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mercoledì 29 luglio 2015

L'incendio a Fiumicino. Angelino, se ci sei, batti un colpo!

Che l'aeroporto internazionale della Capitale, in pieno periodo di vacanze col solleone, vada in tilt perché un malvivente ha dato fuoco a delle sterpaglie, può succedere solo in Italia!
Gravissime sono le responsabilità del governo: inammissibile che nonostante la presenza dei Vigili del Fuoco in pianta stabile allo scalo, la vicinanza al mare, sia stato necessario bloccare il traffico aereo per avere ragione delle fiamme!
Il governo Renzi, quando si tratta di tartassare i cittadini con liberalizzazioni e tagli di spesa, è sempre pronto a rispolverare l'orgoglio nazionale.
Ma come ci si può sentire da Italiani se il suo esecutivo non è in grado di predisporre minimi servizi di sicurezza per evitare l'incendio della pineta ed una figuraccia di proporzioni intercontinentali?
Stasera, la prima foto che rimbalza sugli smartphone dei turisti stranieri in transito è proprio una cartolina d'auguri per il governo Renzi...
E il premier in persona non può lavarsene le mani dichiarando duramente che è impensabile che ciò accada!
Si dà il caso che il suo governo (e magari quello che dovrebbe essere il ministro dell'interno, Angelino Alfano) almeno a questo 'impensabile' ci avrebbe dovuto pensare in tempo!
A risparmiarci una figuraccia di dimensioni mondiali con un semplice selfie!

mercoledì 15 agosto 2012

La democrazia ai tempi della Casta

L'anno che si chiude con queste ferie d'agosto segna per molti versi un passaggio epocale.
Il 2011-2012 ci consegna, in fatti, il volto di una classe dirigente che, messe da parte tutte le ipocrisie e i convenevoli di facciata, usa la democrazia a fini privati, cioè come strumento di massa per affermare la propria supremazia sociale, infischiandosene al momento giusto delle regole, della legge, della stessa Costituzione.
La Casta aspira al potere non per accarezzare la propria idea, il proprio modello di società, e magari vederlo sviluppato e realizzato in concreto.
E' bene per gli elettori non farsi più soverchie illusioni! 
Una volta coagulato sulla base di poche parole d'ordine un consenso abbastanza vasto tra i cittadini tale da potersi considerare prevalente  (e su questo si concentrano tutti gli sforzi, anche facendo carte false o cercando di finanziare la propria campagna elettorale con aiuti esterni al prezzo di inquinare la propria asserita spinta ideale),  i politici di professione lo strumentalizzano  per poter improntare finalmente la propria esistenza al di sopra di ogni limite che non sia quello della propria esclusiva discrezionalità, sistematicamente violando le norme quando queste entrano in rotta di collisione con il proprio agire.
Perché, per questi personaggi, sono le norme che confliggono con i propri comportamenti, e non il contrario, come il buon senso suggerirebbe.
Ed ecco che al momento giusto non tollerano che la magistratura possa chiedere loro conto del proprio operato.
Per loro, infatti, l'obiettivo pressoché unico resta quello di essere eletti: a quel punto, la propria missione può dirsi conclusa.
Da questo momento in poi, si tratterà soltanto di esercitare le proprie prerogative, sia pure nelle forme concordate con gli altri fortunati eletti: ci si metterà d'accordo, non è un problema, quand'anche si finisse formalmente all'opposizione.
Una qualche forma di condivisione del potere comunque ci sarà, magari in forme meno appariscenti. 
Bellezza, questa è la partitocrazia!
Il discorso vale per i parlamentari nazionali,  ma, con necessarie attenuazioni, può essere esteso anche ai livelli amministrativi inferiori. Anche perché, all'interno dei partiti, c'è la necessità di avere, oltre ai classici portatori d'acqua, leader disponibili a coprire i diversi ruoli a seconda delle occasioni.
E' così che ad un parlamentare può essere chiesto il supremo sacrificio di candidarsi a sindaco, persino costringendolo a rinunciare all'attuale seggio, con la promessa di lauta ricompensa alla prima occasione buona.
La legge elettorale, il porcellum, ha poi portato all'esasperazione l'appartenenza di Casta: tra premio di maggioranza e liste bloccate dalle segreterie di partito, il legame tra politici e elettori si fa praticamente inesistente.
E non c'è programma o piattaforma politica che dir si voglia: nessun partito si sbilancia più su ciò che intende veramente fare a vittoria elettorale archiviata, la politica è quella delle mani libere.
In pasto agli elettori al massimo una dichiarazione d'intenti, come ha fatto il PD, dove si può leggere tutto e il suo contrario.
Così si spiega perché tra PD - PDL e UDC, cioè tra centrodestra - centrosinistra e centristi, non c'è differenza alcuna nella pratica politica.
Tutta la battaglia si concentra, in una campagna elettorale forsennata, sull'accesso, più o meno negoziato, alla stanza dei bottoni: ma una volta preso possesso della tastiera, si è padroni di digitarvi sopra la propria raggiunta immunità, in barba ad ogni regola.
Con due poteri dello Stato, Parlamento e Governo, ridotti così, la magistratura diventa automaticamente il nemico da abbattere, all'occorrenza ribaltando persino il tavolo dei principi della Costituzione grazie alla complicità dei media.
Ecco perché si può stare in Afganistan o in Iraq, in palese violazione dell'art. 11, senza problemi; così come si può bombardare la Libia, solo pochi mesi dopo aver firmato con tutti gli onori e crismi un trattato di non belligeranza.
Ma si può pure delegitimare l'indagine della magistratura sul biennio stragista del 1992-93, invocando inesistenti prerogative costituzionali; e al tempo stesso promulgare le leggi vergogna dell'epoca berlusconiana, tanto prima o poi vanno firmate...
Si può poi nominare un Governo con una maggioranza parlamentare trasversale che, in un sistema maggioritario bipolare, senza un passaggio elettorale, è sostanzialmente illegittimo; esecutivo che poi prende provvedimenti impopolari senza doverne neppure rispondere agli elettori, fungendo da curatore fallimentare del Paese, che in pochi mesi è stato ridotto, anche per effetto di queste misure, alla canna del gas.
Si possono annullare le ordinanze del giudice di Taranto per far riprendere la produzione dell'Ilva, infischiandosene del disastro ambientale e delle morti causate dall'impianto siderurgico fuorilegge, facendo finta di salvare posti di lavoro ma intanto condannando a morte quelli che forse implicitamente vengono considerati Italiani di serie B o C.
Eppure, prima dell'intervento della magistratura, nessuno si preoccupava di imporre all'Ilva il pieno rispetto della normativa ambientale; naturalmente, negli anni passati, l'Ilva provvedeva, piuttosto che gli impianti, a bonificare, beninteso legittimamente, gli amici-nemici Forza Italia e Pierluigi Bersani con cospicue elargizioni, sicuramente in virtù di reciproche affinità elettive.
E' forse un caso che Pierluigi Bersani e Angelino Alfano, si sono scagliati all'unisono contro la decisione del gip, chiedendo al governo di intervenire, in palese violazione della legge?
E' chiaro che la situazione politica del Paese è diventata insostenibile: che a presidiare quello che resta della nostra democrazia sia rimasta, sola e infangata, la magistratura, è  un fatto gravissimo.
E se i cittadini non riprendono in mano la sovranità e cacciano via mercanti e banchieri dalle Istituzioni, questo Paese non ha più futuro.
Ma bisogna fare in fretta, prima che la Casta abbia finito di svendere insieme ai gioielli di famiglia la nostra stessa dignità.

