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sabato 18 ottobre 2014

Finalmente Marco Travaglio manda al diavolo Santoro

Era ora. Finalmente Marco Travaglio, dopo aver incassato per settimane senza replicare le reprimende di Michele Santoro, lo ha finalmente mandato al diavolo.
Un Santoro sempre più nervoso, in evidente crisi di idee e di ascolti,  proteso come appare a completare il riavvicinamento al vecchio establishment di centrosinistra, ha duramente ripreso, nell'ultima puntata andata in onda di Servizio Pubblico, il suo collega che stava mettendo in difficoltà con critiche acuminate il plenipotenziario del PD in terra ligure, Claudio Burlando, uno degli sciagurati amministratori nel periodo di cementificazione selvaggia della Liguria: in punta di logica, uno dei presunti responsabili dell'odierno dissesto idrogeologico che ha provocato, con l'ultima alluvione della settimana scorsa a Genova, centinaia di milioni di euro di danni ed una vittima.
Santoro è un giornalista molto conosciuto, ma anche, come sappiamo, un personaggio televisivo che da trent'anni flirta con la politica, verso cui nutre un rapporto di amore-odio. Perché è la politica, con i propri guasti, le proprie magagne, le proprie lusinghe, ad averlo lanciato sulla ribalta nazionale (è stato pure europarlamentare nelle liste dell'Ulivo nel 2004, insieme alla Gruber!) ma è con la politica che ha in passato ingaggiato le contese più eclatanti (dal rapporto ambivalente con Berlusconi di cui è pure stato dipendente in Mediaset, alla causa di reintegro intentata contro la Rai dopo l'editto bulgaro). 
E' solo rispolverandone la biografia che si può comprendere fino a fondo il suo odierno comportamento, per lo meno contraddittorio, nei confronti della Casta, la cui critica impietosa delle malefatte si ferma sorprendentemente a metà. 
E' così, che la nomenklatura di destra e di sinistra, le cui pesantissime responsabilità sono sotto gli occhi di tutti ed oggi  marchiano a fuoco la vita di milioni di italiani, un dissesto a 360 gradi, politico-morale- economico-finanziario, ora persino idrogeologico, trova in Santoro un insospettabile difensore.
Quando qualcuno, come Marco Travaglio, finalmente, rinfaccia ad uno dei gerarchi del regime, il presidente della Regione Liguria Claudio Burlando, le mostruose nefandezze del sacco edilizio, la cementificazione selvaggia, la distruzione del verde in stile Attila,  ecco che Santoro inopinatamente gli si mette di traverso in un improvvisato gioco di sponda con il potente di turno.
Del resto, in veste di paladino della Casta, il conduttore di Servizio Pubblico  già aveva inaugurato la serata con un attacco violentissimo e del tutto gratuito a Beppe Grillo, additato, Dio solo lo sa, ad unico assoluto responsabile di tutti i guai italiani, persino dell'alluvione genovese!
Perché abbiamo dovuto guardare il Santoro-show per scoprire una sconcertante verità sulle alluvioni di Genova: negli ultimi trent'anni in quelle terre non hanno sgovernato, come qualche ingenuo crede e la Storia ci racconta,  le varie giunte di centrosinistra, comuniste, piddine, responsabili di una politica di sistematico stupro del territorio; e neppure al governo nazionale c'è mai stato per anni il centrosinistra, con Burlando pure ministro dei trasporti!
No, niente di tutto questo: era Beppe Grillo, ci suggerisce Santoro, sì avete capito bene, proprio lui,  l'ex comico genovese a tirare le fila di ogni abuso! Mentre il suo sosia teatrante gli garantiva un finto alibi, inventandosi un diversivo con lucrosi spettacoli da tutto esaurito in giro per la penisola.
Eccola squadernata in diretta televisiva la verità di Michele Santoro: Burlando è un martire, Travaglio un aguzzino antidemocratico... e Grillo l'artefice unico di ogni bruttura italica!

