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lunedì 24 gennaio 2022

Per il Quirinale, l'ineffabile segretario del PD Enrico Letta sogna Draghi

Che la dirigenza del PD sia ormai completamente scollata dalla propria base elettorale e più in generale dai problemi dell'Italia è fatto notorio. 

Continua ad impressionare però la distanza persino psicologica che pure è confermata dall'ultimo intervento tv del suo segretario Letta: sembra un alieno, direttamente catapultato sulla Terra dal pianeta Marte. 

Ci fa sapere che se il PD avesse i numeri ci condannerebbe a Draghi, il commissario liquidatore del Paese, colui che in un solo anno è riuscito a distruggere ciò che restava del tessuto economico-sociale di quella che era fino a qualche anno fa la quarta potenza economica del mondo. 

Colpisce l'assoluta mancanza di sensibilità rispetto al cataclisma economico-finanziario che si sta abbattendo e deflagrerà nelle prossime settimane sulle famiglie italiane grazie ai servigi dell'uomo di Goldman Sachs, il quale agisce per conto della nomenklatura europea. 

Questa ha sempre tentato di affossarci, gelosa delle nostre enormi potenzialità culturali, intellettuali ed ambientali. 

Mario Draghi sta lì appunto ad assicurarsi che il cappio venga ben stretto attorno al collo del Paese, per poi lasciarci alle 'cure' del direttorio franco-tedesco che, tramite il Mes, ci assesterà il definitivo colpo di grazia. 

In questo quadro veramente fosco, abbiamo un personaggio, che la sera della vigilia delle Presidenziali, si presenta ad ora di cena in tv, scuro in volto, ad esternare la propria preoccupazione per il fatto che il PD non ha i numeri sufficienti per portare al Quirinale il 'vile affarista', come ebbe modo di appellarlo l'ex presidente della Repubblica Francesco Cossiga.

Quando la realtà supera la più cupa immaginazione.

domenica 16 febbraio 2014

Renzi ripropone le larghe intese con il Pregiudicato d'Italia

Il ciclone Renzi che ha abbattuto d'improvviso e in sole 48 ore il governo Letta, senza un doveroso passaggio parlamentare, riporta agli antichi fasti la stagione delle larghe intese
Perché il tentativo del sindaco di Firenze può spiegarsi unicamente con l'aver ricevuto l'esplicito inconfessabile nulla osta di Silvio Berlusconi, il Pregiudicato d'Italia. Altrimenti la sua iniziativa fallirebbe già in queste ore, ancor prima che il suo governo possa accendere i motori.
O Renzi è uno squilibrato, ma non abbiamo motivo di pensarlo, oppure la riedizione delle larghe intese, riveduta ed edulcorata con le bischerate del guitto fiorentino, è ai nastri di partenza, con un orizzonte temporale che comunque resta incerto.
Sono i numeri che lo dicono: il perimetro del futuro governo Renzi è lo stesso, identico, di quello di Letta. Ragione per cui il programma politico non potrà in nulla deviare da questo: Renzi potrebbe comodamente riciclare lo sbiadito Impegno Italia, approntato solo lunedì scorso dal nipote di suo zio, senza neppure fare la fatica di riscriverlo e magari neppure di rileggerlo. 
Sì, certo, potranno cambiare alcune figure dell'esecutivo, come l'impresentabile Cancellieri. Ci potrà essere l'ingresso di personalità carismatiche come Epifani, l'inevitabile sostituzione di Saccomanni all'Economia, ma la politica economica di questo governo, elemento decisivo per tratteggiarne la fisionomia, non potrà differire di una virgola da quella del governo Letta: una supina accettazione dei diktat europei, una cieca e cronica austerity che proseguirà per mancanza di liquidità, le privatizzazioni di buona parte dei pochi gioielli di famiglia rimasti (Eni, Enel, Finmeccanica), la necessità di nuovi tagli alla spesa e l'introduzione ormai imminente di una tassa sui depositi bancari e sulla ricchezza finanziaria in tandem con una rimodulazione di quella sulla proprietà immobiliare, ovvero la famosa patrimoniale che i tedeschi, non avendo alcuna intenzione di venire in nostro soccorso, ci vogliono imporre da tempo.
In fondo, è l'esatto contrario di quello che solo fino ad una settimana fa Renzi si era impegnato a fare, lasciando libertà di movimento ad Enrico Letta, in attesa di prenderne il posto dopo le prossime elezioni politiche anticipate. 
Come sia possibile che Renzi possa compiere un simile voltafaccia, una mossa così avventata e autolesionista, sembra un mistero. Qui non si tratta di rischiare il tutto per tutto, come lui stesso ha già ammesso, ma di consegnarsi anima e corpo al Pregiudicato. 
Una condotta apparentemente dissennata: infatti, cosa accadrebbe se non dovesse trovare i numeri per ottenere la fiducia? Di certo, passerebbe alla storia come il kamikaze del PD! 
Insomma, Renzi affida il suo destino politico nelle mani di Berlusconi e dei suoi bravi... se non è questo un suicidio politico!
Ma se questo puzzle non torna, forse può voler dire che le cose non stanno proprio come ci vengono presentate.
E' molto strano che, come si mormora da più parti dentro al PD, la "profonda sintonia" con il Pregiudicato d'Italia dichiarata giorni fa da Renzi a Largo del Nazzareno a conclusione dell'incontro con quest'ultimo sulla legge elettorale e sulle riforme costituzionali (un pessimo biglietto di presentazione!) non coinvolga evidentemente anche la partita del governo, cosa che anche sul piano logico sembrerebbe scontata.
Non si capisce infatti come sia possibile per i due compagni di merende fare le riforme costituzionali insieme, d'amore e d'accordo, e poi schizofrenicamente farsi la guerra all'ultimo sangue sul governo: una buffonata a cui nessun italiano, con un minimo di spirito di osservazione, potrebbe mai abboccare.
Come riconosce pure il corazziere Eugenio Scalfari, nell'odierno messale,  il programma economico di Renzi non si differenzia in nulla da quello di Forza Italia:
   
"Renzi si è impegnato a non fare governi con Forza Italia e — si spera — manterrà l’impegno, ma gli accordi con Berlusconi si estendono ad una buona parte del suo programma di riforme. Non comprendono la politica economica e i provvedimenti che la riguardano. Ma, nelle ancora vaghe dichiarazioni di Renzi in proposito, non si ravvisano sostanziali diversità da Forza Italia: sgravi ai lavoratori e alle imprese e quindi cuneo fiscale ridotto per quanto possibile; prevalenza del contratto di lavoro aziendale su quello nazionale; nuove forme di ammortizzatori sociali; semplificazione delle procedure, più elasticità finanziaria rispetto ai vincoli di Bruxelles; diminuzione delle tasse e tagli delle spese.
Queste finora sono le dichiarazioni di Renzi. Ricordano sia quelle di Letta sia quelle di Squinzi e della Confindustria, sia quelle della Cgil, sia quelle di Forza Italia quando ancora si chiamava Pdl."