venerdì 13 luglio 2012

Mario Monti è al capolinea ma Alfano-Bersani-Casini fanno finta di niente

Con lo spread ormai da giorni stabile sopra i 460 punti, una recessione durissima (si stima un -3% per il Pil  2012) e l'ennesimo declassamento comunicato dalle agenzie di rating (oggi è stata la volta di Moody's che valuta i titoli italiani due gradini sopra la spazzatura), il governo di Mario Monti è tecnicamente in default.
Le sue ricette ultraliberiste, la sua politica fiscale miope e ideologicamente antipopolare, l'aggressione portata avanti allo stato sociale senza salvare neppure i settori di spesa più qualificanti per garantire una prospettiva di crescita (come beni culturali, scuola, ricerca, sanità, giustizia), la mancanza di una illuminata politica industriale a favore della green economy, dell'innovazione tecnologica e per sanare il digital divide con gli altri paesi europei e, al contrario l'insistenza ossessiva su antiquati modelli di sviluppo economico basati sul binomio cemento-ferro delle inutili grandi opere pubbliche (è dovuto intervenire l'altro giorno il neo governatore di Bankitalia Ignazio Visco per ricordare a Monti che piuttosto sarebbe quanto mai necessario una politica di manutenzione e cura del territorio, fatta di piccoli preziosi interventi disseminati per tutta la penisola), hanno portato in soli nove mesi a questo esito drammatico.
Paradossalmente, questa politica economica suicida si poteva pure tollerare se, almeno, grazie alle sue entrature in Europa e nel mondo della finanza internazionale, la figura di Mario Monti avesse potuto almeno calmierare in qualche modo i mercati, riportando a più miti consigli non solo Angela Merkel ma le agenzie di rating.
Nemesi storica: proprio colui che era stato proiettato come salvatore della patria e dell'euro a Palazzo Chigi nel novembre scorso, più che per meriti propri  per disgrazie e colpe altrui (governo Berlusconi) sotto l'incalzare dei mercati in piena bufera, oggi che vola in America a rassicurarli, viene accolto ruvidamente da quegli stessi ambienti che solo pochi mesi fa lo incensavano.
Peggio, punito con un doppio gelido downgrade.
In fondo, a pensarci bene, per una volta il preside della Bocconi aveva colto nel segno quando qualche settimana fa si era lasciato sfuggire che i cosiddetti poteri forti avevano voltato le spalle al suo esecutivo.
Intanto, quello che resta dei cavalieri dell'Apocalisse, il trio Alfano-Bersani-Casini (con Bossi ormai messosi fuori gioco da solo), veri responsabili di questo tracollo finanziario-economico-politico-morale dell'Italia, che si erano affidati alle cure di Mario Monti per la loro stessa sopravvivenza politica, assistono impietriti a questa lenta e dolorosa agonia senza essere neppure in grado di abbozzare una qualche risposta alternativa, senza sapere veramente dove sbattere la testa: l'ennesima plateale conferma di incompetenza, cinismo, che segue al poco invidiabile primato di campioni di parassitismo.
Purtroppo viviamo un'estate difficilissima (peggio di quella del 2011) a cui, verosimilmente, seguirà un prolungato autunno-inverno,  con gli effetti devastanti della crisi economica che si riverberanno anche sul fronte politico istituzionale.
E che si protrarranno almeno fino alle prossime elezioni politiche, fissate per la primavera 2013.
Ma il Paese è in grado di resistere così a lungo?
E' da settimane che ce lo domandiamo mentre l'ineffabile Bersani alias Schettino, assieme ai suoi due bravi compagni di sventura, fissando la nave che incamera acqua, ripete inebetito: "Con Monti fino al 2013".