A questo punto, sarà chiaro a tutti perché ha fatto benissimo Travaglio a spezzare questo imbarazzante sodalizio, nato anni fa sotto i migliori auspici con l'obolo dei 100'000 sognatori, ma divenuto, puntata dopo puntata, un abominio. Che poi vuol dire, in termini di audience, 'spegnere' Santoro.
Perché il giovedì sera abbiamo di meglio da fare che assistere all'esperto lavoro di lingua di Santoro che si fa schermo di Travaglio per portare su l'audience e continuare indisturbato a flirtare con la Casta.

venerdì 24 maggio 2013

A Servizio Pubblico, l'imperdibile figuraccia di Veltroni

Diventerà un video cult, ne siamo sicuri, come quello delle dichiarazioni di Violante alla Camera nel 2002.
Ieri sera è andato in scena, nel salotto di Michele Santoro, l'harakiri di Se po' ffà, al secolo Walter Veltroni, già segretario del Pd, che di fronte al grande Travaglio che lo incalzava implorandogli di rivelare quale atto ostile avesse fatto in vent'anni il suo partito contro Berlusconi, quale legge ad personam gli avessero magari cancellato, ha dimostrato non solo di essere un politico bollito (anche se inspiegabilmente ancora sulla cresta dell'onda mediatica), quanto soprattutto di avere una memoria così corta e confusa, di entità paragonabile soltanto alla sua faccia di bronzo. 
 Al malcapitato Veltroni è capitata pure la iella che, in quell'imbarazzatissimo frangente, gli sia andato incontro, facendo maldestramente cilecca, proprio Santoro, scambiando la manifestazione erroneamente evocata da Veltroni (quella del 1994 indetta dai sindacati contro la riforma delle pensioni), con un'altra (quella contro l'abolizione dell'articolo 18 al Circo Massimo nel 2002).
Se po' ffà si è aggrappato disperatamente a quella mano amica ma, purtroppo per lui, è scomparso poco dopo tra  i flutti della sua inettitudine.
Ma la cosa che più colpisce è che, invece di fare marcia indietro ammettendo umilmente l'abbaglio preso, ha cercato di reagire con la sua solita supponenza contestando a Travaglio, che intanto allibito rivolto ad entrambi diceva "Avete proprio una confusione anche nelle date", polemizzandogli: "le manifestazioni non sono materia tua" "Travaglio sii serio per favore ... dal punto di vista politico, quella manifestazione fu la fine del governo Berlusconi"
Con Travaglio, solo a porta vuota, che bissava: "Ma la storia dove l'hai studiata, su Topolino?!".
Uno scambio di battute che rimarrà storico, speriamo che il grande pubblico possa rivederle al più presto su Blob.

E' da notare che se un infortunio simile fosse capitato a Beppe Grillo o, più semplicemente, a qualunque dei parlamentari del M5S, giornali come Repubblica e il Corriere ci avrebbero tenuto aperto per ore le rispettive home page, raccontandoci in rallenty tutta la loro fantozziana incompetenza. 
Sarebbe stato un ossessionante e spietato tiro al piccione.
Ma dal momento che lo svarione è occorso a Walter Veltroni, beniamino di entrambe le testate, questo succoso scambio di battute non comparirà, ne siamo certi, da nessuna parte.
Fa riflettere anche il fatto che Michele Santoro si sia sentito in dovere di andare in aiuto di Veltroni, contribuendo anche lui involontariamente  allo svarione generale. 
A dimostrazione di quale ruolo, tutt'altro che super partes, egli svolga nel suo talk show: la sua proverbiale imparziale parzialità.
Lo stesso Santoro, che, non ce lo dimentichiamo, soltanto qualche puntata fa boicottò l'intervento del professor Paolo Becchi, docente di filosofia del diritto vicino al  M5S, quando questi sostenne, in punta di Costituzione, che di fronte allo stallo politico allora in atto, sarebbe stato comunque possibile avviare i lavori delle due Camere senza necessariamente anteporvi la nascita del governo, qualora semplicemente da parte dei partiti si fosse presa l'iniziativa di attivare le commissioni permanenti. 
Il tono che in quel frangente egli usò fu estremamente sgarbato e liquidatorio: né, nelle puntate successive, nei suoi sproloqui iniziali o in altri momenti, si sentì in dovere, quando la stessa argomentazione di Becchi venne ripresa da più parti sui media e anche da insigni costituzionalisti, di scusarsi con l'interessato né con il pubblico per la cantonata presa e più volte reiterata.
L'episodio fantozziano di Veltroni dimostra inoltre che il fascino (si fa per dire!) del politico è quello di non ammettere mai i propri errori né di ritrattare le proprie avventate dichiarazioni, neppure di fronte alla più lampante delle evidenze (com'è accaduto ieri sera grazie a Travaglio che, nell'occasione, è sembrato un gigante tra due pigmei).
Al contrario, politici consumati come Veltroni se ne fanno un titolo di merito: di dimostrare ancora una volta la loro, questa sì gigantesca, faccia di bronzo.
Peggio, di fronte all'incalzare di Travaglio che chiedeva conto di cosa avesse fatto in vent'anni il centrosinistra per contenere Berlusconi, Walter Se po' ffà non è riuscito di meglio che a richiamare un episodio (come abbiamo visto, sbagliato) in cui protagonista non era certo stato la sua parte politica ma il sindacato confederale.
Così celebrando il de profundis sull'antiberlusconismo di facciata targato in sequenza Pds, Ds, Pd.
Più che un'ammissione di colpevolezza, una plateale dichiarazione di resa.
Il seguito del filmato, quando si affronta il tema della trattativa Stato - mafia, è poi conclusivo: anche qui Veltroni ne esce veramente male.