Il renzismo non è altro che la continuazione del berlusconismo in forme più adeguate ai tempi sul piano della comunicazione: in sintesi, il cinepanettone che diventa pratica di governo. 
Di qui la necessità impellente di Renzi di rompere gli indugi per piazzare i suoi uomini prima che lo spoils system di Letta ne potesse bloccare la proliferazione.
Ma a questo punto si capisce anche perché Napolitano non lo abbia rinviato alle Camere. 
Al contrario di ciò che afferma Scalfari infatti presentarsi alle Camere avrebbe fatto emergere di fronte al Paese i veri motivi di questo affrettato e inopinato cambio in corsa: ovvero, il riemergere della figura del Pregiudicato come eminenza grigia del nuovo esecutivo, vero mattatore delle larghe intese. 
Ciò spiega pure perché Re Giorgio non abbia trovato nulla di disdicevole nell'accogliere al Quirinale il frodatore fiscale, in predicato di scontare la pena, per le Consultazioni.
Anche in questo caso, la figura di Napolitano che ormai dal Colle gioca una partita politica a tutto campo, infischiandosene di ciò che prescrive la Costituzione riguardo alla sua funzione super partes, ne esce a pezzi. Quando l'arbitro non solo inizia a fischiare i rigori esclusivamente a favore di una squadra ma lui stesso inizia a calciarli per infilare la porta dell'Opposizione, vuol dire proprio che lo stato democratico è giunto al capolinea: chiamatelo, se volete, un nuovo 8 settembre.
Ma una ultima riflessione va a questo punto fatta: possibile che dentro il PD lascino agire indisturbato il kamikaze Renzi  e osservino indifferenti le macerie ideologiche che sta causando, senza muovere un dito? Dà tanto la sensazione che il Pregiudicato d'Italia, proprio grazie a Renzi, abbia ormai ultimato la scalata a questo partito, la cui nomenklatura resta inerte, intenta solo ad occultare i troppi scheletri nell'armadio.
Insomma, non solo ancora non è ancora stata fusa la chiave per la cella del Pregiudicato ma è proprio lui a possedere la combinazione di qualche cassaforte dal contenuto scottante e, quindi, giocoforza a comandare le danze.


domenica 2 febbraio 2014

Il governo in Bol...Letta e gli intellettuali complici

Quanto successo durante la settimana in Parlamento ha finalmente chiarito agli ultimi dubbiosi la natura autoritaria ed antidemocratica di questo governo e di una maggioranza impresentabile, che si appresta spudoratamente a riformare la Costituzione. 

In primis, il ruolo di Matteo Renzi, personaggio che sembra tirato fuori da un cinepanettone, per fargli fare al massimo la spalla di Ceccherini o Pieraccioni, capace solo di ripetere vuoti slogan e di approfittare del totale sbandamento del Pd, ormai in una irreversibile crisi di valori, per salvare dall'oblio e risospingere al centro della scena politica il famigerato frodatore fiscale Silvio Berlusconi. A cui la nomenklatura excomunista, il cui unico titolo di merito è proprio quello di averlo risuscitato più volte, non trova di meglio oggi, per strapparlo ai servizi sociali, che battezzarlo all'improvviso padre costituente.
Mentre il premier Letta, in conferenza stampa, arriva a minacciare il movimento di Beppe Grillo parlando di "eccessiva tolleranza" nei confronti delle proteste in aula dei 5stelle.
Dichiarazioni che suonano gravissime, provenendo da un'autorità che ha la guida dell'esecutivo e da cui dipendono il Ministero dell'Interno e i servizi segreti. Parole che andrebbero chiarite e rettificate al più presto.
In questo scenario tragico e triste, la presidente della Camera Laura Boldrini, venendo meno al suo ruolo di garante dell'assemblea legislativa, ha fatto da sponda al governo Letta, il governo degli amici degli amici e dei nipoti degli zii, degli incompetenti, degli smemorati, degli irresponsabili. 
Perché è solo da irresponsabili riscrivere infinite volte, tanto da non farci più raccapezzare nessuno, la tassazione sulla casa: da Imu, ex Ici, a TRISE, dopo IUC, divisa in TARI (già TARES) e TASI. 
Giochetti enigmistici per spillare ancora quattrini agli Italiani mentre si spendono decine di miliardi per gli F35, che lo stesso Pentagono ora ritiene pericolosi e inaffidabili; o ancora, per regalare 7,5 miliardi di euro alle banche, o abbuonare alle società concessionarie delle slot machine 98 miliardi di euro, ridotti sì e no a due-trecento milioni.
Una classe dirigente che non solo non chiede scusa per l'immane disastro economico dell'euro in cui ci ha colpevolmente precipitato, senza neppure immaginare e definire una exit strategy,  ma arriva a minacciare l'opposizione nell'esercizio delle sue funzioni e dei suoi diritti (tra cui, ovviamente, l'ostruzionismo), dopo aver sparso veleno e diffamazione contro il M5S a reti unificate in tutte le fasce orarie, in virtù dell'accordo sottobanco tra Pd e Pdl santificato con la rielezione del Presidente della Repubblica,  da tempo fuori da ogni logica e procedura costituzionale.
Un esecutivo in BolLetta che guidato dall'incapace nipote del più fedele luogotenente berlusconiano, deve ringraziare per la sua sopravvivenza  la Presidente della Camera Laura Boldrini, una rara combinazione di incompetenza, inesperienza, ottusità, mediocrità intellettuale, arroganza, ipocrisia, che arriva a difendere l'arbitrio commesso, per la prima volta in 70 anni di storia repubblicana, di tagliare gli interventi delle opposizioni per far passare di prepotenza il decreto legge porcata che regala 7,5 miliardi di euro alle banche, prendendo ripetutamente in giro gli Italiani,  e dichiarando l'indomani di non esserne pentita!
Vergognosi, infine, i cosiddetti intellettuali embedded, al seguito delle corazzate editoriali che diffamano i bravissimi ragazzi del M5S equiparandoli ai fascisti, facendo non solo strame della verità e della drammatica storia italiana ma, quel che è più indecente, mercimonio dell'intelligenza.
Non parliamo del giornalista Francesco Merlo che giustifica l'aggressione del parlamentare di Sc alla deputata del M5s Loredana Lupo con ignobili parole (le riportiamo integralmente perché ne sanciscono l'autogogna mediatica):  
"E CHI ERA quella "brava ragazza" che agitava contemporaneamente braccia e gambe (si può, le grilline possono), e dovunque c'era un groviglio vi si immergeva a tuffo e vi nuotava in apnea? Si chiama Loredana Lupo ed è la lupa che ieri sera guidava l'assalto delle squadracce grilline a Montecitorio gridando "dittatura, dittatura!" e "ora lo scontro si sposta nelle piazze". Colpisce che a fermare la forsennata sia stato uno schiaffo di Stefano Dambruoso, deputato montiano, questore della Camera, ex magistrato, violento per contagio, anch'egli scomposto e ora pavido nel difendersi: "Escludo lo schiaffo, ma non nego un contatto fisico". Insomma dice che la mano gli è partita come se non fosse sua. Imbavagliata come in Val di Susa, la lupa voleva infatti sbranare la presidente Boldrini, che aveva sconfitto l'ostruzionismo grillino con le regole, con l'orologio della democrazia, con la velocità del diritto."
Se questo è un giornalista... che per giunta si fa gioco, nel modo più volgare e sessista, persino del cognome della vittima. Non basta chiamarsi Merlo per essere scusato di aver scritto le frasi citate ma bisogna sicuramente essere un merlo per poterle condividere. 

