brutale».
La sua grande reponsabilità però è stata di rivolgere tanta brutalità non a 360 gradi ma di puntare ad alzo zero soltanto sui ceti popolari.
Inoltre, da un leader di statura europea ci si sarebbe aspettati una maggiore capacità di interdizione nei confronti dell'egoismo miope e veteronazionalista dei paesi del Nord Europa e soprattutto una maggiore capacità di proposta.
Di più, di fare fronte comune con gli altri paesi mediterranei, che continuano a pagare il conto più alto per gli errori madornali commessi da Angela Merkel, ossessionata da antiche paure inflazionistiche e divenuta sacerdotessa del sacro rigore economico quasi lo considerasse una moderna forma di penitenza da imporre agli incorreggibili e gaudenti popoli latini. 
Invece, niente di tutto questo: la cessione di sovranità nazionale che in questi mesi si è andata consumando ai danni dell'Italia, a partire dall'approvazione del Fiscal Compact e dell'inserimento in Costituzione del pareggio di bilancio, dimostra inequivocabilmente che la serietà montiana in campo europeo si traduce inevitabilmente nella supina sottomissione italiana agli interessi dei paesi forti dell'UE.
L'illusione del governo di Monti, Fornero e Passera (a proposito, l'immobilismo del Ministro dello Sviluppo Economico è là a certificare, al di là di ogni ragionevole dubbio, la totale inadeguatezza dei tecnici al compito che Napolitano gli aveva affidato) sta quindi desolatamente svanendo, lasciandoci nell'emergenza ma ormai pure tra le macerie!
Ha ragione Beppe Grillo quando sferza i siciliani alla vigilia delle Regionali: meglio un sogno perduto che un suicidio assistito!

