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lunedì 28 settembre 2009

Un nuovo editto contro Annozero

L’attacco sferrato ad Annozero, la popolare trasmissione di Michele Santoro al suo esordio per la nuova stagione televisiva, ha un carattere chiaramente liberticida.
Appena spente le telecamere che avevano finalmente illuminato al pubblico televisivo alcune chiacchierate vicende che hanno visto quest’estate per mattatore il nostro Presidente del Consiglio, del tutto rimosse finora dal piccolo schermo, ecco arrivare l’affondo forsennato in ordine sparso dei suoi uomini.
Dalla dissennata reazione intimidatoria del ministro delle Attività produttive, Claudio Scajola, che non vuole evidentemente rendersi conto di aver travalicato dai suoi compiti istituzionali, all’intervento del viceministro delle Comunicazioni, Paolo Romani, il quale, appellandosi ad un malinteso art. 39 del contratto di servizio con la Rai, apre una fantomatica istruttoria sulla trasmissione.
Ma non dimentichiamo neppure l’improvvida reazione del ministro della Pubblica Istruzione, Maria Stella Gelmini, che dichiara: "Quando si insulta il presidente si insultano tutti gli italiani", forse scambiando il ruolo istituzionale di Berlusconi con quello di Giorgio Napolitano.
Qualcuno le spieghi la differenza!
Ma adesso abbiamo una certezza in più: la cosiddetta Casa delle Libertà si chiama così per riferirsi alle libertà costituzionali che intende abrogare.
Per prima la libertà di espressione, come enunciata dall’art. 21 della nostra Costituzione.
E’ scandaloso che in Italia non solo permanga in tutta la sua gravità il conflitto d’interessi ma che il titolare di concessioni pubbliche per le reti Mediaset si arroghi il potere di decretare la fine del servizio pubblico radiotelevisivo, come lo conosciamo da sempre.
Una Rai che viene mandata in malora attaccando trasmissioni a costo zero come Annozero, (anzi ad alto rendimento, visto quello che frutta in termini di raccolta pubblicitaria grazie alla sua audience), ma anche Presa diretta, Report, Che tempo che fa.
Tutto ciò per propinarci dei palinsesti costruiti ad uso e consumo del manovratore. Così ci condannano a vedere per l’eternità in prima serata su Raiuno l’ennesima replica del classico per le aspiranti escort: Pretty Woman.
Che i dirigenti della prima rete siano preoccupati di una possibile crisi delle vocazioni?
Così il già inammissibile duopolio Rai-Mediaset degrada pericolosamente nel monopolio di Silvio Berlusconi.
Le vicende di queste due ultime settimane, nonostante l’autentico flop della puntata di Porta a Porta sull’Abruzzo terremotato, confezionata su misura per le impellenti esigenze del premier, e la tardiva partenza autunnale di Annozero, lo dimostrano in modo inoppugnabile.
Ma non basta avere cinque televisioni ed un oceano di carta stampata per placare gli animal spirits dell’uomo di Arcore: bisogna tappare la bocca a qualunque voce dissenziente o, preferibilmente, sradicare qualsiasi frammento di notizia che possa semplicemente aggrottarne la fronte.
Lo Stato sono io, la Rai sono io, gli Italiani sono io: è questa l’essenza dell’attacco alla trasmissione di Santoro.
Quello che maggiormente preoccupa è che tale blitz sia del tutto pretestuoso, privo com’è di ogni giustificazione che non sia, spudoratamente, il voler sottrarre alla pubblica opinione temi dibattutissimi altrove, cioè sui media di mezzo mondo.
In una democrazia parlamentare, quale dovrebbe essere la nostra, è ammissibile che le notizie trasmesse dal servizio pubblico siano filtrate secondo i gusti esclusivi del capo dell’esecutivo?
Perché, si deve dare atto a Michele Santoro di aver impostato la puntata in modo sin troppo equilibrato, con una forte presenza degli uomini del presidente: Maurizio Belpietro, direttore di Libero, e il vicecapogruppo del Pdl, Italo Bocchino, in studio. Poi, le dichiarazioni di Renato Brunetta e le interviste filmate a Filippo Facci e Vittorio Feltri, neo direttore del Giornale.
Per il centrosinistra, erano presenti il segretario uscente del Pd, Dario Franceschini, e il direttore dell’Unità, Concita De Gregorio.
Ognuno ha potuto esprimere la propria opinione liberamente, la conduzione si è ispirata alla massima sobrietà, lo scontro verbale tra i partecipanti è stato a volte duro ma sempre ben gestito; e, salvo una eccessiva acrimonia sessista ai danni della De Gregorio da parte del collega Maurizio Belpietro, non si sono verificati episodi di rilievo.
Il punto, infatti, sta proprio nell’andamento lento della trasmissione e nei suoi toni smorzati che rendono impossibile scardinarne l'impianto giornalistico.
Ma il brano dell’intervista alla escort Patrizia D’Addario ha scatenato negli uomini di Berlusconi una reazione tanto scomposta da finire per nuocere proprio alla loro causa, mostrandoli arcigni e cinici, di modi crudamente beffardi.
Di fronte a tale caduta di stile, è passata quasi simpatica la grave gaffe di Italo Bocchino che, rievocando la morte, avvenuta in circostanze misteriose quarant'anni fa, della segretaria personale del senatore americano Ted Kennedy, di recente scomparso, ci ha piuttosto convinto che fa molto meglio Berlusconi a nominare ministro le sue giovani amiche.
Una galleria degli orrori e degli errori, di fronte alla quale la pur scialba serata di Franceschini, costretto ad arrampicarsi sugli specchi per negare l’esistenza di una rilevante questione morale anche dentro il Pd, è sembrata meno sofferta.
Punta di diamante del programma è stato il sempre bravissimo Marco Travaglio, in onda senza contratto, che ha ricostruito dettagliatamente la vicenda dell'imprenditore barese Tarantini; ma tutta la squadra di Santoro ha girato bene, mostrando di saper fare grande televisione.
Mettere in discussione un programma del genere, che ha raggiunto già in partenza livelli di audience notevoli, vuol dire proprio voler affossare il servizio pubblico, a solo vantaggio di Mediaset.
Ancora una volta il conflitto di interessi pesa come un macigno sulla scena politica italiana.
Può Silvio Berlusconi, padrone di Mediaset, mettere il bavaglio all’informazione del servizio pubblico?
Può, attraverso il giornale di famiglia, scatenare una campagna di stampa per il boicottaggio del canone Rai?
Purtroppo, nel deserto dei tartari della politica italiana, anche queste due semplici domande sono destinate a restare senza risposta.