Ma naturalmente non c'è nessuno che chieda conto a Merlo delle infami espressioni lanciate sulle colonne di Repubblica nè che solidarizzi con la deputata del M5S: men che meno la Boldrini!
Lasciamo stare Corrado Augias, il famoso pseudointellettuale della presunta sinistra british (già sbugiardato quando sognava pochi anni fa un maxiparcheggio sotto il Pincio appoggiando da bravo pasdaran piddino lo sconsiderato progetto devastatore e mangiaeuro di Veltroni), che vuole dare lezione di bon ton ai pentastellati. Fa finta di scandalizzarsi per l'infelice battuta sessista di un deputato del Movimento a cui le onorevoli del Pd avevano in precedenza ripetutamente dato del fascista, ma non ha nulla da obiettare contro l'aggressione fisica di cui è stato autore Dambruoso.  Infine, ritiene normale che, in un Paese con tre forze politiche di dimensioni analoghe, due politici extraparlamentari ben conosciuti alla giustizia italiana come Renzi e Berlusconi, possano inventarsi un nuovo sistema elettorale per fare fuori il M5S. 
Anzi, da autentico democratico qual è, confida in questa prospettiva, ammettendo: "Dopo l'ubriacatura del 25% arriverebbe la soglia fisiologica che un movimento del genere può raggiungere, la frangia marginale di scontenti che c'è sempre in ogni società"
Lascia intendere che, anche in tempi così difficili per il volgo, lui si sente estremamente soddisfatto... Probabilmente un libro sui "misteri di Augias" sarebbe più utile dei suoi polpettoni pseudostorici pubblicati (indovinate un po') da Mondadori, alias Berlusconi, che intasano le librerie togliendo spazio espositivo a opere realmente valide e meno pubblicizzate. 

Stamattina prende di mira, naturalmente con estrema nonchalance, il bravissimo deputato del M5S Alessandro Di Battista ma non si accorge, sicuramente per uno scherzo dell'età, di stare abbozzando il suo autoritratto, cadendo in una ridicola contraddizione:  
"È un uomo d'aspetto gradevole, molto consapevole, molto compiaciuto, parla con calma, lanciando, soavemente, insulti terribili: quello è un falsone, quello è un condannato, quello è un pollo da batteria e via di questo passo. La sua calma mi è sembrata spaventosa; traspare la sicurezza di chi ritiene di possedere la verità. Dal punto di vista psicologico gli si addice l'immagine del "lupo di rango superiore" descritta da Artico. Ridurre i problemi a slogan orecchiabili per meglio padroneggiarli e che nessun dubbio incrini le certezze, dividere il mondo in due con un taglio senza sfumature."   
E finisce, come conierebbe da par suo, in un cul de sac:  
"Questi grillini, che rifiutano il bipolarismo elettorale perché non gli conviene, politicamente hanno adottato la visione rigidamente dualista dei manichei: la Luce e le Tenebre."

Ma il vertice del vizio intellettuale lo raggiunge il matematico Piergiorgio Odifreddi che in un suo post su Repubblica.it afferma categorico: è "Fascismo a 5 stelle", argomentando con slogan vuoti e demenziali. Si può andare tranquillamente a un Bar Sport con la garanzia di una maggiore profondità di pensiero tra gli avventori!  

Possibile che un docente universitario utilizzi così  irresponsabilmente parole come fascismo e squadrismo in un delirio futurista di espressioni, attribuzioni, eventi, ricostruzioni capziose di fatti e comportamenti? Purtroppo è possibile: evidentemente una preziosa vetrina come quella offerta a Odifreddi da Repubblica val bene la volenterosa complicità nella sfrenata disinformazione in cui il gruppo Espresso è impegnato ai danni del M5S. 
Dopo aver letto l'ultimo post di questo retore camuffato da intellettuale viene veramente voglia di fare piazza pulita per sempre di ogni sua escrezione verbale, bonificando persino la pattumiera della carta. 
Scenario fosco quello che si sta delinenando: un governo in BolLetta, che minaccia la svolta autoritaria, incapace di venire a capo della crisi economica e finanziaria,  privo di qualsiasi credibilità morale e professionale, che resta in sella sotto tutela di un presidente della Repubblica di quasi novant'anni, lui stesso sotto impeachment, grazie ad una stampa serva dei grandi potentati economici e della tecnocrazia europea; ed una classe intellettuale che, con poche eccezioni, per difendere strenuamente privilegi e  rendita di posizione, non esita un attimo a lanciare bordate reazionarie contro i cittadini che protestano esasperati dentro e fuori il Parlamento. 
Poi ci si meraviglia  che nel 1931 solo una decina di professori universitari si rifiutarono di prestare il giuramento di fedeltà al fascismo...

PS: a detta di Repubblica, pare che un simpatizzante del M5S abbia dato fuoco alla sua copia del libro di Augias, postando la foto su Facebook. Ha fatto male,  prendiamo le distanze da un gesto così scriteriato, che produce solo inquinamento. Infatti la carta può essere più facilmente ed utilmente riciclata, utilizzando l'apposita campana di color giallo.