mercoledì 12 settembre 2012

Professori allo sbaraglio: le "perle" di Monti e Passera

Con tutti gli indicatori economici in picchiata, il governo Monti sta penosamente annaspando e ormai si affida al governatore della BCE, Mario Draghi, per restare a galla.
Dopo dieci mesi di totale latitanza sul fronte dell'economia reale, senza uno straccio di politica industriale e di idea per il futuro del paese che non sia l'ormai logoro riflesso ideologico del liberismo più oltranzista come si sono rivelati essere la riforma delle pensioni e l'abolizione de facto dell'articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori, il professorone della Bocconi affida alla politica monetaria di Draghi la difesa di un esecutivo allo sbando.
La linea del Piave è diventata la seguente: per SuperMario senza la sua politica lacrime e sangue, l'Italia oggi sarebbe stata considerata dai partners europei poco seria e ciò non avrebbe consentito a Mario Draghi di imporre al board della BCE quasi all'unanimità (col solo voto contrario del membro tedesco) l'impegno ad una politica monetaria più espansiva in soccorso di quei paesi, come l'Italia e la Spagna, che pur in gravi difficoltà, stanno facendo i famigerati compiti a casa, benché a costo di enormi sacrifici.
In questo modo Monti cerca di sottrarsi alla marcatura ormai asfissiante di quanti, su vari fronti, gli contestano l'assoluta inconsistenza dei risultati raggiunti che, rispetto alla data del suo insediamento nel novembre scorso, sono tutti in netto peggioramento.
Il meno 2,6% del PIL comunicato due giorni fa dall'Istat  è un dato così drammatico (per giunta arrivato al quinto anno di crisi economico-finanziaria!), da racchiudere in sè tutti gli altri dati negativi:  rapporto debito/pil, inflazione, disoccupazione, deficit pubblico, ecc.
Non potendo quindi che presentare un carniere vuoto, Monti cerca di brillare di luce riflessa, ammonendoci: senza di me, Draghi non avrebbe potuto convincere i tedeschi ad allentare i cordoni della borsa.
Come in effetti, se andiamo a vedere, neppure il più brillante Mario Draghi è riuscito a fare.
La politica di sostegno, per quantità illimitate, dei titoli di stato da uno a tre anni sul mercato secondario (e non, come sarebbe stato più efficace, su quello delle nuove emissioni) dei paesi europei in difficoltà, è infatti condizionata al proseguimento di una politica fiscale di estremo rigore cioè diligentemente restrittiva.
Come le due cose si possano combinare in modo felice, permettendo all'Italia di venir fuori dalle sabbie mobili della profonda recessione in cui è precipitata, resta un mistero.
Tant'è che la forte caduta dello spread BTP-Bund tedeschi ad un livello che resta comunque molto elevato nel medio periodo (oggi, dopo l'atteso e importante pronunciamento favorevole della Corte costituzionale tedesca sul Fondo salvastati ESM, è inchiodato sopra la pericolosa quota 340), non esclude la possibilità che il governo italiano debba comunque chiedere entro fine anno aiuto alla troika BCE - Fondo Monetario Internazionale - Commissione Europea, concordando nuove condizioni capestro ed ulteriori pesanti misure di finanza pubblica. Per il Financial Times, non ha scampo.
L'altro giorno, Mr. Monti ha avuto finalmente la schiettezza di ammettere che la sua politica economica ha aggravato la recessione ma in vista di "un risanamento a lungo termine. Quando a questo governo è stato chiesto di trattare un caso non semplice, ci siamo posti il tema se comportarci con una visione di lungo periodo o se cercare di fare un surfing sulle onde della tempesta finanziaria. Penso che le nostre decisioni abbiano contribuito ad aggravare la situazione congiunturale, è ovvio. Ma è solo così che si può avere qualche speranza un pochino più in là di vedere risanata in maniera durevole la situazione".
Come sia possibile realizzare il risanamento a lungo termine provocando subito una durissima recessione è cosa che neppure spulciando imponenti trattati di economia è facile capire, essendo palesemente contraddittoria. 
Non a caso nessun economista si è cimentato nell'impresa impossibile e meno che mai ha cercato di addentrarsi nel Monti pensiero.
La cosa deve essere suonata così male nelle redazioni dei giornali che i quotidiani tradizionalmente fiancheggiatori del premier, Corriere e Repubblica, hanno bucato la notizia, preferendo trattare dell'incontro tra governo e sindacati.
Durante il quale Corrado Passera, Superministro economico, ha dichiarato che l'incremento dei salari è possibile a condizione che ci sia un aumento di produttività.
Ma come? I consumi interni sono fermi, le aziende non producono più perché hanno i magazzini pieni (classica crisi da mancanza di domanda) e qual è la ricetta avanzata dal ministro dello Sviluppo economico? Aumentare la produttività!
Cioè, a parità di stock di capitale e di livello di produzione (insensato sarebbe aumentarla di questi tempi!), ridurre la forza lavoro, aumentando così la disoccupazione.
Splendido!
Per seppellire la castroneria di Monti, i media hanno finito, senza accorgersene, per sottolineare una dichiarazione ancora più stravagante del suo emerito collega.
Li vogliamo definire professori allo sbaraglio?