venerdì 22 marzo 2013

Corriere e Repubblica non moderano, censurano!

In questi giorni, sia Repubblica che Corriere della Sera, i due maggiori quotidiani nazionali, hanno riempito pagine e pagine della loro foliazione accusando il blog di Beppe Grillo di censurare i commenti non graditi. 
Addirittura hanno riproposto, pubblicandole, intere schermate del sito in cui erano presenti commenti di personaggi che, prendendo spunto dall'episodio dei senatori del M5S che avevano votato per Grasso in contrasto con le decisioni del gruppo parlamentare, accusavano Grillo di ogni infamia equiparandolo rispettivamente e nell'ordine a Hitler, Mussolini, Stalin, ecc. ed altre galanterie di questo genere. 
Sì, parliamo (per l'ultima volta!) dei troll che, come abbiamo già ribadito, vanno debitamente filtrati, pena la destabilizzazione e il dissolvimento di ogni forum o altro ambiente virtuale di discussione collettiva.
Pure Michele Santoro, alla cui trasmissione non ci pentiamo abbastanza di aver contribuito finanziariamente con altri 100.000 sostenitori,  messa in onda nella passata stagione in multipiattaforma (emittenti locali + internet) e che, approdato a La7, di settimana in settimana, allestisce sempre la solita compagnia di giro (Vittorio Sgarbi, Lara Comi, Daniela Santanché, Massimo Cacciari, Giulio Tremonti, Alessandra Mussolini, per citarne solo alcuni, anche se iniziamo a sentire la mancanza di Cicchitto e La Russa o magari Gasparri) senza più la scusante di venire censurato dal clan di Arcore, ha lanciato un servizio curato dalla giovane Giulia Innocenzi che intervista un oscuro blogger, tal Andrea Guerrieri, che ha creato, così assicurano, il sito nocensura.eurosoft.net (qualcuno sa come raggiungerlo?!!!) dove pubblicherebbe tutti i commenti rimossi dal blog di Beppe Grillo utilizzando un apposito software da lui stesso predisposto: software che fotograferebbe di continuo le schermate di commenti per confrontarle immediatamente dopo e verificare se hanno subito cambiamenti e rimozioni. 
Veramente un impegno degno di miglior causa! 
Ma tant'è: la rete annovera personaggi di ogni risma, anche quelli decisamente bizzarri come questo blogger.
La cosa curiosa è che siti come Corriere.it o Repubblica.it praticano molto più efficacemente di Grillo la cosiddetta censura preventiva: il commento non gradito, pure se scritto consultando preventivamente il dizionario dell'Accademia della Crusca e il Galateo di Giovanni della Casa, viene immediatamente cestinato e non apparirà mai in rete. 
Così mentre ad esempio, sotto un pezzo che denigra o comunque mette in cattiva luce il M5S e i suoi protagonisti, sono ammesse tutte le offese possibili e immaginabili (basta che non scadano nel più truce turpiloquio), e censura non ce n'è; appena, però, si tratta di pubblicare commenti a margine di un pezzo sulle mirabolanti avventure del PD o di uno dei suoi massimi esponenti, lì la ghigliottina della censura preventiva scatta  puntuale e affilata.
E del giudizio appena appena critico non resta traccia, con buona pace del software più potente inventato dall'Archimede di turno che non può evidentemente rilevare ciò che non ha mai potuto avere neppure un attimo di notorietà in rete.
Vi invitiamo perciò a provare per verificare personalmente se raccontiamo panzane.
Lo stesso Marco Travaglio, ormai unica luce nel buio di Servizio Pubblico, di fronte allo scoop fantozziano della Innocenzi non ha potuto trattenere una risata di compatimento, precisando che la moderazione dei commenti è la prassi di qualsiasi sito che si rispetti. 
Così mentre il blog di Grillo modera i commenti, cioè li rimuove dopo che sono stati pubblicati (tanto da permettere comunque a qualche strano navigatore della rete di inventarsi giochini insulsi come quello di Guerrieri),  Repubblica.it e Corriere.it marciano imperterriti, sicuri e vincenti, con la censura preventiva, a prova di blogger e dell'acume della Innocenzi.