mercoledì 12 giugno 2013

Il Paese affonda nel silenzio delle urne

Mentre i media continuano la loro campagna diffamatoria contro Grillo e il M5S, con il fiancheggiamento dei cosiddetti costituzionalisti di regime che assistono inerti alla dissoluzione della repubblica parlamentare da parte di Re Giorgio II, la situazione economica del Paese, se è possibile, si fa di giorno in giorno più grave: ormai è un fiorire quotidiano di dati consuntivi che non lasciano dubbi sulla pericolosa spirale in cui si è avvitato il nostro sistema produttivo e sull'inerzia di un governo che ciurla nel manico, non essendo riuscito a tracciare in quasi due mesi di attività neppure una bozza di politica industriale. 
La Cgil ci ricorda che per recuperare la caduta del Pil del 2007, occorreranno 13 anni, addirittura 63 anni per ritrovare gli stessi livelli occupazionali.
A questo punto non si capisce come sia stato possibile nel luglio scorso che il professor Monti, l'economista osannato dalla partitocrazia PD-PDL, dichiarasse di aver scorto la luce fuori del tunnel
Ecco: l'unico tunnel che questi bocconiani hanno saputo costruire, e di lunghezza spropositata!, di certo superiore a quello che vogliono materialmente far scavare per il TAV, è proprio quello in cui hanno ficcato economicamente il Paese, facendolo letteralmente agonizzare.
Sarebbe interessante rileggersi le paginate di giornali come Repubblica, il Corriere della Sera e altri degni compari della disinformazione, qualche tempo fa dedicavano al grande Monti, al suo loden sobrio e imperturbabile, al suo gioco delle tre carte (rigore, crescita, equità) dove crescita e equità sono subito spariti, da bravo illusionista: ma, a differenza del grande Silvan, soltanto grazie a pacchiani trucchi televisivi.
Così il professor Monti ha lasciato dopo 17 mesi soltanto macerie, senza neppure essere riuscito a spuntare un solo risultato utile per l'Italia sulla scena europea: una débâcle così straordinaria che, probabilmente, nessuno potrà in futuro fare peggio di lui. 
Ma i media, così pronti a spedire squadre di giornalisti, ad auscultare in tempo reale i brontolii del movimento di Grillo, si sono lasciati sfuggire incredibilmente la ghiotta occasione di fare chiarezza sull'operato del professorone.
Ed oggi nessuno si azzarda a porgli questa semplicissima domanda: Illustrissimo Professor Montigrandissimo mago dell'economia (almeno secondo i suddetti compari), com'è possibile che Lei vedeva un anno fa la luce fuori dal tunnel mentre pure gli ultimi dati comunicati dall'Istat registrano per il primo trimestre del 2013 un tonfo del PIL del 2,4% annuo e un calo della produzione industriale nel mese di aprile 2013 addirittura del 4,6%???
Ma, come si sa, piove sempre sul bagnato: e adesso è il turno del governo Letta, che si sta distinguendo per il totale immobilismo.
Prima ancora che sui singoli provvedimenti, è proprio sul piano delle idee che mostra un deficit culturale sorprendente, tant'è che Berlusconi ha buon gioco con le sue sparate a sottolineare la necessità per il nipote Enrico di cotanto zio Gianni, di sbattere i pugni al prossimo vertice europeo di fine giugno. 
Purtroppo dietro il giovanilismo lettiano c'è un'assoluto vuoto mentale: non c'è nessuna idea forte che sappia trascinare via l'Italia dalle secche della sua disperazione, nulla a livello di politica degli investimenti, fiscale, industriale, bancaria. Niente di niente. 
Come pensa che si debba progettare il futuro di quella che solo pochi anni fa (a questo punto sembra impossibile!) era la quinta potenza industriale ed economica del mondo? Silenzio assordante.
Non a caso non la rivista dei grillini incazzati ma l'austero e autorevole Financial Times titola oggi  Letta's lethargy, accusando il giovane premier di totale inconcludenza.
Infatti, l'unica cosa a cui sta pensando, accanto ad un velleitario proclama di lotta alla disoccupazione giovanile magari demolendo la riforma Fornero (che la stessa OCSE ha da tempo bocciato), ovvero quello che fu il famoso fiore all'occhiello del governo Monti (W i professori...) e che ci ha portato in aprile la disoccupazione al record del 12%, è l'avvio del semipresidenzialismo.
Perché, giustamente, gli Italiani questo si raccontano preoccupati quando trovano il tempo di scambiarsi due parole: non di lavoro, non di sbarcare il lunario, non di mancanza di futuro per un'intera comunità nazionale... No, per Letta e c., si accapigliano per il semipresidenzialismo!!! Pure Maurizio Crozza non si è lasciato sfuggire questa ghiotta occasione di satira.
Ma in nome di chi e per cosa si avvia un processo di radicale trasformazione della forma di Stato senza aver ricevuto alcun mandato popolare, senza aver avviato un serio dibattito nell'opinione pubblica? 
Può la Casta partitocratica strappare la Carta del 1948 per nascondere la propria totale inettitudine e, peggio, il proprio degrado morale? 
Perché  scopo del semipresidenzialismo, come sostiene giustamente il giurista Paolo Becchi, è quello di mantenere in piedi un bipolarismo che le elezioni di febbraio hanno bocciato definitivamente. 
Una riforma costituzionale di ampissima portata verà sballottolata, tra Ferragosto e Capodanno, tra il Comitato dei 40 parlamentari e la Commissione dei 35 saggi: una procedura del tutto inedita e senza precedenti nella storia della repubblica.
Chi sarebbero i 35 seggi che dovrebbero emendare il testo della Costituzione? Chi conferisce loro tale autorità?
Come fa il Presidente della Repubblica ad avallare una procedura talmente anomala ed in palese contrasto con il dettato Costituzionale, tenuto conto che viene esclusa dalla concertazione una buona parte del Paese, in primis proprio quella forza parlamentare che ha espresso più intensamente l'istanza di cambiamento e di rinnovamento?
Attorno a noi stanno succedendo cose gravissime ma i media cercano di sviare l'attenzione di tutti celebrando quotidianamente il processo al M5S, reo per definizione, per partito preso (quello della Casta!), di tutte le colpe, di tutte le nefandezze e di tutte le infamie della I e II repubblica.
Ma colpevole di che? Forse di aver scoperchiato, almeno in parte, il verminaio della nostra vita pubblica.
Eppure anche tra i parlamentari del M5S non mancano carneadi che, forse non paghi dell'attacco furioso scatenato dai media in questi ultimi quattro mesi contro la nuova forza politica, se ne fanno a loro volta interpreti. 
E' il caso della senatrice Adele Gambaro che ieri, dai microfoni di Sky Tg24, ha accusato Beppe Grillo di essere il problema del M5S, responsabile dell'insuccesso elettorale delle amministrative, in cui un italiano su due non è andato a votare.
Poveretta, proiettata di punto in bianco a svolgere un compito decisamente superiore alle sue possibilità, la senatrice è andata in pochi mesi in tilt, forse neppure rendendosi conto fino in fondo di essersi messa lei stessa, con le sue stesse parole, fuori dal gruppo parlamentare.
La Gambaro, di cui fino a ieri ignoravamo insieme a milioni di Italiani l'esistenza, fino a quel momento non aveva capito che stava lì, non per le qualità personali, ma perché ha aderito ad una missione, quella di far entrare la voce dei cittadini nelle polverose ed oscure stanze dell'assemblea legislativa, occupate abusivamente dalla partitocrazia.
Se qualcosa non le fosse stato chiaro del suo compito avrebbe dovuto chiedere spiegazioni e aiuto ai suoi colleghi e magari rivolgersi personalmente a Grillo, senza lanciare accuse gratuite e velleitarie, che denotano, fra l'altro, labilità emotiva ed una evidente limitatezza culturale. 
Se sulla via di Roma è rimasta fogorata dalla partitocrazia ebbene si faccia da parte, senza gettare ulteriore discredito, prima ancora che sui suoi colleghi,  su se stessa: dimostra infatti che non è degna del ruolo che milioni di cittadini le hanno affidato e che al Senato di certo il M5S  non ha più bisogno di lei.
Se non altro perché l'evidente stato confusionale in cui versa non le consente più di lavorare con la necessaria serenità e coerenza. 
Se, si spera, mantiene un briciolo di dignità personale e di onestà intellettuale, dovrebbe dimettersi immediatamente da parlamentare passando senza indugio il testimone a chi potrebbe ricoprire quel ruolo con maggiore coerenza ed affidabilità. 
Ma dubitiamo che sia questa la sua scelta perché imboscarsi nel gruppo misto a stipendio pieno è una tentazione per molti versi irresistibile.
La situazione italiana è talmente drammatica, come testimoniato dall'odierna strigliata del più importante quotidiano economico del mondo  a Enrico Letta, che non ci possiamo comunque permettere, dall'unica forza di opposizione rimasta nel nostro Paese, neppure un attimo di distrazione dai compiti di cui il M5S è stato investito a furor di popolo.
Lo psicodramma personale di questa comparsa politica, unico ruolo che veramente le si attaglia, la sua crisi d'identità, il conclamato deficit culturale, li lasciamo infine alle cure ed alle premure di chi ne condivide i momenti privati.






