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sabato 16 febbraio 2013

Per il 25 febbraio è in programma la nuova Festa della Liberazione: quella dalla Partitocrazia

Nelle redazioni dei nostri due massimi quotidiani italiani, Repubblica e Corriere della Sera, si respira un'aria pesante mentre nei Palazzi romani dilaga lo sconforto.
Possibile che, dopo aver messo su un'organizzazione mastodontica che segue il leader del M5S dappertutto, in perfetto silenzio, come un'ombra, in attesa del tanto sospirato passo falso, non si riesca a lanciargli addosso una qualche accusa infamante, che gli possa far perdere di colpo qualche migliaio di voti, abbassando l'onda lunga del suo Tsunami Tour che rischia seriamente di travolgere il prossimo 25 febbraio una buona fetta di partitocrazia? 
Ormai mancano solo 8 giorni al voto e qualcosa si deve pur fare: non è possibile accontentarsi del niente raccolto finora contro di lui!
Mentre la magistratura di tutta Italia sta demolendo, pezzo a pezzo, l'intera classe dirigente del nostro Paese, politici, burocrati, manager, boiardi di Stato, mentre  Bersani, Casini, Berlusconi, persino lo stesso Monti, si fanno vedere in giro il meno possibile per non ricevere dai passanti salve di fischi e boati di disapprovazione, Grillo raccoglie consensi crescenti e trasversali, riempiendo, nonostante le temperature polari, le piazze dello stivale, da Catania a Bolzano, da Bari a Novara, di un pubblico attento, caloroso, entusiasta.
E' l'unico che dice cose di buon senso, che non usa slogan tanto per nascondere il vuoto culturale, programmatico ma soprattutto morale dei suoi avversari politici.
Mentre tra Monti e Berlusconi si è ormai ingaggiata la gara a chi scende più in basso nell'insulto all'altro ma anche nel consenso elettorale (il sobrio bocconiano, con un'evidente e ormai ripetuta caduta di stile, adesso rimprovera al Cavaliere addirittura di comprarsi i voti ma, fino ad un mese fa, non aveva proprio nel Cavaliere il suo azionista di riferimento?), Pierluigi Bersani indugia nell'aria fritta, vagheggiando di un'alleanza a doppio filo con il premier uscente e la necessità di riconoscere almeno un premio di testimonianza al fido scudiero Niki Vendola. Quest'ultimo non se la passa per niente bene, dato che i suoi potenziali elettori hanno ormai capito che votare Sel è come votare Pd, che è poi come votare Monti girandosi dall'altra parte, mentre si fischietta l'inno dell'Internazionale...
Indubbiamente, votare un partito che si dichiara di sinistra per ritrovarsi poi lo stesso esecutivo di centro destra che ci sta sgovernando, con brevi interruzioni, da 20 anni grazie all'appoggio decisivo ed ai soldi di Silvio Berlusconi, non è propriamente una prospettiva eccitante per i fan del governatore della Puglia.
Anche perché con la discesa in campo dell'ex pm di Palermo Antonio Ingroia con la sua Rivoluzione Civile che conta sull'apparato organizzativo dell'Idv e di Rifondazione, qualcuno ci dovrebbe spiegare perché mai un elettore di sinistra, che non sia masochista,  dovrebbe votare Sel...
Ecco perché quella volpe di Bersani che, da quando ha vinto le primarie su Matteo Renzi, non ha detto una cosa, che sia una, di sinistra, peggio, non ha detto una cosa (di numero!), proprio oggi se ne è uscito con l'impegno di varare a tempo di record una legge contro l'omofobia.
Infatti milioni di italiani, cassintegrati, disoccupati, pensionati che non arrivano alla seconda settimana, imprenditori a rischio fallimento, giovani precari, studenti, esodati, sessantenni a cui la ministra Fornero chiede di lavorare dieci anni di più, malati buttati giù dai letti d'ospedale per i tagli della spending review ed invalidi lasciati senza assistenza domiciliare, giovani talenti costretti a cercare fortuna all'estero, insegnanti mandati a casa o costretti a lavorare in condizioni impossibili, liberi professionisti senza più una professione, gente sbattuta fuori di casa perché indigente, nient'altro che questo chiedevano da anni cronicamente inascoltati al PD di Pierluigi Bersani: finalmente una legge contro l'omofobia!!!