Rettifica del 25/03/13 h. 14.45: il blogger Andrea Guerrieri ci comunica l'indirizzo corretto del suo sito, che non è quello indicato da Servizio Pubblico (e da noi ripreso), ma il seguente: nocensura.eusoft.net .

sabato 3 marzo 2012

Storica serataccia per Pierluigi Bersani

Nella trasmissione Servizio Pubblico di Michele Santoro, giovedì sera si parlava delle proteste in corso contro l'allargamento dei cantieri per la TAV Torino - Lione, insieme all'economista Irene Tinagli, al costituzionalista Michele Ainis, al segretario Fiom Maurizio Landini e a Pierluigi Bersani, segretario del Partito Democratico.
Pierluigi Bersani era chiamato ad un compito tutto sommato semplice: spiegare perché il suo partito si sia incaponito a difendere la realizzazione di questa opera gigantesca, concepita negli anni Settanta sulla base di previsioni di traffico che si sono rivelate del tutto campate in aria.
Infatti gli studi iniziali prevedevano  che ci sarebbe stato in 10 anni un flusso annuo di viaggiatori superiore ai 7,7 milioni di utenti a fronte di un traffico dell'epoca di circa 2 milioni di passeggeri.
Attualmente sulla linea ferroviaria internazionale viaggiano solo 700mila persone, cioè un decimo del traffico previsto per giustificare l'opera. Tant'è che si è deciso a suo tempo di cambiare, destinando così  la nuova ferrovia al traffico merci.
E' chiaro che proprio a causa dei ritardi nella progettazione,  oggigiorno, in piena crisi finanziaria ed economica ed alla luce dei nuovi dati di traffico emersi, andrebbe riconsiderata l'opportunità dell'intero progetto.
E' semplicemente una questione di buon senso, se non altro per evitare un incredibile ulteriore  sperpero di denaro pubblico, tenuto conto che la linea ferroviaria attuale  è stata rimodernata da poco con un investimento che supera i 500 milioni di euro e viene utilizzata al 30%.
Basterebbe seguire lo splendido intervento "Alta Voracità" di Marco Travaglio, che da par suo non lesina cifre e informazioni di dettaglio, per rendersi conto dell'assoluta follia di procedere senza se e senza ma alla realizzazione di un'opera ideata quarant'anni fa, in un'altra era geologica.
Nel corso della serata il leader di quella che dovrebbe in teoria essere una forza di centrosinistra, illividito e tiratissimo, con lo sguardo che evitava le telecamere, è riuscito ad abbozzare solo queste considerazioni:
1. dietro il movimento NO TAV,  si sta coagulando un malessere sociale in cui si potrebbe infilare il terrorismo, come è accaduto negli anni Settanta con le Brigate Rosse: le scritte sui muri di Torino contro il magistrato Caselli lo stanno a dimostrare;
2. se 'sto movimento qua prendesse le distanze da coloro che rimestano nel torbido e che cercano l'occasione storica per i loro disegni eversivi, lui sarebbe disponibile ad aprire un tavolo di trattativa. Ma non sulla fattibilità dell'opera, che va assolutamente cantierata e ultimata; semplicemente sulle compensazioni economiche da corrispondere ai comuni ed alle altre istituzioni della valle a risarcimento dei danni causati dai lavori;
3. la TAV va fatta perché ce lo chiede l'Europa e perché il processo decisionale è stato democratico.