martedì 30 aprile 2013

La scorciatoia di Repubblica per le larghe intese

Repubblica.it pubblica un videomessaggio di Massimo Giannini, "La scorciatoia", in cui il vicedirettore  traccia un rapido bilancio del discorso di fiducia tenuto alle Camere dal neopremier Enrico Letta. 
Esordisce con un vecchio espediente retorico, ponendosi una domanda da novello piccolo principe: "Un male necessario può diventare un bene collettivo?"
Cosa vi aspettate sia stata la sua conclusione?
Certo che Sìiiii! 
Infatti si affretta subito a definire quello di Letta  "un buon discorso, che non nasconde le difficoltà ma cerca di trasformarle in opportunità".
Ecco un primo tentativo, un po' patetico, di cercare di raddrizzare all'improvviso la baracca, ovvero la linea editoriale di Repubblica, dopo che per anni (ma sarebbe meglio parlare dell'intero ventennio berlusconiano) il quotidiano di Scalfari si è contraddistinto, anima e corpo, per un antiberlusconismo di facciata irriducibile e oltranzista,  che, a conti fatti, presentava più ombre che luci.
Così, dalla cabina di regìa di  Repubblica, mai una parola chiara e definitiva di critica sull'impostazione economica della proposta politica di Berlusconi, né sul modello sociale di riferimento, solo polemiche di piccolo cabotaggio, di forma più che di sostanza, spesso personali, magari sul ministro Tremonti, al massimo sul millantato riformismo del partito di Arcore; mutuandone molto spesso idee e linguaggio per un'agenda di governo (come nel caso del federalismo, delle tasse, dei fannulloni, della privatizzazioni, delle grandi opere, dei tagli all'università, ecc.).
Mai e poi mai una severa disanima del paradigma berlusconiano, solo e soltanto un faro acceso sulle sue vicissutidini private e giudiziarie: che seppure possono mettere in discussione l'uomo politico, di certo non ne mettono in dubbio l'ideologia, cioè il berlusconismo, che trova nell'uomo di Arcore il massimo interprete, non di certo l'unico e quel che è peggio, non confinato al solo centrodestra.
E' così potuto accadere che il volume di fuoco di Largo Fochetti si sia concentrato, per un'estate intera, sui suoi festini e le tante starlette di corte: di qui  l'ossessivo e stucchevole decalogo di domande su tale Noemi da Casoria, ripetuto infinite volte, a nome di due prime firme, Giuseppe D'Avanzo ed Ezio Mauro.
Il paese già stava affondando ma Repubblica scontava tutto a Berlusconi tranne le sue imperdonabili scappatelle.
Ma adesso, finalmente, è arrivato il rompete le righe: le truppe della corazzata De Benedetti si stanno riorganizzando perché il nemico storico non esiste più, parola degli strateghi di Largo Fochetti!, e tutte le forze devono essere ricompattate contro il nuovo nemico, questo sì, l'Acerrimo, contro il quale rispolverare l'armamentario peggiore: Beppe Grillo e il Movimento 5 Stelle.
A cui Scalfari e c. hanno dichiarato guerra totale, non si sa quando e soprattutto perché: tanto che moltissimi lettori, in ondate ripetute, sono stati costretti a fare le valigie.
Scoppiata la pace tra i due poli (ma quando mai si sono fatti la guerra?), è in atto il riposizionamento delle forze. 
Particolarmente rischioso, perché il fuoco amico, come si sa, è il peggiore: come potrebbe spiegarci Romano Prodi...
Così alcuni deputati democrat brancolano nella più totale confusione (comunque meglio dei loro elettori, caduti in depressione) con il loro segretario Bersani, mai stato tanto operoso da quando ha rassegnato le dimissioni, che in Parlamento prima abbraccia Alfano per rieleggere Napolitano e poi fa il segno di vittoria a Enrico Letta.
Per le giovani leve, oggi è un nuovo otto settembre: i nemici di ieri sono diventati gli amici di oggi e tra amici evidentemente non ci si può sparare.
Come urlava al telefono Alberto Sordi nei panni del tenente Innocenzi nel capolavoro di Luigi Comencini "Tutti a casa" (titolo paradossalmente emblematico anche oggi): "Signor colonnello, tenente Innocenzi, accade una cosa incredibile: i tedeschi si sono alleati con gli americani!.... No, allora tutto è finito signor colonnello! (esplode una bomba) Ma non potreste avvertire i tedeschi che stanno continuando a sparare... mi scusi, signor colonnello, ma cerchi di comprendere, io ero all'oscuro di tutto! Quali sono gli ordini?" 

Se il PD ha trovato intese larghissime con il PDL bisogna ormai farsene una ragione.
Intanto i deputati dei due gruppi agiscono in tandem per tentare di mettere a tacere, appellandosi impropriamente al regolamento, chi a Montecitorio ha il coraggio di dire la verità: è il caso del deputato del M5S Colletti, il cui intervento è stato preso in sandwich dalle parole rabbiose sia del piddino Rosato che della pidiellina Saltamarini, in un'assonanza di toni e di contenuti veramente inedita e rivelatrice.
Ma a questo punto le vecchie battaglie di sempre (conflitto di interessi, legge anticorruzione, riordino del sistema radiotelevisivo) vanno archiviate rapidamente come episodi del passato: da adesso in poi, col nuovo ministero Letta (zio o nipote, a voi la scelta!), diventeremo patriotticamente tutti nipoti di Mubarak!
Ormai, da Libero, al Giornale, a Repubblica, a L'Espresso, a l'Unità, al Corriere, sale un solo comune grido: Abbasso Grillo! Bandiera Azzurra trionferà! (quando Berlusconi diventerà Presidente della Repubblica... a quel punto vedremo Bersani fare la ola).
Guai naturalmente ad esibire una qualche perplessità per l'improvviso e inopinato cambio di campo di Largo Fochetti: ogni commento che non sia più che in linea con il nuovo Verbo delle larghe intese è messo al bando!
Mica come quel bontempone di Grillo che prima i commenti li pubblica e poi, semmai, li fa rimuovere.
No, quelli di Repubblica sono dei veri professionisti, intervengono chirurgicamente alla radice.
A meno che l'opinione non sia talmente sgangherata da trasmettere la sensazione che chi critica il matrimonio PD-PDL o è un esaltato o un ignorante. Oppure il commento viene pubblicato per semplici esigenze statistiche: possibile mai che nei forum di Repubblica vige il pensiero unico?
Qualcuno tra i lettori a lungo andare potrebbe sentire puzza di bruciato... molto ma molto meglio un pluralismo telecomandato.




giovedì 16 agosto 2012

Incubo di Ferragosto: Veltroni prossimo presidente della Camera!