martedì 28 febbraio 2012

PD e PDL sul TAV, Treno ad Alta Vergogna

Nonostante la crisi economica e finanziaria, il governo dei tecnici, alias duopolio PD-PDL, sta ingaggiando con la popolazione della Val di Susa (e non solo!) una battaglia senza precedenti e senza esclusione di colpi, sordo a qualsiasi appello alla riflessione che dalla società civile si sta alzando, disposto a tutto pur di avviare un'opera gigantesca, dai costi folli, unanimamente riconosciuta del tutto inutile dai maggiori esperti del settore.
Per la politica, si va avanti come se niente fosse, perché di fronte agli appalti miliardari, non c'è manifestazione pacifica che possa sia pure semplicemente rallentare, meno che mai bloccare, l'avanzata delle ruspe.
Ormai è chiaro che gli uomini del PD e del PDL, nascosti dietro gli pseudotecnici del governo Monti,  non sono in alcun modo disposti ad aprire una discussione pubblica sulla fattibilità di un'opera da 20 miliardi di euro preventivati, infischiandosene altamente del dissenso generale, in un periodo in cui ci dicono di continuo non esserci i soldi per nulla: per la sanità, per la manutenzione stradale, per il dissesto idrogeologico del nostro paese,  per mettere in sicurezza le tante scuole fatiscenti, per costruire nuove carceri, per fare il pieno alle macchine della polizia, per mantenere le detrazioni fiscali a lavoratori e pensionati, per i beni culturali, per la ricerca scientifica,... insomma per una miriade di necessità pubbliche. 
Eppure per la TAV, che distruggerà una valle alpina creando per giunta infiniti problemi ambientali, i soldi ci sono eccome.
E si va avanti, costi quel che costi, anche se bisogna militarizzare una vasta zona pedemontana, anche se ci può scappare il morto.
Il ministro dello sviluppo economico, Corrado Passera, all'indomani del gravissimo incidente occorso a Lucca Abbà, uno dei leader della protesta locale contro la TAV, non sa fare altro che dire: "Si va avanti".
Ma a che titolo parla? Chi lo ha eletto per prendere una posizione così poco tecnica e tanto cinica?
Ah, dimenticavamo: l'ABC della Casta, il trio Alfano-Bersani-Casini, quelli dell'inedita alleanza tecnica.
Massimo Giannini, dai microfoni Rai di Prima Pagina, la popolare trasmissione mattutina di RadioTre, ha detto che il governo Monti rappresenta non la sospensione della democrazia, semmai la sospensione della politica.
Come se fosse possibile avere in una democrazia parlamentare disinvoltamente il commissariamento della politica senza che questo comporti ipso facto la fine della democrazia tout court.
Ma  questa è pure la Caporetto dell'intellighenzia, dei media che in queste settimane stanno facendo di tutto per derubricare la protesta TAV a mera questione di ordine pubblico.
Così gli oppositori della Val di Susa diventano amici e fiancheggiatori dei terroristi o essi stessi terroristi, pur con le sembianze di pensionati, lavoratori, sindaci, giovani coppie con bambini, artigiani, commercianti, maestre.
La politica è così prona di fronte agli interessi miliardari che si stanno concentrando sulla valle (basti pensare al business del movimento terra per scavare un doppio buco da 50 chilometri di lunghezza divorando roccia con presenza di amianto) che preferisce restare dietro le quinte mandando  i cosiddetti tecnici in avanscoperta a continuare il gioco sporco già avviato nella fase esecutiva dal governo Berlusconi.
Mentre i media li spalleggiano affrettandosi a dire che ormai, per quanto l'opera possa rivelarsi inutile e dannosa, la decisione è ormai stata presa (da chi?) ed è ormai irrevocabile.
Marco Imarisio, oggi, dalle colonne del Corriere della Sera commenta con parole che non esitiamo a definire agghiaccianti la situazione che si è venuta a creare in Val di Susa, rinfacciando ai politici di non aver detto parole chiare sulla vicenda e cioè che la protesta delle popolazioni della valle è una "causa persa" perchè l'opera si deve fare, punto e basta.
E chi si oppone non è un portatore di interessi legittimi, nella migliore delle ipotesi è un visionario, probabilmente è un matto.
A questo livello di intolleranza e di degrado culturale è giunto il dibattito civile nel nostro paese!
Eppure sono vent'anni che si è premuto sull'acceleratore di questo inferno prossimo venturo, senza che la politica e la nostra classe dirigente si siano sentite in dovere, per una volta almeno, di interpellare i cittadini che, da subito e spontaneamente, hanno fatto sentire la loro voce contraria.
Ma non c'è peggior sordo di chi non vuol sentire. 
Così PD e PDL hanno stretto un patto di ferro per decidere sopra la testa della gente.
Guarda un po', dopo tanti scontri al calor bianco,  è proprio in questo che hanno trovato unità d'intenti: nel fare carta straccia della sovranità popolare.
Insomma,  la TAV come l'articolo 18, come la riforma delle pensioni, come le liberalizzazioni fasulle... alla faccia della democrazia rappresentativa!
Ma ormai non si vergognano più di niente, disposti a fare carte false pur di restare a galla.
Ecco perché, con tutta probabilità, alle prossime elezioni amministrative, non avendo il coraggio di presentarsi con il proprio simbolo, PD e PDL raccoglieranno voti sotto le mentite spoglie delle liste civiche.
Nel frattempo sono  montati, senza pagare, sul Treno ad Alta Vergogna.
E ci fanno pure la predica che questa è la modernità...

