Con lo spread ormai da giorni stabile sopra i 460 punti, una recessione durissima (si stima un -3% per il Pil 2012) e l'ennesimo declassamento comunicato dalle agenzie di rating (oggi è stata la volta di Moody's che valuta i titoli italiani due gradini sopra la spazzatura), il governo di Mario Monti è tecnicamente in default.
Le sue ricette ultraliberiste, la sua politica fiscale miope e ideologicamente antipopolare, l'aggressione portata avanti allo stato sociale senza salvare neppure i settori di spesa più qualificanti per garantire una prospettiva di crescita (come beni culturali, scuola, ricerca, sanità, giustizia), la mancanza di una illuminata politica industriale a favore della green economy, dell'innovazione tecnologica e per sanare il digital divide con gli altri paesi europei e, al contrario l'insistenza ossessiva su antiquati modelli di sviluppo economico basati sul binomio cemento-ferro delle inutili grandi opere pubbliche (è dovuto intervenire l'altro giorno il neo governatore di Bankitalia Ignazio Visco per ricordare a Monti che piuttosto sarebbe quanto mai necessario una politica di manutenzione e cura del territorio, fatta di piccoli preziosi interventi disseminati per tutta la penisola), hanno portato in soli nove mesi a questo esito drammatico.
Paradossalmente, questa politica economica suicida si poteva pure tollerare se, almeno, grazie alle sue entrature in Europa e nel mondo della finanza internazionale, la figura di Mario Monti avesse potuto almeno calmierare in qualche modo i mercati, riportando a più miti consigli non solo Angela Merkel ma le agenzie di rating.
Nemesi storica: proprio colui che era stato proiettato come salvatore della patria e dell'euro a Palazzo Chigi nel novembre scorso, più che per meriti propri per disgrazie e colpe altrui (governo Berlusconi) sotto l'incalzare dei mercati in piena bufera, oggi che vola in America a rassicurarli, viene accolto ruvidamente da quegli stessi ambienti che solo pochi mesi fa lo incensavano.
Peggio, punito con un doppio gelido downgrade.
In fondo, a pensarci bene, per una volta il preside della Bocconi aveva colto nel segno quando qualche settimana fa si era lasciato sfuggire che i cosiddetti poteri forti avevano voltato le spalle al suo esecutivo.
Intanto, quello che resta dei cavalieri dell'Apocalisse, il trio Alfano-Bersani-Casini (con Bossi ormai messosi fuori gioco da solo), veri responsabili di questo tracollo finanziario-economico-politico-morale dell'Italia, che si erano affidati alle cure di Mario Monti per la loro stessa sopravvivenza politica, assistono impietriti a questa lenta e dolorosa agonia senza essere neppure in grado di abbozzare una qualche risposta alternativa, senza sapere veramente dove sbattere la testa: l'ennesima plateale conferma di incompetenza, cinismo, che segue al poco invidiabile primato di campioni di parassitismo.
Purtroppo viviamo un'estate difficilissima (peggio di quella del 2011) a cui, verosimilmente, seguirà un prolungato autunno-inverno, con gli effetti devastanti della crisi economica che si riverberanno anche sul fronte politico istituzionale.
E che si protrarranno almeno fino alle prossime elezioni politiche, fissate per la primavera 2013.
Ma il Paese è in grado di resistere così a lungo?
E' da settimane che ce lo domandiamo mentre l'ineffabile Bersani alias Schettino, assieme ai suoi due bravi compagni di sventura, fissando la nave che incamera acqua, ripete inebetito: "Con Monti fino al 2013".
Nessun commento:
Posta un commento