domenica 6 maggio 2012

Il governo dei tecnici è alla frutta, i politici al dessert!

Che fine ingloriosa sta facendo il governo dei bocconiani, dei professori, dei tecnici!
Dopo la manovra classista del 5 dicembre scorso con cui ha fatto capire già al suo battesimo da che parte stava, togliendo di nuovo ai poveri per non far versare un centesimo in più ai ricchi, ha iniziato un 2012 a dir poco disastroso, varando provvedimenti di fasulle liberalizzazioni e semplificazioni,  strombazzate come in grado (chissà come!) di far crescere il Pil del 10%, manco fossimo la Cina!
Ma la realtà, anche se i media complici continuano a volerla dipingere diversamente, è veramente impietosa: la politica del banchiere Mr. Mario Monti è quanto di peggio si potesse immaginare nel novembre scorso per risollevarci.
Il perché è sotto gli occhi di tutti: ha un insopportabile impatto recessivo.
Dall'emergenza finanziaria ereditata dall'esecutivo di Silvio Berlusconi, i professoroni hanno così trascinato il Paese in una gravissima situazione economica, non riuscendo comunque ad abbassare in modo decisivo le tensioni sul mercato dei titoli di stato e del credito alle imprese.
Lo spread non crolla (venerdì ha chiuso a 385) ma il tessuto delle imprese italiane sì: complimenti!
Le obsolete ricette monetariste del trio Monti-Passera-Fornero falliscono ad una velocità impressionante mentre il disagio sociale  tocca vertici mai visti prima.
Di politica industriale e di politica a sostegno della domanda, neanche a parlarne.
Anzi, ci vogliono far credere che la crisi economica in corso sia una crisi dell'offerta mentre anche uno studente al primo anno di economia è in grado di riconoscerla come crisi di domanda: per cui gli stessi interventi ipotizzati sul mercato del lavoro non servono ad un emerito nulla, meno che mai nel breve periodo.
Nel lungo periodo (quando per Keynes siamo tutti morti...) i professoroni, che fanno evidentemente a pugni con la macroeconomia, avranno finito di smantellare il tessuto di piccole e medie aziende che da sempre rappresenta la spina dorsale del Pil italiano per fare del nostro paese un far west per le multinazionali.
In altre parole la seconda economia manifatturiera d'Europa sotto la loro guida rischia di scivolare a livello di quelle dei paesi in via di sviluppo.
Una autentica e colossale bestemmia!
Anche il famoso sondaggio on line con cui la Presidenza del Consiglio chiede agli Italiani di avanzare suggerimenti per la lotta agli sprechi nella spesa pubblica, per non parlare dell'incredibile nomina di una nuova terna di maxiesperti, Enrico Bondi, Giuliano Amato (proprio un outsider...!) e Francesco Giavazzi, dimostra ogni giorno di più il vuoto di idee, di cultura amministrativa, politica e industriale, proprio dei tanto osannati tecnici.
Qualche giorno fa è passato su Rai 5, il film documentario "In me non c'è che futuro" sulla vita di un grande intellettuale e manager italiano: Adriano Olivetti.
Al cospetto delle sue intuizioni, delle sue mille realizzazioni sul piano economico, sociale, industriale, urbanistico, architettonico, editoriale, delle profonde innovazioni che egli seppe apportare nel campo delle relazioni industriali, gente come Monti, Passera, Fornero, Marchionne spariscono, più piccoli dei lillipuziani.
Quindi  nessun salto di qualità rispetto al governo di nani e ballerine capitanato da Silvio Berlusconi.
Ma intanto, di fronte alla catastrofe incombente, cosa fa la politica?
Il tripartito PD-PDL-UDC sta a guardare indifferente, tanto che gli elettori hanno perso la speranza che la soluzione ai problemi italiani passi per questa classe di politici che, quando non dediti al vizio, sono specialisti nell'ignavia.
Ormai in qualunque occasione pubblica si presentano, vengono sistematicamente accolti da bordate di fischi: epica la figuraccia di Pierluigi Bersani il 1° maggio nella commemorazione della strage di Portella della Ginestra.
Ormai sono politici indoor, animali da talk show televisivo.
Ma sorte migliore non viene riservata ai suoi compagni di ventura Angiolino Alfano e Pierferdinando Casini; quest'ultimo ci tiene a precisare pubblicamente di andare a trovare regolarmente Totò Cuffaro in carcere, costringendo un esponente del PDL in commissione antimafia, Raffaele Lauro, a rivolgergli contro una dura reprimenda: «Casini, come persona e come cristiano, ha il diritto di rivendicare il suo dovere morale di visitare Cuffaro in carcere. Come leader politico, farebbe bene ad essere più attento e riservato, affinchè un dovere morale non diventi, di fatto, al di là delle buone intenzioni, e di fronte all'opinione pubblica, una sconfessione della strategia di guerra alla mafia ed un avallo ad acquiescenze, a collusioni e a connivenze di qualsiasi genere con la criminalità organizzata».
E Bersani che ad ogni piè sospinto attacca Beppe Grillo accusandolo di qualsiasi nefandezza non ha nulla da eccepire al degno alleato Casini.
La cosa che veramente lascia senza fiato è l'assoluta insipienza e la totale mancanza di una sia pur minima deontologia professionale di questi personaggi che pure paghiamo profumatamente a botte di 15.000 euro netti al mese, fringe benefits esclusi, non si sa per fare cosa.
Sentite che cosa riesce a dire l'onorevole Pierluigi Bersani di Beppe Grillo: "Basta con questi populismi che fan finta di partire da sinistra e poi come sempre nella Storia d'Italia ti spuntano a destra!"
E l'altrettanto onorevole suo compagno di partito, già segretario del PD, Dario Franceschini: ''Quando si vota si sceglie sempre la persona a cui affidare il destino della propria comunita' del proprio Paese. Io vorrei che qualcuno, tentato dal movimento 'Cinque stelle', provasse a immaginare Grillo al posto di Monti a guidare il Paese, ad andare al G20 a discutere con Hollande, con Obama o con la Merkel''.
Ma ci rendiamo conto, di fronte alla situazione d'emergenza in cui l'Italia versa per opera di una Casta di parassiti incompetenti (quella che ad esempio ci ha fatto entrare dieci anni fa nell'Euro ad occhi chiusi senza alcuna precauzione come quella di negoziare con i paesi economicamente più forti le regole equilibrate e condivise di una politica monetaria comune), quale pochezza intellettuale essi ostentano, che razza di argomentazioni d'accatto riescono a formulare contro le circostanziate denunce di Beppe Grillo e dei suoi ragazzi?
Di una cosa siamo certi: che la sempre troppo importunata massaia di Voghera  sarebbe in grado al loro posto di dire qualcosa di più sensato e di elevarsi almeno di una spanna dai discorsi terra terra, infarciti di luoghi comuni, di Franceschini e Bersani. Il quale non vede l'ora di appropriarsi questa sera della vittoria di François Hollande alle presidenziali francesi.
Ma ci vuole proprio una bella faccia tosta!  