PS (29/02/2012 h. 9.00): ieri sera a Ballarò show del segretario generale CISL Raffaele Bonanni che, col suo classico linguaggio sgangherato, ha difeso la TAV con parole e toni più consoni ad un padrone delle ferriere che ad un leader sindacale.
Oltre a dare informazioni false (ad esempio, che mancherebbe all'ultimazione dell'infrastruttura europea solo il tratto italiano),  il massimo della sua argomentazione è stato quello di dire che se non facessimo la TAV "noi non investiremmo un soldo e faremmo ridere l'Europa".
Onore al merito!

sabato 24 dicembre 2011

Lo spread che non scende: il bluff del governo Monti

La manovra del governo Monti, un confuso accrocchio di tasse destinate a colpire esclusivamente pensioni, lavoro e redditi bassi, ha avuto nella settimana di Natale il via libero definitivo dal Senato. 
La Casta l'ha votata compatta, anche se con qualche ulteriore defezione, facendo finta di guardare da un'altra parte; anzi, senza ritegno, di lamentarsene con i propri elettori.
E' dovuto intervenire lo stesso Mario Monti a svelare il doppio gioco: «Vorrei dire ai cittadini che l`appoggio che questo Governo sta ricevendo è molto più grande di quello che i partiti lasciano credere o dichiarano».
Insomma il capo del governo non ci sta a fare il capro espiatorio di una situazione che si sta avvitando su se stessa e che, anche grazie ai suoi uffici, sta diventando di giorno in giorno più difficile.
Lo scenario in queste due ultime settimane si è fatto infatti ancora più scuro e inquietante.
La manovra del preside Monti e di quei professoroni è appositamente studiata per far versare lacrime e sangue ai soliti noti: lavoratori, pensionati, famiglie a basso reddito.
Non c'è un solo provvedimento che riesca semplicemente a fare il solletico ai ricchi: viene il sospetto che tutte le misure siano state studiate proprio per non disturbare più di tanto il manovratore, cioé la nostra avida classe dirigente.
Un esempio? La tassa sulle attività finanziarie.
E' stata congegnata dai tecnici ministeriali come un'imposta di bollo con aliquota pari all'1 per mille nel 2012 e all'1,5 per mille nel 2013. Ma attenzione: nel 2012, oltre al limite minimo di 34,2 euro, è previsto un tetto massimo di 1.200 euro.
Traduzione: se, da morto di fame, hai titoli per 1'000 euro paghi di bollo il 3,42%; ma se hai in banca 10 milioni ne paghi solo 1'200 euro, cioè lo 0,01%. Alla faccia dell'equità.
E del conflitto d'interessi: raccontano le cronache che il superministro Corrado Passera possiede, titolo più titolo meno, solo in stock options per essere stato amministratore delegato di Intesa San Paolo, 7 milioni di azioni; al prezzo di ieri, antivigilia di Natale, fanno  la bella cifra di 9.170.000 euro.
E di bollo paga solo il massimo stabilito: i famosi 1'200 euro ovvero lo 0,013% del gruzzolo accumulato. Decisamente conveniente: un risparmio di circa 8'000 euro!
Quanto all'asta sulle frequenze televisive, tutti hanno potuto vedere con quanto imbarazzo e quale circospezione ha promesso di intervenire, incalzato da Fabio Fazio domenica scorsa nella puntata di Che tempo che fa.

