Questa volta non siamo d'accordo con Travaglio.
Il ministro Toninelli, che ha denunciato 'pressioni interne ed esterne' subìte contro la revoca delle concessioni ad Autostrade, non necessariamente deve rendere pubblici autori e contenuti di tali pressioni. Al contrario: è nella sua responsabilità e discrezionalità di ministro decidere liberamente che rilevanza darne. E' ovvio, che se queste si fossero estrinsecate in minacce (sia pure velate), dovrebbe rivolgersi di corsa alla magistratura.
La polemica finisce qui.
Ovviamente non si tratta, come dice Travaglio, di 'lanciare il sasso e nascondere la mano e il caso che finisce a tarallucci e vino, senza colpevoli né innocenti.' Ci si chiede, anzi, come Travaglio possa scivolare logicamente sulla classica buccia di banana lanciata a bella posta dal PD.
Il ministro Toninelli ha, per trasparenza, denunciato in Parlamento il clima pesante in cui è costretto a lavorare dopo il crollo del ponte, che la dice lunga sulla situazione politicamente disastrosa in cui le Istituzioni sono state trovate dal governo gialloverde, venticinque anni dopo l'inchiesta di mani Pulite. Che, al di là dei risvolti giudiziari, avrebbe dovuto restituire un messaggio chiaro all'opinione pubblica: la res publica è dei cittadini, e va tenuta fuori dagli appetiti e dalle contese di clan e cordate politico-imprenditoriali; mentre le Istituzioni devono essere collocate in una posizione di rispetto, lontane da queste dinamiche clientelari, in una condizione di assoluta terzietà e di serenità nell'azione di indirizzo politico.
Dalle parole del Ministro, ci rendiamo conto, ancora una volta, che non è così: purtroppo! Quanto al fatto che il ministro, tra le sue prerogative, abbia quella di scegliersi la propria squadra e rimuovere coloro che agiscono nel suo dicastero in dissonanza dalle sue linee guida, la cosa è pacifica e non vale la pena di scomodare monsieur de La Palisse.
Ed è sorprendentemente ingenuo da parte dello 'scafato' Travaglio ritenere che tali pressioni si siano necessariamente tradotte in fattispecie di reato o in comportamenti apertamente illeciti: il problema, evidentemente, è molto più sottile e coinvolge spesso aspetti culturali piuttosto che burocratico-amministrativi.
Ha fatto benissimo Toninelli a lanciare l'altolà ed a sottolineare che simili comportamenti non verranno più tollerati. Senza la necessità di ricorrere ad un giudice.
L'idea sottintesa da Travaglio che la magistratura possa essere il deus ex machina della decadenza italiana è semplicemente ridicola.
E il caso Finocchiaro, di queste ore, lo conferma in modo eclatante.
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mercoledì 5 settembre 2018
mercoledì 15 agosto 2018
Il ponte Morandi: l'11 settembre del sogno europeo
Adesso che il ponte Morandi è venuto giù portandosi dietro la vita di decine di vittime innocenti, alle famiglie delle quali va tutta la nostra vicinanza, è partito un vergognoso scaricabarile da parte del mainstream che tende a
minimizzare le responsabilità politiche per quanto accaduto sostenendo che, eventualmente,
la responsabilità della cattiva manutenzione ricade sulla società
Austrade per l'Italia del gruppo Benetton.
Ma costoro hanno volutamente la memoria corta: perché la società
Autostrade era di proprietà statale, dell'Iri, ed è stata prima quotata
in Borsa nel 1987 per poi essere privatizzata nel 1999 dal governo
D'Alema, con il regalo dell'allungamento della durata delle concessioni
autostradali da 30 a 50 anni (governo Berlusconi).
Risultato: scarsa manutenzione e utili spropositati per il gruppo (ora
con gli spagnoli di Abertis si chiama Atlantia). In 6 anni la famiglia
Benetton ha quadruplicato l'investimento iniziale.
La responsabilità di quanto accaduto ieri è di un'intera classe
politica, di centrodestra e di centrosinistra, che hanno cavalcato a
partire dagli anni '80-'90 il mito delle privatizzazioni selvagge,
sostenendo che per salvaguardare gli equilibri di bilancio pubblico
imposti dall'UE (parametri di Maastricht), si dovesse fare cassa.
Così è avvenuta, con il plauso generale di PD e FI, la più colossale
svendita ai privati dei principali servizi e delle infrastrutture
pubbliche italiane, che il Paese aveva messo su con decenni di sudore e
sacrifici, a partire dal secondo dopoguerra.
Chi non ricorda i famigerati "capitani coraggiosi" partiti all'assalto
della Telecom?
Ancora oggi costoro, nonostante la clamorosa sconfitta del 4 marzo,
insistono nel perorare una dissennata politica delle privatizzazioni,
facendo credere che la gestione privatistica sia più efficiente e
migliore qualitativamente per il Paese.
Il degrado attuale dei servizi telefonici, elettrici, ferroviari,
autostradali, di tutte le infrastrutture che fanno quotidianamente il
Paese reale, sta a lì a smentirli, in modo clamoroso e definitivo.
Pagheranno mai costoro per il tradimento ordito ai danni dei cittadini e
che ha trovato ieri solo l'ennesima, tragica, manifestazione?
Ieri si è consumato, nell'incredulità sgomenta di un'opinione pubblica
disinformata (richiamando le parole del videoblogger Claudio Messora), l'11 settembre
del 'sogno europeo'.
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