martedì 28 febbraio 2012

PD e PDL sul TAV, Treno ad Alta Vergogna

Nonostante la crisi economica e finanziaria, il governo dei tecnici, alias duopolio PD-PDL, sta ingaggiando con la popolazione della Val di Susa (e non solo!) una battaglia senza precedenti e senza esclusione di colpi, sordo a qualsiasi appello alla riflessione che dalla società civile si sta alzando, disposto a tutto pur di avviare un'opera gigantesca, dai costi folli, unanimamente riconosciuta del tutto inutile dai maggiori esperti del settore.
Per la politica, si va avanti come se niente fosse, perché di fronte agli appalti miliardari, non c'è manifestazione pacifica che possa sia pure semplicemente rallentare, meno che mai bloccare, l'avanzata delle ruspe.
Ormai è chiaro che gli uomini del PD e del PDL, nascosti dietro gli pseudotecnici del governo Monti,  non sono in alcun modo disposti ad aprire una discussione pubblica sulla fattibilità di un'opera da 20 miliardi di euro preventivati, infischiandosene altamente del dissenso generale, in un periodo in cui ci dicono di continuo non esserci i soldi per nulla: per la sanità, per la manutenzione stradale, per il dissesto idrogeologico del nostro paese,  per mettere in sicurezza le tante scuole fatiscenti, per costruire nuove carceri, per fare il pieno alle macchine della polizia, per mantenere le detrazioni fiscali a lavoratori e pensionati, per i beni culturali, per la ricerca scientifica,... insomma per una miriade di necessità pubbliche. 
Eppure per la TAV, che distruggerà una valle alpina creando per giunta infiniti problemi ambientali, i soldi ci sono eccome.
E si va avanti, costi quel che costi, anche se bisogna militarizzare una vasta zona pedemontana, anche se ci può scappare il morto.
Il ministro dello sviluppo economico, Corrado Passera, all'indomani del gravissimo incidente occorso a Lucca Abbà, uno dei leader della protesta locale contro la TAV, non sa fare altro che dire: "Si va avanti".
Ma a che titolo parla? Chi lo ha eletto per prendere una posizione così poco tecnica e tanto cinica?
Ah, dimenticavamo: l'ABC della Casta, il trio Alfano-Bersani-Casini, quelli dell'inedita alleanza tecnica.
Massimo Giannini, dai microfoni Rai di Prima Pagina, la popolare trasmissione mattutina di RadioTre, ha detto che il governo Monti rappresenta non la sospensione della democrazia, semmai la sospensione della politica.
Come se fosse possibile avere in una democrazia parlamentare disinvoltamente il commissariamento della politica senza che questo comporti ipso facto la fine della democrazia tout court.
Ma  questa è pure la Caporetto dell'intellighenzia, dei media che in queste settimane stanno facendo di tutto per derubricare la protesta TAV a mera questione di ordine pubblico.
Così gli oppositori della Val di Susa diventano amici e fiancheggiatori dei terroristi o essi stessi terroristi, pur con le sembianze di pensionati, lavoratori, sindaci, giovani coppie con bambini, artigiani, commercianti, maestre.
La politica è così prona di fronte agli interessi miliardari che si stanno concentrando sulla valle (basti pensare al business del movimento terra per scavare un doppio buco da 50 chilometri di lunghezza divorando roccia con presenza di amianto) che preferisce restare dietro le quinte mandando  i cosiddetti tecnici in avanscoperta a continuare il gioco sporco già avviato nella fase esecutiva dal governo Berlusconi.
Mentre i media li spalleggiano affrettandosi a dire che ormai, per quanto l'opera possa rivelarsi inutile e dannosa, la decisione è ormai stata presa (da chi?) ed è ormai irrevocabile.
Marco Imarisio, oggi, dalle colonne del Corriere della Sera commenta con parole che non esitiamo a definire agghiaccianti la situazione che si è venuta a creare in Val di Susa, rinfacciando ai politici di non aver detto parole chiare sulla vicenda e cioè che la protesta delle popolazioni della valle è una "causa persa" perchè l'opera si deve fare, punto e basta.
E chi si oppone non è un portatore di interessi legittimi, nella migliore delle ipotesi è un visionario, probabilmente è un matto.
A questo livello di intolleranza e di degrado culturale è giunto il dibattito civile nel nostro paese!
Eppure sono vent'anni che si è premuto sull'acceleratore di questo inferno prossimo venturo, senza che la politica e la nostra classe dirigente si siano sentite in dovere, per una volta almeno, di interpellare i cittadini che, da subito e spontaneamente, hanno fatto sentire la loro voce contraria.
Ma non c'è peggior sordo di chi non vuol sentire. 
Così PD e PDL hanno stretto un patto di ferro per decidere sopra la testa della gente.
Guarda un po', dopo tanti scontri al calor bianco,  è proprio in questo che hanno trovato unità d'intenti: nel fare carta straccia della sovranità popolare.
Insomma,  la TAV come l'articolo 18, come la riforma delle pensioni, come le liberalizzazioni fasulle... alla faccia della democrazia rappresentativa!
Ma ormai non si vergognano più di niente, disposti a fare carte false pur di restare a galla.
Ecco perché, con tutta probabilità, alle prossime elezioni amministrative, non avendo il coraggio di presentarsi con il proprio simbolo, PD e PDL raccoglieranno voti sotto le mentite spoglie delle liste civiche.
Nel frattempo sono  montati, senza pagare, sul Treno ad Alta Vergogna.
E ci fanno pure la predica che questa è la modernità...