E sull'impegno assunto che dopo la fase 1, questa del rigore, si passerà alla fase 2 della crescita, si tratta della classica leggenda metropolitana, di cui è lastricata la storia d'Italia, almeno  da vent'anni a questa parte.
Anche perché una manovra che sia severa e oculatamente iniqua, come quella varata da Mario Monti, non solo è moralmente e politicamente inaccettabile ma, a dispetto della nutrita pattuglia dei benpensanti che ne colgono le magnifiche sorti e progressive, economicamente insostenibile in quanto gravemente recessiva.
Non è un caso che l'Istat, dopo aver esitato a lungo, abbia comunicato che il terzo trimestre del 2011 si è chiuso con un Pil a -0,2%: ovvero, grazie alle due-tre manovrine di Tremonti, già dall'estate scorsa siamo entrati in recessione.
Immaginate adesso come si possa chiudere il 2011, dopo che il collegio dei docenti ha deliberato di accanirsi sul fu ceto medio.
Ecco perché il famigerato spread non scende: se all'insediamento di Monti stava a 518 punti, ieri a manovra approvata, è rimasto a lungo a quota 515 per poi ritracciare comunque sopra i 500.
Ma non ci avevano detto che andando in pensione a 70 anni e con quattro centesimi di vitalizio, o non andandoci per niente immolati sul posto di lavoro, lo spread sarebbe velocemente sceso e gli Italiani (non la Casta!) avrebbero vissuto finalmente felici e contenti?
Panzane o meglio la solita bugia pietosa per far inghiottire la pillola amara a milioni di Italiani.
Che poi questa non sia una medicina ma si riveli un veleno letale e rischi addirittura di far stramazzare il nostro paese è un dettaglio che i media si guardano bene dal far trapelare.
Stamattina Massimo Giannini parla di circolo vizioso tra il debito pubblico che non si scalfisce e un Pil che tracolla; purtroppo tutto ciò era ampiamente prevedibile, non bisognava essere un pozzo di scienza per pronosticarlo da mesi.
Così fa bene Scalfari, freschissimo di figuraccia con le sue fasulle previsioni da 'tecnico', a tentare di farcele dimenticare girando per un po' alla larga dall'attualità economico finanziaria per interrogarsi, molto più innocuamente e soavemente, sul senso della vita con il cardinale Martini.
Fa male, invece, il suo vicedirettore Massimo Giannini  quando attribuisce la disfatta di Monti alle incertezze di Eurolandia (ripetendo il leitmotiv di Berlusconi di tutta l'estate) ma soprattutto al quadro politico instabile e alla fragilità di un governo sostenuto, come dice lui, da "azionisti riluttanti".
Si tratta di un grossolano abbaglio.
Mai nella storia repubblicana un governo ha potuto contare su numeri in Parlamento così larghi, nonostante diffusi mal di pancia.
Il fatto è che, grazie ad un Pd del tutto irrilevante, le misure adottate da Monti sono le stesse che avrebbe adottato Berlusconi se fosse restato in sella: antipopolari e recessive.
Perciò i mercati non si fidano: come scommettere su un Paese, acquistandogli i titoli del debito pubblico, quando il suo Pil è in caduta libera proprio grazie al governo Monti?
Se Bersani nel frattempo non si fosse ritagliato il ruolo di comparsa, restando assente dal dibattito politico e intervenendo a giochi fatti, sospinto sulla scena solo dai mugugni del partito persino su una questione cruciale come  l'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, probabilmente si sarebbe potuto fare una manovra che, a parità di saldi, avrebbe potuto essere non solo equa ma di stimolo per l'economia.
Costringendo finalmente a pagare evasori fiscali e quanti vivono ben al di sopra dei propri meriti.
Pure l'intervento correttivo sulle pensioni d'oro (quelle dai 200'000 euro annui in su)  promesso dal ministro del Welfare Elsa Fornero è stato alla fine ridimensionato: dal 25% di contributo annunciato al 15% deliberato.
Insomma, mentre i problemi finanziari restano intatti e quelli economici, abbandonati a se stessi, si complicano con conseguenze forse irrimediabili, si insiste a parlare di flessibilità del mercato del lavoro.
Un paese allo stremo, senza una politica industriale, con un equilibrio sociale sempre più precario, con servizi pubblici allo sfascio, collegamenti ferroviari che spaccano in due il paese, si permette però il lusso di acquistare dagli USA tra i 15-20 miliardi di cacciabombardieri d'attacco, rifinanziare le missioni militari all'estero, firmare il contratto con la Francia per l'avvio dei lavori per la TAV impegnandosi come prima tranche per 2,7 miliardi.
Roba da matti, come non dice in questo caso l'ineffabile Pierluigi Bersani.
Buon Natale.