Ero andato a dormire un po’ inquieto, interrogandomi sulla promulgazione lampo del famigerato lodo Alfano da parte del Presidente Giorgio Napolitano.
Il dubbio che mi arrovellava era se il Colle stavolta si fosse mostrato troppo accondiscendente nei confronti del Cavaliere: insonne, mi rigiravo nel letto con l’incubo di una firma che forse poteva essere ritardata, magari dopo un rinvio del provvedimento alle Camere per manifesta incostituzionalità.
Di colpo, la notte cominciò a folleggiare di personaggi storici come Celestino V che, nel delirio onirico, restava papa nonostante le pressioni del Cavaliere per farlo dimettere. Poi un flash su Sandro Pertini che sbraitava contro i ritardi nei soccorsi alle popolazioni dell’Irpinia colpite dal terremoto del 1980 e che ammoniva i suoi successori di rifletterci a lungo prima di mettere una firma in fondo ad un qualsiasi testo di legge, con una parata di padri costituenti che faceva da sfondo… scene senza né capo né coda, frutto di un’immaginazione troppo eccitata e dell’amletico dubbio diurno sull’opportunità per Napolitano di firmare l’immunità alle alte cariche a spron battuto.
Al risveglio, a parte il pallore davanti allo specchio e la bocca impastata d'amaro, postumi di una notte difficile, mi fiondavo in edicola per sapere se qualcuno di molto ma molto più autorevole di me condividesse i dubbi sul possibile eccesso di zelo presidenziale.
All’improvviso la folgorazione: il parere del grande costituzionalista Walter Veltroni, da non confondere con l’omonimo e contestato leader del Pd, campeggiava in quinta pagina a chiarirmi finalmente le idee:
Il dubbio che mi arrovellava era se il Colle stavolta si fosse mostrato troppo accondiscendente nei confronti del Cavaliere: insonne, mi rigiravo nel letto con l’incubo di una firma che forse poteva essere ritardata, magari dopo un rinvio del provvedimento alle Camere per manifesta incostituzionalità.
Di colpo, la notte cominciò a folleggiare di personaggi storici come Celestino V che, nel delirio onirico, restava papa nonostante le pressioni del Cavaliere per farlo dimettere. Poi un flash su Sandro Pertini che sbraitava contro i ritardi nei soccorsi alle popolazioni dell’Irpinia colpite dal terremoto del 1980 e che ammoniva i suoi successori di rifletterci a lungo prima di mettere una firma in fondo ad un qualsiasi testo di legge, con una parata di padri costituenti che faceva da sfondo… scene senza né capo né coda, frutto di un’immaginazione troppo eccitata e dell’amletico dubbio diurno sull’opportunità per Napolitano di firmare l’immunità alle alte cariche a spron battuto.
Al risveglio, a parte il pallore davanti allo specchio e la bocca impastata d'amaro, postumi di una notte difficile, mi fiondavo in edicola per sapere se qualcuno di molto ma molto più autorevole di me condividesse i dubbi sul possibile eccesso di zelo presidenziale.
All’improvviso la folgorazione: il parere del grande costituzionalista Walter Veltroni, da non confondere con l’omonimo e contestato leader del Pd, campeggiava in quinta pagina a chiarirmi finalmente le idee:
"Sono convinto che il Presidente Napolitano in tutta la vicenda del cosiddetto 'lodo Alfano' abbia svolto con il consueto equilibrio il suo compito in una fase certamente non facile. Così come penso che, dopo l'approvazione delle Camere, la firma del provvedimento sia stata un atto dovuto".
"Al Presidente nella nostra Costituzione viene riservato in casi come questo una sola valutazione di 'manifesta incostituzionalita' del provvedimento. E in questo caso il testo approvato teneva conto di molti dei rilievi di costituzionalita' sollevati dalla Corte in occasione della precedente bocciatura di quello che allora si chiamava lodo Schifani".
"Manteniamo questa ferma convinzione sull'operato del Presidente, senza con questo rinunciare in alcun modo al nostro giudizio negativo sul lodo Alfano, e anche all'idea che, una materia di questa delicatezza, la maggioranza avrebbe fatto bene ad affrontarla con una legge costituzionale e non con un provvedimento ordinario fatto approvare in maniera tanto frettolosa da apparire autoritaria."
Colui che è cresciuto divorando a piene mani i memorabili scritti di Vezio Crisafulli, l’opera omnia in lingua originale di Hans Kelsen e tenendo a portata di mano sul comodino il manuale di Costantino Mortati, con la sua interpretazione autentica della nostra Costituzione mette finalmente la parola fine a questo fastidioso, sterile chiacchiericcio sui poteri del Presidente della Repubblica.
Il suo pronunciamento dirada finalmente la nebbia sulla questione e svela quanto malanimo ci sia da parte di chi ha avuto l’ardire di criticare garbatamente il Presidente.
Secondo Veltroni al Presidente è riservata solo una valutazione di manifesta incostituzionalità che, nella fattispecie, non aveva motivo di esprimere in quanto il lodo Alfano, a suo dire, non è incostituzionale. Tuttavia (apprezzate la finezza del ragionamento veltroniano!), il Pdl per una materia di tale delicatezza avrebbe fatto bene ad utilizzare lo strumento della legge costituzionale.
In altri termini, per l’illustre costituzionalista Walter Veltroni va benissimo il lodo Alfano così com’è, in versione base, cioè sotto forma di legge ordinaria; tuttavia, lui ne avrebbe gradito, ma è una semplice questione di gusti, la versione più accessoriata, full optionals, quella addobbata con legge costituzionale.
Insomma, come se si parlasse di capi di abbigliamento: va benissimo la sfilata prêt à porter dello stilista Angelino Alfano primavera-estate 2008, ma la sua collezione di Alta moda sarebbe stata molto, ma molto più glamour…
Teniamo a mente questa sua autorevole opinione quando, magari fra qualche anno e per le ricorrenti ubriacature della storia, lui stesso (o qualcuno del suo staff!) si accingesse a candidarsi meritatamente ad una delle alte cariche.