PS (29/02/2012 h. 9.00): ieri sera a Ballarò show del segretario generale CISL Raffaele Bonanni che, col suo classico linguaggio sgangherato, ha difeso la TAV con parole e toni più consoni ad un padrone delle ferriere che ad un leader sindacale.
Oltre a dare informazioni false (ad esempio, che mancherebbe all'ultimazione dell'infrastruttura europea solo il tratto italiano),  il massimo della sua argomentazione è stato quello di dire che se non facessimo la TAV "noi non investiremmo un soldo e faremmo ridere l'Europa".
Onore al merito!

martedì 14 febbraio 2012

Se Atene piange, Roma non ride

Repubblica di domenica scorsa ci ha rivelato che, alla vigilia del viaggio americano, il premier Mario Monti in un faccia a faccia con il segretario generale della CGIL Susanna Camusso avrebbe raggiunto un accordo per una sospensione dell'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori per i precari e per una interpretazione ufficiale meno rigida del principio di giusta causa da parte dei tribunali del lavoro.
Questo incontro, che si sarebbe svolto secondo il quotidiano di Piazza Indipendenza in "territorio neutrale" e che sarebbe dovuto restare segreto, getta un'ulteriore ombra sul funzionamento della nostra democrazia, dove sempre più spesso le decisioni che contano vengono prese fuori dalle sedi istituzionali, in vertici a quattr'occhi,  possibilmente lontano da sguardi indiscreti.
Anche se, come in questo caso, i protagonisti prontamente smentiscono con una inusuale nota diramata congiuntamente da Palazzo Chigi e dalla Cgil;  ma il vicedirettore Massimo Giannini conferma la veridicità della notizia.
Insomma i palazzi della politica sempre più spesso si limitano a registrare quanto viene deciso altrove rivestendo  un ruolo di pura (sia pure elegante) tappezzeria, di fatto retrocessi a semplici organismi burocratici che intervengono successivamente per apporre i crismi necessari all'emanazione dei provvedimenti legislativi.
E' un fenomeno noto da tempo e sicuramente inquietante che contribuisce alla crescente e ormai generale disaffezione per la politica, in un'Italia dei poteri forti, delle lobbies, delle logge segrete, delle varie P2 - P3- P4.
Ancora più preoccupante in tempi come i nostri in cui il cosiddetto governo dei tecnici, uscito dal cilindro del presidente Napolitano, si regge su una alleanza inedita tra PD e PDL che in un sistema bipolare, a vent'anni dall'ingresso nel maggioritario, suona come una autentica bestemmia.
Precisazione necessaria soprattutto per rispondere a quanti, tra  politici e opinionisti, approssimandosi un'intesa ritenuta imminente tra  Bersani e Berlusconi sulla nuova legge elettorale, continuano a declamare le presunte virtù del sistema maggioritario che permetterebbe ai cittadini di scegliersi il premier: purtroppo questa tesi è smentita inoppugnabilmente proprio dalla nomina dell'outsider Mario Monti a capo del governo.
Questi leader politici sono così poco credibili e a mal partito (è proprio il caso di dirlo), che risulterebbe comico, se non fosse per altri versi tragico, sentirli difendere la politica del preside della Bocconi, partendo da posizioni ideologiche apparentemente opposte: domenica sera è stato il turno di Angelino Alfano, ospite su RaiTre di Fabio Fazio.
Ma assistere alle peregrinazioni verbali, flagellate da continui anacoluti, del suo omologo Pierluigi Bersani non è più confortante.
Tuttavia, in un logoro gioco dei ruoli, ciascuno di loro nelle continue comparsate televisive ancora ha l'impudenza di ammiccare al proprio elettorato di riferimento (se mai ancora ne vanta uno).
Quando, però sono costretti, in base all'agenda politica, ad accordarsi di persona,  per non esacerbare gli animi già esasperati dei loro sparuti sostenitori, optano per soluzioni estreme, come ad esempio appuntamenti al buio, magari in un tunnel sotterraneo. 
Già è successo nel sottosuolo di Roma tra Palazzo Giustiniani e Palazzo Madama  per il varo del governo di Mr. Monti.