Si vocifera all'interno del Pd che già siano state spartite le principali poltrone della prossima legislatura, dando per certo già da adesso che sarà proprio il Pd il partito di maggioranza relativa.
Insomma, i principali azionisti del partito (i soliti D'Alema, Veltroni, Bindi, Franceschini,  Letta, ecc.), piuttosto che fare un passo indietro, finalmente ritirandosi a vita privata (dopo i gravi e irreparabili danni causati al Paese assieme agli omologhi del Pdl e dell'Udc), sarebbero di nuovo in pole position per accaparrarsi i posti di maggiore visibilità e prestigio.
Addirittura circolerebbe un papello, secondo la felice espressione del Foglio, tra i corridoi democratici in cui, oltre ad assicurare il pieno appoggio a Monti fino allo scadere dell'attuale legislatura e rilanciare la grosse koalition per i successivi cinque anni (l'ammucchiata 'Tutti dentro' Pd-Pdl-Udc), sarebbero state decise persino le principali cariche del nuovo esecutivo con i big del partito determinati a sfruttare fino in fondo  la loro rendita di posizione contro gli appetiti di vecchi e possibili nuovi rottamatori.
Ecco la lista degli incarichi:
Pierluigi Bersani:  a Palazzo Chigi come premier o Ministro dell'Economia
Walter Veltroni: Presidente della Camera
Massimo D'Alema: Ministro degli Esteri o Commissario Europeo
Rosy Bindi: Vicepresidente del Consiglio
Enrico Letta: Ministro allo Sviluppo Economico
Dario Franceschini: Segretario del Pd.

Un'organigramma da mettere i brividi, dove agli ex democristiani Fioroni e Carra verrebbero affidati importanti sottosegretariati per programmare in tempo la spartizione prossima ventura.
Insomma, per la nomenklatura del Pd la parola d'ordine è quella di contare sempre di più, tutto il contrario di chi spera che si siano rassegnati ad appendere la grisaglia al chiodo, dopo lo scasso degli ultimi vent'anni...
Pensate un po', i perdenti e nemici di sempre D'Alema e Veltroni, invece di lasciare, doverosamente e in punta di piedi, di fronte all'elettorato inferocito, starebbero contro ogni logica per raddoppiare.
Così, dopo l'abominio del governo Monti, ci ritroveremmo come terza carica dello Stato, Walter Se po' ffà, il kennediano de Roma, che speravamo finalmente avviato, dopo l'intervista all'attrice Stefania Sandrelli, a fare l'intrattenitore culturale...
Un incubo!

sabato 14 luglio 2012

Casa Letta

L'uomo del pizzino a Mario Monti, al secolo Enrico Letta, già nipote del luogotenente del Pdl, Gianni Letta, balzato agli onori della cronaca per le sue stravaganti analisi senza né capo né coda con cui, per conto del Pd, ha per settimane maltrattato l'intelligenza degli Italiani che il martedì sera, nel vuoto assoluto della programmazione Rai-Mediaset, si avventuravano disperati nel salotto televisivo di Ballarò, se ne è uscito con un'altra delle sue fulminanti battute.
In un'intervista al Corriere della Sera di oggi  testualmente dichiara: "preferisco che i voti vadano al Pdl piuttosto che disperdersi verso Grillo"
Parola del vicesegretario del Pd!
Delle due l'una: o Bersani lo manda casa per le vie brevi, invitandolo a cambiare immediatamente casacca, oppure (come succederà al 99,9%, da metterci la mano sul fuoco!) continuerà a fare finta di niente, pacatamente confermando ciò che va dicendo l'impertinente nipotino del fedele consigliere di Silvio Berlusconi.
Ma così facendo finisce, suo malgrado, per dare ragione a Beppe Grillo che da tempo immemorabile ripete che Pdl e Pd-l sono praticamente la stessa cosa.

PS: Nell'anniversario della presa della Bastiglia, leggere che un leader del centrosinistra inviti gli elettori, piuttosto che esortarli ad impegnarsi personalmente in politica (come molti di loro hanno iniziato a  fare, anche grazie al Movimento 5 Stelle), addirittura a votare per la destra berlusconiana, ci fa tornare in mente la regina Maria Antonietta che, di fronte alle proteste popolari dilaganti in mezza Francia per la mancanza di pane, non trovò di meglio che esclamare con spontaneità: "Che mangino brioches!".

lunedì 20 febbraio 2012

Di male in peggio: per Veltroni il governo Monti fa cose di sinistra

Con la bravata di Veltroni sull'articolo 18, finalmente qualcosa si muove anche dentro il Pd. Perché quello di Walter Se po' ffà non è semplicemente un caso umano.
Grazie alla grancassa dei media che lo intervistano da anni ad ogni piè sospinto, è diventato purtroppo un caso politico.
Perché se per il fondatore del Pd "Monti fa cose di sinistra", un qualche problema di linea politica dovrà pur esistere in questo surreale partito.
Questa volta, per fortuna, il responsabile economico del Pd, Stefano Fassina, gli risponde a tono:  “Caro Walter se il programma del governo Monti è l’orizzonte di una forza progressista come il Pd, allora delle due l’una: o il Pdl, che insieme a noi sostiene il governo Monti, è diventato un partito progressista, oppure la tua valutazione è sbagliata”.
E per ricondurre il vaniloquio veltroniano alla giusta categoria di falso, prosegue:
“Se fosse giusta dovremmo essere conseguenti. Alle prossime elezioni il Pd dovrebbe presentarsi insieme al Pdl, oltre che al Terzo Polo: una sorta di partito unico del pensiero unico. La fine della politica, non solo della democrazia”.
Frase che suonerebbe come epitaffio della carriera politica dell'ex sindaco di Roma, se non fosse che il vicesegretario Enrico Letta, quello del famoso pizzino a Mario Monti in cui gli scriveva di essere riservatamente a sua disposizione, gli dà man forte dicendo che “non dobbiamo cedere Monti alla destra”.
Ma accanto al caso personale dell'ex sindaco di Roma,  non si capisce il motivo per cui giornali e televisioni lo continuino ad intervistare quasi fosse un oracolo, nonostante gareggi con l'amico-nemico Massimo D'Alema per il poco invidiabile titolo di uomo politico più perdente della storia repubblicana.
Come mai uno che ha preso cantonate a ripetizione, inanellando una sconfitta dietro l'altra nelle fila del Partito democratico, sia oggetto di tale attenzione e riguardo da parte dei principali media che fingono di pendere dalle sue labbra, è questione che ha molto a che vedere con la disastrosa situazione della libertà di stampa in Italia, precipitata al 61° posto nell'apposita classifica.
Con il risultato sconfortante che il Partito democratico prima che dagli altri partiti, deve prendere le distanze da se stesso, cioè da alcuni dei suoi massimi dirigenti, personaggi in libera uscita proprio come Veltroni.
E così, mentre mezzo partito intona a mezza voce "Lusi in the Sky with Diamonds", l'altra metà fa gli scongiuri affinché il presidente Obama si decida a chiamare nel suo staff elettorale uno dei suoi fans, l'impareggiabile Walter, l'americano de Roma.