La nullità politica del leader piddino è confermata pure dalla posizione che egli ha assunto in merito alla questione Euro: ormai, pure i sassi sanno che l'ingresso dell'Italia nelle moneta unica è stata un vero disastro e le statistiche confermano in modo inoppugnabile che il declino economico italiano data 15 anni fa, guarda caso l'inizio della stagione dell'Euro.
L'aver perso la sovranità monetaria, senza prevedere a livello europeo i necessari meccanismi di compensazione, ha significato condannare l'Italia ad una lunga e tormentata decadenza di cui Romano Prodi e Carlo Azeglio Ciampi sono i principali responsabili ma, più in generale, è l'intero centrosinistra che, in ragione di ciò, dovrebbe cospargersi il capo di cenere.
E invece cosa avviene? Bersani confonde deliberatamente l'adozione della moneta europea con il sogno di un'Europa più unita e solidale, senza pronunciare l'unica parola di verità: ovvero che proprio l'adesione cieca all'Euro ha reso più lontano e sbiadito il sogno europeo, l'esatto contrario di quello che i media e la Casta ci vogliono ogni giorno far credere, anzi ci hanno sbolognato a carissimo prezzo in questi anni.
Ecco perché il Movimento 5 Stelle, che restituisce la democrazia ai cittadini, è un'inattesa e irripetibile opportunità: mandare a casa una classe politica che è vissuta, nella più elitaria depravazione morale ed incompetenza professionale, alle spalle dei cittadini e che, divorando la cosa pubblica in modo famelico, ha ridotto alla fame quella che ancora dieci anni fa era la quinta potenza economica del mondo.
E gli autori di tanto scempio, non solo non chiedono pubblicamente scusa per i danni arrecati al Paese impegnandosi solennemente a risarcirli almeno parzialmente, magari restituendo il bottino frutto di infinite ruberie, ma si ergono ancora a protagonisti della scena politica prossima ventura, con la spocchia di voler ancora distribuire ai leader della rivoluzione di velluto italiana, in primis Beppe Grillo ed Antonio Ingroia, le carte della partita che sta per cominciare.
Ecco perché, in queste giornate frenetiche, è necessaria da parte di tutti i cittadini massima attenzione e partecipazione, perchè il colpo di coda della Casta partitocratica non solo è possibile ma è anzi assai probabile.
E può manifestarsi nelle forme più diverse e, contemporaneamente, in più ambiti e direzioni: mobilitazione capillare e consapevole, quindi.
Massima vigilanza, infine, nei seggi elettorali  per tutte le operazioni di voto e di spoglio successivo per limitare al massimo il più che concreto rischio di brogli e far sì che il tanto atteso miracolo italiano trovi finalmente la sua definitiva consacrazione nell'urna elettorale.
Perchè quale che sia il risultato che riuscirà a realizzare il Movimento 5 Stelle, dopo le elezioni la vita istituzionale del nostro Paese subirà un forte e positivo cambiamento.
Con una pattuglia colorata, giovane e vivace di 100-200 cittadini incensurati, senatori e deputati nuovi di zecca, la Casta non potrà più fare il bello e il cattivo tempo come prima, quand'anche dovesse restare ancora per un po' nella stanza dei bottoni e continuare ad esprimere, a causa della legge elettorale porcata, una raffazzonata ed inaffidabile maggioranza di governo.
Il 25 febbraio sarà per tutti gli Italiani, anche per chi non ci ha mai creduto, il Giorno della nostra Seconda Liberazione. Questa volta dalla Casta partitocratica.