Che questo strano andazzo segni se non la fine sicuramente la sospensione della democrazia  è opinione largamente diffusa: con l'Italia non messa meglio politicamente della Grecia dove l'omologo di Monti si chiama  Luca Papademos, uomo della BCE, e ha fatto varare, davanti ad un paese in rivolta, l'ennesima insopportabile manovra di austerity.
Purtroppo, i paesi dell'Europa mediterranea stanno subendo il ricatto delle banche che, dopo aver provocato la più grossa crisi finanziaria dell'età moderna, invece di renderne conto, anche sul piano penale, ai cittadini e alle istituzioni del proprio paese, le hanno occupate con la complicità della politica, infischiandosene altamente della sovranità popolare.
Così mentre la Grecia brucia, i giornali titolano schizofrenicamente che "le borse e i mercati respirano", poiché il Parlamento di Atene, con la pistola puntata alla tempia dalla troika europea (BCE, FMI, UE), ha mandato giù l'ennesimo boccone amaro tra pesanti tagli al salario minimo, licenziamenti e ticket sulla sanità.
Nel frattempo, il governo Monti, che soltanto due mesi fa aveva  approvato la sua prima manovra antipopolare (l'ennesima del 2011), si accinge adesso con incontri alla chetichella  a varare una riforma del mercato del lavoro destinata ad affondare i colpi nella carne martoriata del lavoro dipendente.
Nessuna sorpresa: è tutto sommato normale che in una democrazia sospesa, commissariata da un ex consulente della banca d'affari americana Goldman Sachs e fresco di ritorno da un viaggio trionfale negli States, il governo sospenda l'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori.
Come abbiamo più volte ripetuto, la sospensione di tale articolo non ha alcuna spiegazione economica ma è un intervento squisitamente politico con cui suggellare, anche sul piano  simbolico, il passaggio epocale da una repubblica fondata sul lavoro a uno stato oligarchico dominato dalle banche.
In altre parole, la presunta enfatizzata 'modernità' del mercato del lavoro, per effetto del venir meno della tutela del reintegro obbligato in caso di licenziamento discriminatorio, consiste proprio nel lanciare alle multinazionali un esplicito messaggio di resa del nostro welfare al far west imposto dalla globalizzazione.
Di ciò Monti non ha fatto mistero: "per come viene applicato in Italia l'articolo 18 sconsiglia l'arrivo di capitali stranieri e anche di capitali italiani" ha dichiarato in una recente apparizione a RepubblicaTv.
Eppure, oltre alla inconsistenza di un qualche nesso logico, non c'è alcuna evidenza empirica che l'abolizione di tale tutela possa generare un solo posto di lavoro in più.
E anche sul piano numerico, l'applicazione dell'articolo 18 è assolutamente insignificante: secondo dati della Cgil, negli ultimi 5 anni di 31.000 cause contro i licenziamenti illegittimi solo l'1 per cento si è conclusa con il reintegro nel posto di lavoro.
Ma allora quale la ragione di tanto accanimento?
"Ce lo chiedono le multinazionali" fanno capire Monti e Fornero, confermando che nell'Italia commissariata dai tecnici contano molto di più le grandi concentrazioni finanziarie che la sovranità popolare, quand'anche, come in questo caso, la loro richiesta manchi di qualunque presupposto scientifico se non il riflesso condizionato di un capitalismo primordiale, da animal spirits.
E' accettabile che il presunto governo dei tecnici ponga mano ad un epocale arretramento del diritto del lavoro senza che la collettività venga direttamente investita della questione?
Questione che, al di là delle mere valutazioni di carattere economico, resta comunque  intrisa di profondi significati ideali, storici, di conquista sociale e di innumerevoli riferimenti costituzionali.
Infine, è ammissibile che si faccia carta straccia di due successive consultazioni referendarie che ancora nel 2000 e nel 2003 hanno sancito il rifiuto popolare a prendere in considerazione questo argomento?
Ma il solo doverci porre simili interrogativi è sintomatico del fatto che se Atene piange, Roma non ride.

