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venerdì 18 gennaio 2013

L'inverno televisivo: ghiacci eterni, cabaret o aria fritta, a voi la scelta!

La campagna elettorale su radio e tv va avanti con il solito tormentone di Monti, Berlusconi e Bersani che fanno la staffetta da un talk show all'altro senza praticamente soluzione di continuità.
L'uno rinfaccia le responsabilità dell'abisso in cui siamo precipitati, l'altro gli risponde per le rime sbattendogli in faccia i numeri del disastro economico degli ultimi dodici mesi, l'altro ancora riempie il suo straripante accento emiliano di frasi spezzate, con cui attacca il secondo e sembra prendere  le distanze dal primo, benché finora lo abbia sempre sostenuto ed ancora insista nel proporgli un percorso comune per il dopo elezioni.
Insomma, tutti insieme appassionatamente,  a chiacchiere rinfacciandosene di tutti i colori, nei fatti senza dire un bel niente.
L'effetto complessivo di questo continuo teatrino è di disagio, avvilimento,  irritazione: per lo spettatore, finita la disillusione, resta solo il rifiuto.
Sequestrano da settimane radio e televisione, che nel frattempo attrezza uno spot tra il serio e il faceto per intimarci  di  pagare il canone, sgomitano per essere sempre lì, in favore di telecamera, per poi non dire una sola parola sul deserto economico che ci circonda, men che meno su come uscire dal baratro in cui ci dimeniamo quotidianamente, atteggiandosi ancora a medici di una patologia che proprio loro hanno causato.
Uno spettacolo deplorevole.
Mario Monti, parla come un libro (mal)stampato, rivolgendosi non si sa bene a chi né perché. Il suo discorso è spento, distaccato, inquietante. Preannuncia ghiacci eterni, ovvero sacrifici solo per i poveracci, il suo strabico rigore lacrime e sangue, senza battere ciglio; mentre ne parla, i suoi lineamenti sembrano paralizzati. Non si sa più quando sia dottor Jekyll o mister Hyde... ma è mai stato dottor Jekyll?
Berlusconi è ormai la maschera di se stesso. Con l'asfalto sulla testa e doppio strato di cerone che letteralmente si scioglie sotto i riflettori, è diventato personaggio da commedia dell'arte: neppure lui si prende più sul serio, è tornato alla sua prima identità di simpatica canaglia. Insomma è Berluscone, ennesima maschera italiana.
Pierluigi Bersani da Bettola è invece vittima del suo modo sconclusionato di parlare: non sa mai bene quello che dice, la sua specialità è l'aria fritta. Riesce a parlare per ore, persino litigando con la poltrona su cui siede, con espressione infastidita tendente al disgusto, su cui ogni tanto tracima un sorriso istrionico: il suo pezzo forte è recitare la parte dell'eterno incompreso. Impossibile resistergli... senza fare zapping.
Che qualcosa nella sua campagna di comunicazione non funzioni se ne è accorto  pure Massimo Giannini,  vicedirettore del quotidiano la Repubblica, da sempre schierato con il PD, che di fronte al vuoto pneumatico della proposta politica bersaniana, invoca il cosiddetto colpo d'ala:  non più dire qualcosa di sinistra, semplicemente dire qualcosa.
Le parole, nella sostanza durissime, sono scelte con grande cautela, come si fa con le persone amiche, eppure non lasciano adito a dubbi:

"[...]in tutte queste settimane se c'è stato un limite nella comunicazione politica di Bersani è stato proprio questo: sull'onda del vantaggio elettorale che i sondaggi gli attribuiscono, il segretario del PD è stato un passo indietro rispetto agli scontri molto aspri e alle polemiche in prima linea che nel frattempo si moltiplicavano tra Berlusconi e Monti [...] E' chiaro che man man che andiamo  avanti con i giorni e si avvicina la scadenza del 24-25 febbraio anche Bersani deve riempire di contenuti questa campagna elettorale. E' vero che lui non fa cabaret, ma chi si presenta e si candida alla guida del Paese deve mettere elementi concreti, deve richiamare soprattutto i suoi elettori ma anche gli elettori indecisi su contenuti molto concreti. Ecco, su questo forse Bersani deve fare uno sforzo in più, di qui alle prossime tre settimane, perché finora il Partito Democratico proprio sotto il profilo dei programmi, per esempio sulle materie che riguardano il lavoro, il fisco, la scuola, è stato un pochino ambiguo per non dire a tratti evanescente... Quindi spetta al segretario mettere carne al fuoco e dare finalmente l'impressione non soltanto all'establishment, alle cancellerie, ai mercati internazionali, ma prima di tutto all'opinione pubblica italiana che il centrosinistra si candida a governare questo paese e che ha idee molto chiare su come può e deve farlo [...] Insomma il colpo d'ala ci vuole e ancora il colpo d'ala da Bersani non lo abbiamo avuto".
 