Un leader politico progressista così a corto di argomenti non si era mai visto.
Invece di parlare di politica, di tentare dare una risposta ed una soluzione al disagio sociale magari chiedendosi il perché del distacco abissale tra i cittadini e le istituzioni, che decidono interventi giganteschi di dubbia utilità sociale senza porsi il problema di consultare le popolazioni locali, evoca lo spettro del terrorismo.
Insomma, per Bersani, la gente non deve protestare perché in tal modo alimenta il brodo di coltura della violenza estremista e eversiva.
E' incredibile che un leader politico che dovrebbe essere cresciuto con il mito della piazza cerchi di criminalizzare un movimento di protesta agitando i fantasmi del passato senza portare elementi concreti a sostegno del suo teorema.
Perché se ha motivo di ritenere che ci siano state o ci saranno infiltrazioni terroristiche, ebbene faccia nomi e cognomi e denunci il tutto alle autorità di pubblica sicurezza.
Altrimenti taccia e non generi allarmismo, soffiando sul fuoco della protesta sociale con un accostamento così arbitrario e infondato agli anni di piombo da spingere magari  menti deboli e facilmente suggestionabili a gesti emulativi dalle conseguenze imprevedibili.
Atti che potrebbero innescare la risposta autoritaria degli apparati di sicurezza dello Stato, in una fase istituzionale estremamente delicata, caratterizzata de  facto da una sospensione di responsabilità nella guida politica del nostro Paese.
Un pericoloso gioco al massacro a cui i leader politici hanno il dovere civico, prima ancora che morale, di non partecipare.
Perché la strategia della tensione deve  restare confinata alla storia per molti versi ancora oscura di settori deviati del nostro Stato a cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta, originatasi in ambienti neofascisti.
E non può essere strumentalizzata oggi per bassi fini di bottega dai politici, meno che meno se di provenienza dalla sinistra italiana.
Da un politico ci si aspetta impegno e responsabilità nelle scelte adottate e che spieghi una buona volta  le motivazioni delle sue decisioni.
Purtroppo Bersani per tutta la serata ha evitato sistematicamente qualsiasi confronto sull'opportunità economica dell'opera, letteralmente sbiancando quando Michele Ainis ha ventilato la possibilità di proporre una consultazione popolare sul tema.
Ma l'ineffabile Miguel Gotor sulla prima pagina di Repubblica così commenta la performance del segretario Pd:
"Sulla questione No Tav, ad esempio, nell´arena di Santoro, è stato assai efficace: solo contro tutti, le gambe larghe e la cravatta slacciata a rispondere colpo su colpo al moralismo di alcuni e alla demagogia di altri. La questione della Tav è stata tenuta al livello che merita, ossia una sfida democratica: ogni violenza deve essere bandita, non è vero che non si è dialogato con associazioni e comuni che hanno deliberato a maggioranza la loro decisione favorevole; discutere non può significare bloccare i lavori, ma piuttosto affrontare temi assai concreti come evitare le infiltrazioni mafiose nella gestione degli appalti, mantenere la massima sicurezza nei cantieri, dislocare risorse a vantaggio delle popolazioni danneggiate dai disagi. Ma la Tav va fatta perché risponde a un interesse italiano ed europeo e così è stato deliberato a ogni istanza rappresentativa: una democrazia che non realizza le sue decisioni non fa altro che aumentare il proprio discredito."
Una ricostruzione talmente di parte da perdere la benché minima obiettività. Provare per credere: questo è il link per rivedere la trasmissione.
Infine, anche semplicemente sul piano dell'immagine televisiva, Bersani è apparso in grave imbarazzo: pallido, la fronte imperlata di sudore e costantemente corrugata,  il volto scosso da tic, continui movimenti verso l'alto delle spalle,  irrequieto sulla sedia fino a restare sulla punta a gambe divaricate, frastornato, a volte con lo sguardo fisso e perso nel vuoto.
Davvero una serataccia per lui.