PS (15 febbraio 2012 h. 14.30): Il Fatto Quotidiano del 14 febbraio, a pagina 9, conferma la ricostruzione di Massimo Giannini avendo saputo da fonte qualificatissima che all'incontro tra Mario Monti e Susanna Camusso era presente proprio il direttore di Repubblica, Ezio Mauro.
In un sol colpo, doppio sbugiardamento per il premier e il numero 1 della Cgil!
A questo punto, almeno un altro paio di domande sono d'obbligo: perché la Presidenza del Consiglio e il primo sindacato italiano si espongono così tanto nel negare l'incontro? Perché Repubblica dà addirittura per fatto un accordo di massima, commettendo un'evidente scorrettezza nei confronti della Camusso in mancanza di evidenze documentali? 

mercoledì 7 ottobre 2009

Per fortuna che la Corte c'è!

Alle 18,06 la Corte Costituzionale ha reso pubblico il suo verdetto: il lodo Alfano è illegittimo.
La legge voluta fortemente dal premier Silvio Berlusconi per garantire l'immunità processuale alle Alte cariche ed approvata in soli 25 giorni (un vero record!) nel luglio 2008, così proteggendosi dai giudizi pendenti a suo carico, e che ha visto la promulgazione lampo da parte del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, è INCOSTITUZIONALE.
L'illegittimità che pure uno studente di giurisprudenza alle prime armi avrebbe facilmente riconosciuto ma che almeno tre delle quattro Alte cariche (Presidente della Repubblica, Presidente del Senato e Presidente del Consiglio) nonché l'autore, Angelino Alfano, ministro di Grazia e Giustizia, evidentemente IGNORAVANO, è stata dichiarata solennemente dalla Suprema Corte.
Il grave strappo alla nostra Carta fondamentale viene così rammendato da una sentenza storica della Corte, costretta a riunirsi e a decidere in un clima incandescente, sotto la palese minaccia del Ministro per le Riforme Istituzionali, Umberto Bossi, di mobilitare il popolo in caso di bocciatura della legge.
"Noi potremmo entrare in funzione trascinando il popolo. Il popolo ce lo abbiamo, sono i vecchi Galli'', ha dichiarato mentre i giudici costituzionali erano riuniti in camera di consiglio.
Che dire? Per fortuna che la Suprema Corte c'è!