domenica 30 dicembre 2012

PD alla deriva: se l'agenda Monti è l'agenda Bersani...

Insomma, dopo 13 mesi di cieco appiattimento sul governo dei tecnici e sulla sua politica di tasse e tagli alla spesa sociale da parte del segretario piddino Pierluigi Bersani all'irresistibile grido Ragasssi,  votiam tutto ma vogliam mantenere il diritto di critica... Ragasssi!, si scopre che il beniamino dei democratici, Mario Monti,  tale per aver, in fretta e furia e senza veramente capirci un'acca varato la riforma delle pensioni per il tramite della surreale ministra Elsa Fornero (tanto da provocare il mostruoso errore tecnico degli esodati), introdotto l'Imu sulla prima casa, nonché pianificato il licenziamento indiscriminato per tutti, scende in campo capeggiando, ancora non si sa bene come, una lista elettorale dove militeranno i vari Casini, Fini, Montezemolo, per giunta con l'investitura solenne del Vaticano, in aperta competizione proprio con il Partito Democratico.
Un colpo basso che metterebbe al tappeto chiunque.
Se poi ci mettiamo pure che scendono in lizza gli arancioni di De Magistris dentro al movimento del pm antimafia Antonio Ingroia Rivoluzione Civile, insieme a quel che resta dell'Italia dei Valori di Di Pietro, ai Verdi, ai comunisti ed al movimento civico che fa capo al sociologo Marco Revelli, per non parlare dell'incombente presenza in Parlamento del Movimento 5S di Beppe Grillo, si capisce immediatamente che gli spazi a sinistra e a destra del PD si restringono pericolosamente, tanto da preannunciare una clamorosa, assolutamente imprevista e per questo ancora più bruciante sconfitta elettorale prossima ventura.
Per l'oligarchia bersaniana un'autentica Waterloo. 
Roba da far rimpiangere la famigerata gioiosa macchina da guerra di occhettiana memoria ma anche, come chioserebbe l'impareggiabile Walter Veltroni, la vocazione maggioritaria del PD del 2008, quando il suo inimitabile acume politico portò alla più sonora sconfitta elettorale di tutti i tempi per la sinistra italiana.
Ma adesso Bersani potrebbe dimostrare che, anche contro il calcolo delle probabilità, peggio di Walter se po' ffà!
Che non si passino più notti tranquille al quartier generale di Largo del Nazzareno e che si stia cercando febbrilmente una via d'uscita dal vicolo cieco in cui il segretario ha ficcato a spron battuto l'invincible armada dei piddini, è cosa arcinota.
Ma il tradimento del premier uscente, dopo che Bersani in queste settimane si era spinto a dire che l'Agenda Monti andrebbe proseguita anche per la prossima legislatura, è veramente difficile da mandare giù.
Perché lo stesso stratega del segretario, il fondatore di Repubblica Eugenio Scalfari, oggi deve riconoscere nel suo tradizionale sermone che l'agenda Monti e quella Bersani coincidono: "Tra l'agenda Bersani e quella Monti non vedo grandi differenze, anzi non ne vedo quasi nessuna salvo forse alcune diverse priorità e un diverso approccio alla ridistribuzione del reddito e alle regole d'ingresso e di permanenza nel lavoro dei precari. E salvo che l'agenda Bersani è stata formulata prima di quella Monti e in alcune parti avrebbe potuto utilizzarla anche l'attuale governo se avesse posto la fiducia su quei provvedimenti."
Ma a questo punto una domanda è d'obbligo.
Perché mai un potenziale simpatizzante del PD che, in questi lunghi mesi di passione, ha imparato proprio dal suo segretario Bersani ad apprezzare la guida gelida di Mario Monti, dovrebbe oggi votare la sua patacca di Bettola,  quando sulla scheda elettorale gli viene proposto l'originale old british style dell'ex preside della Bocconi?
Anche ripetendosi fino allo stremo non capisco ma mi adeguo, da ultimo dei mohicani in salsa emiliana, il malcapitato non riuscirà verosimilmente tra due mesi a inserire nell'urna elettorale la scheda griffata PD.
Ecco perché Bersani oggi affronta il Professore con un tono improvvisamente duro, del tutto imprevedibile soltanto fino alla vigilia di Natale:
"Non mi aspettavo uno scenario simile, non possiamo di nuovo affidarci a leader solitari. Monti deve dirci con chi sta, quali scelte intende fare, cosa pensa sui diritti civili. Non bastano un'agenda e un simbolo".
E criticando la discesa in campo di Monti al comando di una lista di centro, gli urla: "Questa cosa del centro nasce nel chiuso di una stanza...é una cosa che parte già vecchia, superata. Ricorda riti superati".
E, con un lapsus freudiano, sbotta: "vedo il rischio  che ci si affidi ancora a criteri che hanno già portato al fallimento".
Innanzitutto, il fallimento della strategia politica del PD.
Perché era impossibile pronosticare che il partito di centro sinistra, che da un anno a questa parte brilla di luce riflessa grazie all'incendio incontrollato nel PDL, e che la matematica prima che i sondaggi danno per favorito alla prossime Politiche del 2013, abbia senza indugio levato le ancore per dirigersi a vele spianate verso destra (rinnegando senza batter ciglio la propria più schietta anima popolare e  laburista), finendo poi per entrare in rotta di collisione proprio con la corazzata Monti di cui finora ha pattugliato il mare, assicurandone una tranquilla navigazione nonostante le acque tempestose.
Roba da autentici kamikaze!