I lettori di Repubblica si saranno sicuramente accorti che il suo fondatore, Eugenio Scalfari, sta attraversando un periodo assai fervido e fecondo, insomma una seconda giovinezza. Dando il meglio di sé proprio in coincidenza con la crisi politica italiana e la tempesta finanziaria che si è abbattuta sul nostro paese.
Oltre ad analizzare dal suo consueto osservatorio domenicale la crisi politica italiana dispensando consigli e ammonimenti a coloro che ne sono e ne restano i protagonisti, ha iniziato a tessere le lodi del governo Monti prima ancora che il professore lasciasse la sua scrivania all'università Bocconi.
Come i lettori di questo blog sanno, già il 10 novembre la corazzata mediatica del gruppo De Benedetti aveva preso il largo invocando il suo incarico per intercessione del presidente Napolitano e sparando ad alzo zero contro chiunque, fosse pure Antonio Di Pietro, avesse voluto eccepire alcunché.
Il 27 novembre Scalfari scendeva direttamente in campo non mandandole a dire a quanti a sinistra (ma anche sul fronte opposto) restavano perplessi sull'opportunità politica di un governo tecnico senza un passaggio elettorale che ne ratificasse l'imprevisto insediamento: "Questo è lo schema del governo istituzionale e costituzionale. Chi non capisce che esso non confisca affatto la democrazia e non umilia affatto il Parlamento, al quale anzi affida piena centralità svincolandolo anche dalla sudditanza ai voleri del "premier" (com'è accaduto nell'appena trascorso decennio berlusconiano) e potenziando il suo diritto-dovere di controllare il governo e la pubblica amministrazione; chi non capisce queste lapalissiane verità è in palese malafede oppure mi permetto di dire che è un perfetto imbecille."
Parole talmente sopra le righe da costringere tre giorni fa persino il curatore della sua opera omnia in Mondadori, che sta lavorando alla stesura di un Meridiano a lui dedicato, Angelo Cannatà, a prenderne le distanze indirizzandogli una lettera aperta su Il Fatto Quotidiano: "Non va bene. L’intellettuale che ho apprezzato leggendo [...] non può aver pensato davvero che quanti usano una chiave ermeneutica diversa dalla sua, siano “perfetti imbecilli”.
Parole gettate al vento, perché non solo Scalfari non si è rimangiato la voce dal sen fuggita ma, nell'editoriale di ieri il cui titolo eloquentemente recita I due Mario l'Europa l'hanno salvata, ha cantato il Magnificat per il tandem Draghi-Monti, pronosticando già per la giornata di oggi un andamento dei mercati euforico, ergendosi addirittura a termometro degli stessi.
Infatti scrive che dopo la riunione della BCE del 7 dicembre e il successivo Consiglio dei capi di governo UE, "il mio ottimismo si è rafforzato. Lo dichiaro qui perché, oltre ad essere un giornalista, sono anche un risparmiatore, un consumatore, un elettore, sicché il mutamento delle mie aspettative potrebbe anche rappresentare un "test" di analoghi mutamenti sociali. Del resto i mercati di venerdì l'hanno già resi visibili ed è probabile che i mercati di domani emettano un giudizio ancora più esplicito per quanto riguarda lo "spread", l'andamento delle Borse e il rendimento dei debiti sovrani."
Detto fatto! Oggi, a mezz'ora dalla chiusura, l'indice FTSE della Borsa di Milano accusa un calo del 3,39% in un contesto europeo tutto negativo con le borse di Francoforte, Londra e Parigi che registrano pesanti ribassi, inferiori sia pur di poco a quelli di Piazza Affari; e il famigerato spread Btp-bund tornato pericolosamente sopra i 450 punti.
Eh Scalfari, come la mettiamo adesso con questo inaspettato "umore nerissimo dei mercati"? E con i media che hanno giudicato nel complesso deludente la Tregiorni europea tra Francoforte e Bruxelles?
Possibile che siano tutti imbecilli, persino i tanto osannati mercati?
Ma in fondo non ci voleva tanto a capire che il vertice europeo si era concluso, se non con un nulla di fatto, ben al di sotto delle aspettative. A parte il 'piccolo' particolare dell'Inghilterra che ha fatto le valigie da Eurolandia, peraltro rispettando i pronostici dei bookmakers, resta il fatto che la sovranità fiscale dell'Europa è di là da venire (se ne riparlerà di nuovo più concretamente nel marzo prossimo) e il tutto resta aggrappato ad un comunicato finale dei capi di governo quantomai fumoso e zeppo di bizantinismi.
Nel frattempo la tempesta finanziaria è lungi dall'essersi placata.
Si sta, come d'autunno, sugli alberi, le foglie.
L'Europa targata Merkel, con la fissazione dei conti in ordine, si avvia a condannare i propri membri ad una severa recessione, avendo in scarso peso l'indiscutibile verità che il risanamento finanziario è impossibile senza crescita economica; anzi ne rappresenta la principale controindicazione.
Eppure la Grande Depressione degli anni Trenta avrebbe dovuto insegnare qualcosa! Ma nella plumbea atmosfera dei vertici europei a guida tedesca la grande lezione di John Maynard Keynes è stata immolata sull'altare del più bieco monetarismo.
Così mentre a Francoforte Mario Draghi ha il suo bel da fare per indurre a più miti consigli i membri del direttorio della BCE; Mario Monti, per legittimarsi agli occhi dei tedeschi, impone agli Italiani una pesante stangata fatta tutta di misure antipopolari, dal fortissimo impatto recessivo.
Per giunta di scarsissimo livello intellettuale.
Proprio non ci voleva un professore della Bocconi per aumentare il prezzo dei carburanti, l'Iva, raddoppiare l'Ici, deindicizzare le pensioni, allungare bruscamente l'età pensionabile, tagliare i trattamenti pensionistici.
E al tempo stesso assegnare gratis le frequenze TV liberate dal digitale terrestre cancellando i sicuri lauti proventi di un'asta pubblica, rinunciare a priori ai proventi di un'imposta patrimoniale, riscudare i capitali all'estero con un ridicolo 1,5%, rinviare alle calende greche i tagli ai costi della politica.
Lo stesso Scalfari, pur avendo sponsorizzato il governo Monti ben prima della prima ora, è costretto ad ammettere che "dopo il bollino del rigore che ha recuperato la nostra credibilità nelle sedi internazionali" sul fronte dello stimolo della domanda "Monti ci ha lasciato a bocca asciutta". Che è un po' come mettere le mani avanti di fronte al crescente e diffuso malcontento sociale.
Ma come abbiamo potuto osservare con le previsioni fasulle di Scalfari, i cosiddetti 'tecnici' sono capaci di dire e di fare tutto e l'esatto contrario, perché le questioni prima di essere tecniche e economiche sono profondamente politiche.
Ecco perché restiamo contrari al finto governo tecnico che fa rientrare dalla finestra quello che la politica ha, solo apparentemente, messo fuori dalla porta.
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