mercoledì 27 maggio 2009

A Ballarò, la farsa estromette la politica!

Quella che è andata in onda ieri sera nel salotto televisivo di Giovanni Floris, Ballarò, è stata forse la più esilarante gag politica che si ricordi a memoria di telespettatore.
Mai era successo, nonostante diverbi sempre più frequenti e insulsi in programmazione sui vari palinsesti a tutte le ore del giorno, di assistere ad un battibecco tanto divertente.
Uno scontro tra il segretario del Pd, Dario Franceschini e Sandro Bondi, fido ministro del Cavaliere, nel corso del quale quest’ultimo si esibisce in un attacco così sconsiderato nei confronti dell’avversario e al tempo stesso così goffo e stonato da suscitare applausi a scena aperta.
L’espressione un po’ imbambolata, il modo di parlare ad un tempo tronfio e antiquato, un furore talmente ostentato da sembrare gratuito e quindi innocuo, Sancho Bondi raggiunge involontariamente vette di comicità veramente invalicabili, sotto lo sguardo attonito del direttore di Panorama Maurizio Belpietro che teme, per interminabili momenti, di vedersi assestato il colpo del KO.
In sala, l’ilarità è generale: persino il conduttore, pur mantenendo una sobrietà persino innaturale, non crede ai propri occhi, non potendo prevedere che in così poche battute gli ospiti abbiano dato vita ad una scena così ghiotta, talmente surreale da unire in una fragorosa risata l’intero studio televisivo, tifoserie al seguito comprese.
Ciliegina sulla torta la battuta sullo spinello di Marco Pannella che si inserisce per sovrastare il fragore delle voci aumentando la confusione con il suo divagare, allusivo e criptico come al solito.
Ottima la serata di Franceschini che, quasi senza colpo ferire, riesce a scatenare il toro Sancho Bondi ed a mettere in seria difficoltà anche il più scaltro Belpietro che, in precedenza, al rilievo di essere un dipendente di Berlusconi, aveva iniziato ad urlare "lei non ha titolo per dare lezioni a nessuno di democrazia e di indipendenza…" facendosi così infilare in contropiede da una battuta micidiale del leader democratico: "Ho capito che dire che uno è dipendente di Berlusconi viene ritenuto un’offesa!".
Grande, grande televisione, che finisce per renderci gradevole, al ritmo della farsa, una politica altrimenti inguardabile!