mercoledì 12 settembre 2012

Professori allo sbaraglio: le "perle" di Monti e Passera

Con tutti gli indicatori economici in picchiata, il governo Monti sta penosamente annaspando e ormai si affida al governatore della BCE, Mario Draghi, per restare a galla.
Dopo dieci mesi di totale latitanza sul fronte dell'economia reale, senza uno straccio di politica industriale e di idea per il futuro del paese che non sia l'ormai logoro riflesso ideologico del liberismo più oltranzista come si sono rivelati essere la riforma delle pensioni e l'abolizione de facto dell'articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori, il professorone della Bocconi affida alla politica monetaria di Draghi la difesa di un esecutivo allo sbando.
La linea del Piave è diventata la seguente: per SuperMario senza la sua politica lacrime e sangue, l'Italia oggi sarebbe stata considerata dai partners europei poco seria e ciò non avrebbe consentito a Mario Draghi di imporre al board della BCE quasi all'unanimità (col solo voto contrario del membro tedesco) l'impegno ad una politica monetaria più espansiva in soccorso di quei paesi, come l'Italia e la Spagna, che pur in gravi difficoltà, stanno facendo i famigerati compiti a casa, benché a costo di enormi sacrifici.
In questo modo Monti cerca di sottrarsi alla marcatura ormai asfissiante di quanti, su vari fronti, gli contestano l'assoluta inconsistenza dei risultati raggiunti che, rispetto alla data del suo insediamento nel novembre scorso, sono tutti in netto peggioramento.
Il meno 2,6% del PIL comunicato due giorni fa dall'Istat  è un dato così drammatico (per giunta arrivato al quinto anno di crisi economico-finanziaria!), da racchiudere in sè tutti gli altri dati negativi:  rapporto debito/pil, inflazione, disoccupazione, deficit pubblico, ecc.
Non potendo quindi che presentare un carniere vuoto, Monti cerca di brillare di luce riflessa, ammonendoci: senza di me, Draghi non avrebbe potuto convincere i tedeschi ad allentare i cordoni della borsa.
Come in effetti, se andiamo a vedere, neppure il più brillante Mario Draghi è riuscito a fare.
La politica di sostegno, per quantità illimitate, dei titoli di stato da uno a tre anni sul mercato secondario (e non, come sarebbe stato più efficace, su quello delle nuove emissioni) dei paesi europei in difficoltà, è infatti condizionata al proseguimento di una politica fiscale di estremo rigore cioè diligentemente restrittiva.
Come le due cose si possano combinare in modo felice, permettendo all'Italia di venir fuori dalle sabbie mobili della profonda recessione in cui è precipitata, resta un mistero.
Tant'è che la forte caduta dello spread BTP-Bund tedeschi ad un livello che resta comunque molto elevato nel medio periodo (oggi, dopo l'atteso e importante pronunciamento favorevole della Corte costituzionale tedesca sul Fondo salvastati ESM, è inchiodato sopra la pericolosa quota 340), non esclude la possibilità che il governo italiano debba comunque chiedere entro fine anno aiuto alla troika BCE - Fondo Monetario Internazionale - Commissione Europea, concordando nuove condizioni capestro ed ulteriori pesanti misure di finanza pubblica. Per il Financial Times, non ha scampo.
L'altro giorno, Mr. Monti ha avuto finalmente la schiettezza di ammettere che la sua politica economica ha aggravato la recessione ma in vista di "un risanamento a lungo termine. Quando a questo governo è stato chiesto di trattare un caso non semplice, ci siamo posti il tema se comportarci con una visione di lungo periodo o se cercare di fare un surfing sulle onde della tempesta finanziaria. Penso che le nostre decisioni abbiano contribuito ad aggravare la situazione congiunturale, è ovvio. Ma è solo così che si può avere qualche speranza un pochino più in là di vedere risanata in maniera durevole la situazione".
Come sia possibile realizzare il risanamento a lungo termine provocando subito una durissima recessione è cosa che neppure spulciando imponenti trattati di economia è facile capire, essendo palesemente contraddittoria. 
Non a caso nessun economista si è cimentato nell'impresa impossibile e meno che mai ha cercato di addentrarsi nel Monti pensiero.
La cosa deve essere suonata così male nelle redazioni dei giornali che i quotidiani tradizionalmente fiancheggiatori del premier, Corriere e Repubblica, hanno bucato la notizia, preferendo trattare dell'incontro tra governo e sindacati.
Durante il quale Corrado Passera, Superministro economico, ha dichiarato che l'incremento dei salari è possibile a condizione che ci sia un aumento di produttività.
Ma come? I consumi interni sono fermi, le aziende non producono più perché hanno i magazzini pieni (classica crisi da mancanza di domanda) e qual è la ricetta avanzata dal ministro dello Sviluppo economico? Aumentare la produttività!
Cioè, a parità di stock di capitale e di livello di produzione (insensato sarebbe aumentarla di questi tempi!), ridurre la forza lavoro, aumentando così la disoccupazione.
Splendido!
Per seppellire la castroneria di Monti, i media hanno finito, senza accorgersene, per sottolineare una dichiarazione ancora più stravagante del suo emerito collega.
Li vogliamo definire professori allo sbaraglio?

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