sabato 26 luglio 2008

Un'opinione autorevole sul lodo Alfano, tra prêt à porter e alta moda

Ero andato a dormire un po’ inquieto, interrogandomi sulla promulgazione lampo del famigerato lodo Alfano da parte del Presidente Giorgio Napolitano.
Il dubbio che mi arrovellava era se il Colle stavolta si fosse mostrato troppo accondiscendente nei confronti del Cavaliere: insonne, mi rigiravo nel letto con l’incubo di una firma che forse poteva essere ritardata, magari dopo un rinvio del provvedimento alle Camere per manifesta incostituzionalità.
Di colpo, la notte cominciò a folleggiare di personaggi storici come Celestino V che, nel delirio onirico, restava papa nonostante le pressioni del Cavaliere per farlo dimettere. Poi un flash su Sandro Pertini che sbraitava contro i ritardi nei soccorsi alle popolazioni dell’Irpinia colpite dal terremoto del 1980 e che ammoniva i suoi successori di rifletterci a lungo prima di mettere una firma in fondo ad un qualsiasi testo di legge, con una parata di padri costituenti che faceva da sfondo… scene senza né capo né coda, frutto di un’immaginazione troppo eccitata e dell’amletico dubbio diurno sull’opportunità per Napolitano di firmare l’immunità alle alte cariche a spron battuto.
Al risveglio, a parte il pallore davanti allo specchio e la bocca impastata d'amaro, postumi di una notte difficile, mi fiondavo in edicola per sapere se qualcuno di molto ma molto più autorevole di me condividesse i dubbi sul possibile eccesso di zelo presidenziale.
All’improvviso la folgorazione: il parere del grande costituzionalista Walter Veltroni, da non confondere con l’omonimo e contestato leader del Pd, campeggiava in quinta pagina a chiarirmi finalmente le idee:
"Sono convinto che il Presidente Napolitano in tutta la vicenda del cosiddetto 'lodo Alfano' abbia svolto con il consueto equilibrio il suo compito in una fase certamente non facile. Così come penso che, dopo l'approvazione delle Camere, la firma del provvedimento sia stata un atto dovuto".
"Al Presidente nella nostra Costituzione viene riservato in casi come questo una sola valutazione di 'manifesta incostituzionalita' del provvedimento. E in questo caso il testo approvato teneva conto di molti dei rilievi di costituzionalita' sollevati dalla Corte in occasione della precedente bocciatura di quello che allora si chiamava lodo Schifani".
"Manteniamo questa ferma convinzione sull'operato del Presidente, senza con questo rinunciare in alcun modo al nostro giudizio negativo sul lodo Alfano, e anche all'idea che, una materia di questa delicatezza, la maggioranza avrebbe fatto bene ad affrontarla con una legge costituzionale e non con un provvedimento ordinario fatto approvare in maniera tanto frettolosa da apparire autoritaria."

Colui che è cresciuto divorando a piene mani i memorabili scritti di Vezio Crisafulli, l’opera omnia in lingua originale di Hans Kelsen e tenendo a portata di mano sul comodino il manuale di Costantino Mortati, con la sua interpretazione autentica della nostra Costituzione mette finalmente la parola fine a questo fastidioso, sterile chiacchiericcio sui poteri del Presidente della Repubblica.
Il suo pronunciamento dirada finalmente la nebbia sulla questione e svela quanto malanimo ci sia da parte di chi ha avuto l’ardire di criticare garbatamente il Presidente.
Secondo Veltroni al Presidente è riservata solo una valutazione di manifesta incostituzionalità che, nella fattispecie, non aveva motivo di esprimere in quanto il lodo Alfano, a suo dire, non è incostituzionale. Tuttavia (apprezzate la finezza del ragionamento veltroniano!), il Pdl per una materia di tale delicatezza avrebbe fatto bene ad utilizzare lo strumento della legge costituzionale.
In altri termini, per l’illustre costituzionalista Walter Veltroni va benissimo il lodo Alfano così com’è, in versione base, cioè sotto forma di legge ordinaria; tuttavia, lui ne avrebbe gradito, ma è una semplice questione di gusti, la versione più accessoriata, full optionals, quella addobbata con legge costituzionale.
Insomma, come se si parlasse di capi di abbigliamento: va benissimo la sfilata prêt à porter dello stilista Angelino Alfano primavera-estate 2008, ma la sua collezione di Alta moda sarebbe stata molto, ma molto più glamour
Teniamo a mente questa sua autorevole opinione quando, magari fra qualche anno e per le ricorrenti ubriacature della storia, lui stesso (o qualcuno del suo staff!) si accingesse a candidarsi meritatamente ad una delle alte cariche.