domenica 29 gennaio 2012

L'appoggio di Bersani al governo Monti: ormai il PD è il Partito dei Dinosauri

"Noi siamo a sostegno del governo Monti senza se, senza ma e senza tacere le nostre idee. E' chiaroo?"
La battuta del segretario Pierluigi Bersani all'Assemblea nazionale del PD domenica scorsa nel corso di un intervento di oltre mezz'ora la dice lunga sullo stato confusionale in cui versa il suo partito, ormai nelle mani di un'oligarchia che ha perso completamente il senso della realtà, lontano anni luce dalla propria base elettorale.
In fondo questa frase è l'epitaffio sopra un'esperienza politica ormai da declinare al trapassato remoto.
Dove possa andare un partito che non ha più una rotta ideologica da seguire e che naviga a vista sotto costa è presto detto: o riesce a riparare in un porticciolo turistico affiancandosi ai megayacht di qualche pregiudicato prestato alla politica oppure, più probabilmente, rischia di fare la fine  della Costa Concordia, adagiandosi su un basso fondale per essersi spinto troppo in là con gli inchini verso i poteri forti, dimenticando di schivare gli scogli dell'emergenza economica e sociale.
Perché il governo Monti, ormai è chiaro, rappresenta il volto migliore del vecchio ministero Berlusconi: come tale si è accreditato agli occhi della cancelliera tedesca Angela Merkel per aver promesso (e mantenuto, a differenza dell'uomo di Arcore!) una politica di grave austerity economica e di tagli dichiaratamente antipopolari.
Il tutto edulcorato con i fuochi d'artificio di una propagandata manovra su liberalizzazioni e semplificazioni che, al di là del polverone mediatico,  non sfiora neppure le rendite dei grandi monopoli (banche, assicurazioni, media, concessionari di pubblici servizi), lasciati completamente indisturbati.
La panzana che comunque queste misure porteranno ad un aumento del Pil del 10% (come e in quanto tempo?) è poi degna del miglior Berlusconi.
'Fare ammuina' sembra l'imperativo di queste settimane del premier Monti che fa digerire la pillola amara della recessione, delle tasse, dei tagli al welfare e dell'assenza di un qualsiasi improcrastinabile intervento di redistribuzione del reddito, con operazioni di facciata che non cambiano di un'acca i termini della tragedia sociale in atto.
E il Pd che, apparentemente non aveva fatto sconti al Cavaliere, d'improvviso è soddisfatto di quella stessa politica, adesso drammaticamente operativa, a guida bocconiana.
Fortunatamente, da questo PD, alias Partito dei Dinosauri, la gente comincia a prendere le distanze, delusa e umiliata dal grande imbroglio, dall'inciucio di sempre.
Perché i Bocconi amari da inghiottire non si contano più.
Ma come? Fino all'anno scorso, la riforma Gelmini sulla scuola era la pietra dello scandalo e ora che con Monti sta andando a regime, tutto tace dalle parti di Bersani e Veltroni! Per non parlare della legge 240 sull'Università.
E le leggi ad personam varate da Berlusconi per salvarsi dai processi? Possibile che Violante & c. ce l'abbiano più con le intercettazioni che con la ex-Cirielli che manderà in fumo, assieme ad altri 200.000 processi, quello Mills contro il Cavaliere?
Intanto si profila un'altra amnistia, più o meno mascherata, con il ventilato provvedimento 'Svuotacarceri' , tanto per dare la certezza matematica ai colletti bianchi di non varcare, mai e poi mai, le patrie galere: naturalmente con l'allegra brigata PD-PDL in perfetta sintonia.
E sul piano economico, possibile che non ci sia uno straccio di politica industriale che impedisca o almeno rallenti il processo di delocalizzazione in atto tra le imprese italiane che sta mandando a casa, peggio, in mezzo alla strada, decine di migliaia di lavoratori? E che il PD non se ne faccia carico?
O che il PD non imbracci la vittoria referendaria per contrastare il tradimento che della volontà popolare si sta consumando con la privatizzazione dei servizi pubblici locali?
Giovedì sera, nello studio di Michele Santoro, il vicesegretario democratico Enrico Letta, già nipote di cotanto zio,  si è guardato bene dall'addossare la responsabilità del disastro in cui ci dibattiamo al governo di Silvio Berlusconi, preferendo esaltare Ciampi e Prodi per l'ingresso dell'Italia nell'Euro.
Scelta che oggi, sia pure ampiamente col senno di poi, è sotto gli occhi di tutti essere stata sciagurata. Ma il pizzinaro Letta, buon per lui, è convinto del contrario!
Per fortuna, mentre i Dinosauri del PD corrono dritti dritti verso l'estinzione (basterà ancora qualche altra sortita di Bersani!), con i loro ex elettori che si vergognano intimamente di averli mai potuti votare, sta finalmente venendo fuori qualcosa di nuovo.
A Napoli, il cosiddetto Partito dei sindaci, con in testa il primo cittadino Luigi De Magistris, nel "Forum dei Beni Comuni per i Beni Comuni", denuncia la svendita di beni primari come scuole, asili, ospedali e di tanti altri beni pubblici in nome di un malinteso federalismo demaniale rivendicando la rilevanza costituzionale del soddisfacimento dei diritti fondamentali di cittadinanza.
A Torino, intanto, sfilano i No Tav dimostrando pacificamente che nessuno, meno che mai un'oligarchia  incompetente e la cui credibilità è prossima allo zero, può pensare di ridurre un problema squisitamente politico, cioè l'opportunità economica e sociale di un progetto così impattante per l'ambiente e per le comunità locali, a pura questione di ordine pubblico.
Insomma, mentre la Casta dei corrotti, dei bolliti e dei dinosauri si trincera dietro il governo dei tecnici, la società civile prova finalmente ad alzare la testa.

giovedì 24 novembre 2011

Dopo il pizzino di Enrico Letta, la Casta si mette al lavoro...

