sabato 24 dicembre 2011

Lo spread che non scende: il bluff del governo Monti

La manovra del governo Monti, un confuso accrocchio di tasse destinate a colpire esclusivamente pensioni, lavoro e redditi bassi, ha avuto nella settimana di Natale il via libero definitivo dal Senato. 
La Casta l'ha votata compatta, anche se con qualche ulteriore defezione, facendo finta di guardare da un'altra parte; anzi, senza ritegno, di lamentarsene con i propri elettori.
E' dovuto intervenire lo stesso Mario Monti a svelare il doppio gioco: «Vorrei dire ai cittadini che l`appoggio che questo Governo sta ricevendo è molto più grande di quello che i partiti lasciano credere o dichiarano».
Insomma il capo del governo non ci sta a fare il capro espiatorio di una situazione che si sta avvitando su se stessa e che, anche grazie ai suoi uffici, sta diventando di giorno in giorno più difficile.
Lo scenario in queste due ultime settimane si è fatto infatti ancora più scuro e inquietante.
La manovra del preside Monti e di quei professoroni è appositamente studiata per far versare lacrime e sangue ai soliti noti: lavoratori, pensionati, famiglie a basso reddito.
Non c'è un solo provvedimento che riesca semplicemente a fare il solletico ai ricchi: viene il sospetto che tutte le misure siano state studiate proprio per non disturbare più di tanto il manovratore, cioé la nostra avida classe dirigente.
Un esempio? La tassa sulle attività finanziarie.
E' stata congegnata dai tecnici ministeriali come un'imposta di bollo con aliquota pari all'1 per mille nel 2012 e all'1,5 per mille nel 2013. Ma attenzione: nel 2012, oltre al limite minimo di 34,2 euro, è previsto un tetto massimo di 1.200 euro.
Traduzione: se, da morto di fame, hai titoli per 1'000 euro paghi di bollo il 3,42%; ma se hai in banca 10 milioni ne paghi solo 1'200 euro, cioè lo 0,01%. Alla faccia dell'equità.
E del conflitto d'interessi: raccontano le cronache che il superministro Corrado Passera possiede, titolo più titolo meno, solo in stock options per essere stato amministratore delegato di Intesa San Paolo, 7 milioni di azioni; al prezzo di ieri, antivigilia di Natale, fanno  la bella cifra di 9.170.000 euro.
E di bollo paga solo il massimo stabilito: i famosi 1'200 euro ovvero lo 0,013% del gruzzolo accumulato. Decisamente conveniente: un risparmio di circa 8'000 euro!
Quanto all'asta sulle frequenze televisive, tutti hanno potuto vedere con quanto imbarazzo e quale circospezione ha promesso di intervenire, incalzato da Fabio Fazio domenica scorsa nella puntata di Che tempo che fa.

E sull'impegno assunto che dopo la fase 1, questa del rigore, si passerà alla fase 2 della crescita, si tratta della classica leggenda metropolitana, di cui è lastricata la storia d'Italia, almeno  da vent'anni a questa parte.
Anche perché una manovra che sia severa e oculatamente iniqua, come quella varata da Mario Monti, non solo è moralmente e politicamente inaccettabile ma, a dispetto della nutrita pattuglia dei benpensanti che ne colgono le magnifiche sorti e progressive, economicamente insostenibile in quanto gravemente recessiva.
Non è un caso che l'Istat, dopo aver esitato a lungo, abbia comunicato che il terzo trimestre del 2011 si è chiuso con un Pil a -0,2%: ovvero, grazie alle due-tre manovrine di Tremonti, già dall'estate scorsa siamo entrati in recessione.
Immaginate adesso come si possa chiudere il 2011, dopo che il collegio dei docenti ha deliberato di accanirsi sul fu ceto medio.
Ecco perché il famigerato spread non scende: se all'insediamento di Monti stava a 518 punti, ieri a manovra approvata, è rimasto a lungo a quota 515 per poi ritracciare comunque sopra i 500.
Ma non ci avevano detto che andando in pensione a 70 anni e con quattro centesimi di vitalizio, o non andandoci per niente immolati sul posto di lavoro, lo spread sarebbe velocemente sceso e gli Italiani (non la Casta!) avrebbero vissuto finalmente felici e contenti?
Panzane o meglio la solita bugia pietosa per far inghiottire la pillola amara a milioni di Italiani.
Che poi questa non sia una medicina ma si riveli un veleno letale e rischi addirittura di far stramazzare il nostro paese è un dettaglio che i media si guardano bene dal far trapelare.
Stamattina Massimo Giannini parla di circolo vizioso tra il debito pubblico che non si scalfisce e un Pil che tracolla; purtroppo tutto ciò era ampiamente prevedibile, non bisognava essere un pozzo di scienza per pronosticarlo da mesi.
Così fa bene Scalfari, freschissimo di figuraccia con le sue fasulle previsioni da 'tecnico', a tentare di farcele dimenticare girando per un po' alla larga dall'attualità economico finanziaria per interrogarsi, molto più innocuamente e soavemente, sul senso della vita con il cardinale Martini.
Fa male, invece, il suo vicedirettore Massimo Giannini  quando attribuisce la disfatta di Monti alle incertezze di Eurolandia (ripetendo il leitmotiv di Berlusconi di tutta l'estate) ma soprattutto al quadro politico instabile e alla fragilità di un governo sostenuto, come dice lui, da "azionisti riluttanti".
Si tratta di un grossolano abbaglio.
Mai nella storia repubblicana un governo ha potuto contare su numeri in Parlamento così larghi, nonostante diffusi mal di pancia.
Il fatto è che, grazie ad un Pd del tutto irrilevante, le misure adottate da Monti sono le stesse che avrebbe adottato Berlusconi se fosse restato in sella: antipopolari e recessive.
Perciò i mercati non si fidano: come scommettere su un Paese, acquistandogli i titoli del debito pubblico, quando il suo Pil è in caduta libera proprio grazie al governo Monti?
Se Bersani nel frattempo non si fosse ritagliato il ruolo di comparsa, restando assente dal dibattito politico e intervenendo a giochi fatti, sospinto sulla scena solo dai mugugni del partito persino su una questione cruciale come  l'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, probabilmente si sarebbe potuto fare una manovra che, a parità di saldi, avrebbe potuto essere non solo equa ma di stimolo per l'economia.
Costringendo finalmente a pagare evasori fiscali e quanti vivono ben al di sopra dei propri meriti.
Pure l'intervento correttivo sulle pensioni d'oro (quelle dai 200'000 euro annui in su)  promesso dal ministro del Welfare Elsa Fornero è stato alla fine ridimensionato: dal 25% di contributo annunciato al 15% deliberato.
Insomma, mentre i problemi finanziari restano intatti e quelli economici, abbandonati a se stessi, si complicano con conseguenze forse irrimediabili, si insiste a parlare di flessibilità del mercato del lavoro.
Un paese allo stremo, senza una politica industriale, con un equilibrio sociale sempre più precario, con servizi pubblici allo sfascio, collegamenti ferroviari che spaccano in due il paese, si permette però il lusso di acquistare dagli USA tra i 15-20 miliardi di cacciabombardieri d'attacco, rifinanziare le missioni militari all'estero, firmare il contratto con la Francia per l'avvio dei lavori per la TAV impegnandosi come prima tranche per 2,7 miliardi.
Roba da matti, come non dice in questo caso l'ineffabile Pierluigi Bersani.
Buon Natale.

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