E' un de profundis...
Proprio oggi, La Stampa di Torino misura il tempo di apparizione in tv dei tre principali competitor per la poltrona di premier. Secondo la ricerca del quotidiano, nel periodo 24 dicembre-14 gennaio, un periodo costellato di festività, Berlusconi ha totalizzato oltre 63 ore di presenza sul piccolo schermo. Il presidente del Consiglio uscente, Mario Monti, si è fermato poco sotto, a 62 ore. Mentre l'esposizione di Pier Luigi Bersani è stata quantificata in sole 28 ore, pur sempre un'enormità rispetto alle altre forze politiche, praticamente assenti dai palinsesti, in barba alla par condicio.
Ebbene, accanto all'inesauribile vecchietto, come il giornale torinese battezza scherzosamente il Berlusconi che imperversa per l'etere insieme al Professore, a presidiare lo spazio radiotelevisivo c'è Bersani, che in quasi trenta ore di permanenza davanti alle telecamere, a detta del giornale amico, è stato un pochino ambiguo, a tratti evanescente...
Com'è possibile che si riesca a stare sulla scena mediatica per tanto tempo in questo modo?
La domanda è volutamente retorica, visto lo stato di degrado del sistema dell'informazione radiotelevisiva in Italia, dove  i giornalisti, più che il loro mestiere, fanno da spalla al politico di turno, permettendogli di parlare a ruota libera.
Se Bersani critica giustamente Berlusconi, il cabarettista, come fa a non accorgersi che lui stesso mena sistematicamente il can per l'aia?
Dovrà pur convincersi che chi di cabaret ferisce, di aria fritta perisce...

giovedì 11 agosto 2011

I Quattro dell'Apocalisse e l'ipermacelleria sociale

In questi giorni di tempesta, due persone sicuramente, per il bene di tutti, non andrebbero mai intervistate.
La prima è il ministro del Tesoro e dell'Economia Giulio Tremonti.
Ormai non passa giorno senza che ci vomiti addosso tutto il suo malumore con una serie di iniziative straordinarie da prendere per tagliare il bilancio pubblico (dalla famigerata imposta di bollo sui conti titoli dei risparmiatori, ovvero la classica patrimoniale per i poveri, ai ticket sanitari, al taglio delle pensioni, al taglio degli stipendi pubblici, ad un'imposta straordinaria sui redditi medio-alti, all'accorpamento delle festività con le domeniche, ai ticket sui ricoveri ospedalieri (!!!), fino all'ennesima idiozia di inserire il pareggio di bilancio in Costituzione insieme all'abominio di abrogare l'art. 41 che sancisce i limiti dell'iniziativa privata nell'ambito dell'utilità sociale).
Afflitto da grane private e figuracce pubbliche, ormai è andato completamente in bambola e spara misure lacrime e sangue senza rendersi veramente conto di quello che dice, tanto da smentirsi di volta in volta.
Insieme a Umberto Bossi e Silvio Berlusconi costituisce un trio da far venire i brividi, la cui credibilità a livello europeo ormai è molto vicina a zero.
Tant'è che Sarkozy e la Merkel li consultano, si fa per dire, solo a giochi fatti.
Per nostra sfortuna, adesso non appena dicono qualcosa di ufficiale davanti ai microfoni, i mercati se la prendono di brutto.
Insomma rappresentano un ulteriore grave fattore di instabilità per le finanze italiche.
Il motivo è che per anni hanno negato l'evidenza della crisi (fino all'altro ieri!), poi d'improvviso sono partiti sparati deliberando in fretta e furia provvedimenti che vanno a colpire soltanto la povera gente, guardandosi bene dal solo sfiorare i loro privilegi e le loro ricchezze (guai a parlare di imposta sui grandi patrimoni, o di lotta all'evasione fiscale, piuttosto preferirebbero rinunciare persino al bunga bunga...).
Un'accozzaglia di misure prese tanto per fare ammuina e colpire socialmente chi in questi anni li ha avversati, ben sapendo che con questo modo di sgovernare il Paese la crisi non verrà tamponata; al contrario, avrà esiti letali forse per il 90% degli Italiani.
Ma quello che più sorprende è la loro grande e, per certi versi, sorprendente, incompetenza tecnica.
Un ministro che teorizza il pareggio di bilancio in Costituzione rinuncia a priori a tutte le politiche keynesiane cioè alla gran parte della politica fiscale.
Se un Governo, che già non dispone più della leva monetaria, sacrifica pure la politica fiscale vuol dire che sconfessa se stesso: basterebbe allora un semplice Ragioniere dello Stato e la Corte dei Conti per mandare a quel paese tutta la politica con l'annesso carrozzone!
Ecco chi odia la politica, altro che Beppe Grillo e il suo movimento...
D'altra parte, basterebbe leggere le cronache di Oltreoceano dell'appena conclusosi esasperante braccio di ferro tra il presidente americano Obama e gli oltranzisti del Tea party, per rendersi conto che inserire una norma del genere in Costituzione è da irresponsabili.
Una stima prudenziale sulle pessime performance della Borsa di Milano di questi giorni, ci fa azzardare che uno spread di 1-1,5% rispetto alle altre Borse europee, sia attribuibile proprio alla crisi di credibilità del governo italiano.

La seconda persona che in tempi come questi mai e poi mai si dovrebbe intervistare è Walter Veltroni, ex leader del PD; il quale non pago degli sfracelli già realizzati in quei panni, promette di dare ancora il meglio di sè. 
Prima addirittura caldeggia entro agosto una modifica costituzionale per sancire il pareggio di bilancio poi, nell'intervista su La Stampa di oggi, rilancia l'ipotesi di un governo istituzionale, smentendo clamorosamente il suo segretario.
E' la stessa intervistatrice, Antonella Rampino, che glielo fa notare: "Ma voi del Pd siete divisi. Lei chiede un governo istituzionale, «alla Ciampi», e Bersani le dimissioni di Berlusconi e le elezioni."
E l'impareggiabile Walter così risponde: "Mi pare che tutto il Pd oggi chieda un governo istituzionale, con passo indietro di Berlusconi. Precipitare nelle elezioni, e per giunta con il rischio di attacchi speculativi, sarebbe pericoloso per il Paese".
Così, mentre il governo di Scilipoti progetta ipermacelleria sociale, nel PD, salvo litigare e dividersi egregiamente alla Veltroni, nessuno si dà da fare per spezzare questa spirale ideologica pericolosissima a cui i cavalieri dell'Apocalisse ci stanno condannando.