Il pizzino di Enrico Letta a Mario Monti con il quale il vicesegretario del PD si mette a disposizione del premier, sia in pubblico che riservatamente, non ha avuto granché risalto sulla stampa; quasi che sulla vicenda abbia preferito stendere un velo, non si sa se pietoso o complice.
Fatto sta che a tenere in piedi l'episodio ancora una volta è stata la rete.
E gli stessi quotidiani, che in edicola hanno glissato, nell'edizione on line non hanno potuto mancare il ghiotto scoop.
Che questa sarebbe stata una delle notizie più cliccate della settimana era del resto prevedibile.
Ancora una volta la nostra classe politica ha dato l'ennesima dimostrazione di inadeguatezza svelando che, spente le luci dei talk show in cui si fa a gara nel dirsene di tutti i colori, dietro le quinte  e nei corridoi del Palazzo, condivide in perfetta armonia i privilegi di una professione di grandi onori ma di pochissimi oneri.
Ed è riuscita pure nel piccolo grande capolavoro di lasciare il governo del paese ad una pattuglia di professoroni, a cui viene lasciata carta bianca per prendere misure impopolari, rimanendo nel frattempo alla finestra.
Il bello è che a gente che ci ha portato alla rovina e che è di fatto in vacanza fin quando Mario Monti non riterrà opportuno convocarla per farle premere in Parlamento il pulsante verde e far passare così i suoi provvedimenti, continuiamo a pagare stipendi e ad erogare benefits da nababbi.
E poiché, come è successo per lo sfortunato nipote di Gianni Letta, non vuole più farsi sorprendere con il sorcio in bocca, mentre attende che si alzino le saracinesche della macelleria sociale, ha pensato bene di tappare la bocca ai fotografi dell'emiciclo istituendo, a tambur battente (sin dal prossimo 29 novembre!), un tesserino di cui dovranno dotarsi per continuare a lavorare sulle tribune parlamentari.
Tesserino che sarà loro consegnato solo dopo aver sottoscritto un codice di autoregolamentazione in cui essi si impegnano "a non utilizzare strumenti di ripresa fotografica o visiva per cogliere gli atti o i comportamenti non risultanti essenziali per l'informazione", pena il divieto di accesso in Parlamento.
Evviva l'efficienza!
I nostri politici del PD-PDL, nel pieno di una tempesta finanziaria e di una crisi economica senza precedenti, in attesa che il preside Monti esca dal collegio dei docenti, di che cosa si preoccupano?
Per caso di tagliarsi stipendi e vitalizi e paracadutarli al livello dei comuni mortali?? Errore!
Dopo essersi dati un gran da fare con codici e codicilli per renderci invisibili i loro pizzini, adesso sono veramente stanchi... 


venerdì 18 novembre 2011

Governo Monti: l'importanza di chiamarsi Enrico...

«Mario, quando vuoi dimmi forme e modi con cui posso esserti utile dall'esterno. Sia ufficialmente (Bersani mi chiede per es. di interagire sulla questione dei vice) sia riservatamente. Per ora mi sembra tutto un miracolo! E allora i miracoli esistono! Enrico»
Il biglietto fatto recapitare dai banchi dell'opposizione al tavolo del governo è forse la notizia più succosa di questa prima uscita del premier Mario Monti e, al di là dell'interpretazione autentica che si è affrettato malamente a darne il suo improvvido estensore, il vicesegretario del PD Enrico Letta, la dice lunga su quello che è il male della politica italiana: il trasversalismo, da sempre origine di tutte le degenerazioni del bipolarismo all'italiana.
Stiamo ai fatti: questo pomeriggio, con una maggioranza record di 556 voti, il governo Monti ha ottenuto la fiducia della Camera dopo averla incassata il giorno precedente dal Senato.
E' finalmente nel pieno esercizio delle sue funzioni: staremo a vedere come lavorerà.
Una gravissima crisi politica è stata risolta in meno di una settimana sotto l'incombere dei mercati che minacciavano (giustamente!) sfracelli finché Silvio Berlusconi fosse restato a Palazzo Chigi.
E' troppo presto per trarre conclusioni ma si può già ammettere che un effetto calmierante sullo spread Btp-bund tedeschi  questo passaggio di consegne lo abbia sortito.
Siamo in presenza di una maggioranza inedita PD-PDL con l'aggiunta dell'IDV di Antonio Di Pietro mentre la Lega di Bossi è sola all'opposizione. Come scrive il nipote di Gianni Letta, già sottosegretario di Berlusconi, un miracolo.
Per qualcuno è la sospensione della democrazia: dipende dai punti di vista ma, certo, che i due fronti contrapposti, dopo aver fatto per anni le barricate ed aver lanciato di tutto nel campo avverso, vadano adesso a braccetto è, anche solo visivamente, sensazione per stomaci forti.
Ma tutto ha una spiegazione: dovendo approvare misure assolutamente impopolari a ritmi forzati, né PD né PDL se la sono sentita di metterci la faccia condannandosi al pubblico ludibrio con i propri elettori.
La Casta, cioè, si ripara dietro il governo tecnico e a questo lascia fare tutto ciò che essa non ha né il coraggio politico né  il mandato elettorale di proporre alla propria base.
Se non è sospensione della sovranità popolare questa...
Il parallello che alcuni osservatori embedded fanno con la Grosse Koalition di Angela Merkel è fuorviante.
In Germania, il sistema elettorale è proporzionale con sbarramento; pertanto la maggioranza politica si trova in Parlamento, soltanto una volta contati i voti delle urne.
I due partiti che alle ultime elezioni hanno ricevuto maggiori consensi, socialdemocratici e democristiani, non si presentano agli elettori in contrapposizione.
Come invece accade da noi dove PD e PDL, in forza del sistema prevalentemente maggioritario, si contendono a suon di colpi bassi (anche sul piano personale!), fino all'ultimo collegio uninominale.
In Italia, la coalizione di governo viene presentata agli elettori prima del voto da entrambi gli schieramenti: pertanto chi vota PD o PDL sa che il suo voto esprime un orientamento avverso all'altro cartello elettorale.
Tant'è che per forzare il nostro sistema politico al bipolarismo,  con il porcellum si sono fatte fuori le ali estreme, i partiti minori: ricordate i cosiddetti cespugli?
Chi non rammenta la vocazione maggioritaria del 2008 di Walter Veltroni che affossò il governo di centrosinistra di Romano Prodi e condannò a restare fuori dal Parlamento tutti i partiti di sinistra, dai Verdi, a Rifondazione, al Pdci di Oliviero Diliberto? 
E' chiaro che adesso assortire una maggioranza, sia pure per un appoggio esterno al governo, tra Partito Democratico e Popolo della Libertà, è molto più che una forzatura...
Ma la politica italiana ci ha abituato a tutto!
Quello che però non è assolutamente giustificabile è quell'aria continua di inciucio, di accordo sottobanco, che rende irrespirabile l'aria del Palazzo anche a chi è abituato da troppo tempo a votare turandosi il naso.
In un frangente tanto delicato come quello descritto per il rispetto della sovranità popolare, non è accettabile che il vicesegretario del PD Enrico Letta assicuri un appoggio tanto peloso quanto sommesso al neo premier Mario Monti, prestandosi al collaborazionismo piuttosto che ad una collaborazione alla luce del sole.
Infatti, che senso può avere mandargli un biglietto privato per rendersi utile dal'esterno sia ufficialmente che riservatamente?
Ma a che gioco giochiamo??
Fa sospettare che il governo Monti è, sotto mentite spoglie, il vero esecutivo in cima ai desideri della direzione del Partito Democratico, in barba alle mille dichiarazioni fatte in questi anni, dimostrando una convergenza politica e di ideali con il PDL assolutamente unica e impressionante. 
E' un caso che Enrico Letta parli di miracolo a proposito di questa svolta politica?
Pare quindi che la battaglia di Bersani, Veltroni, D'Alema & c. di questi anni contro il governo Berlusconi sia stata concepita esclusivamente contro l'uomo politico Silvio Berlusconi e non contro la sua pessima politica, a cui sotto sotto aderiscono.
Ecco perché Beppe Grillo non si stanca di chiamarli PDmenoL