sabato 21 gennaio 2012

Dopo la sceneggiata della Mussolini, una domanda a Michele Santoro



Giovedì sera, come d'abitudine, abbiamo visto l'ultima puntata di Servizio Pubblico, il talk show di Michele Santoro che dall'inizio di questa stagione televisiva, sfidando l'oligopolio Rai-Mediaset-Telecom, va in onda grazie ai suoi 100.000 sostenitori, su una multipiattaforma: un esperimento di comunicazione in qualche modo rivoluzionario che accomuna tv private, tra analogico e digitale, satellite e internet.
Un evento televisivo che ha messo in crisi le rilevazioni dell'Auditel, incapace di seguire efficacemente il pubblico che si riunisce il giovedì sera attorno allo studio di Santoro.
Speravamo che in questo nuovo contesto Santoro potesse finalmente affrancarsi da diktat e divieti vari, ostruzionismi e polemiche, telefonate incombenti, che negli anni passati hanno reso la sua permanenza in Rai un lungo e faticoso percorso ad ostacoli; nonostante il suo settimanale di approfondimento giornalistico fosse da tempo il fiore all'occhiello di Retedue nonché una scommessa economicamente vincente per l'azienda.
Ma, dopo l'entusiasmo delle prime puntate, è cominciata a subentrare un po' di stanchezza e di delusione nel vedere che, nonostante egli non debba più avere nulla a che fare con i dirigenti di Viale Mazzini come l'ex direttore generale Rai Diego Masi (protagonista fantozziano di un surreale tentativo di censura nei suoi confronti in diretta televisiva), si ritrovi a seguire sempre lo stesso format, con la presenza in studio, accanto a figure autorevoli, di personaggi politicamente squalificati e di livello intellettuale veramente modesto.
Insomma, nonostante tutto, Santoro non è riuscito a liberarsi dello schema in base al quale se viene invitato qualcuno che dice cose sensate e magari qualche volta pure di sinistra, per una sorta di condizionamento inconscio o forse per spontanea adesione alla legge del contrappasso, contro di lui deve potersi scatenare la canea di chi, non avendo frecce nel suo carniere, la mette sul piano dell'invettiva, della rissa verbale, dello schiamazzo fine a se stesso: insomma il trionfo dell'horror vacui.
Ecco che non si contano più le psicosceneggiate di gente che non sapendo bene cosa rispondere e come farlo coerentemente, strepita, insulta, scantona.
Così, in un crescendo cacofonico, in soli 8 giorni, siamo passati dalle prodezze verbali della petulante Daniela Santanchè a quelle ancora più eclatanti, da attricetta di avanspettacolo, di Alessandra  Mussolini, protagonista contro Marco Travaglio di uno sfogo addirittura infamante per l'universo femminile.
Uno spettacolo imbarazzante in cui il gigante Travaglio deve subire giocoforza l'assalto volgare e sovraeccitato di una parlamentare che non solo non rende un buon servizio alla sua parte politica ma alimenta i peggiori stereotipi sulla tenuta psicologica del gentil sesso.
Caro Santoro, è possibile che, malgrado tutti gli sforzi fatti, non ti possa neppure adesso sottrarre a questo gioco al massacro che finisce per rendere impraticabile un vero confronto di idee?
Che non si possa trovare per il contraddittorio qualcuno che, pure da posizioni politiche diverse, non sia comunque disposto a rinunciare alla propria onestà intellettuale?
Siamo stanchi di assistere alle continue scorribande dei pasdaran del centrodestra nelle tue trasmissioni!
Ora più che mai.